Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 19215 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 19215 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18578/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’ Avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE giusta procura speciale allegata al ricorso
– ricorrente
–
contro
FALLIMENTO di RAGIONE_SOCIALE n. 21/2022, rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE giusta procura speciale allegata al controricorso
– controricorrente –
avverso il decreto del Tribunale di Pescara rep. n. 1777/2023 del 18/7/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/5/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il giudice delegato al fallimento di RAGIONE_SOCIALE non ammetteva al passivo della procedura il credito di complessivi € 3.348.941,83 vantato da RAGIONE_SOCIALE (di seguito, per brevità, RAGIONE_SOCIALE) per due scoperti di rapporti di conto corrente intercorsi, in origine, con Banca Apulia.
2. Il Tribunale di Pescara rigettava l’opposizione presentata da RAGIONE_SOCIALE con decreto pubblicato in data 17 luglio 2023.
Registrava, in particolare, che RAGIONE_SOCIALE, nel corso del giudizio di opposizione, aveva chiesto di essere autorizzata al deposito nel fascicolo telematico dei contratti di conto corrente in forma autentica, dando atto che il giudice relatore, in data 18 aprile 2022, aveva dichiarato inammissibile tale richiesta nonché la produzione del doc. 15, tardivamente depositato.
Riteneva che la prova della costituzione, dello svolgimento e della conclusione di rapporti bancari di durata e dell’entità dei crediti da essi derivati a favore della banca non potesse essere offerta soltanto attraverso la presentazione degli estratti conto, ovvero delle sole risultanze contabili interne, essendo necessario, invece, produrre i contratti relativi alle operazioni ed ai servizi bancari, per i quali la legge prescriveva, a pena di nullità, la forma scritta ad substantiam , muniti di data certa anteriore al fallimento.
Rilevava che l’opponente, al momento dell’impugnazione, non aveva arricchito la documentazione prodotta in sede di verifica con atti idonei ad attestare l’effettiva sussistenza e lo svolgimento delle operazioni oggetto della rilevazione contabile in contestazione, in quanto non aveva depositato né i rispettivi contratti originari dei vari conti a sofferenza, né eventuali riscontri documentali che consentissero di ricavare una data certa opponibile alla massa dei creditori.
Evidenziava, più precisamente, che RAGIONE_SOCIALE non aveva prodotto i contratti relativi al conto corrente n. 68615 e al conto corrente n. 60051153 accesi da RAGIONE_SOCIALE, perché il doc. 11 (relativo al c/c n. 60051153), contenente le norme per i conti correnti di corrispondenza, recava testualmente soltanto la dicitura ‘ Siamo in possesso della vostra lettera con la quale ci comunicate che, in relazione alle intese intercorse, ci avete aperto il rapporto di conto corrente di corrispondenza sopra identificato ‘, mentre il doc. 12,
relativo al c/c n. 68615, era costituito unicamente da una scheda di sintesi facente parte integrante del contratto.
Escludeva, infine, che le censure della curatela in ordine alla mancanza di data certa fossero tardive, atteso che una simile carenza si configurava come un fatto impeditivo all’accoglimento della pretesa ed era rilevabile d’ufficio dal giudice quale eccez ione in senso lato, a prescindere dalla contestazione tempestiva del curatore.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione di questo decreto prospettando tre motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso il fallimento di RAGIONE_SOCIALE
Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.1. Il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 117 T.U.B.: il tribunale spiega la ricorrente -ha erroneamente considerato i documenti prodotti ai numeri 11 e 12 non idonei a integrare contratti di conto corrente, in ragione del loro contenuto, e quindi nulli per difetto della forma scritta ad substantiam richiesta dall’art. 117 T.U.B., dato che in realtà ambedue i contratti riportavano espressioni che manifestavano la volontà della società poi fallita di accettare la proposta della banca formulata per iscritto, contenevano tutte le norme necessarie per il perfezionamento di un rapporto di conto corrente bancario, oltre che le condizioni economiche applicate, e risultavano sottoscritti sia dalla fallita che dalla banca.
4.2. Il secondo motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ.: il tribunale ha errato nel reputare i documenti n. 11 e 12 privi di data certa, poiché gli stessi, in realtà, avevano tale requisito, come si poteva desumere dal timbro apposto dal funzionario incaricato del Sindaco di Treviso in data 17 febbraio 2014.
I giudici di merito, in questo modo, hanno travisato le risultanze dei documenti prodotti , in violazione dell’art. 115 cod. proc. civ.
4.3. Con il terzo motivo la decisione impugnata è censurata, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per violazione dell’art. 101 cod. proc. civ.: la curatela fallimentare solo costituendosi nel giudizio di opposizione allo stato passivo aveva per la prima volta eccepito l’asserita mancanza di data certa dei contratti di conto corrente, cosicché RAGIONE_SOCIALE non era in grado di articolare alcuna difesa a questo proposito, soprattutto sotto il profilo dei mezzi istruttori da formulare, a pena di decadenz a e a norma dell’art. 99, comma 2, n. 4, l. fall., con il ricorso in opposizione.
Ricorreva, perciò, la necessità, entro i limiti della novità dell’eccezione, di garantire all’opponente il rispetto del principio del contraddittorio, attraverso la concessione di un termine per dedurre al meglio le proprie difese, produrre la documentazione idonea a supportarle e formulare nuovi mezzi istruttori.
Il tribunale, in senso contrario a questi principi, ha considerato tardiva la produzione tanto dell’elenco del fascicolo documenti depositato nel procedimento monitorio radicato avanti il Tribunale di Foggia, onde far risultare la produzione in quella sede processuale degli originali cartacei dei contratti di conto corrente, quanto delle copie conformi agli originali dei contratti di conto corrente n. 6005153 del 4 giugno 2003 e n. 68615 del 6 luglio 2010.
I motivi, da esaminare congiuntamente in ragione del rapporto di connessione che li lega, risultano tutti inammissibili, per una serie di ragioni concorrenti.
5.1. I mezzi in esame fanno riferimento a documenti, costituiti da contratti bancari, di cui, però, non illustrano in alcun modo il contenuto rilevante, a dispetto di quanto disposto dall’art. 366, comma 1, n. 6, cod. proc. civ. nel testo attuale.
Una simile genericità delle censure, nella loro formulazione, costituisce una prima ragione che mina la loro ammissibilità.
5.2. Il tribunale ha espressamente ritenuto che i documenti allegati alla domanda di insinuazione e prodotti ai n. 11 e 12 non avessero natura di contratti di conto corrente, in ragione del loro peculiare contenuto (‘ Amco giammai aveva prodotto i contratti relativi al conto corrente n. 68615 e al conto corrente n. 60051153 accesi dalla RAGIONE_SOCIALE presso la Banca Apulia RAGIONE_SOCIALE filiale di Foggia -Torelli (FG) e né possono considerarsi tali i doc.11 e doc.12 allegati alla domanda ex art 93 L.Fal, atteso che: il primo relativo al c/c n. 6005153, contenente le norme per i conti correnti di corrispondenza, sottoscritto dalla RAGIONE_SOCIALE reca solo testualmente <>, mentre il doc. 12 relativo al c/c n. 68615 è costituito solo da una scheda di sintesi sottoscritta dalla RAGIONE_SOCIALE che dichiara di far parte integrante del contratto ‘; v. pag. 6 del decreto impugnato).
Il primo mezzo intende porre in contestazione la valutazione del contenuto di questi documenti compiuta dal tribunale, malgrado la stessa costituisca il frutto di un apprezzamento di fatto che rientra nei compiti istituzionali del giudice di merito.
A questo proposito è sufficiente ricordare che risulta inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con cui si deduca, apparentemente, una violazione di norme di legge mirando, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito (v. Cass., 5987/2021, Cass., Sez. U., 34476/2019, Cass. 29404/2017, Cass. 19547/2017, Cass. 16056/2016).
5.3. Il tribunale ha constatato che la domanda di insinuazione non trovava adeguato suffragio probatorio, poiché RAGIONE_SOCIALE non aveva depositato ‘ né i rispettivi contratti originari dei vari conti a sofferenza,
né dei riscontri documentali atti a ricavarne una data certa opponibile alla massa dei creditori ‘ (v. pag. 5 del decreto impugnato).
Si tratta di una pluralità di ragioni (l’una concernente la mancata produzione dei contratti di conto corrente posti a sofferenza, l’altra relativa alla mancanza di data certa della documentazione prodotta) tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggere la decisione assunta.
L’inammissibilità delle censure mosse alla prima delle rationes decidendi , nei termini in precedenza illustrati, rende parimenti inammissibile, per sopravvenuto difetto di interesse, le ulteriori critiche, che concernono la seconda ratio , in quanto quest’ultima non potrebbe comunque condurre, stante l’intervenuta definitività dell’accertamento circa la mancata produzione dei contratti di conto corrente, alla cassazione della decisione impugnata (cfr. Cass. 11493/2018, Cass. 2108/2012).
5.4. Peraltro, il travisamento del contenuto oggettivo della prova che ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio – trova il suo istituzionale rimedio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto, laddove ricorrano i presupposti richiesti dall’art. 395, n. 4, cod. proc. civ., mentre se il fatto probatorio ha costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare e, cioè, se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti, il vizio va fatto valere ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 o n. 5, cod. proc. civ., a seconda che si tratti di fatto processuale o sostanziale (Cass., Sez. U., 5792/2024).
Nel caso di specie il fatto probatorio ha costituito un punto controverso sul quale il decreto impugnato si è pronunciato, sicché l’errore denunciato assume i caratteri dell’errore di giudizio e poteva essere denunciato lamentando un vizio motivazionale o la violazione di norma processuale diversa dall’art. 115 cod. proc. civ. (posto che,
in tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli – salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio -, mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 cod. proc. civ.; cfr. Cass., Sez. U., 20867/2020), in quanto, diversamente opinando, ‘ il giudizio di cassazione obbiettivamente scivolerebbe verso un terzo grado destinato a svolgersi non sulla decisione impugnata, ma sull’intero compendio delle «carte» processuali ‘ (così Cass., Sez. U., 5792/2024, pag. 26).
Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in € 25.200, di cui € 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma in data 16 maggio 2025.