Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22167 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22167 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 31/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 26464-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona della procuratrice RAGIONE_SOCIALE in forza di atto dell ‘ 1/2/2019, a sua volta rappresentata dalla procuratrice RAGIONE_SOCIALE per atto del 9/5/2019, difesa dall ‘ Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME, difeso dagli Avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME per procura in calce al controricorso;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso il DECRETO del TRIBUNALE DI SASSARI depositato il 4/8/2021;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell ‘ adunanza in camera di consiglio del 25/6/2025;
FATTI DI CAUSA
1.1. La RAGIONE_SOCIALE, mandataria della RAGIONE_SOCIALE, a mezzo della procuratrice RAGIONE_SOCIALE
s.p.a., ha proposto opposizione allo stato passivo del Fallimento COGNOME NOME NOMECOGNOME chiedendo l ‘ ammissione dei crediti dei quali la RAGIONE_SOCIALE era cessionaria nei confronti della società debitrice poi fallita.
1.2. Il Fallimento ha resistito all ‘ opposizione, deducendo, tra l ‘ altro, che la RAGIONE_SOCIALE, non avendo prodotto in giudizio il contratto di cessione, non aveva fornito la prova dell ‘ intervenuta cessione dei crediti azionati, non essendo a tal fine sufficiente la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
1.3. Il tribunale, con il decreto in epigrafe, ha respinto l ‘ opposizione.
1.4. Il tribunale, in particolare, dopo aver affermato che, in linea di principio, la parte che agisca affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtù di un ‘ operazione di cessione in blocco secondo la speciale disciplina di cui all ‘ art. 58 del d.lgs. n. 385/1993, ha anche l ‘ onere di dimostrare l ‘ inclusione del credito medesimo in detta operazione, in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale, salvo che il resistente non l ‘ abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta, ha, in sostanza, ritenuto che: – la Gazzetta Ufficiale, a fronte di un generico riferimento ai ‘ crediti classificati a sofferenza ‘ ‘ derivanti da contratti corti tra il 1982 ed il 2017 ‘, non consente di accertare ‘ se i crediti oggetto dell ‘ insinuazione rientrino tra quelli ceduti ‘; – la mera indicazione dei dati dell ‘ atto di cessione in blocco dei crediti a norma dell ‘art. 58 cit. ‘ come riportati nella G.U. ‘, a fronte dell’ espressa contestazione da parte del Fallimento opposto, non costituisce, in difetto di produzione dell ‘atto di cessione, ‘ prova idonea della cessione dello specifico credito per cui è causa ‘; – la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell ‘ atto di cessione in blocco ai sensi dell ‘ art. 58 cit.,
infatti, ha la finalità di sostituire l ‘ avviso al debitore ceduto di cui all ‘art. 1264 c.c., che è ‘ essenziale per garantire l ‘ efficacia della cessione nei confronti del debitore ceduto, ma non incide in alcun modo sul trasferimento del credito’, che deriva dalla stipulazione del contratto; – la pubblicazione dell ‘ avviso sulla G.U. non dimostra, dunque, l ‘ intervenuta cessione e, per l ‘ effetto, non prova la titolarità del credito in capo alla Juno 2 s.r.l.; – l ‘ intervenuta cessione, infine, non può dirsi dimostrata dalle dichiarazioni unilaterali rese dalla Banca Nazionale del Lavoro trattandosi di ‘ documenti contestati, con riferimento alla provenienza e all ‘ opponibilità al fallimento, non recando data certa ‘; – l ‘ art. 115 l.fall., del resto, ai fini della prova della cessione del credito successivamente all ‘ approvazione dello stato passivo, richiede il depo sito di documentazione che ‘ attesi, con atto recante le sottoscrizioni autenticate di cedente e cessionario, l ‘ intervenuta cessione ‘ ; – deve, pertanto, escludersi che, in sede di ammissione del credito, la prova dell ‘ intervenuta cessione del credito possa essere fornita con una mera dichiarazione unilaterale della cedente.
1.5. Il tribunale, quindi, ha respinto l ‘ opposizione e, dopo aver ritenuto che il valore della causa rientrava nello scaglione tra €. 520.00,00 ed €. 1.000.000,00, ha condannato l’ opponente al rimborso in favore del Fallimento delle spese di lite, che ha liquidato, a titolo di compenso, nella somma complessiva di €. 8.142,00, oltre accessori e spese generali , di cui: €. 2.194,00 per lo studio della controversia, €. 1.448,00 per la fase introduttiva del giudizio, €. 2.000,00 per la fase istruttoria ed €. 2.500,00 per la fase della decisione.
1.6. La RAGIONE_SOCIALE, mandataria della RAGIONE_SOCIALE, a mezzo della procuratrice RAGIONE_SOCIALE con ricorso notificato il 20/10/2021, ha chiesto, per un
motivo la cassazione del decreto, comunicato, come da avviso in atti, il 24/9/2921.
1.7. Il Fallimento ha resistito con controricorso notificato il 25/11/2021 con il quale ha proposto, per un motivo, ricorso incidentale.
1.8. Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con l ‘ unico motivo articolato, la ricorrente principale, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1260 e s. c.c. e dell ‘ art. 2720 c.c., la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2704 e 2914 c.c. e degli artt. 44 e 45 l.fall., la violazione e la falsa applicazione dell ‘ art. 115 l.fall. nonché la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1324, 1362 e 1363 c.c. e dell ‘ art. 12 delle preleggi, in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha ritenuto che l ‘ opponente non aveva dimostrato in giudizio la cessione in proprio favore dei crediti oggetto dell ‘ insinuazione, omettendo, tuttavia, di considerare: – i crediti oggetti di insinuazione, originariamente della Banca Nazionale del Lavoro, sono divenuti di titolarità dell ‘ opponente a seguito di cessione di credito in blocco del 30/1/2019, come da avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, parte seconda, n. 16 del 7/2/2019, nel quale si dà appunto atto che « la società RAGIONE_SOCIALE (la “Cessionaria”), comunica che, nell’ ambito di un ‘ operazione di cartolarizzazione ai sensi della Legge 130, relativa a crediti ceduti da Banca Nazionale del Lavoro S.p.A., in forza di un contratto di cessione di crediti ai sensi degli articoli 4 e 7.1 della Legge 130 concluso in data 30 gennaio 2019 ha acquistato prosoluto da Banca Nazionale del Lavoro S.p.A. … (la “Cedente”), tutti i crediti (per capitale, interessi, anche di mora, accessori, spese, ulteriori danni, indennizzi e quant ‘ altro) della
Cedente derivanti da contratti di finanziamento, chirografari ed ipotecari, e sconfinamenti di conto corrente sorti nel periodo compreso tra 1982 e 2017, i cui debitori sono stati classificati “a sofferenza” ai sensi della Circolare della Banca d ‘ Italia n. 272/2008 (Matrice dei Conti). I crediti ceduti sono specificatamente individuati nel contratto di cessione (i “Crediti”). I dati indicativi dei Crediti ceduti, nonché la conferma dell ‘ avvenuta cessione per i debitori ceduti che ne faranno richiesta, sono messi a disposizione da parte della Cedente e della Cessionaria, ai sensi dell ‘ articolo 7.1 della Legge 130, sul sito internet … e resteranno disponibili fino all’ estinzione del relativo credito ceduto »; – l ‘ opponente, allo scopo di dimostrare la propria legittimazione attiva e, in particolare, l ‘ esistenza della cessione e l ‘ inclusione nella medesima dei crediti oggetto di insinuazione, per come reclamati in danno della fallita, ha depositato, oltre al suddetto avviso di cessione pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, tre dichiarazioni in tale senso rese dalla banca cedente, nel le quali la stessa ha dichiarato che ‘ il credito vantato nei confronti della società emarginata e derivante dai rapporti sopra specificati, è rientrato, con i relativi diritti accessori, azioni, garanzie reali e/o personali e quant ‘ altro di ragione, nell ‘ operazione di cessione pro soluto di crediti -ai sensi del dell ‘ art. 58 del D. Lgs. del 1° settembre 1993 n. 385, e degli artt. 1 e 4 e 7.1 della legge del 30 aprile 1999 n. 130, conclusa in data 30 gennaio 2019 tra la Banca Nazionale del Lavoro S.p.A. e la RAGIONE_SOCIALE … ‘ e che ‘ di detta cessione, ai sensi dell ‘ art. 58, secondo comma, del sopra citato decreto legislativo, è stata data notizia mediante pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, parte seconda, n. 16 del 7 febbraio 2019 e sul sito internet … ‘; – il contratto di cessione di crediti in blocco non risulta, infatti, assoggettato a forme sacramentali o
comunque particolari al fine specifico della sua validità e può essere, dunque, provato in giudizio anche per presunzioni o indizi; – le dichiarazioni della banca cedente, indipendentemente dal soggetto che le ha sottoscritte, provengono in ogni caso dalla cedente medesima, essendo state rese su sua carta intestata senza che ne sia stata contestata l ‘ autenticità, così come le sottoscrizioni apposte in calce a tali dichiarazioni, per quanto illeggibili, promanano comunque da soggetto appartenente alla banca cedente, e ben possono esplicare i loro effetti nonostante non risultino inviate dalla cedente alla cessionaria che, peraltro, le ha evidentemente ricevute, avendone curato il deposito in giudizio; – dev ‘ essere, d ‘ altra parte, munita di data certa anteriore al fallimento la sola fonte del credito ma non anche l ‘ atto di cessione, che non sconta invece oneri di forma o di data certa; – la prova della cessione può essere fornita, quindi, con documentazione successiva anche alla dichiarazione di fallimento.
2.2. Il motivo è infondato. Questa Corte, infatti, ha, di recente, condivisibilmente ritenuto (Cass. n. 2511 del 2025, in motiv.) che: a) che ‘in linea generale, ai fini della prova della cessione di un credito, benché non sia di regola necessaria la prova scritta, di certo non può ritenersi idonea, di per sé, la mera notificazione della stessa operata al debitore ceduto dal preteso cessionario ai sensi dell ‘ art. 1264 c.c., quanto meno nel caso in cui sul punto il debitore ceduto stesso abbia sollevato una espressa e specifica contestazione, trattandosi, in sostanza, di una mera dichiarazione della parte interessata anche se la cessione sia avvenuta nell ‘ ambito di un ‘ operazione di cessione di crediti individuabili in blocco da parte di istituti bancari a tanto autorizzati e la notizia della cessione sia eventualmente stata data dalla banca cessionaria mediante pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale, ai sensi dell ‘ art. 58 T.U.B .’: ‘ la prova della cessione di un credito non è, di regola, soggetta a particolari vincoli di forma; dunque, la sua esistenza è dimostrabile con qualunque mezzo di prova, anche indiziario, e il relativo accertamento è soggetto alla libera valutazione del giudice del merito, non sindacabile in sede di legittimità ‘; b) che ‘ la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale esonera, sì, la cessionaria dal notificare la cessione al titolare del debito ceduto’ ma ‘non prova l ‘ esistenza di quest ‘ultima’ (Cass. n. 22151/2019; Cass. n. 24798/2020, Cass. n. 4116/2016); c) che ‘ in caso di cessione di crediti individuabili blocco ai sensi dell ‘ art. 58 T.U.B., quando non sia contestata l ‘ esistenza del contratto di cessione in sé, ma solo l ‘ inclusione dello specifico credito controverso nell ‘ ambito di quelli rientranti nell ‘ operazione conclusa dagli istituti bancari, l ‘ indicazione delle caratteristiche dei crediti ceduti, contenuta nell ‘ avviso della cessione pubblicato dalla società cessionaria nella Gazzetta Ufficiale, può ben costituire adeguata prova dell ‘ avvenuta cessione dello specifico credito oggetto di contestazione, laddove tali indicazioni siano sufficientemente precise e consentano, quindi, di ricondurlo con certezza tra quelli compresi nell ‘ operazione di trasferimento in blocco, in base alle sue caratteristiche concrete’: ‘in tal caso, infatti, in mancanza di contestazioni specificamente dirette a negare l ‘ esistenza del contratto di cessione, quest ‘ ultimo non deve essere affatto dimostrato (in quanto i fatti non contestati devono considerarsi al di fuori del cd. thema probandum) ‘ poiché ‘ il fatto da provare è costituito soltanto dall ‘ esatta individuazione dell ‘ oggetto della cessione’ .
2.3. Il caso in esame è riconducile all ‘ ipotesi sub a): il tribunale, infatti, con apprezzamento non censurato per l ‘ omesso esame di fatti storici decisivi emergenti dagli atti del
giudizio, ha ritenuto che l ‘ opponente non aveva dimostrato in giudizio l ‘ atto di cessione in suo favore dei crediti azionati in giudizio dalla stessa.
2.4. La società ricorrente, dal suo canto, pur lamentando la violazione di norma di diritto sostanziale o processuale, ha finito, in sostanza, per censurare la ricognizione asseritamente erronea dei fatti che, alla luce delle prove raccolte (ovvero di quelle offerte), hanno operato i giudici di merito, lì dove, in particolare, questi, a dispetto delle presunte emergenze delle stesse, hanno ritenuto che l ‘ opponente non aveva fornito in giudizio la prova dell ‘ atto di cessione in suo favore dei crediti dalla stessa azionati con la domanda di ammissione.
2.5. La valutazione delle prove raccolte, però, costituisce un ‘ attività riservata in via esclusiva all ‘ apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione: se non per il vizio (che, nel caso in esame, non risulta dedotto con la dovuta specificità) consistito, come stabilito dall ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., nell ‘ avere quest ‘ ultimo, in sede di accertamento della fattispecie concreta, omesso del tutto l ‘ esame (e cioè la ‘ percezione ‘) di uno o più fatti storici, principali o secondari, la cui esistenza risulti per contro dal testo della sentenza o (più probabilmente) dagli atti processuali, che siano stati oggetto di discussione (e cioè controversi) tra le parti ed abbiano carattere decisivo (cfr. Cass. SU n. 8053 del 2014), nel senso che, ove percepiti, avrebbero senz ‘ altro imposto al giudice di merito di ritenere sussistenti i fatti dedotti dalla parte ricorrente a fondamento della domanda o dell ‘ eccezione dalla stessa proposta.
2.6. L ‘ omesso esame degli elementi istruttori forniti o invocati, al pari (ed a maggior ragione) della loro errata
valutazione, non dà luogo, pertanto, al vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora gli accadimenti storici rilevanti ai fini della decisione sulla domanda proposta (quali fatti costitutivi del diritto azionato ovvero come fatti estintivi, modificativi ovvero impeditivi dello stesso) siano stati comunque presi in considerazione dal giudice di merito (ancorché la pronuncia impugnata non abbia dato conto di tutte le risultanze asseritamente emergenti dalle prove acquisite o richieste in giudizio) e il convincimento espresso sul punto dal giudice di merito sia stato motivato (anche se in misura insufficiente) e la motivazione resa al riguardo non sia apparente, contraddittoria ovvero perplessa (Cass. SU n. 8053 del 2014).
2.7. Il compito di questa Corte, del resto, non è quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata né quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici di merito (Cass. n. 3267 del 2008), anche se il ricorrente prospetta (con le prove ammesse ovvero offerte) un migliore e più appagante (ma pur sempre soggettivo) coordinamento dei dati fattuali acquisiti in giudizio (Cass. n. 12052 del 2007), dovendo, invece, solo controllare se costoro abbiano dato effettivamente conto, in ordine ai fatti storici rilevanti in causa, delle ragioni del relativo apprezzamento, come imposto dall ‘ art. 132 n. 4 c.p.c., e se tale motivazione sia solo apparente ovvero perplessa o contraddittoria (ma non più se sia sufficiente: Cass. SU n. 8053 del 2014), e cioè, in definitiva, se il loro ragionamento probatorio, qual è reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato in ordine all ‘ accertamento dei fatti storici rilevanti ai fini della decisione sul diritto azionato, si sia mantenuto, come in effetti è
accaduto nel caso in esame, nei limiti del ragionevole e del plausibile (Cass. n. 11176 del 2017, in motiv.).
2.8. Il decreto impugnato, in effetti, dopo aver valutato le prove raccolte in giudizio ed (implicitamente) escluso quelle (asseritamente contrarie) invocate dall ‘ opponente, ha ritenuto, motivando il proprio convincimento sul punto in modo non apparente, perplesso o contraddittorio, che l ‘ istante non aveva dimostrato, come suo onere, l ‘ atto d ‘ acquisto dei crediti che aveva azionato in giudizio nei confronti della debitrice poi fallita.
2.9. Si tratta, com ‘ è evidente, di un apprezzamento in fatto che non risulta utilmente censurato (nell ‘ unico modo possibile), e cioè, a norma dell ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., per avere il giudice di merito supposto l ‘ inesistenza di uno o più fatti storici, principali o secondari, controversi tra le parti, la cui esistenza, sia risultata con certezza (come doverosamente esposto in ricorso ed emergente dagli atti allo stesso allegati nel rigoroso rispetto degli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 c.p.c.) dal testo della pronuncia stessa o (più probabilmente) dagli atti processuali ed aventi carattere decisivo ai fini della soluzione della controversia (nel senso che, ove percepiti, avrebbero senz ‘ altro imposto al giudice di merito di ricostruire la vicenda storica in termini tali da integrare il fondamento della domanda proposta o dell ‘ eccezione invocata nel giudizio di merito dalla parte poi ricorrente, e cioè la sussistenza, in fatto, della cessione in favore dell ‘ opponente dei crediti azionati in giudizio dalla stessa).
2.10. Ed una volta che il giudice di merito ha ritenuto, in fatto (non importa se a torto o a ragione), che non era emersa in giudizio la prova dell ‘ atto di acquisto in blocco dei crediti azionati dall ‘ opponente, non essendo a tal fine idonee né la pubblicazione del relativo avviso sulla Gazzetta Ufficiale (che,
come detto, non fornisce la prova dell ‘ atto di cessione), né le dichiarazioni unilaterali della banca cedente (tra l ‘ altro, prive di data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento e, come tali, inopponibili al curatore), non si presta, evidentemente, a censure, per violazione di norme di legge, la decisione che la corte d ‘ appello ha conseguentemente assunto, e cioè il rigetto della domanda dell ‘ opponente in quanto volta, appunto, ad ottenere l ‘ ammissione al passivo delle somme corrispondenti ai crediti asseritamente acquistati dalla stessa nei confronti della debitrice poi fallita.
2.11. Il ricorso principale è, dunque, infondato.
2.12. Con l’unico motivo di ricorso incidentale, il Fallimento controricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 4, 5 e 6 del d.m. n. 55/2014 e dell’art. 14 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha liquidato le spese del giudizio di opposizione sul rilievo che il valore della causa rientrava nello scaglione tra 520.001,00 e 1.000.000,00 euro, determinandone la misura in corrispondenza dei minimi tariffari senza alcuna motivazione, omettendo, però, di considerare che: – in realtà, il valore della causa, ai fini di cui all’art. 14 c.p.c., ammonta, se si considerano i singoli crediti azionati in giudizio, alla somma complessiva di €. 4.117.265,70; – la liquidazione del compenso ai valori minimi richiede che il giudice indichi i criteri logico-giuridici che ha seguito nella relativa determinazione.
2.13. Il motivo è solo in parte fondato. L’art. 6 del d.m. n. 55/2014 (‘ Cause di valore superiore ad euro 520.000,00 ‘), in effetti, così recita: ‘ 1. Alla liquidazione dei compensi per le controversie di valore superiore a euro 520.000,00 si applica di regola il seguente incremento percentuale: per le controversie
da euro 520.000,00 ad euro 1.000.000,00 fino al 30 per cento in più dei parametri numerici previsti per le controversie di valore fino a euro 520.000,00; per le controversie da euro 1.000.000,01 ad euro 2.000.000,00 fino al 30 per cento in più dei parametri numerici previsti per le controversie di valore sino ad euro 1.000.000,00; per le controversie da euro 2.000.000,01 ad euro 4.000.000,00 fino al 30 per cento in più dei parametri numerici previsti per le controversie di valore sino ad euro 2.000.000,00; per le controversie da euro 4.000.000,01 ad euro 8.000.000,00 fino al 30 per cento in più dei parametri numerici previsti per le controversie di valore sino ad euro 4.000.000,00; per le controversie di valore superiore ad euro 8.000.000,00 fino al 30 per cento in più dei parametri numerici previsti per le cause di valore sino ad euro 8.000.000,00; tale ultimo criterio può essere utilizzato per ogni successivo raddoppio del valore della controversia ‘.
2.14. La norma chiaramente dispone, per un verso, che l’incremento non è obbligatorio (‘ di regola ‘ e ‘ pu ò’) e, per altro verso, che la percentuale non è fissa, potendo giungere ‘ fino ‘ al 30% (tetto massimo) ma può, evidentemente, anche essere inferiore.
2.15. Ne consegue che, in tema di liquidazione delle spese di lite, non incorre in violazione dell’art. 6 del d.m. n. 55/2014 il giudice che, nelle cause di valore superiore a 520.000,00 euro, applica incrementi percentuali inferiori al 30% in relazione ai vari pas saggi di scaglione, non essendo prescritte né l’obbligatorietà dell’aumento né una misura fissa per quest’ultimo, ferma restando, comunque, la legittimità dell’incremento massimo del 30% per ciascun passaggio (Cass. n. 31347 del 2022).
2.16. Quanto al resto, la Corte rileva che: – nel giudizio di verificazione dello stato passivo (ed, a fortiori , nel giudizio di
opposizione allo stato passivo), il compenso spettante al difensore del fallimento, nel periodo precedente all’introduzione del numero 20bis della tabella allegata al d.m. n. 147/2022, va determinato dal giudice delegato, in sede di liquidazione, secondo i parametri previsti dalla tabella 2, per i giudizi ordinari e sommari di cognizione innanzi al tribunale, avendo riguardo alle distinte fasi ivi previste nonché al valore della domanda (Cass. n. 815 del 2025); – ai fini della liquidazione in sede giudizia le del compenso spettante all’avvocato nel rapporto col proprio cliente (ove ne sia mancata la determinazione consensuale), così come ai fini (che qui interessano) della liquidazione delle spese processuali a carico della parte soccombente, dopo le modifiche degli artt. 4, comma 1, e 12, comma 1, del d.m. n. 55/2014, apportate dal d.m. n. 37/2018 (che è applicabile alle liquidazioni giudiziali successive alla sua entrata in vigore, in data 27/4/2018, purché, come nel caso in esame, a tale data non sia stata ancora completata la prestazione professionale, ancorché essa abbia avuto inizio e si sia in parte svolta nella vigenza della pregressa regolamentazione: Cass. n. 27233 del 2018), il giudice non può in nessun caso diminuire oltre il 50 per cento i valori medi di cui alle tabelle allegate (Cass. n. 10438 del 2023) mentre ‘ per la fase istruttoria … la diminuzione in ogni caso non (è) oltre il 70 per cento ‘; – nel caso in esame, il compenso liquidato dal tribunale, come in precedenza esposto, non rispetta, per intero, i limiti indicati; se, infatti, si considera lo scaglione da €. 260.000,00 a €. 520.000,00, il compenso maturato per la fase della istruttoria non poteva essere liquidata in misura inferiore a €. 2.974,50 mentre, per la fase della decisione, n on poteva essere determinato in misura inferiore ad €. 2.935,00.
2.17. Il ricorso incidentale, nei limiti esposti, dev’essere, quindi, accolto e il decreto impugnato, in parte qua , per l’effetto, cassato.
2.18. La Corte, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, decide, quindi, nel merito e condanna l’opponente a rimborsare a l Fallimento le spese del giudizio di opposizione che liquida in €. 2.194,00 per lo studio della controversia, €. 1.448,00 per la fase introduttiva del giudizio, €. 2.974,50 per la fase istruttoria ed €. 2.935,00 per la fase della decisione.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza della ricorrente e sono liquidate in dispositivo.
La Corte dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale; accoglie il ricorso incidentale, nei limiti indicati in motivazione, e, per l’effetto, cassa in parte qua il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna l’opponente a rimborsare al Fallimento le spese del giudizio di opposizione, che liquida in €. 2.194,00 per lo studio della controversia, €. 1.448,00 per la fase introduttiva del giudizio, €. 2.974,50 per la fase istruttoria ed €. 2.935,00 per la fase della decisione, oltre accessori ex lege ; condanna la ricorrente a rimborsare al Fallimento le spese del presente giudizio, che liquida in €. 12.200,00, di cui €. 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%;
dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso a Roma, nella camera di consiglio della Prima