Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 17282 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 17282 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18793/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in nome e per conto di RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME (LFNCRN67D62F912U) giusta procura speciale a margine del ricorso introduttivo
– ricorrente
–
contro
RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE
– intimato – avverso il decreto di Tribunale di Nocera Inferiore n. 1523/2022 depositato il 23/6/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/4/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il giudice delegato al fallimento di RAGIONE_SOCIALE non ammetteva al passivo della procedura il credito di complessivi € 982.255,59 vantato dalla Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. per saldo debitore di due conti correnti.
Il Tribunale di Nocera Inferiore rigettava l’opposizione presentata dalla banca, con decreto pubblicato in data 23 giugno 2022.
Ricordava -fra l’altro e per quanto qui di interesse – che il credito della banca doveva essere provato con l’intera ricostruzione del dare e dell’avere, con indicazione di tutte le operazioni, a partire dalla prima sino alla chiusura.
Evidenziava che la banca, nell’insinuare al passivo fallimentare il credito derivante da saldo negativo di conto corrente, aveva l’onere di dare conto dell’intera evoluzione del rapporto tramite il deposito degli estratti conto integrali.
Riteneva che un simile onere probatorio non fosse stato soddisfatto con riferimento al credito derivante dal saldo dei due conti correnti ed al credito che discendeva dall’attività di anticipo su fatture e RI.BA.
Osservava a questo proposito, nel senso rilevato dal C.T.U., che le operazioni effettuate e le relative commissioni e spese erano state ‘girocontate’ sul conto corrente principale n. 13395 .92, per il quale risultavano depositati gli estratti conto limitatamente al terzo trimestre 2010 e al periodo terzo trimestre 2011 – quarto trimestre 2012.
Reputava che tali estratti, ‘coprendo’ solo una minima parte della durata del rapporto contrattuale, non consentissero di effettuare il necessario riscontro in merito all’esecuzione del rapporto, tanto più essenziale in considerazione delle contestazioni operate in sede di verifica fallimentare e reiterate nel giudizio di opposizione.
RAGIONE_SOCIALE in nome e per conto della cessionaria del credito RAGIONE_SOCIALE, ha proposto ricorso per la cassazione di questo decreto, prospettando tre motivi di doglianza.
L’intimato fallimento di RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese.
Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.1 Il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. nonché la presenza, all’interno della decisione impugnata, di una motivazione insufficiente e illogica: la banca aveva fornito, in ordine al rapporto anticipi e alle RI.BA, la piena prova del credito vantato nei confronti della società fallita; ciò nonostante, il tribunale non ha ammesso tale credito, senza comprendere che lo stesso risultava diverso e distinto dal credito per saldo del conto corrente ordinario n. 13395, su cui venivano soltanto accreditate le somme anticipate e successivamente addebitati gli interessi e le spese.
La banca, con gli estratti del conto n. 13395.92 prodotti dal terzo trimestre 2011 al quarto trimestre 2012, aveva comprovato l’erogazione delle somme anticipate per ciascuno dei ventidue insoluti che non risultavano essere stati restituiti.
4.2 Il secondo mezzo lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., nonché la presenza, all’interno della decisione impugnata, di una motivazione assente, insufficiente e illogica: il tribunale ha ritenuto che il credito per anticipi fatture e RI.BA dovesse essere provato esclusivamente con l’integrale ricostruzione del dare e dell’avere malgrado l’importo richiesto a tale titolo non fosse inficiato dall’effetto anatocistico, né dall’indebito conteggio di interessi ultralegali, commissioni di massimo scoperto e spese non convenute, essendo costituito esclusivamente dal saldo in linea capitale delle anticipazioni erogate per il periodo intercorrente fra il 3 ottobre 2011 e i l 12 giugno 2012, per il quale l’istituto di credito aveva depositato gli estratti conto integrali dei rapporti interessati. 4.3 Il terzo motivo assume, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., nonché la presenza, all’interno della decisione impugnata,
di una motivazione insufficiente e illogica, anche in relazione all’art. 1858 cod. civ., in quanto il tribunale ben avrebbe potuto ritenere raggiunta la prova del credito valorizzando, per un verso, l’accertamento contenuto nella C.T.U. e, per altro verso, gli estratti conto depositati dalla banca che coprivano l’intero periodo (3 ottobre 2011 -12 giugno 2012), nel quale vi erano state le anticipazioni.
I motivi, da esaminare congiuntamente in ragione della loro sovrapponibilità, risultano inammissibili.
5.1 Tutti i mezzi lamentano che il tribunale abbia erroneamente valutato le risultanze istruttorie, incorrendo pure in un vizio di motivazione.
Quanto al primo profilo è sufficiente ricordare che secondo la giurisprudenza di questa Corte per dedurre la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza con cui si lamenti che questi, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 cod. proc. civ. (Cass., Sez. U., 20867/2020).
La doglianza concernente la violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. è ammissibile, invece, solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce a una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta a una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo
prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Cass., Sez. U., 20867/2020).
Non è dunque possibile, come fanno i mezzi in esame, proporre una censura per violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. denunciando un’erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito.
5.2 La motivazione assume carattere solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo , quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass., Sez. U., 22232/2016).
Nel caso di specie il tribunale ha fornito una chiara ed inequivoca spiegazione delle ragioni poste a base della propria decisione, innanzitutto affermando in diritto (ed in maniera qui incontestata in maniera pertinente) che il credito della banca deve essere provato con l’integrale ricostruzione del rapporto nel dare e nell’avere, con indicazione di tutte le operazioni a partire dalla prima sino all’ultima, quindi osservando che le operazioni di anticipo su fatture e RI.BA. e le relative commissioni e spe se erano state ‘girocontate’ sul conto corrente principale n. 13395.92, per il quale non erano stati prodotti tutti gli estratti conto.
In questo modo il tribunale ha spiegato, rappresentando chiaramente l’iter logico -intellettivo seguito per arrivare alla decisione, che il convergere delle attività di anticipo sul conto corrente principale impediva una considerazione atomistica delle
stesse e legava le loro sorti a quelle di quest’ultimo, rispetto al quale, tuttavia, la mancata produzione dell’integralità degli estratti conto impediva una integrale ricostruzione del dare e dell’avere.
I profili di doglianza che assumono il carattere apparente, insufficiente o illogico della motivazione rispetto al credito per anticipi fatture e RI.BA. non adducono che le spiegazioni presenti nella decisione impugnata non fossero idonee a rappresentare l ‘iter logicointellettivo seguito dal collegio dell’opposizione per arrivare alla decisione, ma intende confutarne la fondatezza, reiterando gli argomenti già sviluppati in sede di opposizione e non accolti dai giudici di merito.
Una simile doglianza non evidenzia, quindi, alcuna criticità della motivazione della decisione impugnata nei limiti attualmente ammissibili (v. Cass., Sez. U., 8053/2014), ma è espressione di un mero dissenso rispetto ad un apprezzamento di fatto che, essendo frutto di una determinazione discrezionale del giudice di merito, non è sindacabile da questa Corte.
Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
La mancata costituzione in questa sede della procedura intimata esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di c ontributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto. Così deciso in Roma in data 30 aprile 2025.