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Prova cessione crediti: la Cassazione chiarisce

Una società cessionaria di crediti ha agito contro un fallimento per l’ammissione al passivo. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che la sola pubblicazione dell’avviso di cessione in Gazzetta Ufficiale non costituisce prova della cessione dei crediti. Se il debitore contesta l’esistenza del contratto, il cessionario deve fornire la prova documentale dell’atto di cessione stesso per dimostrare la propria titolarità.

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Prova Cessione Crediti in Blocco: La Gazzetta Ufficiale Non Basta

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale per le operazioni di cartolarizzazione: la prova della cessione dei crediti. La Suprema Corte ha chiarito che, in caso di contestazione da parte del debitore, la sola pubblicazione dell’avviso di cessione sulla Gazzetta Ufficiale non è sufficiente a dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario. Quest’ultimo ha l’onere di fornire la prova documentale del contratto di cessione.

I Fatti del Caso: Cessione dei Crediti e Opposizione del Fallimento

Una società specializzata nell’acquisto di crediti aveva avviato un’azione legale per l’ammissione al passivo del fallimento di un’altra impresa. La società cessionaria sosteneva di essere diventata titolare dei crediti in virtù di un’operazione di cessione in blocco, ai sensi dell’art. 58 del Testo Unico Bancario. A sostegno della propria domanda, aveva prodotto l’avviso di cessione pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e alcune dichiarazioni unilaterali provenienti dalla banca cedente.

Il curatore del fallimento, tuttavia, si opponeva alla richiesta, contestando specificamente la prova dell’avvenuta cessione. Il Tribunale, in prima istanza, dava ragione al fallimento, respingendo l’opposizione. Secondo il giudice di merito, la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale ha la sola funzione di rendere efficace la cessione nei confronti del debitore, sostituendo la notifica individuale, ma non prova l’esistenza e il contenuto del contratto di cessione stesso. Di conseguenza, in assenza del contratto, la società cessionaria non aveva dimostrato la propria legittimazione ad agire.

La Decisione della Corte sulla prova della cessione crediti

La società cessionaria ha impugnato la decisione del Tribunale dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando la violazione e la falsa applicazione di diverse norme di legge. La Suprema Corte ha però rigettato il ricorso principale, confermando la linea interpretativa del Tribunale.

I giudici di legittimità hanno ribadito un principio ormai consolidato nella loro giurisprudenza: la prova della cessione di un credito non è soggetta a vincoli di forma particolari e può essere data con ogni mezzo. Tuttavia, quando il debitore ceduto contesta non solo l’inclusione del suo specifico debito nella cessione, ma l’esistenza stessa dell’operazione, la semplice pubblicazione dell’avviso in Gazzetta Ufficiale non è sufficiente. Tale pubblicazione esonera il cessionario dal notificare la cessione a ciascun debitore, ma non costituisce prova della cessione dei crediti.

L’onere della Prova a Carico del Cessionario

La Corte ha specificato che, a fronte di una contestazione esplicita, il soggetto che si afferma nuovo creditore deve fornire la prova documentale che attesti la propria legittimazione. Questo significa produrre in giudizio il contratto di cessione o un altro documento idoneo a dimostrare con certezza il trasferimento del credito. Le sole dichiarazioni unilaterali della banca cedente, specialmente se prive di data certa anteriore al fallimento, non sono state ritenute sufficienti a superare le contestazioni del curatore.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione della Corte si fonda sulla distinzione tra l’efficacia della cessione e la sua prova. L’art. 58 del Testo Unico Bancario introduce una semplificazione per le cessioni in blocco, sostituendo la notifica individuale con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Questo meccanismo riguarda l’opponibilità dell’atto ai debitori ceduti e ai terzi, ma non il momento genetico del trasferimento del credito, che risiede nel contratto stipulato tra cedente e cessionario.

Quando il debitore nega che tale contratto sia mai stato concluso o che il suo debito vi rientri, l’onere di dimostrare questi fatti costitutivi del diritto spetta a chi agisce in giudizio. La Corte ha sottolineato come la valutazione delle prove raccolte sia un’attività riservata al giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimità, se non per vizi logici o procedurali gravi, che nel caso di specie non sono stati ravvisati.

Conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza pratica. Le società che acquistano crediti in blocco devono essere consapevoli che, in caso di contenzioso, non potranno fare esclusivo affidamento sulla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. È fondamentale conservare e, se necessario, produrre in giudizio la documentazione contrattuale che attesta l’avvenuta cessione e la sua specifica portata. In assenza di una prova documentale robusta, il rischio di vedersi negare la legittimazione attiva, specialmente in un contesto fallimentare dove le contestazioni sono frequenti, è molto elevato.

La pubblicazione della cessione in blocco sulla Gazzetta Ufficiale è sufficiente a provare la titolarità del credito?
No. Secondo la Corte, la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale esonera il cessionario dal notificare individualmente la cessione al debitore, ma non prova l’esistenza del contratto di cessione. Se il debitore contesta l’operazione, la sola pubblicazione non è sufficiente.

Cosa deve fare il cessionario se il debitore contesta l’esistenza stessa del contratto di cessione?
Il cessionario ha l’onere di fornire la prova documentale dell’atto di cessione. Deve quindi produrre in giudizio il contratto o altri documenti che dimostrino con certezza di essere il nuovo titolare del credito.

Le dichiarazioni unilaterali della banca cedente possono provare la cessione del credito?
No, la Corte ha ritenuto che le dichiarazioni unilaterali della banca cedente, soprattutto se prive di data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento, non costituiscono una prova idonea a dimostrare l’avvenuta cessione di fronte a una specifica contestazione del debitore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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