Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 17308 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 17308 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23060/2022 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME, RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in ASCOLI PICENO CORSO TRENTO E TRIESTE 52, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende
-ricorrenti- nonché
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente e ricorrente incidentale-
avverso il DECRETO del TRIBUNALE di ASCOLI PICENO n. 1602/2021 depositato il 23/07/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ricorso ex art. 98 L.F. i signori NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, la società NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE , sul presupposto di essere creditori ammessi al passivo del fallimento RAGIONE_SOCIALE di grado pari o inferiore, hanno impugnato l’ammissione in chirografo al passivo della predetta procedura del credito dell’importo di € 12.878.428,16 insinuato da RAGIONE_SOCIALE s.p.a..
Il Tribunale di Ascoli Piceno, previo rigetto dell’eccezione di legittimazione della RAGIONE_SOCIALE, ha respinto l’opposizione ed ha, altresì, rigettato la domanda di condanna ex art. 96 comma III c.p.c. proposta dalla curatela nei confronti degli impugnanti.
Il giudice di merito ha ritenuto provata la cessione di rapporti giuridici in blocco effettuata da Unicredit a favore della società di cartolarizzazione, come emergente, oltre che dalla dichiarazione di
cessione della stessa Unicredit, anche da uno stralcio del contratto di cessione stipulato in data 14.7.2017 (depositato in atti) in cui risultava espressamente menzionato il credito dei COGNOME esattamente per la cifra per cui è stato poi ammesso.
Il Tribunale di Ascoli Piceno ha ritenuto l’anteriorità dei rapporti bancari in essere tra la SACO e Unicredit, avendo sia la fideiussione che i contratti di affidamento data certa, in quanto muniti di timbro postale recante la data del 30.4.2009.
Infine, il giudice di merito ha ritenuto che la società cessionaria del credito avesse fornito prova del credito in presenza degli estratti conto completi sin dalla data di apertura del rapporto, osservando che l’esistenza di un giroconto effettuato il giorno dell’apertura del conto corrente non dimostrasse in alcun modo l’esistenza di una continuità contabile tra un precedente contratto ed il successivo contratto aperto, così rigettando, anche per la sua genericità, l’eccezione sollevata dai COGNOME.
Avverso il predetto hanno proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, la società NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE affidandolo a cinque motivi.
Il fallimento RAGIONE_SOCIALEgià RAGIONE_SOCIALE ha resistito in giudizio con controricorso ed ha, altresì, proposto ricorso incidentale.
La RAGIONE_SOCIALE nella qualità di mandataria di RAGIONE_SOCIALE, ha resistito al ricorso principale.
I ricorrenti COGNOME hanno resistito al ricorso incidentale della curatela fallimentare.
La curatela ricorrente incidentale ha depositato la memoria ex art. 380 bis. 1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Prima di illustrare i motivi del ricorso principale e del ricorso incidentale, deve essere esaminata l’eccezione di tardività del ricorso principale, sollevata sia dalla curatela, sia dalla RAGIONE_SOCIALEp.a.
In particolare, si eccepisce che il termine per impugnare con ricorso per cassazione il decreto ex art. 99 L.F., comunicato il 25.7.2022, sarebbe scaduto, nel caso di specie, il 24.8.2022, con conseguente tardività dell’odierno ricorso notificato il 19.9.2022, e ciò sul rilievo che il presente procedimento non sarebbe soggetto all’istituto della sospensione dei termini feriali.
Infatti, essendo in data 15.7.2022 entrato in vigore del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in base all’art. 207 comma 16 del predetto codice, la sospensione feriale si applica solo ai giudizi di impugnazione dei crediti innanzi al Tribunale di opposizione e non anche al ricorso per cassazione contro il decreto del Tribunale che definisce i suddetti giudizi. Ove, infatti, il legislatore avesse voluto prevedere la sospensione feriale, in deroga alla regola generale di cui all’art. 9 CCII, anche ai giudizi di cassazione avrebbe dovuto disporlo espressamente.
Fermo restando che tale impostazione giuridica non è in alcun modo accoglibile, avendo il legislatore della riforma previsto l’applicazione della sospensione del termine feriale in relazione all’oggetto della controversia le impugnazioni del decreto di esecutività dello stato passivo – tale eccezione è, in ogni caso, destituita di fondamento per l’assorbente ragione che, a norma dell’art. 390 comma 2° CCII, recante la disciplina transitoria ‘le procedure di fallimento e le altre procedure di cui al comma 1, prendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché le procedure aperte a seguito della definizione dei ricorsi e delle domande di cui al medesimo comma sono definite secondo le disposizioni del regio decreto 16 marzo 1942 n. 267, nonché della legge 27 gennaio 2012 n. 3’ . Ciò vuol dire che essendo la
procedura fallimentare, all’interno della quale si è svolto il presente procedimento di opposizione allo stato passivo, già pendente alla data di entrata in vigore del codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, la disciplina rilevante in tale procedimento è solo quella prevista dalla legge fallimentare. Ne consegue che si applica, in via generale, in tutti i giudizi di accertamento dei crediti concorsuali, con l’eccezione di quelli di lavoro, l’istituto della sospensione dei termini feriali (Cass. S.U. 24665/09; Cass. S.U. 10944/2017).
Con il primo motivo del ricorso principale è stata dedotta la nullità del decreto impugnato per apparente, insufficiente, contraddittoria e illogica motivazione, in violazione dell’art. 132 comma 2 n. 4 c.p.c., e 111 Cost.
Lamentano i ricorrenti che il Tribunale di Ascoli Piceno aveva ritenuto che RAGIONE_SOCIALE avesse fornito prova della cessione di credito di cui è causa con una motivazione assertiva e tautologica -tale doveva considerarsi l’espressione che nell’avviso in G.U .’ venivano specificamente dichiarate le caratteristiche dei crediti ceduti’ -omettendo di indicare gli elementi da cui traeva il proprio convincimento. Doveva, inoltre, ritenersi autoreferenziale e acritica l’affermazione contenuta nel decreto impugnato secondo cui la titolarità del credito in capo a RAGIONE_SOCIALE risultava confermata dalla dichiarazione della cedente Unicredit.
Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 112 c.p.c., 2697 c.c.
Espongono i ricorrenti che, a differenza di quanto affermato dal decreto impugnato, avevano immediatamente contestato l’estratto del contratto di cessione prodotto dalla RAGIONE_SOCIALE, sia quanto alla conformità all’originale, sia perché incompleto, sia perché redatto in lingua inglese e privo di una traduzione in lingua italiana, sia, infine, perché individuava come controparte contrattuale un diverso soggetto giuridico denominato ‘RAGIONE_SOCIALE‘, come emergeva
dall’intestazione impressa sul frontespizio del documento ‘F.I.NRAGIONE_SOCIALEelenco debitori ceduti’.
4. I due motivi, da esaminarsi unitariamente in relazione alla stretta connessione delle questioni trattate, presentano concomitanti profili di infondatezza ed inammissibilità.
In primo luogo, premesso che la motivazione di un provvedimento giurisdizionale non si può più censurare con la formula ‘apparente, insufficiente e contraddittoria motivazione’, e ciò a seguito della nuova formulazione, avvenuta con la novella del 2012, dell’art. 360 comma 1° n. 5 c.p.c., la motivazione con cui il Tribunale di Ascoli Piceno ha ritenuto provata la cessione del credito da Unicredit a RAGIONE_SOCIALE non è affatto apparente, rispondendo al requisito del ‘minimo costituzionale’ secondo i parametri elaborati dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 8053/2014.
Il provvedimento impugnato, oltre a far riferimento all’avviso di pubblicazione della cessione in Gazzetta Ufficiale, ha evidenziato che RAGIONE_SOCIALE aveva prodotto in giudizio la dichiarazione di cessione di Unicredit (elemento che questa Corte nell’ordinanza n. 10200/2021 ha ritenuto come rilevante nella valutazione riservata al giudice di merito), che RAGIONE_SOCIALE aveva prodotto in giudizio un estratto del contratto di cessione del credito in cui risultava espressamente menzionato il credito COGNOME esattamente per cui è stata richiesta l’insinuazione, che la circostanza che il documento fosse redatto in lingua inglese non era (correttamente) rilevante, atteso che, a norma dell’art. 122 c.p.c., l’uso della lingua italiana è obbligatorio solo per gli atti processuali e non per i documenti (sul punto vedi, più recentemente, Cass. n. 24920/2020).
La motivazione del decreto impugnato non può, dunque, ritenersi né apparente, né illogica, in punto di prova della cessione del credito. Va, inoltre, osservato che proprio perché la cessione di un credito non è, di regola, soggetta a particolari vincoli di forma e, dunque, la sua esistenza è dimostrabile con qualunque mezzo di
prova, anche indiziario, il relativo accertamento è soggetto alla libera valutazione del giudice del merito e non è sindacabile in sede di legittimità, se non nei circoscritti limiti del vizio di motivazione nei termini espressi dalla citata sentenza delle Sezioni Unite n. 8053/2014.
Non vi è dubbio che i ricorrenti, nel ritenere non raggiunta la prova della cessione del credito di cui è causa, con l’apparente doglianza della violazione di legge (artt. 2697 c.c., 115 c.p.c.), abbiano, in realtà, svolto mere censure di merito, in quanto finalizzate a sollecitare una diversa ricostruzione dei fatti rispetto a quella operata dal Tribunale di Ascoli Piceno, invocando una inammissibile rivalutazione del materiale probatorio esaminato dal giudice a quo.
Con il terzo motivo è stata dedotta la nullità del decreto impugnato per travisamento della prova e conseguente violazione degli artt. 115, 116 c.p.c., 2704 c.c. in relazione all’art. 260 comma 1° n. 4 c.p.c.
I ricorrenti invocano il travisamento della prova per avere il giudice di merito utilizzato informazioni probatorie contraddette da specifici atti processuali. Contestano che i timbri postali apposti sia sul contratto di fideiussione, che sui due contratti di affidamento fossero leggibili e, in generale, che i documenti prodotti in giudizio dalla RAGIONE_SOCIALE fossero muniti di data certa.
Il motivo è inammissibile.
Va, preliminarmente, osservato che questa Corte, con riferimento alle scritture private, ha già enunciato il principio secondo cui l’accertamento della loro data e, in più generale, della sussistenza e idoneità di fatti diversi da quelli specificamente indicati nell’art 2704 c.c. a stabilire in modo egualmente certo l’anteriorità della formazione del documento, è compito esclusivo del giudice del merito, la cui valutazione non è sindacabile in sede di legittimità, se correttamente motivata (vedi Cass. n. 4104/2017).
Non vi è dubbio che i ricorrenti, nell’invocare il c.d. travisamento della prova, intendano, in realtà, sollecitare una diversa ricostruzione dei fatti rispetto a quella operata dal giudice di merito ed una inammissibile rivalutazione del materiale probatorio dallo stesso esaminato.
La censura è, inoltre, inammissibile alla luce dell’insegnamento della recente sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 5792/2024 (in tema di c.d. travisamento della prova), nella quale è stato affermato che ‘… il momento dell’individuazione delle informazioni probatorie che dal dato probatorio possono desumersi è riservato al giudice di merito, ed è per questo sottratto al giudizio di legittimità, a condizione, che il giudice di merito si sia in proposito speso in una motivazione eccedente la soglia del «minimo costituzionale» …(pag. 28)’.
Orbene, nel caso di specie, il decreto impugnato è stato ampiamente motivato e, del resto, i ricorrenti neppure hanno dedotto che, sul punto, lo stesso non eccedesse la soglia del ‘minimo costituzionale’ .
La valutazione di merito non può essere sindacata in sede di legittimità.
Con il quarto motivo è stata dedotta la nullità del decreto impugnato per apparente, insufficiente, contraddittoria e illogica motivazione, in violazione dell’art. 132 comma 2n. 4 c.p.c., e 111 Cost., nonché travisamento della prova e conseguente violazione degli artt. 115, 116 c.p.c., 2704 c.c. in relazione all’art. 260 comma 1° n. 4 c.p.c.
I ricorrenti lamentano che il decreto impugnato, nel respingere l’eccezione dagli stessi sollevata di assenza di riferimenti, nei contratti di affidamento, al rapporto principale dal quale mutuavano, con il rilievo che le risultanze degli estratti conto completi depositati in atti eliminavano ogni dubbio in ordine al rapporto di corrente di ‘appoggio’ dei predetti affidamenti, ha
compiuto una non consentita esegesi interpretativa della pattuizione contrattuale, contraddetta dalle chiare risultanze probatorie documentali, intendendosi per tali sia il dato testuale dei contratti di affidamento che le annotazioni in conto corrente .
I ricorrenti contestano, altresì, il passaggio motivazionale con cui il Tribunale ha ritenuto che il riversamento in conto corrente dei saldi passivi di altri rapporti non implicasse la continuità contabile, eccepita dagli impugnati anche sotto il profilo della violazione dell’art. 117 TUB e 2697 c.c. Tale affermazione sarebbe contraddetta dalle risultanze degli estratti conto, che documentavano che nel contratto di conto corrente di destinazione n. 500075896, aperto in data 7.5.2009, erano confluiti i saldi passivi di altri conti correnti -da cui trae origine il credito asseritamente ceduto da Unicredit – i cui contratti non erano stati prodotti in giudizio in violazione dell’art. 117 TUB.
8. Il motivo è inammissibile.
I ricorrenti, oltre a censurare, apoditticamente, la motivazione del decreto impugnato con la formula ‘apparente, insufficiente e contraddittoria motivazione’ – come detto, non più in vigore da anni a seguito della nuova formulazione, avvenuta con la novella del 2012, dell’art. 360 comma 1° n. 5 c.p.c.’ invocano il c.d. travisamento della prova, sul rilievo che le informazioni probatorie su cui il Tribunale ha fondato la decisione si pongono in contrasto con le risultanze processuali.
Come già evidenziato al punto 6, si tratta di censura inammissibile, in quanto, alla luce della sentenza delle Sezioni Unite n. 5792/2024, l’individuazione delle informazioni probatorie è riservata solo al giudice di merito – ed è, conseguentemente, sottratta al giudice di legittimità – salvo che la motivazione di quest’ultimo non raggiunga il ‘minimo costituzionale’.
Nel caso di specie, al di là della apodittica formula di stile -nemmeno più coerente con la norma -con cui i ricorrenti hanno
invocato il vizio di motivazione, in realtà, gli stessi hanno reiterato più volte la contestazione secondo cui l’accertamento di fatto del giudice di merito si porrebbe in contrasto con le risultanze processuali, profilo, come detto, non sindacabile in sede di legittimità.
Va, infine, osservato che i ricorrenti non si sono confrontati con la precisa affermazione del decreto impugnato secondo cui l’eccezione dell’esistenza di una continuità contabile tra i precedenti conti corrente e quello successivo era stata solo genericamente formulata. Sul punto, i ricorrenti non hanno dedotto ‘come’ tale eccezione era stata sollevata nel ricorso in opposizione ex art. 98 L.F., non censurando efficacemente la valutazione del giudice di merito di genericità dell’eccezione.
Con il quinto motivo del ricorso principale è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 101 e 115 c.p.c., 2697 c.c. in relazione all’art. 360 comma 1° n. 3 c.p.c.
I ricorrenti deducono, in via subordinata, che, ove le censure svolte nel precedente motivo a norma dell’art. 360 comma 1° n. 4 c.p.c. non fossero accolte, intendono veicolarle a norma dell’art. 360 comma 1° n. 3 c.p.c.
Il motivo è inammissibile, in quanto a prescindere dall’involucro normativo con cui i ricorrenti intendano svolgere le loro censure, le stesse, come evidenziato al punto 8, non sono consentite in sede di legittimità.
Con il primo motivo del ricorso incidentale la curatela ha dedotto la violazione dell’art. 360 comma 1° n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 1175, 1375, 2732 c.c., 6 e 13 Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, 54 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, 88 e 96 comma 3° c.p.c., 2,24 e 117 comma 1 Cost.
La curatela ha impugnato quella parte del decreto del Tribunale di Ascoli Piceno che aveva rigettato l’eccezione, sollevata dalla stesa
curatela, di difetto di interesse dei COGNOME alla proposizione del ricorso ex art. 98 L.F.., in relazione all’asserito riconoscimento di debito, effettuato dalla SACO nel ricorso per l’ammissione al concordato preventivo, del credito di Unicredit, riconoscimento che sarebbe opponibile alla massa dei creditori.
Lamenta la curatela che non aveva sollevato solo un’eccezione di difetto di interesse, ma aveva inteso porre in luce il tema dell’abusività dell’azione e dei suoi effetti.
Con il secondo motivo, la curatela, in subordine, ove non sia accolto il primo motivo, ha dedotto le stesse violazioni di legge già invocate nel primo motivo, veicolandole ai sensi dell’art. 360 comma 1° n. 4 c.p.c.
Con il terzo motivo è stata dedotta la nullità del provvedimento impugnato -nella parte già censurata con i primi due motivi del ricorso incidentale -per motivazione apparente in violazione degli artt. 111 Cost., 132 n. 4 e 112 c.p.c.., per non essersi lo stesso decreto correlato in alcun modo con la censura di abusività dell’azione, con riferimento all’impugnazione ex art. 98 -99 L.F..
Con il quarto motivo la curatela ha dedotto la violazione degli artt. 1988 c.c. e 161 comma 5° L.F.
Tutti i motivi del ricorso incidentale sono assorbiti.
Va osservato che questa Corte (vedi Cass. S.U. n. 5446/2009; Cass. n. 4615/2015; Cass. n. 6138/2018; Cass. n. 25694/2024) ha costantemente enunciato il principio di diritto secondo cui ‘Anche alla luce del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, secondo cui fine primario di questo è la realizzazione del diritto delle parti ad ottenere risposta nel merito, il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, che investa questioni pregiudiziali di rito, ivi comprese quelle attinenti alla giurisdizione, o preliminari di merito, ha natura di ricorso condizionato, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte, e deve essere esaminato con priorità solo se le
questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito, rilevabili d’ufficio, non siano state oggetto di decisione esplicita o implicita (ove quest’ultima sia possibile) da parte del giudice di merito. Qualora, invece, sia intervenuta detta decisione, tale ricorso incidentale va esaminato dalla Corte di cassazione, solo in presenza dell’attualità dell’interesse, sussistente unicamente nell’ipotesi della fondatezza del ricorso principale’.
Nel caso di specie, il ricorso della curatela ha un’evidente natura condizionata: la stessa, risultata totalmente vincitrice nel grado di merito, non ha neppure richiesto la cassazione del decreto impugnato, ma semplicemente il rigetto del ricorso principale.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo nei confronti sia della curatela che della RAGIONE_SOCIALEp.a.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale.
Dichiara assorbito il ricorso incidentale.
Condanna i ricorrenti principali alla rifusione delle spese di lite, sostenute sia dalla controricorrente RAGIONE_SOCIALE s.p.a., sia dalla curatela ricorrente incidentale, che liquida per ciascuna in € 30.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti principali dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1° bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 29.4.2025