Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8126 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8126 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: AMATORE NOME
Data pubblicazione: 26/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 13442-2016 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE), società di diritto spagnolo, con sede in San Adrian, Spagna, in persona del legale rappresentante pro tempore NOME COGNOME, rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta in atti , dall’AVV_NOTAIO, con cui elettivamente domicilia in Roma, INDIRIZZO.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona dei legali rappresentanti pro tempore curatori fallimentari AVV_NOTAIOssa NOME AVV_NOTAIO, AVV_NOTAIO e AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso, giusta procura speciale in atti, dall’AVV_NOTAIO , ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Napoli, INDIRIZZO.
-controricorrente –
avverso il decreto del Tribunale di Napoli, depositato in data 20.4.2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/2/2024
dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RILEVATO CHE
1.Con ricorso ex artt. 98 e 99 l. fall. RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE), società di diritto spagnolo, opponente, chiedeva, in riforma del provvedimento di rigetto della domanda tempestiva, l’ammissione in via chirografaria allo stato passivo del RAGIONE_SOCIALE, opposto, della somma di euro 3.219.505,92, oltre interessi, derivante dalla fornitura di bagna stagnata, deducendo che la propria domanda di credito era fondata su documenti probanti aventi data certa anteriore al fallimento, contrariamente a quanto ritenuto dal g.d. nel provvedimento impugnato. La società opponente depositava, altresì, in sede di opposizione, ulteriore documentazione (perizia di parte) che avrebbe dovuto descrivere i rapporti contrattuali intercorsi tra il 29.3.2011 ed il 17.5.2011 tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE.
Nella resistenza della curatela fallimentare, il Tribunale di Napoli, con il decreto qui oggetto di ricorso per cassazione, ha rigettato la proposta opposizione, confermando pertanto il provvedimento impugnato.
Il Tribunale ha rilevato che: (i) la parte opponente si era dichiarata creditrice nei confronti della RAGIONE_SOCIALE della complessiva somma di euro 3.219.505,92, deducendo di aver già sottratto da tale somma gli importi rispetto ai quali il fallimento aveva sollevato eccezione revocatoria; (ii) doveva essere disattesa preliminarmente l’eccezione se condo cui il decreto di rigetto impugnato ed adottato dal g.d. fosse sfornito di motivazione in quanto i motivi di rigetto erano desumibili per relationem dall’articolato parere reso dai curatori fallimentari nel progetto di stato passivo, (iii) la domanda di ammissione era in verità sfornita di prova; (iv) le fatture allegate, quali atti di formazione unilaterale, non erano infatti opponibili al curatore in sede di verificazione dell o stato passivo, fatta salva l’ ipotesi in cui il curatore accerti che, nella contabilità del fallito, regolarmente tenuta, le fatture risultino
regolarmente registrate ovvero si possa ricavare tale convincimento da altri dati seri e non equivoci; (v) in termini sempre generali, anche le bolle di accompagnamento con la sottoscrizione del vettore, soggetto estraneo al rapporto contrattuale, possono valere come prova dell’ anteriorità della formazione del documento rispetto alla sentenza dichiarativa di fallimento, ai sensi dell’art. 2704 c.c.; (vi) nel caso di specie tuttavia la produzione delle sole fatture non poteva valere a dimostrare, da un lato , l’ intervenuta consegna dei beni all’imprenditore in bonis e, dall’altro, il mancato pagamento del prezzo da parte di quest’ultimo; (vii) lo stesso estratto notarile delle scritture contabili doveva considerarsi documento inidoneo a fondare la pretesa insinuazione, e ciò anche in conformità ad uno stratificato orientamento esegetico della Corte di Cassazione secondo cui il curatore, nella sede della verifica dei crediti, agisce come terzo sia rispetto ai creditori del fallito che rispetto allo stesso fallito; (viii) conseguentemente al curatore -soggetto terzo rispetto ai creditori che chiedono l’insinuazione dei loro crediti al passivo fallimentare -non sono opponibili i crediti non aventi data certa, secondo quanto stabilito dall’art. 2704 cod. civ., in tema di efficacia probatoria delle scritture contabili contro l’imprenditore e tra imprenditori; (ix) nel caso di specie, era inidonea a fornire la prova certa del credito anche la produzione delle bolle di carico, le quali se, da un lato, denotavano la c onsegna presso il Terminal di Sagunto, dall’altro, non erano di per sé idonee a dimostrare che la merce fosse stata effettivamente consegnata alla società poi fallita, non avendo dunque dimostrato la società opponente, come era suo onere, a fronte di una specifica eccezione di inadempimento sollevata dalla curatela fallimentare, l’esecuzione della prestazione sulla cui base aveva avanzato domanda di insinuazione al passivo; (x) considerata inoltre la quantità ingente di bagna stagnata asseritamente fornita, non risultava neanche verosimile che non fosse stato possibile documentare non solo l’imbarco della merce ma anche l’arrivo della stessa in Italia; (xi) neanche la perizia di parte versata in atti dall’opponente era stata sul punto chiarificatrice in quanto si era limitata solo ad analizzare le predette bolle di carico; (xii) tali lacune probatorie neanche potevano essere colmate mediante Ctu, in assenza della prova delle prestazione.
Il decreto, pubblicato il 20.04.2016, è stato impugnato da RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE) con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, cui il RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
La ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo la società ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 111 Cost. e 96 l. fall., sul rilievo che il Tribunale avrebbe erroneamente disatteso l’eccezione di difetto di motivazione del decreto di esecutorietà dello stato passivo sollevata già in sede di opposizione allo stato passivo, ritenendo altrettanto erroneamente che fosse sufficiente per il provvedimento del g.d., così impugnato, la motivazione per relationem al progetto di stato passivo del curatore.
1.1 La doglianza così formulata è infondata.
1.1.1 Sul punto, giova infatti ricordare che, secondo la consolidata giurisprudenza espressa da questa Corte di legittimità, il decreto di rigetto della domanda di insinuazione al passivo che operi un rinvio “per relationem” alle motivazioni esposte dal curatore fallimentare nel progetto di cui all’art. 95 l.fall., può ritenersi adeguatamente motivato a condizione che il richiamo sia univoco e che le contestazioni del curatore siano sufficientemente specifiche, in modo da garantire pienamente il diritto di difesa del creditore (così, Cass. Sez. 6 -1, Ordinanza n. 24794 del 09/10/2018 ; vedi anche Cass. n. 18935 del 2003, secondo cui verbatim ‘ Il decreto con il quale il giudice delegato al fallimento, all’esito della verificazione dello stato passivo, rigetta la domanda di insinuazione proposta da un creditore può essere motivato mediante il richiamo delle ragioni svolte dal curatore fallimentare per contrastare la domanda, anche se siano state espresse in forma dubitativa, in quanto detto richiamo permette al creditore di esercitare la propria difesa in sede di opposizione allo stato passivo, previa valutazione della fondatezza e correttezza del decreto di rigetto della domanda di insinuazione ‘).
1.1.1 Senza neanche contare che, in considerazione dell’effetto sostitutivo della pronuncia del provvedimento di secondo grado e del principio secondo cui le nullità delle sentenze soggette ad impugnazione si convertono in motivi di impugnazione, il giudice di secondo grado investito delle relative censure non può limitarsi a dichiarare la nullità ma deve decidere nel merito e non può essere denunciato in cassazione un vizio della pronuncia di primo grado ritenuto insussistente dal giudice della impugnazione (Sez. L, Sentenza n. 11537 del 28/12/1996; Sez. 5, Ordinanza n. 1323 del 19/01/2018; n. 6754 del 2003).
Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., degli artt. 2704, 2709 e 2710 e degli artt. 2697 e 1510 c.c., nonché vizio di omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.
2.1 Si evidenzia da parte della soc ietà ricorrente, in ordine all’ affermata inefficacia probatoria delle fatture allegate, che la prova del negozio e della sua stipulazione prima del fallimento potrebbe essere fornita con ogni mezzo istruttorio consentito, a prescindere dall’efficacia probatoria del documento prodotto. Aggiunge la ricorrente che, secondo gli insegnamenti della Corte di legittimità, l’elemento della data certa di una scrittura privata non integra un fatto costitutivo del credito, con la conseguenza che l’onere probatorio gravante sul creditore in sede di accertamento del passivo deve ritenersi soddisfatto se viene prodotta documentazione idonea a dimostrare la fondatezza della pretesa formulata. Osserva ancora la ricorrente che il Tribunale di Napoli, pur avendo fatto riserva astratta della possibilità di acquisire aliunde elementi probanti dell’ esistenza del credito insinuato, non avrebbe, poi, in concreto considerato in alcun modo una serie di altri documenti dimostrativi del credito (estratto autentico del bilancio annuale di Comesa; estratto autentico del libro giornale e del libro mastro; le altre sue scritture contabili versate in atti; nonché le bolle di carico, attestanti la presa in carico della merce da parte del vettore, con conseguente sua liberazione dall’obbligo di consegna della merce alla stessa società fallita; ed infine anche
l’avviso di vendita da parte del fallimento della banda stagnata oggetto delle fatture insinuate al passivo).
2.2 Deduce, dunque, la società spagnola, in seconda battuta, anche la violazione e falsa applicazione dell’art. 1510, 2 comma, c.c., sul rilievo che erroneamente il Tribunale partenopeo non avrebbe ritenuto provata l’esecuzione della prestazione relativa alla vendita della fornitura sopra descritta, dovendosi, al contrario tale prova ritenersi positivamente fornita dalla consegna da parte della società venditrice al vettore della merce compravenduta, come espressamente previsto dal disposto normativo sopra ricordato e di cui dunque si lamentava la violazione.
2.2.1 Le obiezioni sollevate dalla ricorrente, quanto alla violazione dell’art. 1510, 2 comma, c.c., colgono nel segno e risultano anche assorbenti delle ulteriori questioni agitate sempre nel secondo motivo e nei motivi di ricorso che seguono.
Invero, è stato già affermato dalla giurisprudenza di questa Corte che, in tema di accertamento del passivo, il credito del venditore nei confronti del compratore fallito, nel caso di beni mobili da trasportare da un luogo all’altro può essere provato con la consegna della merce al vettore o allo spedizioniere, perché è in quel momento, dunque ai sensi dell’art. 1510 c.c., che si trasferisce all’acquirente – salvo patto contrario – la proprietà dei beni medesimi (Sez. 6-1, Ordinanza n. 19719 del 22/09/2020; Cass. n. 13377/2018).
Così parte ricorrente denunzia, a ragione, la violazione della citata norma, per avere il tribunale erroneamente ritenuto il venditore non liberato dall’obbligo di consegna della merce nel momento in cui aveva rimesso i beni al vettore e non provata l’esecuzione della prestazione oggetto del contratto di vendita. La decisione va dunque cassata in parte qua .
3. Il terzo motivo -con il quale si denuncia la ‘violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.’ ed il quarto motivo -articolato come ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 95 l. fall.’ rimangono pertanto assorbiti.
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo nei termini di cui in motivazione; rigetta il primo motivo e dichiara assorbiti i restanti motivi; cassa il decreto impugnato con
rinvio al Tribunale di Napoli che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 13.2.2024