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Prova cessione credito: gli oneri del cessionario

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 17310/2025, ha rigettato il ricorso di una società cessionaria di crediti, confermando la decisione del tribunale. Il caso riguardava la mancata ammissione al passivo di un fallimento per difetto di prova della cessione del credito. La Corte ha ribadito che la pubblicazione dell’avviso di cessione in Gazzetta Ufficiale non è sufficiente a dimostrare l’esistenza del contratto di cessione se contestato. Inoltre, ha chiarito che la contestazione della titolarità del credito da parte del curatore costituisce una mera difesa e non un’eccezione nuova, non giustificando quindi la produzione tardiva di documenti probatori da parte del creditore.

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Prova Cessione Credito: Non Basta la Gazzetta Ufficiale

L’ordinanza n. 17310/2025 della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sugli oneri che gravano sul cessionario di un credito, specialmente nel contesto di una procedura fallimentare. La decisione sottolinea che la corretta prova della cessione del credito è un requisito fondamentale che non può essere soddisfatto tardivamente o con documentazione insufficiente, come il solo avviso in Gazzetta Ufficiale.

I Fatti di Causa

Una società veicolo, quale cessionaria di un credito derivante da un finanziamento ipotecario originariamente concesso da un istituto bancario, si insinuava al passivo del fallimento di una società agricola. Il Giudice Delegato rigettava la domanda di ammissione. La società cessionaria proponeva opposizione, ma il Tribunale la respingeva.

Il Tribunale motivava la sua decisione su due punti principali:
1. Difetto di prova della titolarità del credito: La società opponente si era limitata inizialmente a depositare un estratto della Gazzetta Ufficiale contenente un mero rinvio al sito internet della cedente. Solo in un’udienza successiva depositava una comunicazione della banca cedente che indicava i rapporti ceduti, ma tale deposito veniva considerato tardivo.
2. Difetto di prova dell’erogazione del finanziamento: I documenti prodotti non fornivano una prova con data certa dell’effettiva erogazione delle somme alla società poi fallita.

Contro questa decisione, la società di recupero crediti, succeduta alla prima cessionaria, proponeva ricorso in Cassazione.

La Distinzione tra Esistenza della Cessione e Inclusione del Credito

La Corte di Cassazione, prima di esaminare i motivi del ricorso, ribadisce un principio fondamentale. Occorre distinguere due ipotesi diverse:
– La contestazione della mera inclusione di uno specifico credito in un’operazione di cessione in blocco.
– La contestazione dell’esistenza stessa del contratto di cessione.

Nel primo caso, l’indicazione delle caratteristiche dei crediti ceduti nell’avviso in Gazzetta Ufficiale può essere sufficiente se precisa al punto da identificare con certezza il credito in questione. Nel secondo caso, invece, l’avviso non basta: è necessario fornire la prova del contratto di cessione. L’avviso in Gazzetta Ufficiale esonera dalla notifica individuale al debitore, ma non prova l’esistenza del contratto.

La Prova della Cessione del Credito e il Deposito Tardivo dei Documenti

Il cuore della decisione riguarda la questione procedurale della produzione di prove. La ricorrente sosteneva che il deposito della documentazione attestante la cessione, avvenuto dopo il ricorso introduttivo, doveva considerarsi tempestivo perché effettuato in replica a un’eccezione sollevata per la prima volta dalla curatela fallimentare.

La Cassazione rigetta questa tesi. Citando una pronuncia delle Sezioni Unite (n. 2951/2016), la Corte chiarisce che la titolarità del diritto è un elemento costitutivo della domanda. Chi agisce in giudizio ha l’onere di provarla sin dall’inizio. La contestazione di tale titolarità da parte del convenuto (in questo caso, la curatela) non è un’eccezione in senso tecnico (che introduce fatti nuovi), ma una mera difesa. Di conseguenza, essa non amplia il thema decidendum e non concede all’attore il diritto di produrre nuove prove in replica.

L’opponente, ex art. 98 L.F., deve quindi produrre tutti i documenti comprovanti i fatti costitutivi della sua pretesa, inclusa la prova della cessione del credito, con il ricorso introduttivo, a pena di decadenza.

Le Motivazioni della Decisione

Sulla base di questi principi, la Corte di Cassazione ha esaminato i motivi del ricorso. Il primo motivo, relativo alla presunta violazione delle norme sulla cessione in blocco, è stato dichiarato inammissibile per difetto di autosufficienza, poiché il ricorso non specificava la natura delle contestazioni della curatela.

Il secondo motivo, sulla pretesa tempestività del deposito documentale, è stato ritenuto infondato. La Corte ha confermato che la contestazione della titolarità del credito da parte della curatela è una mera difesa. Pertanto, l’onere di fornire la prova della cessione del credito incombeva sulla ricorrente sin dal momento della presentazione del ricorso in opposizione, e il successivo deposito era irrimediabilmente tardivo. La preclusione prevista dall’art. 99 L.F. non ammette deroghe in questi casi.

Tutti gli altri motivi di ricorso, relativi a presunti errori di valutazione delle prove sull’erogazione del finanziamento e al mancato esame di fatti decisivi, sono stati ritenuti assorbiti. L’infondatezza dei primi due motivi, che contestavano l’accertamento sul difetto di prova della titolarità del credito, rendeva superfluo l’esame delle ulteriori censure. Di conseguenza, il ricorso è stato integralmente rigettato.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un orientamento rigoroso sull’onere della prova a carico dei cessionari di crediti. Le società che operano nel mercato dei crediti deteriorati (NPL) devono essere consapevoli che, in sede di insinuazione al passivo fallimentare, non è sufficiente allegare l’avviso di cessione in Gazzetta Ufficiale. È indispensabile essere pronti, sin dal primo atto, a fornire la prova documentale completa non solo dell’esistenza del credito, ma anche della propria legittimazione ad agire quale nuovo creditore. Attendere una contestazione per produrre i documenti decisivi è una strategia processuale rischiosa e, come dimostra questo caso, perdente.

La pubblicazione in Gazzetta Ufficiale è sufficiente come prova della cessione di un credito in un processo?
No. Secondo la Corte, la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale esonera dalla notifica individuale al debitore ceduto ma non costituisce, di per sé, prova dell’esistenza del contratto di cessione. Se l’esistenza del contratto viene contestata, essa deve essere provata con altri mezzi, come il deposito del contratto stesso.

Se il curatore fallimentare contesta la titolarità del credito solo nel giudizio di opposizione, il creditore può depositare nuovi documenti per provarla?
No. La Corte ha stabilito che la contestazione della titolarità del credito è una mera difesa, non un’eccezione nuova. Pertanto, non giustifica una rimessione in termini per il deposito di documenti. Il creditore ha l’onere di provare la propria titolarità fin dal ricorso introduttivo, a pena di decadenza.

Su chi ricade l’onere di dimostrare la titolarità di un credito in un procedimento di ammissione al passivo fallimentare?
L’onere della prova ricade interamente sul creditore che chiede di essere ammesso al passivo. La titolarità del diritto è un elemento costitutivo della domanda e, come tale, deve essere provata dall’attore (il creditore istante) fin dall’inizio del procedimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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