Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 26973 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 26973 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/10/2024
Del COGNOME NOME ;
Oggetto:
titoli di credito
AC – 19/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17674/2021 R.G. proposto da:
NOME, elett.te dom.to in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, giusta procura in calce al ricorso ;
-ricorrente –
contro
-intimato –
avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli, terza sezione civile, n. 1531/2021, pubblicata il 28 aprile 2021, resa nel procedimento n.r.g. 3764/2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 19 settembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
Il Tribunale di Nola , in accoglimento dell’ opposizione formulata da NOME COGNOME, ha revocato il decreto ingiuntivo precedentemente concesso in favore di NOME COGNOME, sul fondamento del possesso da parte dello stesso di quattro assegni bancari, indicati come consegnati dall’opponente/intimato in ragione di non meglio precisati rapporti “di tipo commerciale e lavorativo”. Il Tribunale ha ritenuto: 1) la non azionabilità delle azioni cartolari, poiché prescritte, e la valenza solo di promessa di pagamento attribuibile ai titoli di credito posti a fondamento della richiesta di pagamento oggetto di giudizio; 2) che il disposto dell’art. 1988 cod. civ. consente di evincere che la promessa di pagamento comporta il rilievo dall’onere di dare la prova del fondamento del credito vantato da parte del soggetto a cui favore è fatta, ma tale astrazione processuale trova applicazione solo quanto al rapporto tra autore e destinatario della promessa stessa laddove, nel caso di specie, trattandosi di azione causale, la contestazione della sussistenza di una valida causa debendi impone al creditore di dare la prova del fondamento della sua pretesa, essendo limitata la valenza di cui innanzi al piano strettamente processuale, fermo restando l’onere di allegazione e prova del rapporto sottostante; 3) che il creditore opposto, invece, nonostante il tenore delle difese della parte opponente che ha
negato ogni suo debito – e nonostante la sua posizione di attore in senso, sostanziale – si è limitato a dedurre la sussistenza “di non meglio precisati rapporti di tipo commerciale e lavorativo intercorrenti con l’opponente”, generando un “vulnus di allegazione e prova”, non emendato neanche nelle memorie ex art. 183 cod. proc. civ., e ciononostante due dei quattro assegni posti a fondamento delle pretese oggetto di esame non lo vedessero quale beneficiario, sicché ancora più stringente doveva reputarsi l’onere di cui innanzi, essendo stata formulata la promessa di pagamento nei confronti di soggetto diverso dal creditore/opposto.
La Corte di appello di Napoli, con l’ impugnata sentenza, ha così provveduto: « 1) Dichiara inammissibile l’appello, 2) Pone le spese di lite del grado a carico dell’appellante e le liquida in €. 3.308,00 per compensi di avvocato, oltre IVA, e CPA e rimborso forfettario nella misura del 15%, da attribuirsi in favore del procuratore dichiaratosi antistatario. ».
La Corte territoriale, per quanto in questa sede ancora rileva, ha osservato: a) che l’atto di appello era di contenuto tanto generico da determinarne l’inammissibilità ai sensi dell’art. 342 cod. proc. civ., atteso che le censure ivi formulate, non riuscivano a ‘ imbastire una critica puntuale e aderente alle ragioni del decidere valorizzate dal primo giudice ‘ , giacché si risolvevano in un ‘ unico fondamentale motivo: l’omessa considerazione da parte del primo giudice dell’allegazione difensiva illustrata negli scritti nel suo interesse depositati, secondo cui il pagamento intimato ha avuto la finalità consentire il “recupero per ingiustificato arricchimento derivante dall’inadempimento della promessa di pagamento portata dai quattro assegni nel ricorso monitorio. Ancora ha lamentato l’appenante che il primo giudice ha
totalmente omesso di statuire sulla predetta domanda di ingiustificato arricchimento: proponibile proprio allorché non siano più esperibili le azioni cartolari ed ha trascurato la portata del rilievo dall’onere probatorio, derivante dall’essere destinatario di promessa di pagamento; quindi ha chiesto che, in riforma dell’impugnata sentenza, sia confermato il decreto ingiuntivo opposto e l’appellato, COGNOME NOME, sia condannato alla rifusione delle spese di lite nonché alla restituzione di quelle versatigli in ragione della condanna disposta con la decisione dì primo grado. ‘; motivo che non si confrontava con la motivazione resa dal primo giudice, non contenendo l’atto di appello alcuna specificazione, come già rilevato in primo grado, di quale fosse il rapporto fondamentale che avrebbe giustificato la dazione in favore del NOME dei quattro assegni bancali posti a fondamento dell’azione intentata; e ciò nonostante il ‘ granitico orientamento interpretativo della giurisprudenza di legittimità citato dal primo giudice e gli elementi di giudizio innanzi sinteticamente riportati ‘; b) che nessuna contestazione era stata mossa al rilievo secondo cui il COGNOME era stato condannato in primo grado per il delitto di usura perpetrato nei confronti di COGNOME; c) che la domanda di ingiustificato arricchimento non risultava formulata nei termini in primo grado, né alcuna opposizione era stata mossa alla reiezione delle istanze istruttorie originariamente formulate, sicché il gravame andava considerato complessivamente inammissibile.
Avverso detta pronuncia NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
NOME COGNOME è rimasto intimato.
Il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1. Il ricorso lamenta:
a. Primo motivo « Violazione del diritto di cui all’art 342 cpc in relazione all’art 360, co. 1 n. 3 cpc per violazione o falsa applicazione di norme di diritto avendo dichiarato inammissibile il gravame precisando ‘vale di per sé la declaratoria di inammissibilità ex art 342 (???) cpc del proposto gravame’ benché esso rispettasse le prescrizioni di cui all’art 342 cpc ovvero contenesse: 1) indicazioni parti del provvedimento che si intende appellare e delle modifiche che vengono richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado, con ‘suggerimento’ della parte della sentenza che si chiede la riforma; 2) l’indicazione delle circostanze da cui deriva la violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata; Violazione e falsa applicazione del diritto di cui all’art 348 cpc in relazione all’art 360, co. 1 n. 3 cpc per violazione o falsa applicazione di norme di diritto avendo dichiarato inammissibile il gravame, benché esso contenesse 4 distinte motivazioni e formulazioni di impugnazione con i rispettivi quesiti tecnici, ritenendo di contro generico il gravame, sebbene la parte resistente abbia risposto alle stesse; Violazione ex art 360 n 4 cpc la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art 348 cpc in quanto pronunciata dopo che il giudice di appello aveva proceduto alla trattazione e alla discussione della causa. Violazione e falsa applicazione del diritto di cui all’art 348 cpc; Violazione in relazione all’art 111 Cost co 7 e 360, co. 1 n. 4 cpc per violazione o falsa applicazione di norme di diritto avendo dichiarato inammissibile il ricorso, benché esso fosse fondato sulla violazione dell’art 1988 cc, lì dove la promessa di
pagamento era INDISCUTIBILMENTE contenuta in 4 assegni bancari mai disconosciuti o denunciati da provenienza illecita, tant’è che non sono state disconosciute le firme. ».
Secondo motivo « Violazione del diritto di cui all’art 1988 e 2697 cc in relazione all’art. 360, co. 1 n. 3 cpc per violazione o falsa applicazione di norme di diritto avendo dichiarato inammissibile il ricorso di gravame per non aver il creditore spiegato e dimostrato il rapporto sottostante, relativo al credito portato da 4 assegni pagati insoluti, quando l’art. 1988 cc dispone che ‘La promessa di pagamento o la ricognizione di un debito dispensa colui a favore del quale è fatta dall’onere di provare il rapporto fondamentale. L’esistenza di questo si presume fino a prova contraria’ .».
Terzo motivo « Violazione del diritto di cui all’art 1988 cc in relazione all’art 360, co. 1 n. 3 cpc per violazione o falsa applicazione di norme di diritto avendo dichiarato inammissibile il ricorso di gravame per non aver il creditore alleato prova rapporto sottostante, relativo al credito portato da 4 assegni pagati insoluti, quando l’art. 1988 cc dispone che ‘La promessa di pagamento o la ricognizione di un debito dispensa colui a favore del quale è fatta dall’onere di provare il rapporto fondamentale. L’esistenza di questo si presume fino a prova contraria’. ».
I tre motivi di gravame possono essere congiuntamente esaminati, in quanto si rivelano inammissibili per la medesima ragione: essi non si confrontano con la ratio decidendi della sentenza impugnata. Ratio decidendi che si identifica nella chiara affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui l’atto di gravame andava dichiarato inammissibile in quanto non
conteneva alcuna confutazione della ragione della decisione a sua volta adottata dal Tribunale per accogliere l’ opposizione al decreto ingiuntivo: in giudizio era stata dedotta l’inesistenza di alcun rapporto causale sottostante all’emissione del titoli azionati e il COGNOME, che era parte attrice in senso sostanziale, aveva omesso di fornire alcuna allegazione, ancor prima che prova, di quale fosse tale rapporto causale. Rispetto a tale qualificazione della domanda compiuta dai giudici del merito, la cui ermeneusi non viene in questa sede in alcun modo contestata dal ricorrente, va rilevato che oggetto di indagine in causa non è il rapporto cartolare, come ancora in questa sede il ricorrente mostra di ritenere nel secondo e nel terzo motivo di ricorso, bensì il rapporto causale sottostante, correttamente evocato nella specie, trattandosi di controversia tra emittente i titoli di credito e primo prenditore. E, rispetto a tale piano di indagine, la Corte di appello ha rilevato che il contenuto dell’atto di appello, laddove ribadiva vanamente il profilo esclusivamente cartolare dell’azione e laddove invocava a dispetto di ogni preclusione processuale già maturata la disciplina dall’ingiustificato arricchimento, non si confrontava efficacemente con la motivazione resa dalla sentenza impugnata e, per tale ragione, andava considerato inammissibile. Tale ragione della decisione anche l’ odierno ricorso non affronta, insistendo a ritenere che oggetto di indagine debba essere il solo profilo cambiario, laddove alcuna critica è mossa alla qualificazione conforme dei giudici del merito che hanno ritenuto esercitata in lite l’azione causale, rispetto alla quale il NOME non ne aveva dedotto, ancor prima che provato, le ragioni giuridiche fondanti. Quanto alla pretesa nullità della sentenza per erronea trattazione e decisione della causa, la doglianza è inammissibile, poiché non
deduce quale concreto pregiudizio il ricorrente abbia patito per effetto di quanto denunciato.
La mancata difesa dell’intimato esonera la Corte dal provvedere sulle spese di fase.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto (Cass. S.U., n. 4315 del 20 febbraio 2020).
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 19 settembre