Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 35212 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 35212 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12502/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
avverso il DECRETO del TRIBUNALE di PISTOIA in n. 1838/2022 depositato il 28/04/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con decreto depositato il 28.4.2023, il Tribunale di Pistoia ha rigettato l’opposizione ex art. 98 legge fall. proposta dal Centro RAGIONE_SOCIALE avverso il decreto con cui il G.D. del fallimento RAGIONE_SOCIALE aveva rigettato la sua domanda di insinuazione del credito (per € 190.154,16 ), che la società opponente aveva acquistato da NOME COGNOME e da quest’ultimo vantato a titolo di compenso per l’attività di amministratore u nico della fallita dall’agosto 2015 al dicembre 2021.
Il giudice di primo grado ha osservato che la società ricorrente, a fronte delle eccezioni sollevate dalla curatela, aveva l’onere di dimostrare l’attività concretamente svolta dal Catanzano tra il 2015 e il 2022, quale consigliere delegato ed amministratore Unico della società fallita, ma la ricorrente non aveva fornito alcuna prova documentale e neanche le prove testimoniali articolate nel ricorso, per genericità, erano idonee a tale scopo. Non vi era, pertanto, alcuna specifica prova dell’effettiva entità dell’attività del Catanzano e del credito ceduto.
Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE affidandolo a due motivi.
La curatela del fallimento RAGIONE_SOCIALE ha resistito in giudizio con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato le memorie ex art. 380 bis.1 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è stata dedotta la violazione degli artt. 1709, 2364, 1° comma, nn. 2 e 3, e 2389 c.c., nonché la violazione dell’art. 12 preleggi.
Espone la ricorrente che il Tribunale di Pistoia ha rigettato l’opposizione allo stato passivo, non avendo ritenuto provato lo svolgimento del ruolo di consigliere delegato ed amministratore unico da parte di Catanzano, e quindi inesistente il credito ceduto da quest’ultimo al Centro Medico, non considerando che, in forza della presunzione di onerosità del mandato, disciplinata dall’art. 1709 c.c., l’attribuzione della carica di amministratore di società determina di per sé l’insorgenza del diritto al compenso per l’attività prestata, che prescinde sia da una espressa pattuizione delle parti in tal senso che dall’avvenuta richiesta di liquidazione da parte dell’amministratore alla società amministrata in costanza di incarico. La disposizione di cui all’art. 2389 c.c., infatti, stabilisce l’onerosità dell’incarico di amministratore di società, nelle società per azioni, ed anche la più recente giurisprudenza ritiene che tale incarico si presuma oneroso e l’eventuale gratuità deve risultare dallo statuto o dal contratto di amministrazione.
Nel caso di specie, risultava documentalmente provato che il sig. COGNOME NOME avesse svolto il ruolo di amministratore unico della società RAGIONE_SOCIALE, emergendo ciò non solo dai verbali dell’assemblea dei soci con cui veniva riconosciuto il compenso all’amministratore unico, ma anche dalle difese e dai documenti prodotti da controparte, come la visura storica della società RAGIONE_SOCIALE
Quindi l’attribuzione del ruolo di amministratore unico in capo al Catanzano non poteva essere posta in alcun dubbio.
In merito all’importo del compenso riconosciuto al Catanzano, anch’esso risultava chiaramente dimostrato dai documenti n.7 ed 8 allegati al fascicolo di primo grado.
In conclusione, il giudice di primo aveva quindi errato nel ritenere non pienamente dimostrato il compenso spettante al Catanzano, essendo sufficiente per l’insorgenza di tale diritto l’accettazione dell’incarico.
Il giudice di merito avrebbe dovuto semplicemente verificare, per ritenere dovuto il compenso in oggetto, che il predetto avesse ricoperto la carica di consigliere delegato dal maggio 2012 all’agosto 2015 e che gli fosse stata attribuita la carica di amministratore nel periodo tra l’agosto 2015 ed il febbraio 2022.
Il motivo è inammissibile, per non essere stata colta la ratio decidendi.
La ricorrente ritiene di aver dimostrato l’esistenza del credito ceduto (per aver fornito la prova che il COGNOME era stato nominato, dapprima, consigliere delegato, e, poi, amministratore unico della fallita nei periodi 2012-2015 e 2015 -2022) – nonché l’entità del compenso riconosciuto all’amministratore -, non considerando, tuttavia, che il Tribunale non aveva affatto messo in dubbio che il COGNOME avesse ricoperto la carica di amministratore della fallita, ma piuttosto ritenuto che la ricorrente non avesse fornito prova dell’attività concretamente svolta dallo stesso nell’esercizio delle sue funzioni e, quindi, dell’esecuzione della prestazione.
La ricorrente, proprio perché, almeno in questo capitolo, non ha colto tale ratio decidendi , non l’ha aggredita né ha, conseguentemente, ritenuto minimamente di confrontarsi con la medesima.
Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Cost., nonché degli artt. 115, 116,
187, 188,189, 244 e 245 c.p.c., con riferimento alla mancata ammissione delle prove testimoniali richieste.
Espone la ricorrente che, ove il Tribunale avesse ammesso le prove orali dedotte, sarebbe certamente emerso il ruolo del Catanzano nella società fallita e, conseguentemente, sarebbe stata fornita la prova delle attività concretamente svolte dal creditore cedente.
I capitoli di prova orale, infatti, risultavano tutti ammissibili e finalizzati proprio a dimostrare ciò che il giudice di primo grado aveva ritenuto non provato.
ll Giudice di prime cure, tuttavia, aveva valutato erroneamente i capitoli dedotti come generici sia sotto il profilo temporale sia in riferimento all’attività svolta dal sig. COGNOME così impedendo alla parte ricorrente di dimostrare il fondamento della propria domanda.
La pronuncia di inammissibilità delle prove testimoniali dedotte ha determinato l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia.
4. Il motivo è inammissibile per genericità.
Va premesso che la motivazione con cui il giudice di primo grado non ha ammesso le prove testimoniali è assai articolata ed esaustiva, avendo il Tribunale evidenziato che ‘ A ben vedere, difatti, il capitolo di prova testimoniale b) appare estremamente generico, sia in riferimento al periodo temporale ivi indicato (nel periodo compreso tra il maggio dell’anno 2012 ed agosto 2015) , sia in riferimento alle attivit à̀ concretamente svolte dal Catanzano quale consigliere delegato, le quali non vengono, invero, meglio specificate; il capitolo c), egualmente, è generico, sia in riferimento al periodo temporale ivi indicato (maggio 2012 -agosto 2015), sia quanto alle attivit à̀ che lo stesso avrebbe svolto, riferendosi alla gestione e al coordinamento, da parte sua, di tecnici e imprese non meglio individuati; il capitolo d) è genericamente formulato, riferendosi all’impegno e alla dedizione
profuse dal sig. COGNOME nella propria attivit à̀ , senza meglio chiarire in cosa essa sia consistita; il capitolo f) non chiarisce in quali attivit à̀ si sia concretizzata l’attività̀ di amministratore unico del Catanzano; i capitoli g) e i) sono genericamente formulati sia sotto l’aspetto temporale, riferendosi al periodo agosto 2015/febbraio 2022, sia quanto alle attivit à̀ che il Catanzano avrebbe svolto, che si sarebbero concretizzate in non meglio specificate operazioni finali di realizzazione del fabbricato, trattative con potenziali clienti, molteplici questioni amministrative sorte nei confronti del Comune di Pistoia’.
Con tale motivazione la ricorrente non ha inteso seriamente confrontarsi, essendosi limitata a ritrascrivere nel ricorso i capitoli di prova già articolati in primo grado, assumendo, genericamente e tautologicamente (senza quindi spiegarne le ragioni), che erano tutti ammissibili e quindi idonei a dimostrare ciò che il giudice di primo grado aveva ritenuto non provato.
Non coglie nel segno neppure la censura di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, essendo, al contrario, la motivazione fornita dal Tribunale di Pistoia ampia e non minimamente esaminata dalla ricorrente.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in € 7.900, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1° bis dello stesso articolo 13. Così deciso in Roma il 6.11.2024