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Protezione internazionale: no urgenza senza vulnerabilità

Un cittadino straniero ha presentato un ricorso d’urgenza per obbligare la Questura a registrare immediatamente la sua domanda di protezione internazionale, lamentando un lungo ritardo. Il Tribunale ha rigettato la richiesta, pur riconoscendo il diritto del ricorrente. La decisione si basa sulla mancanza del requisito del ‘periculum in mora’ (pericolo di danno imminente), poiché era già stato fissato un appuntamento, seppur a distanza di mesi, e il richiedente non ha dimostrato una specifica e grave condizione di vulnerabilità che giustificasse di scavalcare la lista d’attesa degli altri richiedenti.

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Pubblicato il 21 aprile 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Protezione internazionale: quando il ritardo non basta per un ricorso d’urgenza

Il percorso per ottenere la protezione internazionale in Italia è spesso complesso e irto di ostacoli burocratici. Uno dei problemi più sentiti è il tempo necessario per la formalizzazione della domanda presso le Questure competenti. Un’ordinanza del Tribunale di Milano offre un’importante chiave di lettura su come la giustizia bilancia il diritto fondamentale del richiedente con le esigenze organizzative della Pubblica Amministrazione, specialmente nei casi di ricorso d’urgenza.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato riguarda un cittadino di origine pakistana, giunto in Italia e stabilitosi a Milano. Trovandosi in una condizione di estrema vulnerabilità, senza fissa dimora e mezzi di sussistenza, si è rivolto a un legale per avviare la procedura di richiesta di protezione internazionale. Il suo avvocato ha comunicato formalmente alla Questura la volontà del suo assistito, evidenziandone la situazione precaria.

Nonostante le comunicazioni, la formalizzazione della domanda non è avvenuta in tempi brevi. Tramite un’associazione del terzo settore, il richiedente ha ottenuto un appuntamento presso la Questura, ma a distanza di diversi mesi. Ritenendo questo ritardo lesivo dei suoi diritti fondamentali – in quanto lo lasciava in una condizione di irregolarità, privo di accesso al sistema di accoglienza e a rischio di espulsione – ha presentato un ricorso d’urgenza (ex art. 700 c.p.c.) per ottenere dal Tribunale un ordine immediato alla Questura di registrare la sua domanda.

La Decisione del Tribunale e la gestione della domanda di protezione internazionale

Il Tribunale di Milano ha rigettato il ricorso. La decisione distingue nettamente due aspetti fondamentali: il diritto a presentare la domanda e i presupposti per un intervento cautelare urgente.

Il giudice ha chiarito che il diritto del ricorrente a presentare la domanda di protezione internazionale è assoluto e non contestato. La Pubblica Amministrazione non ha discrezionalità nel ricevere tale istanza. Tuttavia, l’oggetto della causa non era il riconoscimento di questo diritto, ma la richiesta di attuarlo in via anticipata e urgente.

le motivazioni

Il cuore della decisione risiede nella valutazione del cosiddetto periculum in mora, ovvero il pericolo di un danno grave e irreparabile causato dal ritardo. Secondo il giudice, questo presupposto non era sufficientemente provato nel caso di specie.

Anzitutto, il fatto che al ricorrente fosse stato assegnato un appuntamento, seppur lontano nel tempo, dimostrava che il sistema amministrativo, per quanto sovraccarico, era in funzione e non completamente inerte. L’attesa, quindi, rispondeva a esigenze organizzative della Pubblica Amministrazione per gestire un elevato numero di richieste.

In secondo luogo, il rischio di espulsione è stato ritenuto meramente eventuale e non imminente, dato che nessun provvedimento di espulsione era stato emesso. Qualora fosse accaduto, il ricorrente avrebbe avuto la possibilità di impugnarlo.

L’elemento decisivo, però, è stata la mancata dimostrazione di una specifica condizione di vulnerabilità legata, ad esempio, a motivi di salute accertati. Il giudice ha sottolineato che accogliere la richiesta in assenza di una tale condizione avrebbe significato creare un’ingiustificata preferenza a danno di altri stranieri che si trovavano nella stessa situazione di attesa. In sostanza, la condizione di essere senza fissa dimora e senza mezzi, per quanto grave, è purtroppo comune a molti richiedenti asilo e, da sola, non è stata ritenuta sufficiente a integrare il requisito dell’urgenza.

le conclusioni

Questa ordinanza fornisce un’indicazione chiara: il diritto alla protezione internazionale è indiscutibile, ma l’accesso a rimedi urgenti come l’art. 700 c.p.c. richiede una prova rigorosa del periculum in mora. Un semplice ritardo, dovuto al sovraccarico degli uffici pubblici, non è di per sé sufficiente per ottenere un ordine giudiziale che anticipi la procedura. È necessario dimostrare un pregiudizio imminente, irreparabile e, soprattutto, differenziato rispetto alla situazione generale degli altri richiedenti. La decisione evidenzia il delicato bilanciamento operato dal giudice tra la tutela del diritto fondamentale del singolo e la necessità di non interferire con l’organizzazione amministrativa, garantendo parità di trattamento a tutti coloro che si trovano in attesa.

È sufficiente il ritardo nella registrazione della domanda di protezione internazionale per ottenere un provvedimento d’urgenza dal giudice?
No. Secondo questa ordinanza, il solo ritardo dovuto a ragioni organizzative della Pubblica Amministrazione non basta. È necessario dimostrare l’esistenza di un ‘periculum in mora’, cioè un pericolo di danno imminente e irreparabile, come una specifica condizione di vulnerabilità (ad esempio, gravi motivi di salute) che distingua il proprio caso da quello di altri richiedenti in attesa.

Il rischio di essere espulso a causa della mancata formalizzazione della domanda giustifica un ricorso d’urgenza?
No. Il Tribunale ha ritenuto il rischio di espulsione come ‘eventuale’ e non imminente, poiché non era stato emesso alcun provvedimento di espulsione specifico contro il ricorrente. Se tale provvedimento venisse emesso, il richiedente potrebbe comunque impugnarlo legalmente.

Come viene bilanciato il diritto del singolo richiedente con le esigenze organizzative della Questura?
Il giudice ha riconosciuto il diritto assoluto del richiedente a presentare la domanda, ma ha dato peso alle esigenze organizzative dell’amministrazione nel gestire un alto flusso di richieste. Concedere un’anticipazione della data senza una motivazione di grave vulnerabilità avrebbe significato creare un ‘ingiustificato superamento’ della lista d’attesa, ledendo i diritti degli altri stranieri nella medesima situazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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