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Prova credito bancario: i tabulati non bastano

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un istituto finanziario che cercava di dimostrare un credito bancario in un fallimento utilizzando documentazione interna, come i ‘tabulati staffa’, al posto degli estratti conto ufficiali. La Suprema Corte ha stabilito che la valutazione sull’idoneità di tale documentazione come prova del credito bancario è una questione di merito, non sindacabile in sede di legittimità, confermando così la decisione del tribunale che aveva respinto la richiesta per difetto di prova.

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Prova Credito Bancario: i Tabulati Interni non Sostituiscono gli Estratti Conto

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un tema cruciale per il contenzioso bancario e fallimentare: la prova del credito bancario in assenza degli estratti conto completi. La decisione sottolinea che documenti interni dell’istituto di credito, come i cosiddetti ‘tabulati staffa’, possono non essere ritenuti sufficienti per l’ammissione al passivo di un fallimento, e che tale valutazione spetta insindacabilmente al giudice di merito.

I Fatti di Causa

Una società cessionaria di un credito bancario aveva richiesto l’ammissione al passivo del fallimento di una società di costruzioni per un importo di oltre 370.000 euro, derivante da uno scoperto di conto corrente. La richiesta era stata respinta in primo grado dal Tribunale per difetto di prova.

Il giudice dell’opposizione aveva rilevato che la banca non aveva prodotto tutti gli estratti conto sin dall’inizio del rapporto. Per il periodo non coperto da documentazione ufficiale, erano stati presentati dei documenti interni definiti ‘rigenerazione archivio conti-movimenti eliminati’ e ‘tabulati staffa’. Il Tribunale aveva ritenuto tale documentazione inidonea a ricostruire il rapporto, in quanto non equiparabile agli estratti conto, mai portati a conoscenza del correntista, non sottoscritti e, di conseguenza, inopponibili alla curatela fallimentare. Per questo motivo, aveva disposto che il credito dovesse essere ricalcolato partendo da un saldo pari a zero dalla data del primo estratto conto disponibile, rigettando di fatto l’opposizione.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Contro la decisione del Tribunale, la società creditrice ha proposto ricorso per cassazione, basandolo essenzialmente su due motivi:

1. Violazione di norme di diritto (art. 119 TUB, 1832 c.c., 93 l. fall.): La ricorrente sosteneva che i documenti prodotti, sebbene non fossero estratti conto formali, contenevano le stesse informazioni e dovevano essere considerati idonei a dimostrare l’evoluzione del rapporto, non esistendo requisiti formali minimi per la validità dei documenti bancari.
2. Violazione delle norme sull’onere della prova (art. 2697 c.c., 93 l. fall.): Si contestava la valutazione del Tribunale secondo cui la banca non avesse fornito adeguata prova del proprio credito, ribadendo argomentazioni analoghe a quelle del primo motivo.

Le motivazioni della Corte di Cassazione sulla prova del credito bancario

La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i motivi di ricorso inammissibili. La decisione si fonda su un principio cardine del giudizio di legittimità: la Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti o rivalutare le prove, compito che spetta esclusivamente al giudice del merito (in questo caso, il Tribunale).

I giudici hanno chiarito che il Tribunale aveva compiuto una valutazione di fatto, ritenendo i tabulati prodotti non equipollenti agli estratti conto perché non sottoscritti dal cliente, privi di intestazione della banca e mai comunicati al correntista. Stabilire se un documento sia o meno idoneo a provare un fatto è una prerogativa del giudice di merito.

Le censure della società ricorrente, secondo la Corte, non denunciavano un errore nell’applicazione della legge, ma miravano a una diversa interpretazione delle prove documentali. Questo tentativo rappresenta una ‘surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito’. Di conseguenza, senza poter entrare nel merito della questione probatoria, la Corte non ha potuto fare altro che dichiarare l’inammissibilità del ricorso.

Le conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: nella procedura di ammissione al passivo fallimentare, l’onere della prova del credito bancario grava interamente sul creditore. Gli estratti conto certificati rappresentano la prova principale e più sicura. Qualora manchino, la produzione di documentazione alternativa o interna, come i ‘tabulati staffa’, è soggetta alla valutazione discrezionale del giudice di merito. Se quest’ultimo ritiene tali documenti inidonei a fornire una prova certa e opponibile al fallimento, la sua decisione non può essere contestata in Cassazione se non per vizi logici o giuridici manifesti, e non per ottenere una semplice riconsiderazione delle prove. Per le banche e le società finanziarie, ciò significa che la corretta e completa conservazione della documentazione ufficiale è essenziale per tutelare i propri crediti in caso di insolvenza del debitore.

I tabulati interni di una banca sono sufficienti per la prova del credito bancario in un fallimento?
No, la Corte ha confermato la decisione del giudice di merito che li ha ritenuti inidonei, in quanto non equiparabili agli estratti conto ufficiali, non sottoscritti dal cliente e quindi non opponibili alla curatela fallimentare.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Perché i motivi del ricorso non lamentavano un errore di diritto, ma miravano a ottenere una nuova valutazione delle prove documentali, attività che spetta esclusivamente al giudice di merito e non è consentita in sede di legittimità.

Cosa succede se la banca non produce tutti gli estratti conto dall’inizio del rapporto?
Secondo la decisione del Tribunale, confermata in questa sede, il giudice può decidere di ricostruire il rapporto partendo da un saldo zero a partire dalla data del primo estratto conto disponibile, rigettando la pretesa per il periodo non documentato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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