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Prova dei debiti nel fallimento: il bilancio basta?

Una società in liquidazione viene dichiarata fallita sulla base del proprio bilancio, che indicava debiti superiori alla soglia di legge. La società si oppone, sostenendo che tali debiti fossero contestati. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha respinto il ricorso, stabilendo che la prova dei debiti può essere fornita dal bilancio regolarmente approvato, che costituisce una confessione stragiudiziale, anche se le singole poste sono oggetto di contenzioso. L’accertamento del giudice ai fini fallimentari è di natura incidentale e non richiede una sentenza definitiva su ogni credito.

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Prova dei Debiti nel Fallimento: Il Bilancio d’Esercizio è Sufficiente?

Nell’ambito del diritto fallimentare, una delle questioni più delicate riguarda la prova dei debiti necessaria per superare la soglia di fallibilità fissata dalla legge. Può un bilancio, regolarmente approvato dalla società, essere considerato una prova sufficiente, anche quando i debiti in esso iscritti sono oggetto di contestazione? La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, offre un chiarimento decisivo, ribadendo il valore probatorio delle scritture contabili.

I Fatti del Caso: La Dichiarazione di Fallimento

Una società a responsabilità limitata in liquidazione veniva dichiarata fallita dal Tribunale a seguito dell’istanza di un creditore. La decisione si fondava sul fatto che il bilancio finale di liquidazione, depositato dalla stessa società, evidenziava un’esposizione debitoria complessiva di circa 79.000 euro, ben al di sopra della soglia minima di 30.000 euro prevista dalla legge fallimentare per la dichiarazione di fallimento.

La società presentava reclamo alla Corte d’Appello, la quale però confermava la sentenza di primo grado, rigettando le argomentazioni della reclamante. Di qui il ricorso in Cassazione.

La posizione della società: debiti contestati e soglia non raggiunta

La tesi difensiva della società si basava su un punto cruciale: i debiti iscritti a bilancio, ad eccezione di quello del creditore istante (inferiore alla soglia), erano stati appostati unicamente per un criterio prudenziale. Essi erano, infatti, oggetto di ben quattro distinti procedimenti giudiziari in cui la società contestava la loro esistenza e esigibilità. Secondo la ricorrente, trattandosi di pretese non ancora scadute né esigibili, non potevano essere conteggiate ai fini del superamento della soglia di fallibilità.

La prova dei debiti secondo la Cassazione: il valore del bilancio

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo importanti precisazioni sulla prova dei debiti nel procedimento prefallimentare. Gli Ermellini hanno stabilito che la Corte d’Appello ha correttamente basato la propria decisione sulle risultanze del bilancio finale di liquidazione.

L’efficacia probatoria del bilancio

Ai sensi dell’art. 2709 del codice civile, i libri e le scritture contabili delle imprese soggette a registrazione fanno prova contro l’imprenditore. Il bilancio regolarmente approvato, quindi, non è una mera dichiarazione di scienza, ma un atto in cui si manifesta la volontà della società, che si appropria dei rapporti in esso indicati. Di conseguenza, l’iscrizione di un debito in bilancio costituisce una confessione stragiudiziale che ha pieno valore probatorio, il cui apprezzamento è rimesso al giudice del merito.

L’accertamento incidentale del credito e la prova dei debiti

La Corte ha ribadito un principio fondamentale: per dichiarare il fallimento non è necessario un accertamento definitivo del credito in sede giudiziale. È sufficiente un accertamento incidentale da parte del giudice fallimentare, volto unicamente a verificare la legittimazione del creditore istante e la sussistenza dell’esposizione debitoria complessiva. L’argomento della società, secondo cui il giudice non potrebbe dichiarare il fallimento se il credito è oggetto di un giudizio pendente, è stato ritenuto del tutto ingiustificato.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si articola su più livelli. In primo luogo, viene confermata la solidità del ragionamento della Corte territoriale, che non risulta né apparente né contraddittorio. La decisione di fondarsi sul bilancio approvato è giuridicamente corretta, in quanto l’art. 2709 c.c. attribuisce valore probatorio a tale documento contro chi lo ha redatto. La tesi della società, secondo cui l’iscrizione dei debiti sarebbe avvenuta solo per ragioni prudenziali, è stata smentita non solo dal valore legale del bilancio ma anche dalla sussistenza del credito del creditore che aveva avviato la procedura, la cui pretesa era esigibile.

In secondo luogo, la Cassazione ha chiarito che il superamento della soglia di fallibilità di 30.000 euro non deve essere valutato solo sulla base del credito del ricorrente, ma sull’intera esposizione debitoria che emerge dagli atti. Nel caso di specie, il bilancio indicava debiti per oltre 79.000 euro. Anche solo sommando i crediti oggetto di due dei procedimenti pendenti, si superava ampiamente la soglia di legge.

Infine, la Corte ha smontato l’argomentazione relativa alla non esigibilità dei crediti perché basati su decreti ingiuntivi non provvisoriamente esecutivi. La mancanza di esecutività, spiegano i giudici, impedisce solo l’esecuzione forzata, ma non incide sull’esigibilità del credito ai fini della valutazione dello stato di insolvenza.

Le Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione riafferma un principio di grande rilevanza pratica: il bilancio regolarmente approvato è un documento centrale nella valutazione dello stato di insolvenza di una società. Esso costituisce una forte prova dei debiti contro la società stessa, e il giudice può legittimamente fondare su di esso la dichiarazione di fallimento, anche in presenza di contestazioni sui singoli crediti. Per le imprese, ciò significa che l’iscrizione di passività a bilancio, anche se effettuata a fini prudenziali, può avere conseguenze determinanti in un’eventuale procedura fallimentare, poiché il documento assume valore confessorio e difficilmente potrà essere smentito in quella sede.

Un bilancio societario può essere usato come prova dei debiti per dichiarare un fallimento?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, il bilancio di una società regolarmente approvato, al pari dei libri e delle scritture contabili, fa prova contro la società stessa ai sensi dell’art. 2709 cod. civ. e può essere utilizzato dal giudice per accertare il superamento della soglia di indebitamento per la dichiarazione di fallimento.

È necessario che un credito sia accertato con una sentenza definitiva prima di poter chiedere il fallimento di un’azienda?
No. Per la dichiarazione di fallimento non è richiesto un accertamento definitivo del credito. È sufficiente un accertamento incidentale da parte del giudice fallimentare, finalizzato esclusivamente a verificare la legittimazione del creditore e la situazione debitoria complessiva della società.

Se i debiti indicati in bilancio sono contestati in altre cause, possono essere comunque considerati per raggiungere la soglia di fallibilità?
Sì. La Corte ha stabilito che l’iscrizione dei debiti in bilancio ha valore probatorio contro la società. Pertanto, anche se tali debiti sono oggetto di contestazione in altri giudizi, il giudice fallimentare può considerarli per valutare se l’esposizione debitoria complessiva superi la soglia prevista per la dichiarazione di fallimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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