Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 30413 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 30413 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, rappresentato e difeso da ll’ AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Pescia INDIRIZZO, INDIRIZZO
-ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE, oggi RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa da ll’ AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, in Firenze, INDIRIZZO
-controricorrente –
Oggetto: danni da protesto illegittimo
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Firenze depositata il 15.7.2021 non notificata.
Udita la relazione sNOME nella camera di consiglio del 13.11.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. -L’attuale ricorrente ha convenuto la Banca dinanzi al Tribunale di Firenze adducendo che questa aveva effettuato la segnalazione al CAI ed elevato il protesto dell’assegno bancario dell’importo di € 341,77 emesso in favore del signor COGNOME, dipendente della società RAGIONE_SOCIALE, pur in presenza di un saldo attivo di circa € 20.000,00; e ciò, in quanto l’assegno era stato posto all’incasso il 6.12.12, dopo circa trenta giorni dalla sua emissione, quando la carica di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE sRAGIONE_SOCIALE e la facoltà di firma era stata conferita al signor COGNOME NOME, in sostituzione del COGNOME, a seguito di delibera sociale .
Con sentenza n. 1020/2018, il Tribunale di Pistoia ha rigettato la domanda di parte attrice condannandola a rifondere in favore della convenuta le spese di lite liquidate in € 11.405,00 per compensi, oltre al 15% per rimborso forfetario sul compenso, oltre all’IVA e al CPA .
─ Il primo giudice, in via di premessa, giudicando sulla domanda promossa da COGNOME NOMENOME NOME ad ottenere il risarcimento dei danni subiti (a suo dire) a causa di un illegittimo protesto elevato dalla banca convenuta, accertava che, in effetti, l’assegno , d el quale l’attore deduceva l’il legittimo protesto, era stato emesso in un periodo nel quale il COGNOME era sfornito di poteri di rappresentanza verso la società emittente il titolo, RAGIONE_SOCIALE e che il medesimo aveva tardivamente allegato un documento, (procura speciale), con il quale costui intendeva provare che, pur avendo cessato la carica di amministratore, aveva comunque con-
servato i poteri di disporre prelievi e versamenti sui conti della società. L’attore riteneva, inoltre, che la data di emissione dell’assegno dovesse coincidere con quella di emissione del titolo poiché il titolo era stato emesso senza l’indicazione della data di emissione (cioè il 7 novembre 2012) al fine di contestare l’av verso rilievo per il quale il protesto sarebbe stato erroneamente elevato in un periodo, il successivo 6 dicembre, nel quale la società, avendo richiesto l’ammissione al concordato preventivo, non avrebbe potuto emettere assegni.
3.─ COGNOME NOME ha proposto gravame, dinanzi alla Corte di Appello di Firenze che, con la sentenza qui impugnata, ha rigettato l’appello , confermando integralmente la sentenza impugnata.
Per quanto qui di interesse la Corte di merito ha precisato che:
se, come il COGNOME sostiene, il titolo fosse stato emesso effettivamente, con data in bianco, nel novembre del 2012, allora avrebbe dovuto eccepirne la nullità per omessa indicazione della data di emissione. Ove, invece, si dovesse insistere per la validità del titolo, allora la sua data di emissione non può che coincidere con quella indicata sullo stesso, sicché appare evidente che tale data coincide con quella della pendenza dell’istanza di concordato e che, in tal caso, riprende vigore il motivo addotto dalla banca a ragione della richiesta di cancellazione del protesto;
b) nuova e inammissibile è l’asserita circostanza per la quale il COGNOME tenta di giustificare la sua legittimazione alla emissione dell’assegno in virtù di una non meglio chiarita procura speciale rilasciatagli dal nuovo amministratore della società titolare del conto bancario. Si tratta anche in questo caso di nuove allegazioni mai prospettate in precedenza;
l’appellante insiste nel proporre una domanda di risarcimento del danno sfornita di qualsivoglia prova in ordine alla stessa esistenza del danno, sia inteso come danno emergente che come
lucro cessante. Gli elementi probatori addotti per la dimostrazione del presunto danno sono in parte incoerenti e in parte, per la richiesta del risarcimento del danno non patrimoniale, del tutto assenti.
4. ─ COGNOME NOME ha presentato ricorso per cassazione con tre motivi ed anche memoria.
RAGIONE_SOCIALE ha presentato controricorso ed anche memoria.
RAGIONI RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
Il ricorrente deduce:
5. ─ Con il primo motivo: Vizio di violazione di legge ex art. 360, n. 3, c.p.c. in relazione all’art. 4 , comma 2, l. n.77/1955 in combinato disposto con gli artt. 163, n. 4, 112 e 113 c.p.c., avendo la Corte di merito erroneamente ritenuto la domanda attrice generica, contraddittoria e priva di elementi tali da delineare la responsabilità dell’istituto di credito . In applicazione della normativa vigente, nel caso di specie la cancellazione del protesto per erroneità è avvenuta in quanto il vizio di forma emergeva con immediatezza dalla documentazione posta a corredo della relativa domanda, non essendo il dirigente dell’ufficio protesti legittimato a compiere alcun accertamento istruttorio. Dalla domanda di cancellazione emerge con chiarezza che l’errore è stato commesso dalla Banca medesima al momento della elevazione del protesto, e non dal COGNOME, firmatario dell’assegno . L’attore/ricorrente ha allegato anche la circostanza che l’assegno è stato emesso in data antecedente a quella dell’incasso al fine di contrastare la motivazione posta dalla Banca a fondamento della richiesta di elevazione del protesto: la pretesa carenza di poteri rappresentativi. Non è, quindi, la domanda attrice ad essere contraddittoria e/o generica, e quindi tale da impedire
l’individuazione della responsabilità dell’ente convenuto; è la Banca ad aver commesso l’errore, quando ha elevato il protesto per presunta carenza dei poteri rappresentativi, e ad aver successivamente riconosciuto l’errore, quando ha chiesto la cancellazione del protesto per l’applicabilità del divieto di azioni esecutive e cautelari.
5.1 -La censura presenta una peculiare ricostruzione dell’accadimento dei fatti risultanti dagli esiti istruttori valutati dalla Corte di merito; sostanzialmente si sostiene che se anche il protesto fosse stato legittimo la cancellazione operata dalla Banca con ritardo, all’epoca della presentazione all’incasso nella pendenza della procedura concorsuale, avrebbe generato, comunque, un danno al ricorrente. La richiesta di elevazione del protesto, così era stata motivata dalla carenza dei poteri rappresentativi, ma l’operazione era avvenuta erroneamente durante il periodo di applicabilità del divieto di azioni esecutive e cautelari per la pendenza della procedura concorsuale. Quindi, l’errore della Banca rendeva il proteso produttivo di danni per il ricorrente. Sebbene in primo grado la domanda era mirata all’accertamento dell’illegittimità del protesto, in appello, dopo un tentativo improduttivo di far valere una procura speciale che avrebbe dovuto legittimare il ricorrente all’emissione del titolo, l’evento dannoso delineato viene identificato nella cancellazione tardiva del protesto. La Corte valuta tali aspetti e precisa che il ricorrente «affida le ragioni della domanda alla non contestata circostanza che la banca, una NOME richiesto il protesto del titolo, ne abbia, circa 5 mesi dopo, richiesto la cancellazione, perché ‘erroneamente pubblicato’ ». L’arco temporale tra il protesto del titolo, che viene fatto risalire al 7.11.2012, e la richiesta di cancellazione del protesto per le motivazioni di cui innanzi sarebbe l’evento dannoso
di cui si chiede il risarcimento. La Corte di merito, però, precisa che: «le argomentazioni d ell’appellante perdono di consi stenza poiché, ove, così come egli sostiene, il titolo fosse stato emesso effettivamente, con data in bianco, nel novembre del 2012, allora avrebbe dovuto eccepirne la nullità per omessa indicazione della data di emissione». Quindi se il titolo non è nullo la data non può che essere che quella indicata sul titolo «sicché appare evidente che tale data coincide con quella della pendenza dell’istanza di concordato e che, in tal caso, riprende vigore il motivo addotto dalla banca a ragione della richiesta di cancellazione del protesto». La censura, così è fondata su una diversa valutazione degli esiti istruttori ed assume un carattere meritale inammissibile in sede di legittimità. La denuncia di violazione di legge ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., ivi formalmente proposta, non può essere mediata dalla riconsiderazione delle risultanze istruttorie (cfr., anche Cass., n. 15235/2022; Cass., n. 9352/2022; Cass., n. 6000/2022; Cass., n. 25915/2021), «non potendosi surrettiziamente trasformare il giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative» (letteralmente Cass., n. 15235/2022; cfr. Cass., S.U., n. 34476/2019; Cass., n. 8758/ 2017; Cass., n. 32026/2021; Cass., n. 9352/2022; Cass. n. 9021/2023; Cass. n. 6073/2023; Cass. n. 2415/ 2023; ancora recentemente cfr., pure nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 9014/2023; Cass. n. 7993/2023; Cass. n. 4784/2023; Cass. n. 1015/2023).
6. -Con il secondo motivo: Vizio di motivazione ex art. 360, n. 5, c.p.c., avendo la Corte fiorentina respinto l’appello, sotto il profilo dell’ an , sull’erroneo presupposto della novità delle allegazioni dell’appellante, in realtà già ritualmente introdotte nel
giudizio di primo grado e non riproposte in appello in quanto non decisive, omettendo di valutare il punto decisivo delle ragioni poste a fondamento della domanda di cancellazione del protesto. Non corrisponde al vero che le censure svolte dall’appellante si concentrano sul fatto che l’assegno è stato emesso in data 07.11.12 e posto all’incasso in data 06.12.12, in quanto, come già rilevato nel primo motivo di ricorso, le doglianze del ricorrente si fondano sull’illegittimità del protesto, incontrovertibilmente dimostrata dalle dichiarazioni rese dalla Banca nella domanda di cancellazione, e non sulla data di emissione/incasso dell’assegno. la domanda introdotta si fonda sul fatto che il protesto è stato erroneamente/illegittimamente elevato, come ammesso e riconosciuto dalla stessa Banca. La non coincidenza tra la data di emissione e la data di incasso dell’assegno è stata allegata, ad abundantiam , per confutare la carenza di poteri rappresentativi, inizialmente addotta dalla Banca a fondamento dell’elevazione del protesto.
7. -Con il terzo motivo: Vizio di motivazione per omesso esame di un fatto decisivo della controversia (art. 360, n. 5, c.p.c.) avendo la Corte fiorentina respinto l’appello, sotto il profilo del quantum , omettendo di valutare il punto decisivo della documentazione che dimostra la sussistenza del danno patrimoniale e del danno non patrimoniale quest’ultimo anche in virtù dei fatti che devono ritenersi notori in materia di danno alla reputazione da protesto illegittimo. La somma di € 50.000,00, richiesta a titolo di danno patrimoniale, è congrua in relazione all’inevitabile lesione dell’immagine del COGNOME quale soggetto protestato, che determina, come già rilevato, una maggiore difficoltà di accesso al credito, idonea a tradursi nella negazione o riduzione di futuri prestiti ovvero nella richiesta immediata di
esazione di crediti. Il più recente orientamento giurisprudenziale è nel senso di ritenere che la semplice illegittimità del protesto, pur costituendo un indizio in ordine all’esistenza di un danno alla reputazione, non è di per sé sufficiente al risarcimento, essendo necessarie la gravità della lesione e la non futilità del danno, da provarsi anche mediante presunzioni semplici, oltre alla mancanza di un’efficace rettifica, fermo restando l’onere del danneggiato di allegare gli elementi di fatto dai quali possa desumersi l’esistenza e l’entità del pregiudizio, come la lesione di un diritto della persona, sotto il profilo dell’onore e della reputazione, anche commerciale
7.1 -Il secondo e il terzo motivo presentano entrambi censure fondate sulla violazione dell’art. 360, comma 1, n.5 c.p.c. perché la Corte sull’erroneo presupposto della novità delle allegazioni dell’appellante, in realtà già ritualmente introdotte nel giudizio di primo grado e non riproposte in appello in quanto non decisive, omettendo di valutare il punto decisivo delle ragioni poste a fondamento della domanda di cancellazione del protesto; o la Corte avrebbe omesso di valutare il punto decisivo della documentazione che dimostra la sussistenza del danno patrimoniale e del danno non patrimoniale quest’ultimo anche in virtù dei fatti che devono ritenersi notori in materia di danno alla reputazione da protesto illegittimo. Le censure non considerano che la sentenza della Corte qui impugnata è conforme alla sentenza di primo grado (dichiarandolo esplicitamente), sicché trova applicazione l’art. 348 ter , ultimo comma, c.p.c. (qui applicabile ratione temporis -pur essendo stato abrogato dall’art. 3, comma 26, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 -ai sensi dell’art. 35, commi 1 e 4, d.lgs. cit., trattandosi di ricorso per cassazione proposto in data anteriore al 28 febbraio 2023 e precisamente nel febbraio 2022), a mente del quale in caso di ‘doppia conforme’ non è ammesso il
ricorso per cassazione per il motiv o di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. Sarebbe stato, dunque, onere -non assolto -della ricorrente indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass., n. 5528/2014 e successive conformi). A tale onere dimostrativo, invece, la ricorrente si è completamente sottratta.
-Per quanto esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M .
La Corte, dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in € 5.000 per compensi e € 200 per esborsi oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima