Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 10135 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 10135 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 17/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6046/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente- contro
NOME COGNOME , domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la cancelleria della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO MILANO n. 5531/2018 depositata il 11/12/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. Il Tribunale di Pavia, su ricorso della RAGIONE_SOCIALE, ingiunse il 1.7.2014 a NOME COGNOME il pagamento della somma di euro 38.109,50 (Iva compresa), oltre ad interessi legali dalle scadenze delle fatture azionate in via monitoria e spese del procedimento.
Il credito azionato, a fronte delle fatture n. 163/14 e n. 164/14 del 9.04.2014, aveva titolo nel saldo del corrispettivo complessivo dedotto un acconto già versato – di opere e prestazioni effettuate da RAGIONE_SOCIALE in favore dell’ingiunto, consistenti nella realizzazione di impiantistica elettrica e di un sistema di sicurezza anti-intrusione presso l’immobile di proprietà del sig. COGNOME in Comune di Torre d’Isola (PV).
Il 30.9.2014 NOME COGNOME propose opposizione che venne respinta dal giudice di merito in forza delle prove testimoniali assunte, anche in riferimento alla documentazione di riscontro prodotta dalla Società. COGNOME impugnò la predetta sentenza e l’appello venne accolto. Nel dettaglio la Corte d’Appello affermò che RAGIONE_SOCIALE non avesse fornito prova nel giudizio di primo grado della conclusione di un accordo contrattuale con il sig. COGNOME per la realizzazione delle opere di cui vantava il corrispettivo a saldo. Reputò la Corte che -premessa l’inidoneità probatoria, anche su tale condizione preliminare del credito, delle fatture commerciali azionate dalla società in sede monitoria -la prova dell’accordo non si ricavasse dall’esito delle prove testimoniali assunte.
Nel dettaglio si osservò:’ RAGIONE_SOCIALE , in seguito alla proposizione dell’opposizione, , risulta avere avuto l’onere di dimostrare l’avvenuta conclusione tra essa ed il signor NOME COGNOME del contratto in esecuzione del quale ha compiuto le opere . secondo quanto ancora chiarito dalla Corte di Cassazione (se ne veda l’ordinanza n. 5915 in data 11.1.2011), ‘la fattura è titolo idoneo per l’emissione di un decreto ingiuntivo a favore di chi l’ha emessa, ma nell’eventuale giudizio di opposizione la stessa non costituisce prova dell’esistenza del credito, che dovrà essere dimostrato con gli ordinari mezzi di prova dall’opposto’. Nel caso in esame le risultanze della prova testimoniale addotta dalla s.n.cRAGIONE_SOCIALE e dei sopra indicati documenti da essa prodotti sono state con la sentenza ora oggetto dell’appello ritenute idonee a fornire la dimostrazione dell’avvenuta conclusione di un contratto d’appalto . Più specificamente, secondo quanto prospettato dalla s.n.c. RAGIONE_SOCIALE Pavese il contratto di cui essa afferma avvenuta la conclusione con il signor NOME COGNOME è da qualificare come contratto d’appalto di opere consistite nella installazione di impianti elettrici e di sicurezza nella casa del signor , e relativamente alla effettiva esecuzione di esso la s.n.c. ha addotto testimoni dai quali il compimento delle opere è stato confermato. Tuttavia l’oggetto della prova per testimoni addotta dalla s.n.c. RAGIONE_SOCIALE Pavese non risulta avere riguardato alcuna manifestazione anche non esplicita della volontà del signor di demandare l’esecuzione delle opere alla s.n.c. e da nessuno dei testimoni risulta essere stato riferito alcun comportamento dell’una e dell’altra parte il quale possa essere in tal senso interpretato ‘, essendo secondo la Corte il ‘compimento delle opere da parte della medesima s.n.c. solo elemento acquisito circa i rapporti tra il
signor e la RAGIONE_SOCIALE, di per sé inidoneo a dimostrare ‘la conclusione del contratto relativo alla esecuzione delle opere stesse’.
Avverso la predetta sentenza ricorre la Società RAGIONE_SOCIALE con quattro motivi.
Resiste con controricorso NOME COGNOME In prossimità dell’udienza le parti hanno depositato memoria ex art. 380bis c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si censura la sentenza per violazione dell’art. 360, comma 1°, n. 5) c.p.c., per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, costituito dal pagamento di un acconto sul corrispettivo delle opere commissionate alla Società ricorrente, implicante conferma dell’accordo contrattuale intercorso tra le parti.
Secondo la prospettazione del ricorrente nel giudicare insussistente, per difetto di prova, l’accordo contrattuale tra le parti avente ad oggetto l’affidamento ad RAGIONE_SOCIALE delle opere di impiantistica fatturate a consuntivo, la Corte d’Appello avrebbe totalmente omesso l’esame del fatto storico costituito dal pagamento alla Società, nella fase iniziale del rapporto, di un primo acconto sul corrispettivo delle opere da parte del signor COGNOME ‘con causale e fatturazione inequivoche’.
Il pagamento del predetto acconto risulterebbe dalla fattura n. 4, emessa il 15.11.2012. corroborata dal doc. 7 contenente la corrispondente movimentazione bancaria, intestata al signor NOME COGNOME recante causale ‘ opere elettriche realizzate presso l’unità abitativa in indirizzo funzionali ad interventi di
ristrutturazione PRIMO ACCONTO ‘, e indicazione dell’importo di Euro 8.000,00 più Iva 10%.
Tale acconto, non considerato dalla Corte d’appello, è stato posto, peraltro, a fondamento della decisione di primo grado che testualmente ha affermato che il ‘ versamento di un acconto da parte del sig. COGNOME COGNOME nei confronti di RAGIONE_SOCIALE Pavese di 8.800 euro in data 23.11.2012 ‘ costituisce ‘ riprova dell’esistenza di un accordo tra le parti ‘ per l’appalto dei lavori.
Il fatto storico omesso avrebbe, in quest’ottica, carattere di ‘decisività’ rispetto al punto della controversia sussistenza o meno dell’affidamento dell’incarico contrattuale tra le parti che è risultato determinante per la decisione d’appello, e comunque rispetto a quello che avrebbe dovuto essere il giusto esito decisorio ultimo nel merito.
Con il secondo motivo si denuncia testualmente ‘ Ai sensi dell’art. 360, comma 1°, n. 3) c.p.c., violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto:
falsa o erronea applicazione dell’art. 2697, comma 1°, c.c., nonché violazione degli artt. 167, comma 1°, e 115, comma 1°, c.p.c., in relazione alla mancata contestazione specifica dell’accordo di esecuzione delle opere da parte dell’opponente a decreto ingiuntivo in primo grado;
b) violazione o erronea applicazione degli artt. 2697, comma 1°, e 2729 c.c., nonché dell’art. 116 c.p.c., con riferimento all’efficacia probatoria, a conferma del rapporto contrattuale inter partes , del quadro complessivo degli elementi indiziari e presuntivi dedotti.
In relazione agli elementi indiziari e presuntivi di cui al punto b) , ai sensi dell’art. 360, comma 1°, n. 5) c.p.c., omesso esame degli stessi ‘.
L’incarico dei lavori conferito ad RAGIONE_SOCIALE Pavese dal signor COGNOME oltre ad essere implicito nel pagamento del primo
acconto sul corrispettivo – non avrebbe ricevuto nel processo dinnanzi al Tribunale, nei termini di rito, alcuna contestazione chiara, puntuale, assertiva da parte della difesa dell’opponente.
Secondo il ricorrente ‘ la contestazione dell’opponente non ha soddisfatto i requisiti di specificità imposti dalla corretta interpretazione della norma, in quanto controparte: a) non ha tempestivamente contrastato il fatto dell’accordo allegando assertivamente fatti diversi o logicamente incompatibili con esso; b) si è arrestata ad una mera negazione, peraltro indirizzata non già all’accordo di affidamento dei lavori in sé, ma a circostanze differenti (assenza di un contratto redatto in forma scritta, assenza di consuntivi o altri documenti contrattuali e contabili accettati per iscritto). Ne consegue una relevatio ab onere probandi della Società sul punto (per tutte, cfr. Cass. civ., sez. III, 10.11.2010, n. 22837)’. Il giudice di merito sarebbe incorso in una erronea o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., censurabile in sede di legittimità avendo la Corte d’appello addossato alla società ricorrente, sul punto dell’accordo, un onere probatorio dal quale la stessa doveva ritenersi legalmente sgravata. La decisione, per altro verso sarebbe viziata da una violazione o erronea applicazione degli artt. 2697, comma 1°, e 2729 c.c., nonché dell’art. 116 c.p.c., posto che la Corte d’Appello, sempre con riguardo alla prova dell’accordo contrattuale, nell’affermare in termini assoluti ed indefettibili la inefficacia probatoria delle fatture commerciali nell’ambito di un giudizio ordinario (così alle pagg. 4-5 della sentenza), avrebbe trascurato il canone secondo cui le fatture stesse, ove associate ad un quadro di ulteriori elementi indiziari e presuntivi, ben possono concorrere a corroborare la prova di un credito.
Con il terzo motivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1°, n. 3) c.p.c., si denuncia, testualmente ‘violazione e/o falsa applicazione di
norme di diritto: a) violazione dell’art. 1657 c.c. ovvero dell’art. 2225 c.c. in materia di determinazione del corrispettivo nel contratto d’appalto e nel contratto d’opera, e falsa o erronea applicazione dell’art. 2697, comma 1°, c.c; b) falsa o erronea applicazione dell’art. 2697, comma 1°, c.c., e violazione dell’art. 115, comma 1°, c.p.c., in relazione alla mancata contestazione specifica della congruità del corrispettivo domandato’.
Il ricorrente, ‘ pur non essendo certo che tale inciso assurga propriamente, nell’impianto motivazionale della decisione, ad una autonoma ratio decidendi concorrente al rigetto della domanda della Società (potendosi, piuttosto, reputare ogni questione concernente il quantum del credito come assorbita dalla decisione sulla titolarità del rapporto contrattuale), la ricorrente censura in ogni caso il giudizio enucleabile da tale inciso, sotto il profilo della violazione di legge ‘.
La prima censura è fondata e ciò determina l’assorbimento delle ulteriori doglianze.
Com’è noto l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. in l. n. 134 del 2012, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. n. 17005/2024).
Questa Corte ha altresì statuito che il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento (Cass. n. 16583/2024; Cass. n. 16812/2018).
Premesso quanto innanzi va rimarcato che l’orientamento di questa Corte è pacifico nel senso di ritenere che la stipulazione del contratto d’appalto tra privati non richiede la forma scritta ad substantiam , né ad probationem , potendo lo stesso essere concluso anche per facta concludentia (Cass. Civ., Sez. 2, Sentenza n. 2303 del 2017, non massimata; Cass. Civ., Sez.I, 5.8.2016, n. 16530; Cass. 26.10.2009, n. 22616; Cass. Civ., Sez. II del 16.7.1983; Cass. Civ., Sez. 2, n. 2386 del 26.1.2023, non massimata).
Infatti qualsiasi contratto per il quale non sia richiesta la forma scritta può essere concluso per fatti concludenti (Cass., sez. 3^, 19 dicembre 2008, n. 29885 Cass., sez. 3^, 1 giugno 2004, n. 10484). E l’esecuzione delle prestazioni che ne sono oggetto è certamente un fatto indicativo della conclusione di un contratto (Cass., sez. 3^, 22 maggio 2001, n. 6963).
Ne consegue che la prova del contratto possa essere data per testimoni e per presunzioni ma le stesse devono necessariamente rivestire, a norma dell’art. 2729 c.c., i caratteri della gravità e precisione nonché, qualora siano più d’una, della concordanza (Cass. Civ,. Sez. I, 24.5.2018, n. 12971).
Nella specie, il giudice di merito ha valorizzato l’esito delle prove testimoniali, valutando le sole fatture prodotte dalla società
unitamente ad un ‘foglio indicato come appartenente al registro iva vendite’ in cui le predette fatture erano annotate omettendo, completamente, di considerare l’avvenuto versamento di un acconto sul prezzo pattuito tra le parti per la predisposizione di un impianto antiintrusione, nella fase iniziale del rapporto, circostanza, avente il carattere della decisività, emergente peraltro dalla sentenza di primo grado.
Nella specie il giudice non ha quindi considerato un fatto storico, pacificamente avvenuto e posto a fondamento della decisione di prime cure, così violando i principi che presidiano la prova nel contratto di appalto.
Il primo motivo deve essere accolto e ciò determina l’assorbimento delle doglianze ulteriori.
In definitiva, il ricorso deve essere accolto, nei sensi di cui in motivazione. La sentenza impugnata va dunque cassata, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, che deciderà tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.
p.q.m.
La Corte Suprema di Cassazione accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, a nche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda