Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 35103 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 35103 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 30/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3274/2021 R.G. proposto da
NOME COGNOME e NOME COGNOME rappresentati e difesi, il primo dall’ Avv. NOME COGNOME come da procura in calce al ricorso, e la seconda da ll’ Avv. NOME COGNOME come da procura in calce all’atto di costituzione di nuovo difensore, ex lege domiciliati in ROMA, in ROMA, presso la Cancelleria della Corte di cassazione, INDIRIZZO (Pec: EMAIL, EMAIL);
– ricorrenti –
Oggetto: Fideiussione – Prova del credito – Pretesa carenza – Inammissibilità.
CC 3.10.2024
Ric. n. 3274/2021
Pres L.A.COGNOME
Est. I. COGNOME
contro
RAGIONE_SOCIALE e per essa RAGIONE_SOCIALE in persona del rappresentante legale pro tempore , rappresentata e difesa dagli Avv.ti NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura in calce al controricorso, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’ultimo (Pec:EMAIL, EMAIL, EMAIL);
-controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna n. 1720/2020, depositata in data 18/06/2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 3 ottobre 2024 dalla Consigliera Dott.ssa NOME COGNOME
Ritenuto che
il Tribunale di Bologna con sentenza 16/05/2016 ha accolto l ‘ opposizione proposta da NOME COGNOME e NOME COGNOME a decreto ingiuntivo n. 378/2012 emesso dallo stesso Tribunale, con cui Unicredit s.p.a. aveva ingiunto a RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME e NOME COGNOME nonché ai fideiussori e soci, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, il pagamento della somma di Euro 223.899,15, oltre interessi e spese; aveva revocato il decreto ingiuntivo, con condanna della Unicredit alle spese del grado di giudizio in favore degli opponenti;
la Corte d’appello di Bologna, in accoglimento del gravame proposto da Unicredit, ha rigettato l’opposizione a decreto ingiuntivo, confermandolo, e condannando gli appellati, in solido, a rifondere le spese del grado in favore della banca appellante;
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Ric. n. 3274/2021
Pres L.A.COGNOME
Est. I. COGNOME
avverso la sentenza d ella Corte d’ appello di Bologna, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi d’impugnazione. Ha resistito con controricorso RAGIONE_SOCIALE s.p.a.RAGIONE_SOCIALE e per essa DO.bank s.p.a.RAGIONE_SOCIALE
la trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis 1 c.p.c.;
ha depositato memoria la sola ricorrente NOME COGNOME costituitasi con nuovo difensore come da atto in data 24 giugno 2024.
Considerato che
1. con il primo motivo i ricorrenti denunciano la ‘ Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., degli artt.119 e 50 del testo unico bancario in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. ‘ ; in particolare, assumono che la Corte d’appello avrebbe ritenuto provata la domanda ex adverso proposta dalla banca nei confronti dei fideiussori sulla base del mero estratto autentico del libro giornale contenente il saldo a debito del correntista, debitore principale, mentre l’estratto conto prescritto dall’art. 50 del T.U.B. art. 119 non sarebb e stato allegato, con conseguente lacuna ci rca l’effettivo andamento del rapporto su cui si fonda il preteso credito;
con il secondo motivo, lamentano ex ‘ Violazione e falsa applicazione degli artt. 1936 ss. (in particolare 1941, 1945 c.c.) c.c., dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 112 e 101 c.p.c., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 e n. 4 c.p.c ‘ ; a parere dei ricorrenti, la Corte d’appello, avrebbe violato sia la disciplina sul contratto di fideiussione (facendo ‘inopinato riferimento’ alla clausola di cui all’ art. 7 primo comma del medesimo, mai richiamata dalle parti) sia il provvedimento 3 dicembre 1994 n. 12 della Banca d’Italia che ha dettato alle banche l’ordine di eliminare le clausole nelle quali sia previsto che le risultanze di libri e scritture contabili fanno prova nei confronti dei clienti;
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Est. I. COGNOME
con il terzo motivo i ricorrenti censurano la ‘ Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. ‘ e nello specifico, lamentano che sarebbe altresì stato omesso l’esame, da parte della Corte d’appello, di fatti decisivi, già dedotti nel merito, quali: a) la nullità di pattuizione degli interessi; b) la violazione del divieto di anatocismo; c) l’intervenuta liberazione de i fideiussori ex art 1956 c.c.;
tutti e tre i motivi di ricorso, che possono esser congiuntamente esaminati per ragioni di logica connessione in quanto i ricorrenti si dolgono di quanto affermato dal giudice d ‘a ppello in relazione alla prova del credito, sono inammissibili sotto un triplice profilo;
4.1. in primo luogo, sono inammissibili poiché nel denunciare errores sia in iudicando che in procedendo e provocando, di conseguenza, l’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità, presuppongono comunque l’ammissibilità dei motivi di censura, cosicché il ricorrente è tenuto, in ossequio al principio di specificità e completezza del ricorso, che deve consentire al giudice di legittimità di effettuare, senza compiere generali verifiche degli atti, il controllo demandatogli del corretto svolgersi dell’ iter processuale, e non solo quindi ad enunciare le norme processuali violate, ma pretese violazioni che, nella specie, oltre che risultare insussistenti, restano sostanzialmente inammissibili perché addirittura non spiegate;
è sufficiente in proposito sottolineare che le doglianze relative alla pretesa mancata prova del credito da parte di Unicredit, non essendo, a parere dei ricorrenti, sufficiente la produzione di due estratti autentici delle scritture contabili ex
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art. 2214 c.c. allegati al decreto monitorio, né il richiamo al contenuto della clausola contrattuale di cui all’art. 7 comma primo della fideiussione de qua (pagg. 8-15 del ricorso), risultano del tutto generiche e non rispettose dei criteri di specificità, completezza e localizzazione degli atti ai sensi dell’art. 366 c.p.c., criteri previsti per il ricorso per cassazione, a pena di inammissibilità;
4.2. in secondo luogo, nonostante la formale denuncia di plurimi vizi di violazione di legge, essi si risolvono in una sostanziale proposta di rilettura nel merito dei fatti di causa, secondo una prospettiva critica non consentita in sede di legittimità;
che, inoltre, i medesimi motivi di ricorso, nonostante la formale intestazione, attengono, nella sostanza, a profili di fatto e tendono a suscitare dalla Corte di cassazione un nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello formulato dalla Corte di appello, omettendo di considerare che tanto l’accertamento dei fatti, quanto l’apprezzamento – ad esso funzionale – delle risultanze istruttorie è attività riservata al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 04/07/2017, n. 16467; Cass.23/05/2014, n. 11511; Cass. 13/06/2014, n. 13485; Cass. 15/07/2009, n. 16499);
4.3. inammissibile, infine, la censura con cui si pretende l’ omesso esame;
contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, la Corte d’appello , lungi dall’aver omesso l’esame dei fatti dedotti , ha esaminato adeguatamente l ‘ eccezione di nullità delle pattuizioni relative agli interessi a causa del divieto di anatocismo e la pretesa liberazione dei fideiussori ai sensi dell’art. 1956 c.c. ;
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ebbene, la Corte d’appello in ordine alla eccezione di nullità ne ha ritenuto la assoluta genericità di allegazione e di argomentazione «sin dall’opposizione a decreto ingiuntivo» , e quanto alla previsione degli interessi (regolati ogni trimestre) ne ha affermato la perfetta conformità con le previsioni della delibera Cicr 9 febbraio 2000 e sottolineato che i fideiussori appellanti non avevano mai affermato che durante il rapporto la banca avesse proceduto ad una capitalizzazione trimestrale unilaterale (cfr. pag. 8 della sentenza impugnata);
quanto, infine, alla invocata liberazione ex art. 1956 c.c. ha ritenuto non assolto l’onere di provare le circostanze secondo cui risulterebbe la contrarietà a buona fede della condotta della banca nell’avvalersi della fideiussione omnibus (cfr. ancora pag. 8 della sentenza impugnata);
neppure le argomentazioni ribadite nella memoria difensiva, depositata dalla sola ricorrente COGNOME sono in grado di porre in crisi la esatta ricostruzione operata dalla Corte d’appello ;
le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 8.200,00, di cui euro 8.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, d à atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a
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Est. I. Ambrosi norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto (Cass. Sez.
U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della