Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5863 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5863 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/03/2024
Oggetto: effetti cambiari. Promessa di pagamento
ORDINANZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME NOME NOME difeso da ll’ AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’AVV_NOTAIO in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente-
Contro
COGNOME NOME NOME COGNOME NOME, rappresentati e difesi da ll’ AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, in Pineto, INDIRIZZO
-controricorrente –
Avverso la sentenza della Corte di Appello di L’Aquila n. 1054/2019, pubblicata il 14.6.2019, nel giudizio r.g. n. 553/2014, notificata il 14.6.2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27.10.2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Teramo ha accolto l’opposizione promossa da NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso il decreto n. 139/07, con il quale era stato loro ingiunto di pagare a NOME COGNOME la somma di € 136.803,27.
Il giudice di I grado, sulla base dell’istruttoria effettuata e della documentazione prodotta, rilevava che COGNOME e la COGNOME, da un lato, e COGNOME, dall’altro, avevano posto in essere un’operazione negoziale con la quale i primi emettevano 180 cambiali, in favore del secondo, garantite dall’ipoteca sull’immobile, di proprietà dei primi, e il secondo si impegnava: a) ad estinguere il mutuo contratto dal COGNOME e dalla COGNOME con la RAGIONE_SOCIALE; b) a presentare gli effetti cambiari per lo sconto presso un istituto di credito di sua fiducia per ottenere denaro liquido; c) a destinare tali somme, successivamente, anche all’estinzione degli effetti in castelletto presso la Cassa Rurale di Atri, la Banca Popolare di Silvi e la Carifermo; d) a ritirare presso gli Istituti predetti gli effetti cambiari dell’importo complessivo di circa 90.000 e ad estinguere i debiti per le forniture urgenti dell’azienda degli opponenti.
Il Tribunale perveniva alla decisione di accoglimento dell’opposizione sulla base delle seguenti motivazioni:
nell’opposizione a decreto ingiuntivo spetta all’opposto, quale attore sostanziale, di provare i fatti, ovvero il credito per il quale agisce;
nel caso di specie, gli opponenti hanno eccepito che il COGNOME si era reso del tutto inadempiente agli obblighi, assunti con le due scritture private del 1996, di estinguere alcune loro posizioni debitorie e, pertanto, non erano dovute le somme di cui agli effetti cambiari consegnati dagli opponenti all’opposto;
-conseguentemente, avendo gli opponenti fatto riferimento all’inadempimento del rapporto sottostante agli effetti cambiari, era onere del COGNOME «dimostrare la sussistenza del proprio credito,
relativo alle somme indicate negli effetti cambiari provando di aver adempiuto agli obblighi assunti nelle convenzioni del 1°.7.1996»;
l’opposto COGNOME non produceva però nessuna documentazione nè alcun altro elemento idoneo a provare che esso opposto aveva provveduto ad effettuare il pagamento, poiché aveva prodotto solamente documentazione in relazione ad una parte del credito asseritamente vantato e relativo ad alcuni effetti protestati emessi dalla società RAGIONE_SOCIALE (impresa del RAGIONE_SOCIALE) e copia di alcuni assegni a copertura, emessi dalla società RAGIONE_SOCIALE di cui era presidente, ma che è «soggetto estraneo al rapporto obbligatorio posto alla base della domanda azionata in giudizio»;
nessun valore probatorio poteva essere, inoltre, riconosciuto alla dichiarazione sottoscritta dal COGNOME con la quale quest’ultimo dichiarava «di non aver ancora pagato gli effetti cambiari protestati il 4.7.1996 al AVV_NOTAIO COGNOME AVV_NOTAIO il quale li ha pagati per intervento, dopo il protesto, presso la cassa effetti del AVV_NOTAIO di Silvi», in quanto la sottoscrizione dei documento era stata tempestivamente disconosciuta dall’opponente e non poteva essere utilizzata ai fini della decisione, perché non era stata proposta istanza di verificazione.
L’attuale ricorrente proponeva gravame dinanzi alla Corte d’Appello di L’Aquila invocando, tra le altre censure, il principio del ne bis in idem, per l’esistenza di altri giudizi aventi ad oggetto la contestata validità, quale titolo esecutivo, della scrittura del 1996, contenente la concessione di ipoteca.
La sentenza n.1237/2003, unica, tra quelle richiamate dall’opposto, ad essere passata in giudicato (nel 2006) era stata resa nel procedimento di opposizione agli atti esecutivi, ex artt. 624 e 625 c.p.c., instaurato contro l’ordinanza che aveva negato, nel procedimento di opposizione all’esecuzione r.g. n. 2406/01, la sospensione della procedura esecutiva promossa dagli opponenti contro il precetto notificato in data 22-28.2.2001, e il successivo pignoramento immobiliare del 05-24.4.2001.
Con tale pronuncia, il Tribunale, aveva respinto l’opposizione agli atti esecutivi sul presupposto che la predetta scrittura del 1996, azionata con il precetto, integri un riconoscimento di un debito certo, liquido ed esigibile, e, quindi, rientri tra gli atti di cui all’art. 474, n. 3, c.p.c., nonché tenuto conto della mancanza dei “gravi motivi” ex artt. 624 e 625 c.p.c.
Il procedimento “madre” di opposizione all’esecuzione, iscritto al RG 2406/2001, risulterebbe ancora sub Judice, in quanto la sentenza n.1230/03, è stata appellata e decisa con la sentenza n.737/2013, con la quale è stato negato il valore di titolo esecutivo alla scrittura del 1996, ma al contempo riconosciuto il suo valore di ricognizione di debito.
Poiché, nel frattempo, è intervenuta altra sentenza del Tribunale di Teramo (la n.131/07 anch’essa passata in giudicato) la quale non ha riconosciuto il valore di titolo esecutivo alla scrittura del 1996, è stato promosso contro la sentenza n.737/2013 (e contro la gemella n. 735/2013) giudizio di revocazione ex art, 395 comma 5 c.p.c., la cui domanda è stata respinta con sentenza della Corte d’Appello di L’Aquila n. 1621/2018 (e con la gemella 1622/2018). Avverso le sentenze della Corte d’Appello nn.73712013 e 735/2013 pendono tutt’ora i ricorsi in Cassazione.
Per quanto qui di interesse la Corte, riteneva che:
a) la sentenza n.1237/03, emessa nel giudizio incidentale ex artt. 624 e 625 c.p.c., non incidesse sulla soluzione della causa. Ciò, in quanto con tale pronuncia il Tribunale aveva operato un accertamento incidentale sulla natura della scrittura contenente la concessione di ipoteca, nonostante il tema del giudizio fosse la validità di tale atto quale titolo esecutivo (atto ricevuto da notaio o semplice atto con sottoscrizione autenticata da notaio).
Nel giudizio non era in discussione l’esistenza del riconoscimento del debito, bensì l’inadempimento degli obblighi a sua volta assunti dal COGNOME con le scritture del 1996: quella con cui, consegnate 180 cambiali per complessive £ 264.000.000 (pari ad € 136.803,27),
veniva costituita dai COGNOME e COGNOME ipoteca volontaria sulla dimora familiare a favore dell’appellante, con contestuale impegno, da quest’ultimo assunto, di far fronte al pagamento del mutuo acceso dagli appellati con la RAGIONE_SOCIALE; e ulteriore scrittura di pari data, con cui il COGNOME, dopo aver scontato in un istituto di credito di sua fiducia parte delle cambiali, si obbligava a pagare alcuni debiti contratti dall’impresa familiare (RAGIONE_SOCIALE anc) degli odierni appellati;
b) pertanto, era suo onere probatorio (non assolto) dimostrare di aver adempiuto ai suddetti obblighi, poiché la costituzione dell’ipoteca rilasciata e l’emissione dei titoli cambiari era parte integrante della ulteriore e coeva scrittura recante i menzionati obblighi a carico del COGNOME;
c) ed, inoltre, sulla mancata utilizzazione della scrittura con la quale il COGNOME aveva dichiarato di non aver pagato gli effetti cambiari, ribadiva l’orientamento di questa Corte secondo cui: «Nel meccanismo predisposto dall’art. 2719 c.c. e art. 215 c.p.c. a fronte della produzione di una copia fotostatica l’interessato è onerato del disconoscimento della sua conformità all’originale; mentre con riguardo a quest’ultimo, al fine di evitare che esso acquisti il valore di scrittura privata riconosciuta, l’interessato ha, poi, l’onere di disconoscere l’autenticità della scrittura o della sottoscrizione nella prima risposta, così a chi intenda avvalersene l’onere di esperire il procedimento di verificazione» (Cass., n. 16551/2015). con la conseguenza che il detto disconoscimento onerava parte attrice della produzione dell’originale (così Cass., n.13425/14, Cass., n.4476/09). La contestazione della conformità all’originale di un documento prodotto in copia non può avvenire con clausole di stile e generiche o onnicomprensive, ma va operata -a pena di inefficacia -in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale (Cass., n. 27633/2018).
NOME NOME ha presentato ricorso con sette motivi ed anche memoria.
COGNOME NOME NOME COGNOME NOME hanno presentato controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorrente deduce:
Con il primo motivo si denuncia: Violazione di legge con riferimento a ll’art. 1988 c.c. e sua falsa applicazione in relazione all’ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. La Corte ha ritenuto che gli effetti cambiari fossero stati emessi a fronte degli impegni assunti dal ricorrente con le citate scritture private, omettendo di considerare che il titolo cambiario costituisce una presunzione iuris tantum circa l’esistenza del credito e che il titolo cambiario scaduto costituisce una promessa di pagamento ex art. 1988 c.c., con l’effetto di dispensare colui a favore del quale è assunto l’impegno dall’onere di provare il rapporto fondamentale.
Con il secondo motivo si denuncia: Nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, comma 2, c.p.c. e art. 118, comma 1, disp. att. c.p.c. con riferimento all’art. 360, n. 4, c.p.c. illogicità della motivazione contenente affermazioni inconciliabili ed in irrimediabile contrasto. La Corte ha attribuito ai titoli la natura di riconoscimento del debito, senza applicare l’inversione a dell’onere della prova a favore del ricorrente ex art. 1988 c.c.
Con il terzo motivo si denuncia: Omesso esame di un fatto decisivo ai fini della decisione in relaz ione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., ossia l’invocazione dell’art. 1988 c.c., in virtù dell’esistenza delle cambiali. La Corte non ha considerato che l’esibizione dei titoli determinava l’onere della prova a carico del debitore di provare le eccezioni fondate sul rapporto causale. In tale direzione gli attuali controricorrenti avrebbero dovuto dimostrare l’inadempimento del ricorrente alle obbligazioni assunte con la scrittura privata.
3.1 I primi tre motivi lamentano le medesime censure e possono essere trattati unitariamente. Le censure sono inammissibili perché non colgono la ratio decidendi della sentenza. Gli attuali
contro
ricorrenti, né tanto meno la sentenza impugnata, hanno mai messo in discussione la validità dei titoli cambiari scaduti e la loro natura di riconoscimento del debito, né hanno mai contestato la validità del rapporto causale posto a fondamento della loro emissione. La Corte d’appello ha, per contro, rilevato che – essendo stato contestualmente pattuito l’obbligo per il COGNOME (prenditore degli effetti, ed odierno ricorrente) di scontare gli effetti in banca e, con l’ottenuta liquidità, estinguere taluni debiti degli emittenti -il COGNOME non aveva provato l’adempimento di tale obbligo. Ed è pacifico che, in tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il debitore conv enuto per l’adempimento, ove sollevi come nel caso concreto – l’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c., sarà onerato di allegare l’altrui inadempimento, gravando sul creditore agente l’onere di dimostrare il proprio adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell’obbligazione (Cass. 3587/2021; Cass. 3373/2010).
Con il quarto motivo si denuncia: Violazione di legge con riferimento agli artt. 2909, 1988 c.c. e loro falsa applicazione in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. La Corte non ha considerato che l’accertamento della natura della scrittura relativ a alla concessione di ipoteca costituisse antecedente logico necessario nella sentenza n. 1237/2003, giudizio svoltosi per l’accertamento della validità dell’atto come titolo esecutivo.
Con il quinto motivo si denuncia: Violazione di legge con riferimento all’ art. 2909 c.c. e sua falsa applicazione in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. La Corte avrebbe precisato erroneamente che contro le sentenze del Tribunale di Teramo n. 735-737/2013 erano stati proposti appelli per il presunto contrasto di giudicati rispetto alla sentenza del medesimo Tribunale n. 131/2007. In realtà contro le sentenze erano stati proposti ricorsi per revocazione, entrambi rigettati (con sentenze nn. 1621162272018) e per i quali erano stati proposti ricorsi presso questa Corte. Il capo della sentenza relativo al puntuale adempimento da
parte del COGNOME agli obblighi della scrittura non era mai stato oggetto di impugnazione e, pertanto, quale giudicato esterno, doveva essere considerato pacifico e inoppugnabile, nonché passato in giudicato.
Con il sesto motivo si denuncia: Violazione di legge con riferimento agli artt. 2909 e 1988 c.c. e loro falsa applicazione in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. Nelle citate sentenze nn. 735-737/2013 la Corte ha anche omesso di considerare che è passato in giudicato il capo che riconosce ricognizione di debito alla scrittura del 1.7.1996 e alle cambiali
Con il settimo motivo si denuncia: Omesso esame di un documento decisivo ai fini del giudizio in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. ovvero della sentenza del Tribunale di Teramo n. 1180/2003. La Corte non avrebbe considerato che nel giudizio di I grado dell’opposizione a decreto i ngiuntivo era chiaramente evidenziato che il ricorrente aveva adempiuto ai suoi obblighi definiti nella scrittura del 1°.7.1996.
7.1 Il quarto, il quinto, il sesto e il settimo motivo sono correlati e possono essere trattati unitariamente. Le censure sono inammissibili. Nessuna delle tre sentenze, anche quella passata in giudicato, è idonea a comprovare l’adempimento dell’obbligazione contenuta nella scrittura del 1° luglio 1996, trattandosi di decisioni che hanno ad oggetto vicende relative ad opposizioni all’esecuzione proposte dagli odierni resistenti, sicchè esse hanno petitum e causa petendi diverse e non possono rivestire l’efficacia di giudicato nel presente giudizio di cognizione. L’autorità del giudicato sostanziale opera, invero, soltanto entro i rigorosi limiti degli elementi costitutivi dell’azione e presuppone, quindi, che la causa precedente e quella in atto abbiano in comune, oltre ai soggetti, anche il “petitum” e la “causa petendi”, restando irrilevante, a tal fine, l’eventuale identità delle questioni giuridiche o di fatto da esaminare per pervenire alla decisione (Cass., n. 16817/2021; Cass., n. 16688/2018).
E’ appena il caso di precisare, poi, che l’omesso esame di una sentenza, con riferimento al settimo motivo, non costituisce un omesso esame di un fatto storico, ex art. 360, n. 5, c.p.c. I motivi sono, dipoi, inammissibili, in quanto formulati mediante la riproduzione di una serie di decisioni, integralmente riprodotte, senza indicazione specifica del punto in cui il giudicato sarebbe stato male interpretato dalla Corte d’appello, per cui le censure difettano anche di specificità. Inoltre, i motivi non si confrontano con la ratio decidendi, secondo cui parte dei pagamenti che il COGNOME assume essere stati da lui eseguiti sono stati effettuati da un terzo, la cooperativa RAGIONE_SOCIALE, e che il dedotto pagamento di euro 32.000,00 a favore della RAGIONE_SOCIALE è del tutto sfornito di prova.
Il ricorrente chiedeva, infine, in via subordinata, la sospensione del giudizio ex art. 295 c.p.c. in attesa della definizione dei giudizi sul rigetto delle revocazioni delle sentenze n. 1621 e 1622/della Corte di Appello di l’Aquila iscritti ai nn. 36233/2018 e 36299/2018 R.G.
8.1 La richiesta di sospensione non è accoglibile per quanto detto sub 7.1
Per quanto esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M .
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità a favore dei controricorrenti, che liquida in € 5.000 per compensi e € 200 per esborsi oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione