Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 24093 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 24093 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18329/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in persona del curatore p.t. , domiciliato ex lege in Roma, INDIRIZZO, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, per procura speciale in calce al ricorso
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rapp.te p.t. , elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME per procura speciale in calce al controricorso
-controricorrente-
avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di RAGIONE_SOCIALE n. 3555/2016 depositata il 01/07/2016;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, con decreto depositato in data 1.7.2016, ha accolto parzialmente l’opposizione allo stato passivo del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi RAGIONE_SOCIALE) proposta da RAGIONE_SOCIALE in l iquidazione (d’ora in poi RAGIONE_SOCIALE), che , con convenzione del 2007, seguita da un contratto di servizio del 2009 di adeguamento delle tariffe, aveva affidato ad RAGIONE_SOCIALE – poi posta in amministrazione straordinaria con decreto del l’8.2.2012 e dichiarata fallita con sentenza del 29.10.2013 -la gestione trentennale del servizio idrico integrato dell ‘intera Provincia di RAGIONE_SOCIALE.
Il tribunale ha ammesso al passivo un credito concorsuale di RAGIONE_SOCIALE 1 Pa di € 1.784.342,00, a titolo di canoni concessori maturati prima del l’apertura della procedura di A.S., e ha ritenuto sussistente un credito dell’opponente verso la massa di ulteriori € 15.237.139,26 , riconosciuto in massima parte a titolo di canoni maturati dopo l’apertura della procedura e, per l’importo di € 590.473,26, a titolo di rimborso delle somme incassate da APS, ma non versate alla concedente, a seguito della maggiorazione delle tariffe.
Il giudice del merito ha osservato che, benché con lodo non definitivo del 2011 fosse stata dichiarata la decadenza di APS dalla concessione, con conseguente risoluzione del contratto, era rimasto fermo, ai sensi della clausola 34 della convenzione, l’obbligo della concessionaria di continuare nella gestione del servizio sino alla consegna di opere e impianti al nuovo gestore e che, peraltro, era pacifico che il servizio fosse proseguito per tutta la durata della prima procedura e per ulteriori tre mesi dopo il fRAGIONE_SOCIALE.
Ha quindi ritenuto che, in difetto di ulteriori elementi, il corrispettivo dovuto andasse liquidato sulla scorta di quanto previsto dalla convenzione, tanto più che nello stesso periodo RAGIONE_SOCIALE aveva continuato a riscuotere le tariffe dagli utenti per il servizio
prestato, sicché, negandone la debenza, si sarebbe realizzato un indebito arricchimento della procedura.
Ha infine escluso la nullità per mancanza di causa dell’art. 14 del contratto stipulato inter partes nell’ottobre 2009 , col quale era stato stabilito l’aumento delle tariffe, e ha rilevato che le somme versate dagli utenti a seguito della maggiorazione, indicata in bolletta, erano state incassate da RAGIONE_SOCIALE in nome e per conto di RAGIONE_SOCIALE.
Il RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione del decreto, affidandolo a tre motivi, cui RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1. Con il primo motivo, che denuncia violazione degli artt. 1325, 1418, 1421 e 2697 c.c., 101 e 112 c.p.c., 93 e 111 n. 1 l.fall. e 20 d.lgs n. 270/1999, nonché l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, il FRAGIONE_SOCIALE osserva che il contratto con cui l’RAGIONE_SOCIALE (struttura dotata di personalità giuridica di diritto pubblico ai sensi dell’art. 3 comma 26 d.lgs n. 163/2006) aveva affidato ad RAGIONE_SOCIALE la gestione trentennale del servizio idrico integrato per l’intera provincia di RAGIONE_SOCIALE era un contratto di diritto pubblico, che richiedeva, a pena di nullità, la forma scritta ad substantiam. Sostiene pertanto che, una volta dichiaratane la risoluzione, esso non avrebbe potuto proseguire in forza di un tacito rinnovo o di un comportamento concludente, posto che la volontà della RAGIONE_SOCIALE di obbligarsi non può desumersi per implicito da atti o fatti, e che (secondo quanto da esso puntualmente eccepito in sede di opposizione, o comunque d’ufficio, ai sensi dell’art. 1421 c.c.) il tribunale avrebbe dovuto rilevare la nullità strutturale del rapporto a partire dal luglio 2010, escludendo, in conseguenza, che negli anni successivi, sino al febbraio 2014, potessero essersi prodotti gli effetti della
convenzione e RAGIONE_SOCIALE potesse vantare il diritto al pagamento dei canoni concessori solo perché RAGIONE_SOCIALE aveva di fatto proseguito nella gestione del servizio.
Il ricorrente rileva altresì che il giudice dell’opposizione, nel l’affermare che nel caso di mancata ammissione del credito si sarebbe giustificato un indebito arricchimento di APS (e per essa del fRAGIONE_SOCIALE) in pregiudizio della creditrice, è incorso in un vizio di ultrapetizione, in quanto la domanda ex art. 2041 c.c. era stata avanzata da RAGIONE_SOCIALE 1 Pa tardivamente, solo con il ricorso in opposizione e avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile.
2. Il motivo è inammissibile.
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, dopo aver dato atto che con il lodo non definitivo emesso inter partes il 5 settembre 2011 il collegio arbitrale aveva dichiarato, ai sensi dell’art. 37 della convenzione del 14 giugno 2007, la risoluzione del contratto a far data dal luglio 2010, ha tuttavia evidenziato la perdurante applicabilità dell’art. 34 della stessa convenzione, che contemplava l’obbligo della società fallita di proseguire nella gestione anche dopo la scadenza, fino alla consegna delle opere ed impianti al nuovo gestore affidatario: era così avvenuto, secondo quanto pacificamente riconosciuto dal curatore, che RAGIONE_SOCIALE aveva proseguito nella gestione del servizio idrico integrato dopo l’apertura della procedura di amministrazione straordinaria e persino dopo la conversione di questa in fRAGIONE_SOCIALE, sebbene per un periodo di poco più di tre mesi, al fine di completare la restituzione dei relativi impianti ai singoli Comuni.
Il giudice del merito ha in sostanza accertato che la gestione del servizio idrico integrato da parte della società poi fallita non era proseguita in base a un tacito accordo e/o per facta concludentia , e perciò in violazione del precetto che richiede la forma scritta ad substantiam dei contratti ad evidenza pubblica, ma in forza di una precisa clausola contrattuale (l’art. 34 cit.) che prevedeva l’obbligo
del precedente concessionario di gestire il servizio anche dopo la scadenza contrattuale, fino alla consegna delle opere ed impianti al nuovo gestore affidatario.
La pronuncia si fonda dunque su una ratio decidendi che il FRAGIONE_SOCIALE non ha censurato sotto alcun profilo, omettendo persino di riportare la clausola nella sua interezza e, comunque, non denunciandone l’errata interpretazione /applicazione ai sensi degli artt. 1362 e segg. c.c. o per vizio di motivazione.
Risulta in conseguenza inammissibile, per difetto di interesse, la doglianza che denuncia il vizio di ultrapetizione del decreto impugnato, posto che – a prescindere dal rilievo che il tribunale non ha accolto la domanda subordinata di arricchimento, ma quella principale fondata sul contratto (limitandosi ad osservare ad abundantiam che la curatela avrebbe tratto un ingiustificato arricchimento dal rigetto) l’eventuale fon datezza di tale censura non potrebbe comunque condurre alla cassazione della pronuncia, che resterebbe sorretta dalla ratio non censurata.
3. Con il secondo motivo, che denuncia la violazione degli artt. 101 legge fall., 115 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ., il FRAGIONE_SOCIALE lamenta in primo luogo che il tribunale abbia ammesso al passivo il credito di RAGIONE_SOCIALE Pa 1 per canoni concessori maturati in epoca antecedente alla dichiarazione di insolvenza di RAGIONE_SOCIALE nonostante l’ inammissibilità della relativa domanda, di cui avrebbe dovuto essere rilevata l’ ultra-tardività in quanto avanzata il 21.1.2014, oltre l’anno dal decreto di esecutività dello stato passivo delle domande tempestive, emesso dal G.D. l’11.7.2012 ; deduce, inoltre, che il tribunale sarebbe incorso in errore per non aver ritenuto provato, ai sensi dell’art. 115, 1° comma c.p.c., che l’importo dei canoni concessori indicato da RAGIONE_SOCIALE era maggiore di quello effettivamente dovuto, perché, secondo quanto eccepito dal curatore e non contestato dall’opponente, non teneva conto del
fatto che i Comuni beneficiari del servizio idrico erano risultati di numero inferiore rispetto a quello previsto.
Entrambe le censure in cui si articola il motivo sono inammissibili, ai sensi dell’art. 366 1° comma, nn. 4 e 6 c.p.c., per difetto assoluto di specificità.
Quanto alla prima di esse, neppure dalla prospettazione di parte ricorrente emerge che la questione della natura ultra-tardiva della domanda di insinuazione al passivo di RAGIONE_SOCIALE Pa 1, cui il decreto impugnato non fa cenno, fosse stata posta all’esame del giudice di merito.
Difettando qualsivoglia allegazione al riguardo da parte del FRAGIONE_SOCIALE, la questione (pregiudiziale di rito) concernente l’ammissibilità della domanda ai sensi dell’art. 101 u. comma l. fall., non sollevata nel corso del giudizio di opposizione e non rilevabile d’ufficio nella presente sede , risulta dunque coperta da giudicato interno, in quanto il tribunale ha deciso la causa nel merito.
Quanto alla dedotta violazione dell’art. 115 c .p.c., questa Corte ha più volte affermato che, ove con il ricorso per cassazione si ascriva al giudice di merito di non avere tenuto conto di una circostanza di fatto che si assume essere stata “pacifica” tra le parti, il principio di autosufficienza del ricorso impone al ricorrente di indicare in quale atto sia stata allegata la suddetta circostanza, ed in quale sede e modo essa sia stata provata o ritenuta pacifica (Cass. nn. 10761/2022, 24062/2017, 20637/2016), mentre nella specie il FRAGIONE_SOCIALE non ha provveduto a trascrivere, neppure per estratto o in modo riassuntivo, le deduzioni dell’RAGIONE_SOCIALE Pa 1 in base alle quali il tribunale avrebbe dovuto ritenere provata, perché non contestata, la circostanza che invece non ha inteso riconoscere.
Con il terzo motivo, che denuncia la violazione degli artt. 1325, 1418, 1421 c.c., 101 c.p.c., 111 legge fall, 2697 c.c., il FRAGIONE_SOCIALE lamenta che il tribunale non abbia dichiarato la nullità della clausola n. 14 del contratto di servizio dell’ottobre 2009 con cui era stato pattuito l’aumento tariffario; osserva che, poiché la convenzione del 2007 era stata dichiarata risolta per inadempimento ed era quindi divenuta inefficace, tale inefficacia aveva colpito anche detto contratto, ivi compreso l’art. 14 cit., dovendosi applicare, in ragione del sussistente collegamento negoziale, il noto principio simul stabunt simul cadent .
Il motivo, ove non ritenuto assorbito dal rigetto del primo, è infondato, atteso che il tribunale ha accertato che la prosecuzione della gestione del servizio è avvenuta in applicazione di una specifica clausola della convenzione del 2007, che ha continuato ad operare fra le parti nonostante la dichiarata risoluzione del contratto; con la conseguenza che, esclusa la nullità della prosecuzione del rapporto principale, neppure il successivo contratto (stipulato anteriormente alla risoluzione ed ad esso collegato) poteva ritenersi nullo.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in € 50.200, di cui € 200 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma in data 23.1.2024