Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 17310 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 17310 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6999/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in SANTA MARIA CAPUA VETERE INDIRIZZO DIG, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che l a rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
FALLIMENTO FATTORIE DEL MATESE SOCIETÀ RAGIONE_SOCIALE
-intimato- avverso il DECRETO del TRIBUNALE di SANTA MARIA CAPUA VETERE n. 5262/2021 depositato il 21/02/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ricorso ex 98 L.F. la RAGIONE_SOCIALE che si era insinuata al passivo nella qualità di cessionaria di Intesa San Paolo s.p.a., ha proposto opposizione avverso il decreto con cui il G.D. del Tribunale di S. Maria Capua Vetere aveva rigettato la sua domanda di ammissione al passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE del credito di € 2.634.767,70, vantato a titolo di rate scadute e non pagate del contratto di finanziamento ipotecario stipulato in data 30.05.2000 tra la società poi fallita e l’allora RAGIONE_SOCIALE (istituto cui era subentrata Intesa San Paolo s.p.aRAGIONE_SOCIALE. La curatela della predetta procedura, nel costituirsi, ha chiesto il rigetto dell’opposizione, contestando per la prima volta in quella sede il difetto di prova in capo all’opponente della qualità di
cessionaria del credito derivante dal finanziamento ipotecario.
Il Tribunale di S. Maria Capua Vetere ha rigettato l’opposizione, osservando, in primo luogo, quanto alla titolarità attiva del rapporto controverso, che chi agisce in giudizio in qualità di cessionario di un credito deve depositare nei termini di rito o il contratto di cessione o altro documento che lo comprovi. L’opponente, invece, si era limitata al deposito dell’estratto della Gazzetta Ufficiale Parte Seconda, n. 145 del 12.12.2020, contenente il mero rinvio al sito internet della cedente, e soltanto all’udienza del 22.02.2022 la stessa opponente aveva depositato una comunicazione trasmessa da Intesa San Paolo nella quale venivano indicati i rapporti oggetto di cessione, tra cui quello oggetto di lite.
Il giudice di merito ha quindi ritenuto che la predetta comunicazione fosse stata depositata tardivamente in quanto
l’opponente avrebbe dovuto indicare nel ricorso introduttivo, a pena di decadenza, ex art. 99 L.F., i mezzi di prova e i documenti di cui intendeva avvalersi. Né poteva ritenersi che il deposito dell’opponente fosse stato tempestivo quale conseguenza di un’eccezione sollevata dalla parte opposta, incombendo ab origine sul creditore la prova del proprio assunto.
Il Tribunale ha, altresì, osservato che l’opponente non aveva fornito prova dell’erogazione del finanziamento, tenuto conto che il documento depositato in sede di ricorso, e rubricato ‘erogazione finanziamento’ era privo di data certa anteriore al fallimento, contenendo un prospetto di calcolo operato da Mediocredito Lombardo, che rinviava ad un futuro accredito.
Infine, neppure le ricevute dei versamenti potevano ritenersi elementi idonei ai fini della prova dell’avvenuta erogazione del finanziamento, ovvero assumere una valenza di presunzione ex art. 2729 c.c., non fornendo le stesse alcun elemento identificativo del finanziamento cui si riferivano.
Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE in forza di procura speciale rilasciata da la RAGIONE_SOCIALE affidandolo a otto motivi.
L’intimata non ha svolto difese.
Il Procuratore Generale ha depositato requisitoria scritta, chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è stata dedotta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. degli artt. 58, Testo Unico Bancario (d.lgs. n. 385/1993) e 115, comma 2, c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.
Espone la ricorrente che il Tribunale avrebbe dovuto applicare in modo corretto le norme richiamate in epigrafe e affermare quindi il principio che l’avviso in Gazzetta Ufficiale della cessione del credito riportante l’indirizzo internet dov’è pubblicata la lista analitica dei
rapporti ceduti è sempre titolo di legittimazione del soggetto ivi indicato come cessionario ai fini dell’ammissione al passivo di crediti rientranti nell’elenco dei rapporti ceduti liberamente consultabile su internet.
2. Il motivo è inammissibile.
Va preliminarmente osservato che, come da questa Corte recentemente chiarito (Cass. n. 28790/2024; Cass. n. 17944/2023; Cass. n. 391/2025), ove una delle parti del giudizio venga ad agire nella veste di cessionaria in blocco di crediti e, sul punto, vengano mosse contestazioni, si deve, in primo luogo, operare una distinzione tra l’ipotesi in cui il debitore ceduto venga a contestare unicamente l’inclusione dello specifico credito vantato nei propri confronti tra quelli oggetto della cessione, dall’ipotesi in cui ad essere contestata sia l’esistenza stessa della cessione.
Ne consegue che ove non sia contestata l’esistenza del contratto di cessione in sé, ma solo l’inclusione dello specifico credito controverso nell’ambito di quelli rientranti nell’operazione conclusa dagli istituti bancari, l’indicazione delle caratteristiche dei crediti ceduti, contenuta nell’avviso della cessione pubblicato dalla società cessionaria nella Gazzetta Ufficiale, può ben costituire adeguata prova dell’avvenuta cessione dello specifico credito oggetto di contestazione, laddove tali indicazioni siano sufficientemente precise e consentano, pertanto, di ricondurlo con certezza tra quelli compresi nell’operazione di trasferimento in blocco, in base alle sue caratteristiche concrete (così, Cass., n. 17944/2023; Cass. n. 9412/2023).
Diverso è, invece, il caso in cui sia oggetto di specifica contestazione la stessa esistenza del contratto (ovvero dei vari contratti) di cessione: in tale ipotesi, detto contratto deve essere certamente oggetto di prova e, a tal fine, non può ritenersi sufficiente una mera dichiarazione della parte cessionaria e neppure la mera ‘notificazione’ della cessione da questa effettuata
al debitore ceduto, neanche se tale notificazione sia avvenuta mediante avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, ai sensi dell’art. 58 T.U.B., dalla società cessionaria di rapporti giuridici individuabili in blocco: ‘.. una cosa è l’avviso della cessione necessario ai fini dell’efficacia della cessione un’altra, la prova dell’esistenza di un contratto di cessione e del suo contenuto; di conseguenza, la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale esonera sì la cessionaria dal notificare la cessione al titolare del debito ceduto, ma, se individua il contenuto del contratto di cessione, non prova l’esistenza di quest’ultima’ (così espressamente Cass. n. 22151/2019).
Ciò non esclude, tuttavia, che tale avviso, unitamente ad altri elementi, possa eventualmente essere valutato come indizio dal giudice del merito, sulla base di adeguata motivazione, al fine di pervenire alla prova presuntiva della cessione (così, sempre: Cass., n. 17944/2023), e tale questione si risolve in un accertamento di fatto da effettuare in base alla valutazione delle prove da parte del giudice del merito, sindacabile in sede di legittimità solo nei circoscritti limiti di cui all’art. 360 comma 1° n. 5 c.p.c., come interpretato da questa dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 8053/2014.
Nel caso di specie, non solo non risulta dal decreto impugnato quali contestazioni abbia svolto la curatela per affermare il difetto di titolarità del credito in capo alla RAGIONE_SOCIALE, ma il ricorso difetta, sul punto, di autosufficienza, non consentendo così a questa Corte di verificare se oggetto della contestazione sia stata l’esistenza del contratto di cessione del credito o la mera inclusione del rapporto di credito di cui è causa in una operazione di cessione di crediti in blocco non oggetto di contestazione, questione rilevante, incidendo sui criteri che avrebbe dovuto applicare il giudice di merito nel valutare la prova della cessione di credito.
3. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 99 l.f., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.
Ad avviso della ricorrente, il Tribunale avrebbe dovuto ritenere non tardivo il deposito successivo al ricorso introduttivo -segnatamente, con la nota di deposito del 2.2.2022 -della dichiarazione della cedente di avvenuta cessione dei crediti e dell’elenco dei rapporti ceduti, in quanto la preclusione di cui all’art. 99, comma 2, n. 4 l.f. non opera per i documenti prodotti in replica alle difese altrui, avanzate per la prima volta ex novo in sede di costituzione nel giudizio di opposizione.
La ricorrente si duole che il Tribunale ha ritenuto che la rimessione in termini trovi applicazione solo in presenza di eccezioni in senso proprio e non anche quando la controparte si sia limitata a contestare i fatti costitutivi del diritto azionato. Ritiene, infatti, essenziale ai fini del riconoscimento del diritto di replica ‘ la novità dell’eccezione’ e, nel caso di specie, è pacifico che, in sede di verifica dello stato passivo, la curatela aveva sollevato dubbi solo sull’erogazione del credito, ma mai sulla qualità di cessionario del credito in capo alla RAGIONE_SOCIALE
4. Il motivo è infondato.
Va osservato che è estranea al presente giudizio la problematica, già affrontata da questa Corte (vedi Cass. n. 22386/2019), secondo cui, ove il curatore introduca nel giudizio di opposizione eccezioni nuove, che non siano state già formulate, in sede di verifica, il necessario rispetto del principio del contraddittorio esigerebbe che sia concesso termine per l’opponente per dispiegare le proprie difese e produrre la documentazione probatoria che stimi idonea a supportarle.
Nella pronuncia sopra citata, questa Corte ha precisato che ‘ il diritto dell’opponente al pieno svolgimento del contraddittorio trova non solo la sua ragione d’essere, ma pure il suo limite nella novità della eccezione che è stata sollevata dal curatore. E’ solo in relazione ai contenuti e termini dell’eccezione proposta in sede di
memoria di costituzione, in altri termini, che si giustifica la necessaria concessione di un termine a difesa’.
Va, tuttavia, osservato che il termine a difesa, anche per il deposito di documenti, non può essere esteso, pena lo svuotamento della preclusione normativa disposta, alle mere allegazioni difensive svolte dall’organo della procedura. In particolare, nel caso in cui il curatore non abbia introdotto dei nova, non abbia sollevato nuove eccezioni da intendersi, a norma dell’art. 2697 comma 2°, c.c. solo i fatti estintivi o modificativi del diritto vantato dalla controparte -ma abbia svolto mere allegazioni difensive, limitandosi a contestare il fatto costitutivo del diritto (la titolarità in capo all’istante del credito di cui è chiesta l’insinuazione al passivo) l’opponente ex art. 98 L.F. non ha diritto alla concessione di alcun termine a difesa né di depositare nuove documenti, in spregio alla preclusione prevista dall’art. 99 L.F.
In proposito, le Sezioni Unite di questa Corte, nella sentenza n. 2951/2016, nell’affrontare la questione della titolarità attiva del diritto controverso -da non confondere con quella diversa della legittimazione attiva – hanno chiarito che la titolarità del diritto fatto valere in giudizio è un elemento costitutivo della domanda, atteso che ‘sul piano dell’onere probatorio, in base alla ripartizione fissata dall’art. 2697 c.c., la titolarità del diritto è un fatto, appartenente alla categoria dei fatti-diritto, che della domanda costituisce il fondamento’ (vedi punto 43 della sentenza delle S.U.) ‘.. 45.Quanto al convenuto, qualora non condivida l’assunto dell’attore in ordine alla titolarità del diritto, può limitarsi a negarla. Questa presa di posizione è una mera difesa.
46.Le “difese” sono, in generale, le posizioni assunte dal convenuto per contrapporsi alla domanda. Possono consistere nella esposizione di ragioni giuridiche o in prese di posizione rispetto ai fatti prospettati dall’attore. Queste ultime potranno, a loro volta, consistere in prese di posizione che si limitano a negare l’esistenza
di fatti costitutivi del diritto (“mere difese”), oppure nella contrapposizione di altri fatti che privano di efficacia i fatti costitutivi, o modificano o estinguono il diritto. Il codice civile, all’art. 2697, secondo comma, definisce questa seconda operazione difensiva introducendo il termine “eccezione” e pone l’onere della prova dei fatti impeditivi, modificativi o estintivi oggetto delle eccezioni a carico del convenuto..’ .
In conclusione, è indiscutibile che l’opponente ex art. 98 L.F. abbia diritto alla concessione di un termine a difesa (con diritto al deposito di nuovi documenti) ove il curatore, sollevando un’eccezione, abbia contrapposto al suo diritto altri fatti idonei a privare di efficacia, modificare o estinguere il suo diritto, così ampliando il thema decidendum del giudizio di opposizione ex art. 98 L.F.
Tuttavia, tale diritto non è in alcun modo configurabile ove il curatore, tra le varie difese, senza ampliare il thema decidendum , si sia limitato alla contestazione della titolarità del diritto di credito, essendo preciso onere dell’opponente ex art. 98 L.F. produrre, a pena di decadenza, sin dall’inizio con il relativo ricorso, gli elementi dimostrativi dei fatti costitutivi della domanda, e, quindi, anche i documenti comprovanti la titolarità del credito azionato.
Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 115 c.p.c. e conseguente nullità del procedimento e del decreto impugnato, ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c .
Espone la ricorrente che il Tribunale è incorso in un errore decisivo sulla ricognizione del contenuto oggettivo della prova costituita dalla comunicazione dell’avvenuta erogazione del credito erroneamente scambiata per un prospetto contabile di un accredito futuro.
Con il quarto motivo è stata dedotta la violazione degli artt. 112 c.p.c. e 111, comma 6, Cost. e conseguente nullità del
procedimento e del decreto impugnato, ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c.
Lamenta la ricorrente che il Tribunale ha ritenuto non provata l’erogazione della somma da parte della banca cedente senza pronunciarsi sull’istanza di ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c., ritualmente avanzata e riproposta all’ultima udienza dalla RAGIONE_SOCIALE, nonostante l’esibizione del documento richiesto, ovvero l’estratto di conto corrente n. 12659/1, acceso presso filiale di Napoli della Cariplo S.p.a relativo all’anno 2000, idoneo, senza alcun dubbio, ad acquisire la prova dell’erogazione degli importi.
Con il quinto motivo è stato dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c.
Si censura che il Tribunale avrebbe omesso di esaminare il fatto storico costituito dall’esistenza di un accordo di riscadenzamento del debito bancario del 28-1-2010, contenente la ricognizione del debito da parte della società fallita con data certa anteriore al fallimento, in quanto estratto dal fascicolo della procedura monitoria innanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere R.G. 7663/2014, conclusa con l’emanazione del decreto ingiuntivo n. 2007/2014 del 20-10-2014, ben prima del fallimento della società del 2019.
Con il sesto motivo, in via subordinata rispetto al quinto motivo, è stata dedotta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1988 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.
Rileva la ricorrente che, qualora si ritenga insussistente il vizio di omesso esame di cui al motivo che precede, deve concludersi che il Tribunale non abbia attribuito all’atto di ricognizione di debito del 28.1.2010, avente data certa anteriore al fallimento, la funzione d’invertire l’onere probatorio e di porlo a carico del debitore, come previsto dall’art. 1988 c.c.
Con il settimo motivo è stato dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c.
Il Tribunale ha omesso di esaminare il fatto storico costituito dall’esistenza di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto la pretesa fatta valere in sede di opposizione allo stato passivo, nonostante dalle risultanze del giudizio e, in particolare, dalla CTU ivi espletata emergesse chiaramente la prova del debito della società fallita, quanto meno nella minor misura rideterminata dal consulente d’ufficio in € 1.800.719,27.
Con l’ottavo motivo è solo affermato che ‘La cassazione del decreto impugnato importa la riforma della statuizione di condanna della RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese di lite’.
Tutti i restanti motivi dal terzo all’ottavo sono assorbiti in relazione alla inammissibilità/infondatezza dei primi due volti a contestare l’accertamento del Tribunale in ordine al difetto di prova della titolarità del credito in capo all’odierna ricorrente.
Non si liquidano le spese di lite, non avendo l’intimata svolto difese.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1° bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 30.4.2025