LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Promessa di pagamento: onere della prova e assegno

Una società si oppone a un decreto ingiuntivo basato su un assegno, negando l’esistenza del prestito sottostante e sostenendo anzi un proprio credito verso l’ex amministratore. Il Tribunale ha accolto l’opposizione, chiarendo che quando il debitore contesta specificamente il titolo del debito (il “perché” della dazione di denaro), l’onere di provare il contratto di mutuo torna in capo al creditore. La sola promessa di pagamento derivante dall’assegno non è sufficiente se il creditore non dimostra il fondamento della sua pretesa.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Assegno come Promessa di Pagamento: Cosa Succede se il Debitore Contesta il Motivo del Debito?

Un assegno bancario, anche se irregolare, rappresenta una potente arma per il creditore: la legge lo considera una promessa di pagamento. Questo significa, in linea di massima, che chi lo possiede è esonerato dal dover provare il motivo del credito; si presume che il debito esista, e spetta al debitore dimostrare il contrario. Ma cosa accade se il debitore ammette di aver ricevuto il denaro ma ne contesta la causa, affermando ad esempio che non si trattava di un prestito? Una recente sentenza del Tribunale di Sondrio fa luce su questo aspetto cruciale, ridefinendo i confini dell’onere della prova.

I Fatti di Causa

La vicenda nasce da un decreto ingiuntivo di 20.000,00 euro ottenuto da un ex amministratore nei confronti della sua precedente società. La richiesta di pagamento era fondata su un assegno bancario. La società, tuttavia, si è opposta fermamente al decreto, avviando una causa. Le sue argomentazioni erano nette: non solo negava l’esistenza di un prestito che giustificasse l’emissione dell’assegno, ma sosteneva addirittura di vantare un credito ben maggiore nei confronti dell’ex amministratore a causa di gravi atti di mala gestio commessi durante il suo mandato. In pratica, la società non si è limitata a dire “non ti devo nulla”, ma ha affermato: “sei tu che devi dei soldi a me”.

L’Onere della Prova nella Promessa di Pagamento: La Decisione del Tribunale

Il cuore della decisione del Tribunale ruota attorno all’interpretazione dell’articolo 1988 del Codice Civile, che disciplina la promessa di pagamento e la ricognizione di debito. La norma crea una cosiddetta “astrazione processuale”: il creditore che agisce sulla base di una promessa di pagamento (come un assegno) non deve provare il rapporto fondamentale che ha dato origine al credito. L’esistenza del debito si presume.

Tuttavia, il Tribunale, allineandosi a un consolidato orientamento della Corte di Cassazione, ha sottolineato un limite fondamentale a questo principio.

Quando la Semplice Promessa di Pagamento non Basta

Il punto chiave è la natura della contestazione del debitore. Se il debitore si limita a una negazione generica, l’onere di provare l’inesistenza del debito resta a suo carico. Ma se, come nel caso di specie, il debitore contesta specificamente il titolo della dazione di denaro (ovvero la sua causa giustificatrice), la situazione si ribalta.

Negare che la somma sia stata consegnata a titolo di mutuo (prestito) non è una semplice eccezione, ma una negazione del fatto costitutivo stesso della pretesa del creditore. In questo scenario, l’inversione dell’onere della prova sancita dall’art. 1988 c.c. non opera più pienamente. L’attore che chiede la restituzione delle somme deve dimostrare non solo di aver consegnato il denaro, ma anche il titolo che ne impone la restituzione, cioè l’esistenza di un contratto di mutuo.

Le Motivazioni della Sentenza

Il Tribunale ha stabilito che, di fronte alla specifica e argomentata contestazione della società (che negava il prestito e allegava controcrediti), il creditore (l’ex amministratore) aveva il dovere di fornire la prova del contratto di mutuo. Non poteva più limitarsi a sventolare l’assegno come prova sufficiente. Poiché il creditore non ha fornito alcuna prova del prestito, basando la sua intera pretesa unicamente sull’assegno, la sua domanda è stata considerata infondata.

Il giudice ha ritenuto che la mera consegna di un assegno può avvenire per svariate ragioni e non implica automaticamente l’esistenza di un prestito che obbliga alla restituzione. Di fronte a una contestazione circostanziata, la promessa di pagamento perde la sua forza probatoria autosufficiente e il creditore deve tornare a provare integralmente i fatti costitutivi della sua domanda.

Le Conclusioni

La sentenza offre un’importante lezione pratica: un assegno o una qualsiasi dichiarazione scritta di debito sono strumenti molto efficaci, ma non invincibili. Il creditore non può dare per scontato che l’inversione dell’onere della prova sia uno scudo assoluto. Se il debitore è in grado di costruire una difesa solida, contestando in modo specifico e credibile la causa del debito, l’onere di provare l’intero rapporto (ad esempio, il contratto di prestito) tornerà interamente sulle spalle del creditore. Pertanto, è sempre fondamentale conservare la documentazione che provi non solo il passaggio di denaro, ma anche e soprattutto il motivo per cui quel denaro deve essere restituito.

Un assegno bancario, anche se irregolare, ha valore legale?
Sì, secondo la giurisprudenza costante, un assegno irregolare (ad esempio privo di data o impagato) viene considerato come una promessa di pagamento ai sensi dell’art. 1988 del Codice Civile.

Cosa significa che un assegno è una ‘promessa di pagamento’?
Significa che la persona che riceve l’assegno è dispensata dall’onere di provare il rapporto sottostante che ha dato origine al debito. La legge presume che il debito esista fino a prova contraria, e spetta al debitore (chi ha emesso l’assegno) dimostrare l’inesistenza, l’invalidità o l’estinzione del debito.

Se il debitore contesta il motivo del debito, chi deve provare l’esistenza del prestito?
Secondo la sentenza, se il debitore contesta specificamente che la consegna del denaro sia avvenuta a titolo di mutuo (prestito), l’onere della prova torna completamente a carico del creditore. In questo caso, il creditore deve dimostrare non solo l’avvenuta consegna della somma, ma anche il titolo giuridico (il contratto di mutuo) che obbliga il debitore alla restituzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati