Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8467 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8467 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 31/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22321/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE in Amministrazione Straordinaria, elettivamente domiciliata in Napoli INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende,
-controricorrente-
avverso il decreto del Tribunale Torino di cui al procedimento n. 17430/2022 depositato il 28/09/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 Il Tribunale di Torino con decreto del 28/9/2023 rigettava l’opposizione, proposta da Agenzia Nazionale RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_SOCIALE (di seguito indicata per brevità ‘RAGIONE_SOCIALE‘) , al decreto di esecutività dello stato passivo dell’Amministrazione Straordinaria RAGIONE_SOCIALE che aveva ammesso il credito per l’importo di € 20.122.589,70, derivante da finanziamento per la realizzazione di investimento industriale, ma aveva escluso l’ulteriore pretesa creditoria di € 3.528.089,16 per interessi.
1.1 Rilevava il Tribunale che, poiché il decreto n. 18109/2019 del 9/9/2019, notificato il 27/9/2019 e non opposto, che ingiungeva a RAGIONE_SOCIALE il pagamento in favore di Invitalia RAGIONE_SOCIALE dell’importo di € 23.106.026,92, oltre interessi e spese del procedimento di ingiunzione, era stato munito della dichiarazione di definitiva esecutività, ai sensi dell’art. 647 c.p.c., in data 20/6/2022, successivamente sia alla domanda della RAGIONE_SOCIALE.p.a. di apertura del concordato preventivo (16/5/2019), sia alla dichiarazione dello stato di insolvenza della Società (1/11/2019), lo stesso era inopponibile al Fallimento. Ne conseguiva che il credito andava accertato e provato aliunde e che era da escludersi il credito relativo alle spese legali indicate nel decreto a quelle attinenti all’imposta del registro.
1.2 Evidenziava il Tribunale che la clausola contrattuale faceva riferimento, per il calcolo degli interessi moratori, a parametri esterni al contratto e il creditore non aveva prodotto, con l’atto di
opposizione allo stato passivo, documentazione idonea ad individuare con certezza il dies a quo e il dies ad quem di decorrenza degli interessi nonché il tasso a cui questi dovevano essere calcolati, mentre erano inammissibili gli ulteriori documenti allegati alla memoria autorizzata in quanto tardivamente versati in atti.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per Cassazione affidato a tre motivi, illustrati con memoria; l’Amministrazione Straordinaria si è costituita mediante controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 Il primo motivo denuncia «violazione e falsa applicazione di legge ai sensi dell’art. 360 primo comma nn. 3 e/o 4 per violazione degli artt. 54, 55, 98 e 99 L.F., 113, 115 (‘non contestazione’) c.p.c., 2697 c.c., 1224, 1282 c.c.; nonché in subordine, travisamento del fatto e della prova con violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. ex art. 360, n. 4 c.p.c., o comunque omesso esame circa fatti decisivi ex art. 360, n. 5 c.p.c.»: si sostiene che il Tribunale avrebbe errato nel delimitare i criteri di ripartizione della prova in quanto, posto che il credito e l’obbligazione degli interessi non erano in contestazione, era stata versata in atti la documentazione che consentiva di delimitare il dies a quo e il dies ad quem .
1.1 In particolare la data di decorrenza degli interessi era facilmente individuabile o in quella dell’erogazione del finanziamento (16.12.2016) o in quella di risoluzione del rapporto (10.4.2018). Quanto al dies ad quem , tale evento era facilmente accertabile, in conseguenza dell’applicazione della normativa di settore (art. 54 e 55 l.fall.), nell’apertura della procedura concorsuale.
2 Contrariamente a quanto sostenuto dalla controricorrente, la censura non è afflitta da vizio di carenza di specificità in quanto lo
sviluppo argomentativo della stessa è intellegibile e pertinente alla motivazione del decreto e la denuncia degli asseriti errori del provvedimento impugnato è aderente al paradigma di cui all’art . 360 c.p.c.
Il motivo, oltre che ammissibile, è fondato.
2.1 In particolare gli atti di causa consentivano al Tribunale di trarre tutti gli elementi per individuare sia la data di decorrenza degli interessi sia il termine finale.
2.2 Con riferimento al dies a quo, era di tutta evidenza che il credito per gli interessi moratori convenzionali trovava la fonte negoziale nel contratto di finanziamento che all’art. 9, per come riportato nel corpo del motivo in ossequio al principio di autosufficienza, così recita: « per l’eventuale ritardo nel pagamento delle rate di ammortamento e delle rate di preammortamento indicate nell’articolo che precede, nonché di ogni altro importo dovuto per effetto del presente atto, il ‘soggetto proponente’ dovrà corrispondere ad ‘Invitalia’ interessi di mora ……. ».
La chiara previsione contrattuale non lascia dubbio sul momento iniziale di decorrenza degli interessi, da individuarsi nella scadenza dei pagamenti delle rate.
2.3 Agevolmente identificabile nella data di apertura della procedura concorsuale, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 4 d.l.347/2003, 18 d.lvo 270/1999,169 e 55 l.fall., era anche il termine finale per il computo degli interessi.
3 Il secondo motivo deduce «Violazione e falsa applicazione ex art. 360 nn. 3 e/o 4 c.p.c. degli art. 115 c.p.c. (‘non contestazione’), nonché degli art. 113 c.p.c. (e del principio iura novit curia) ovvero 115 c.p.c. (sotto il profilo della nozione e della utilizzabilità del ‘fatto notorio’); sotto altro profilo violazione e falsa applicazione ex art. 360 n. 3 degli artt. 2710, 2727 s. c.c. nonché 116, c. II, c.p.c. (‘valutazione della condotta processuale’) c.p.c., ovvero travisamento del fatto e della prova con violazione degli artt. 115 e
116 c.p.c. ex art. 360, n. 4 c.p.c., o comunque omesso esame circa un fatto decisivo ex art. 360, n. 5 c.p.c.»: si contestano le conclusioni cui è pervenuto il Tribunale circa la mancata prova del tasso di interesse applicato e si afferma che l’individuazione del tasso di interesse convenzionale ‘finale’ del 5.97%, base dalla quale erano stati effettuati i calcoli, risultava già nel primo file excel allegato al ricorso ed era confermato nell’estratto autenticato dal notaio dei crediti di Invitalia, in cui nuovamente si faceva riferimento al tasso di interessi applicato per effettuare il calcolo.
3.1 La ricorrente deduce inoltre: a) che il tasso di interesse del 5,97% non era stato oggetto di contestazione da parte degli organi della procedura, b) che il dato esterno di calcolo degli interessi altro non era che la Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea e, dunque, un atto normativo e notorio conoscibile dal Giudice che non abbisognava di prova, c) che la misura del tasso di interessi comunque risultava all’estratto autentico del libro sofferenze e dalla relazione del dr. COGNOME , consulente nominato dall’organo commissariale.
Anche tale motivo, ammissibile per le stesse ragioni sopra riferite, è fondato.
4 E’ noto il principio di questa Corte, in tema di contratti di mutuo , secondo il quale la convenzione relativa agli interessi, per essere validamente stipulata ai sensi dell’art. 1284, comma 3, c.c., che è norma imperativa, deve avere un contenuto assolutamente univoco e contenere la puntuale specificazione del tasso di interesse.
Si è, tuttavia, precisato che la clausola di determinazione degli interessi corrispettivi dovuti dal mutuatario è validamente stipulata ai sensi dell’art. 1346 c.c. anche se la stessa si limita al mero richiamo di criteri prestabiliti ed elementi estrinseci, a condizione, però, che gli stessi, in quanto funzionali alla concreta determinazione del saggio di interesse, siano obiettivamente individuabili (Cass. n. 8028/2018; 25205/2014 e 20555/2015).
4.1 Nel caso in esame, secondo quanto ricostruito dal decreto, la clausola nr. 9.1. del contratto di finanziamento concesso da RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE – opponibile alla procedura in quanto posto a base per il riconoscimento alla ricorrente del capitale determina l’interesse nel caso di ritardo nella restituzione delle somme oggetto del finanziamento nel « saggio annuo pari al tasso di riferimento intero pubblicato sul sito internet all’indirizzo http//ec.europa.eu/competition//legilation/ s.html vigente al momento dell’inadempimento maggiorato di 100 (cento) punti base, per il periodo intercorrente dalla data di inadempimento alla data di restituzione, secondo i termini e modalità di cui al precedente punto 8.4 ».
4.2 Non è in contestazione la validità di una simile clausola; in discussione è il diverso thema decidendum che attiene alla prova del procedimento di quantificazione del tasso di interesse, la cui determinazione non sarebbe prevista in modo preciso ed immediato dalla clausola contrattuale ma ricavabile attraverso il rinvio a fonti esterne al regolamento contrattuale.
4.3 Secondo la giurisprudenza di questa Corte « in mancanza di uno specifico conteggio degli interessi dovuti alla stregua della disciplina negoziale o di contestazione di quello prodotto dalla creditrice, il giudice dei merito, non poteva limitarsi a disattendere la domanda, ma avrebbe dovuto procedere all’applicazione delle regole pattuite (anche disponendo, se del caso, consulenza contabile) allo scopo di individuare la somma spettante al creditore istante » (cfr. in motivazione Cass. 33724/2022).
4.4 Nella fattispecie in esame la ricorrente, oltre alla produzione del contratto contenente la clausola determinativa del tasso di interesse, aveva versato in atti un prospetto excel che indicava il saggio degli interessi convenzionali nel 5,97%, dato confermato dal consulente della procedura nella relazione sull’accertamento dei debiti della RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE verso gli enti pubblici, dove si afferma
« tuttavia, dall’analisi condotta dallo scrivente gli interessi richiesti dal creditore risultano legittimi; pertanto, il debito accertato ammonta a complessivi Euro 23.641.784 ».
4.5 Secondo il Tribunale tali elementi non erano sufficienti in quanto « sarebbe stato onere della parte creditrice fornire agli Organi della procedura tutti tali elementi necessari per verificare la correttezza della domanda proposta, non potendo gravare sui Commissari e sul G.D. l’onere di acquisire autonomamente la documentazione necessaria a verificare l’esistenza e l’ammontare del credito insinuato ».
4.6 Tale affermazione non è condivisibile, in primo luogo, perché il sito internet di cui all’ indirizzo http//ec.europa. eu/competition//legilation/.html di pertinente vigente fornisce il sistema di calcolo, inclusa la maggiorazione ed in secondo luogo, perché l’opponente aveva provveduto a versare in atti lo sviluppo dei dati elaborati sulla base dei calcoli previsti dalla clausola e così già idonei a dimostrare il quantum della obbligazione degli interessi senza che, peraltro, la controparte avesse contestato in maniera specifica il computo di tale tasso.
5 Il terzo motivo oppone «violazione e falsa applicazione ex art. 360, n. 3 e/o 4 c.p.c. dell’art. 99 L.F., nonché dei principi della ammissibilità della precisazione della domanda anche solo a prescindere dalle preclusioni istruttorie, nonché degli art. 61 e 191 c.p.c. (in materia di consulenza tecnica d’ufficio)» e, con esso, si censura il provvedimento nella parte in cui ha ritenuto inammissibili ex art. 99 l fall., erroneamente qualificandole come mezzi di prova, le semplici precisazioni esplicative sul computo degli interessi allegate alle note autorizzate, le quali all’evidenza neppure rappresentavano mutatio libelli.
Il motivo rimane assorbito.
In accoglimento del primo e del secondo motivo, il decreto impugnato va cassato con rinvio al Tribunale di Torino, in diversa composizione, che provvederà in conformità a quanto statuito, liquidando anche le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
la Corte accoglie il primo e il secondo motivo, dichiara assorbito il terzo, cassa il decreto impugnato, in relazione ai motivi accolti, e rinvia la causa al Tribunale di Torino, in diversa composizione, cui demanda anche la regolamentazione delle spese del presente giudizio.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 13 febbraio 2025.