Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 19047 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 19047 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/07/2025
Oggetto
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NOME COGNOME
Presidente
VENDITA
Dott. NOME COGNOME
Consigliere
Dott. NOME COGNOME
Consigliere
Ud. 23/05/2025
Dott. NOME COGNOME
Rel. Consigliere
Dott. NOME COGNOME
Consigliere
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 36380/2019 R.G. proposto da: COGNOME rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
DA COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n. 1675/2019 depositata il 23/04/2019.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Udito il Sostituto Procuratore generale in persona della dott.ssa NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del sesto e del settimo motivo, con rigetto degli altri motivi.
uditi gli avvocati NOME COGNOME per i ricorrenti e COGNOME per il controricorrente.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME conveniva dinanzi al Tribunale di Padova NOME COGNOME per ottenere una sentenza costitutiva di trasferimento del terreno da questi promesso in vendita (da intendersi come «nuda» proprietà fino alla naturale estinzione del diritto di usufrutto vitalizio costituito in favore della sig.ra COGNOME, offrendo contestualmente il pagamento del corrispettivo dovuto.
NOME COGNOME si costituiva eccependo che le parti avevano concordato una risoluzione consensuale del preliminare nel novembre 2000 ‘con conseguente materiale restituzione da parte dei sig.ri COGNOME al sig. COGNOME dell’intera caparra versata, pari a 225.000.000 lire’, in due tranches , la prima a novembre 2000 di 100.000.000 lire, la seconda a novembre 2001 di 125.000.000 lire’ .
In altro autonomo giudizio recante R.G. 5493/2011, NOME COGNOME e NOME COGNOME proponevano opposizione al decreto con cui il Tribunale di Padova -su ricorso del Da Rio -aveva ingiunto loro il pagamento di 51.645,49 euro a titolo di restituzione dell’importo di 100.000.000 lire che sarebbe stat o asseritamente mutuato in data 25 novembre 2000.
Ric. 2019 n. 36380 sez. S2 – ud. 23/05/2025
Il Tribunale di Padova, riuniti i giudizi (R.G. 8972/2010 e R.G. 5493/2011), dichiarava tardivo il deposito delle comparse conclusionali e dei correlati fascicoli di parte dei sig.ri COGNOME pervenendo alla conclusione che ‘la domanda di pronuncia del trasferimento immobiliare e di risarcimento del danno fossero per ciò stesso da rigettare ‘ mancando, ai fini processuali, persino il contratto preliminare, il cui adempimento era stato richiesto’ . Ravvisava, invece, nella scrittura del 25 novembre 2000 prodotta dal sig. COGNOME COGNOMEpiena prova del contratto di mutuo’, e del passaggio di denaro (quanto meno a livello dichiarativo, essendo invece ininfluente la circostanza che il convenuto non avesse prodotto la documentazione bancaria attestante l’effettiva movimentazione di denaro dal conto di uno dei due fratelli COGNOME)’ . Infine, il giudice di primo grado dichiarava la prescrizione degli interessi maturati prima del 24 novembre 2005 sulle somme oggetto del riscontrato mutuo, revocando perciò il decreto ingiuntivo precedentemente emesso e condannando gli opponenti al pagamento di 51.645,69 euro, oltre a interessi successivi e fino al saldo, nonché al rimborso dei ¾ delle spese di lite, in favore del sig. COGNOME
NOME COGNOME e NOME COGNOME proponevano appello avverso la suddetta sentenza.
NOME COGNOME resisteva al gravame.
La Corte d’Appello di Venezia rigettava il gravame.
Il contratto preliminare, secondo il giudice del gravame, stabiliva semplicemente che il pagamento del saldo prezzo sarebbe avvenuto ‘alla stipula del trasferimento definitivo dell’immobile’, da fissarsi ‘su semplice richiesta della parte promittente l’acquisto,
la quale doveva comunicare alla parte promittente, almeno 10 giorni prima della vendita, la data e l’ora della stipulazione’ . Nella specie non era stata raggiunta prova che il sig. COGNOME avesse chiesto di addivenire alla stipula: in tal senso non deponeva la lettera del 20 luglio 2009, la quale non era ‘altro che un invito fatto dal sig. COGNOME al sig. COGNOME a incontrarsi «per perfezionare il preliminare». In ogni caso, non era indicata né la data, né l’ ora in cui comparire davanti al notaio COGNOME di Padova, come era stato concordato alla clausola 2 del preliminare. Pertanto, non essendo interpretabile detto documento ‘come un formale invito a comparire davanti al notaio per stipulare il definitivo’, secondo la Corte d’Appello, non vi era prova documentale della richiesta di addivenire alla stipula’ così come per le lettere del 25 marzo 2008 e del 2 maggio 2008′ .
Quanto al mutuo rivendicato da COGNOME, la scrittura del 25 novembre 2000 non si prestava ‘a incertezze’, avendo in essa ‘i sig.ri COGNOME e COGNOME espressamente riconosciuto di aver ricevuto 100.000.000 lire «in prestito»’ ed essendosi ‘impegnati a restituirli entro il 30 dicembre 2001 con interessi al 7% annuo: tutti elementi sufficienti a integrare la prova del contratto e in assenza (anche nella scrittura del 24 ottobre 1997 pure richiamata) di elementi rilevanti in termini di simulazione o altra situazione idonea a neutralizzare il contenuto della scrittura privata successiva del 25 novembre 2000.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti con memoria depositata in prossimità dell’udienza hanno insistito nelle rispettive richieste.
11 . Il Procuratore Generale ha concluso per l’accoglimento del sesto e settimo motivo di ricorso, con rigetto dei restanti.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e/o falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., dell’art. 2932 c.c., in relazione alla pretesa mancanza, da parte del sig. COGNOME di una richiesta di addivenire alla stipula del contratto definitivo.
I ricorrenti evidenziano che l’unico requisito per l’accoglimento della domanda di adempimento coattivo di un contratto preliminare è l’offerta dell’attore di adempiere gli obblighi gravanti a suo carico in ragione del negozio: dunque, nel caso ad agire sia il promissario acquirente (come accade per il sig. COGNOME), l’offerta riguarda necessariamente il pagamento del prezzo e, allo stesso modo, può essere manifestata attraverso l’offerta della prestazione fatta in giudizio dalla parte, personalmente o anche a mezzo del suo procuratore, prima della sentenza.
L’offerta «nei modi di legge», imposta al promissario acquirente dall’art. 2932 c.c., non deve necessariamente consistere nell’offerta formale di cui agli art. 1208, 1209 e 1210 c.c., essendo sufficiente anche una semplice offerta secondo gli usi. L ‘invito a presentarsi dinanzi al notaio per la conclusione del definitivo vale senz’altro quale offerta d’uso della propria prestazione ai sensi dell’art. 2932 c.c.:
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e/o falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., degli
artt. 1362 ss., c.c. in relazione alla clausola n. 2 del contratto preliminare.
Secondo parte ricorrente l’espressione contenuta nel preliminare ‘ dovrà comunicare alla parte promittente la vendita, almeno 10 giorni prima, la data e l’ora della stipulazione ‘ non può intendersi in alcun modo come limitativa o derogatoria rispetto alle statuizioni dell’art. 2932 c.c., in base alle quali si è desunta l’irrilevanza dell’offerta, in caso di pagamento del prezzo posticipato al momento del trasferimento del diritto reale.
U n’interpretazione apparentemente letterale della clausola (ma in realtà priva di cenni in ordine a conseguenze sanzionatorie e inammissibilità ricollegate all’assenza di invito dal notaio) sarebbe del tutto fuorviante rispetto al negozio. In tal modo si porrebbe erroneamente a carico del sig. COGNOME un onere che né l’art. 2932 c.c., né tanto meno l’accordo inter partes avevano previsto a pena di rigetto della domanda volta a ottenere l’adozione di una pronuncia costitutiva ad effetto traslativo.
Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c., in relazione all’offerta del prezzo effettuata in corso di causa dal sig. COGNOME
Parte ricorrente, in aggiunta alla proposizione della domanda ex art. 2932 c.c., aveva comunque esplicitamente dichiarato di essere pronto al versamento in favore del sig. COGNOME degli importi dovuti per l’acquisto del compendio oggetto del preliminare.
La questione relativa al pagamento del prezzo, peraltro, era stata ampiamente dibattuta tra le parti, giacché il convenuto –
senza nulla eccepire rispetto al mancato invito dal notaio, come visto considerato indispensabile dalla Corte d’Appello sulla base di deduzioni totalmente sbagliate -aveva viceversa preso posizione fin da subito sull’entità delle somme che il sig. NOME COGNOME avrebbe dovuto sborsare nell’ipotesi di accoglimento della domanda ex art. 2932 c.c.
Tali fatti oggetto di discussione sarebbero decisivi, giacché avrebbero sovvertito l’esito del giudizio di secondo grado : a tal riguardo, si sottolinea che ‘l’offerta della prestazione dovuta, necessaria ai sensi dell’art. 2932, comma 2, c.c. per l’accoglimento della domanda di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto, può essere costituita da una manifestazione della volontà di eseguire il pagamento espressa in qualsiasi modo che escluda ogni perplessità sulla concreta intenzione di adempiere senza che sia indispensabile l’uso dell’offerta reale o di quella per intimazione .
4. Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e/o falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., degli artt. 1350, 2932 e 2697 c.c., in relazione all’asserita necessità, da parte del sig. COGNOME, di un formale invito alla stipula da provarsi documentalmente.
Parte ricorrente sostiene che né l’art. 2932, comma 2, c.c., né il preliminare imponevano un qualche requisito formale per l’offerta del promissario acquirente a pena di inefficacia, di talché essa non necessitava certamente di essere consacrata per iscritto e in modo solenne ad substantiam o ad probationem essendo sufficiente la possibilità di dedurre una volontà di adempiere.
Il sig. COGNOME poteva fornire prova dell’offerta di cui trattasi -se e in quanto necessaria, data la volontà ripetutamente espressa
di pagare il prezzo di cui si è dato conto nei motivi precedenti -anche per via testimoniale, non sussistendo il requisito documentale indicato dalla Corte d’Appello e, a tal fine, sarebbero soccorsi i capitoli indicati nella memoria ex art. 183, comma 6, n. 2, c.p.c., per la cui ammissione aveva insistito anche nel secondo grado.
Il quinto motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e/o falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., degli artt. 1362 ss., in combinato disposto con l’art. 1324 c.c., in relazione alle missive del 25 marzo 2008, 2 maggio 2008 e 20 luglio 2009.
Secondo i ricorrenti, pur volendo ammettere l’esigenza di una prova documentale per provare l’invito a stipulare dinanzi al notaio, tale prova sarebbe costituita dalle lettere erroneamente interpretate dalla Corte d’Appello. Pertanto, con il motivo si censura il malgoverno dei canoni che dovevano presiedere all’interpretazione delle lettere del sig. COGNOME del 25 marzo 2008, del 2 maggio 2008 e del 20 luglio 2009. Da tali lettere emergerebbe la chiara volontà di invitare la controparte a trasferire l’im mobile e dunque a stipulare il definitivo.
5.1 I primi cinque motivi di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere trattati congiuntamente, sono infondati.
Come evidenziato dal P.G. l ‘articolo 2932 c .c. legittima la parte non inadempiente a chiedere l’esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto quando la controparte sia inadempiente. Ne consegue che chi agisce ex art. 2932 c.c. deve allegare l’inadempimento della controparte e dimostrare il titolo ed il proprio
adempimento, mentre il convenuto è tenuto a provare il proprio adempimento ovvero la non imputabilità dell’inadempimento ex art 1218 c.c.
Nel caso in esame, il promissario acquirente, originario attore, ha incentrato tutti i motivi di ricorso sul suo adempimento, assumendo l’idoneità dei documenti prodotti e della sua condotta processuale a dimostrare l’offerta del prezzo, mentre la Corte ha accertato in fatto che il promittente venditore non era inadempiente, non avendo ricevuto un valido invito alla stipula del definitivo, poiché le missive prodotte, pacificamente, non indicavano la data e l’ora della convocazione davanti al notaio, come, peraltro, testualmente prescritto dal contratto preliminare.
L ‘inadempimento della controparte è , infatti, uno dei presupposti indefettibili per la pronuncia ex art 2932 cc e la sua accertata inesistenza rende superfluo l’accertamento dell’ulteriore e concorrente requisito della condotta adempiente dell’attore.
Il Collegio condivide le conclusioni dell’Ufficio di Procura, infatti, le lettere indicate dal ricorrente per quanto provino la sua volontà di dare corso al preliminare stipulato ben tredici anni prima non possono ritenersi equivalenti ad una messa in mora della controparte in mancanza della convocazione dinanzi al notaio con indicazione di luogo e data come previsto dalla clausola contrattuale. Peraltro, tra la data della stipula del preliminare e le suddette missive è trascorso un lunghissimo arco temporale pari a più di tredici anni, con il succedersi di alterne vicende, prima fra tutte la restituzione della caparra.
Infatti, il contratto preliminare oggetto del presente giudizio risale al 1997 e, come riconosce lo stesso ricorrente, la conclusione
del definitivo era stata procrastinata in ragione della pendenza della lite incardinata dalla confinante rispetto alla prelazione agraria che -esercitata in data 24 ottobre 1997 -aveva consentito ai sig.ri COGNOME in qualità di affittuari, di riscattare il cespite oggetto del preliminare e del desiderio dei promissari acquirenti, oggi ricorrenti, di attendere l’esito definitivo della vertenza .
Invece, le missive che parte ricorrente lamenta essere state erroneamente interpretate risalgono agli anni 2008 e 2009 e dalla lettura delle stesse emerge unicamente il permanere del l’interesse del ricorrente all’acquisto del terreno ma non si rinviene alcun elemento dal quale desumere la messa in mora della parte promittente venditrice. Al contrario, dallo stesso tenore letterale delle missive si evince che a distanza di tanti anni non vi era alcuna certezza dei rapporti di dare e avere e perfino in ordine al prezzo da pagare per il terreno. Infatti, l’operazione negoziale di cui al preliminare del 1997 era più complessa e prevedeva, oltre alla caparra poi restituita, anche la corresponsione di interessi previsti a decorrere dalla data entro la quale poteva essere esercitato il diritto di riscatto che aveva pacificamente condizionato le parti nella stipula del contratto.
In tal senso risulta del tutto coerente l’interpretazione operata dalla Corte d’Appello delle missive e, in particolare, dell’ invito fatto dal sig. COGNOME al sig. COGNOME a incontrarsi «per perfezionare il preliminare».
6. Il sesto motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e/o falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., degli artt. 1362 ss., 2733 e 2735 c.c. in relazione alla pretesa quietanza
che sarebbe stata rilasciata dai sig.ri COGNOME rispetto alle somme asseritamente mutuate dal sig. COGNOME
La censura si appunta sulla prova della stipula del contratto di mutuo azionato in via monitoria dal sig. COGNOME in primo grado nel giudizio riunito R.G. 5493/2011, disattendendo le contrarie deduzioni dei sig.ri COGNOME e COGNOME che ne avevano contestato in radice la stessa esistenza.
I ricorrenti riportano il testo della scrittura privata del 25 novembre 2000 ed evidenziano ch e l’accordo non contiene alcuna quietanza di pagamento suscettibile di attestare l’effettivo trasferimento di denaro dai mutuanti ai mutuatari e, così, la conclusione del contratto reale di cui all’art. 1813 c.c.
Peraltro, non è mai stata provata l’effettiva dazione della suddetta somma di denaro e, dunque, il perfezionamento del contratto rimasto al più nell’ambito della promessa di mutuo .
Il settimo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., degli artt. 1813 e 2697 c.c. circa la natura reale del contratto di mutuo.
La censura è in parte ripetitiva della precedente. Non essendovi alcuna quietanza proveniente dai sig.ri COGNOME e COGNOME a riconoscimento della ricezione della somma asseritamente erogata dai sig.ri COGNOME, sarebbe toccato alla controparte dimostrare la traditio pecuniaria occorrente per integrare la struttura reale del mutuo.
7.1 Il sesto e settimo motivo di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati.
Anche in questo caso il Collegio condivide le conclusioni del P.G. che ha richiamato l’orientamento di legittimità secondo cui: ai fini del perfezionamento del contratto di mutuo, anche in presenza di un contratto di mutuo bancario fondiario, stipulato per atto pubblico, è richiesta la prova dell’effettiva erogazione della somma a favore del mutuatario, mediante accredito della somma in conto corrente ovvero mediante la produzione dell’atto di erogazione e quietanza (Cass. civ. n° 28526/19, n° 14683/22).
Infatti, il contratto di mutuo è un contratto reale e si perfeziona con la consegna della cosa mutuata ovvero con il conseguimento della giuridica disponibilità di questa da parte del mutuatario.
Nella specie, dal contratto non emerge l’effettiva dazione della somma mutuata, e la pattuizione secondo cui i mutuanti ‘prestano’ e i mutuatari ‘ accettano’ una determinata somma, non implica di per sé alcuna espressa ammissione d ell’effettiva consegna della somma e tale pattuizione non è da sola sufficiente e dimostrare l’effettiv o perfezionamento del contratto mediante la consegna della cosa, in assenza di una quietanza o di altra documentazione contabile che avrebbe dovuto essere prodotta dai mutuanti ai sensi dell’art. 2697 c .c.
In proposito deve ribadirsi il seguente principio di diritto: Il mutuo è contratto di natura reale che si perfeziona con la consegna della cosa mutuata ovvero con il conseguimento della disponibilità giuridica della cosa; ne consegue che la “tradito rei” può essere realizzata attraverso la consegna dell’assegno (nella specie, circolare interno, intestato alla parte e con clausola di intrasferibilità) alla parte mutuataria, che abbia dichiarato di
accettarlo “come denaro contante”, rilasciandone quietanza a saldo. (Cass. Sez. 1, 03/01/2011, n. 14, Rv. 616084 – 01).
Nel giudizio di rinvio la Corte d’Appello dovrà valutare se vi è prova del perfezionarsi del contratto di mutuo anche tenendo conto della giurisprudenza che, in senso evolutivo, ha ritenuto che il requisito della realità proprio di tale tipologia contrattuale, possa essere integrato mediante il conseguimento anche della sola disponibilità giuridica della cosa in considerazione del crescente ricorso alla dematerializzazione dei valori mobiliari ed alla loro sostituzione con annotazioni contabili, essendo sufficiente che la somma sia stata effettivamente, quand’anche con mera operazione contabile, messa a disposizione del mutuatario e che egli abbia assunto l’obbligazione, univoca, espressa ed incondizionata, di restituirla (Sez. U, Sent. n. 5968 del 2025 – Rv. 674009 – 01).
8. L’ottavo motivo di ricorso è così rubricato: omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c., in relazione alla restituzione di parte della caparra versata in sede di stipula del preliminare e alla natura fittizia del preteso mutuo
La censura è in parte ripetitiva della precedente. Si lamenta l’omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione al fine di dimostrare la natura simulata del mutuo in particolare le difese della controparte e la quietanza del COGNOME che si riferiva alla restituzione prestito ovvero alla restituzione della caparra e non al ricevimento di una somma data a mutuo.
8.1 L’ottavo motivo è assorbito dall’accoglimento del sesto e settimo.
La Corte accoglie il sesto e il settimo motivo di ricorso, dichiara assorbito l’ottavo , rigetta i restanti, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’Appello di Venezia in diversa composizione che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il sesto e il settimo motivo di ricorso, dichiara assorbito l’ottavo , rigetta i restanti, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’Appello di Venezia in diversa composizione che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione