Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 30389 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 30389 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3235/2022 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
PULEO NOME
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO PALERMO n. 998/2021 depositata il 18/06/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.Il ricorso riguarda la sentenza con cui la Corte d’appello di Palermo ha riformato la decisione del locale Tribunale che aveva accolto l’opposizione di NOME COGNOME avverso il decreto ingiuntivo con cui era stato al medesimo ingiunto di pagare a NOME COGNOME l’importo di 300.000,00 euro indicati in un assegno bancario a firma del primo, revocando il decreto.
L’opponente aveva contestato la sussistenza di ragioni di credito nei confronti del sig. COGNOME, non risultando dagli atti del ricorso quale fosse stato il rapporto causale sottostante all’emissione del titolo; l’opposto aveva, quindi, dedotto che l’assegno gli era stato consegnato dal COGNOME a titolo di garanzia del pagamento del prezzo convenuto per la cessione dei contratti che la sua impresa individuale aveva con RAGIONE_SOCIALE per la gestione dei quattro negozi a Palermo e che, essendo ormai scaduta l’azione cartolare, aveva utilizzato l’assegno quale promessa di pagamento ai sensi dell’articolo 1988 c.c.
2.La Corte d’appello ha accolto il gravame e respinto l’opposizione al decreto ingiuntivo ritenendo fondato il motivo d’appello che si basava sulla non corretta distribuzione da parte dal giudice di prime cure dell’onere probatorio; in particolare ha osservato: (a) che l’inversione della prova connessa ad una promessa di pagamento -da ravvisarsi in un assegno, privo di valore cartolare, tra traente e prenditore o tra girante e primo giratario -comporta una presunzione iuris tantum dell’esistenza del rapporto sottostante fino a quando l’emittente non fornisca la prova -che può desumersi da qualsiasi elemento ritualmente acquisito al processo -dell’inesistenza, invalidità od estinzione di tale rapporto; (b) che nel caso di specie, dispensando l’assegno prodotto dall’onere di provare il rapporto sottostante, al sig. COGNOME (opposto) non incombeva l’onere di dimostrare che esisteva un rapporto al quale ancorare l’emissione dell’assegno a firma COGNOME, gravando, piuttosto, su questi l’onere di provare che
nessun rapporto tra lui e il sig. COGNOME era mai sorto oppure che lo stesso era invalido o si era estinto; (c) che, a fronte della difesa dell’opponente -che aveva disconosciuto il riempimento dell’assegno affermando che solo la sottoscrizione era autentica ed osservando che il sig. COGNOME non aveva fatto alcun riferimento al rapporto sottostante che avrebbe giustificato il pagamento di una somma così ingente, apprendo inverosimile che, a fronte di siffatto credito, il creditore non si fosse procurato una traccia documentale -erroneamente il Tribunale aveva ritenuto mancante la prova del rapporto sottostante in quanto non offerta dall’opposto, poiché l’onere probatorio circa l’insussistenza del medesimo incombeva a ll’opponente; (d) che era irrilevante il denunciato smarrimento dell’assegno da parte del sig. COGNOME trattandosi di denuncia proveniente dal medesimo, cui non era seguita la proposizione di querela di falso a proposito dell’affermato abusivo riempimento.
3.- Avverso detta sentenza ha proposto ricorso il sig. COGNOME affidandolo ad un solo motivo di cassazione. Il sig. COGNOME è rimasto intimato
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.L’unico motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1988 e 2697 c.c. in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 3, c.p.c.
Reputa il ricorrente che la sentenza gravata sia errata in quanto avrebbe statuito in violazione dei principi di distribuzione dell’onere della prova, poiché nella specie detto onere incombeva sul creditore pur a fronte di un caso di opposizione decreto ingiuntivo, ove al creditore compete pur sempre la posizione sostanziale di attore e, quindi, l’onere di provare tutti i fatti costitutivi del diritto vantato, nella specie costituiti dall’esistenza e misura del credito azionato nelle forme della tutela monitoria. Deduce, inoltre, di aver sufficientemente provato di non aver mai consegnato al sig. COGNOME alcun assegno a garanzia del pagamento del prezzo di una cessione
e che questi non avrebbe dimostrato l’esistenza del rapporto sottostante al credito preteso. Sottolinea, in proposito, di aver fatto e documentato denuncia di smarrimento di due assegni -uno dei quali era quello su cui si fonda il decreto ingiuntivo -tratti su un conto corrente destinato esclusivamente per far fronte ai pagamenti relativi al RAGIONE_SOCIALE vendita di telefonia mobile RAGIONE_SOCIALE di cui era titolare dal 2007 al 2010, e di aver chiarito, nel corso dell’interrogatorio formale, che l’opposto -odierno resistente sig. COGNOME -aveva lavorato come proprio dipendente dal 2008 al 2010 curando anche gli incassi e i pagamenti dei fornitori in assenza del titolare e che tale era la fiducia, che in questi egli riponeva, che gli lasciava assegni firmati senza compilazione proprio per consegnarli ai vari fornitori.
Ha concluso che la Corte territoriale, quindi, avrebbe errato a considerare la sussistenza del credito azionato, e ciò in ragione della giurisprudenza per cui l’inversione dell’onere della prova ex art. 1988 c.c. opera solo nei confronti del soggetto a cui la promessa sia stata effettivamente fatta, sì che il mero possessore di un titolo all’ordine, privo di valore cartolare, deve fornire la prova della promessa di pagamento a suo favore (cita Cass. n. 31879/2019 e Cass. n. 15688/2013).
2.- Il motivo è infondato quanto alle censure che riguardano la valutazione delle risultanze probatorie, le quali -attenendo al merito della decisione -non sono suscettibili di essere vagliate in sede di legittimità ai sensi dell’art. 2967 c.c. essendo consolidato il principio secondo cui la violazione di detto precetto è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata e non, invece, laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (ex multis, Cass. 20.4.2020, n. 7919; Cass. 19.8.2020, n. 17313; Cass. 24.1.2020, n. 1634; Cass. 23.10.2018, n. 26769; Cass. 29 maggio 2018, n.
13395; Cass. 7.11.2017, n. 26366; Cass. 17 giugno 2013, n. 15107).
2.1- Il motivo è, ancora, infondato anche quanto alla dedotta violazione dei principi in tema di distribuzione dell’onere probatorio.
Anzitutto è infondato il richiamo del ricorrente alla natura del giudizio di opposizione poiché è vero che l’opposizione a decreto ingiuntivo apre un normale giudizio di cognizione, in ordine al quale l’attore deve provare i fatti costitutivi del proprio diritto mentre al convenuto incombe l’onere della prova di quelli estintivi o modificativi, ma nella specie la domanda proposta era fondata su un assegno bancario privo di valore cartolare ma valevole come promessa di pagamento, sicché la Corte di merito si è attenuta alla giurisprudenza di questa Corte, costante nel senso che « l’assegno bancario, nei rapporti diretti tra traente e prenditore (ovvero tra girante ed immediato giratario), anche se privo di valore cartolare, deve essere considerato come una promessa di pagamento, e pertanto, secondo la disciplina dell’art. 1988 cod. civ., comporta una presunzione “iuris tantum” dell’esistenza del rapporto sottostante, fino a che l’emittente (o il girante) non fornisca la prova – che può desumersi da qualsiasi elemento ritualmente acquisito al processo, da chiunque fornito -dell’inesistenza, invalidità ed estinzione di tale rapporto » (cfr. Cass. n. 8712/1998, Cass. n. 18259/2006, Cass. n. 11331/2009 Cass. n. 19929/2011, Cass. n. 21098/2013, Cass. n. 10755/2016).
Invero la promessa di pagamento, pur non costituendo autonoma fonte di obbligazione, ha, però, effetto confermativo di un preesistente rapporto fondamentale, venendo ad operarsi, in forza dell’art. 1988 c.c. un’astrazione meramente processuale della causa debendi , cui consegue una semplice relevatio ab onere probandi . Quindi il destinatario della promessa stessa è dispensato dall’onere di provare l’esistenza del rapporto fondamentale, che si presume fino a prova contraria e della cui insussistenza -come nel
caso in esame -è l’opponente che deve fornire la relativa prova, come ha correttamente stabilito la Corte di merito.
Né vale, nella specie, il richiamo alla giurisprudenza di legittimità invocata dal ricorrente per cui l’inversione dell’onere della prova ex art. 1988 c.c. opera solo nei confronti del soggetto a cui la promessa sia stata effettivamente fatta -« il mero possessore di un assegno bancario, il quale non risulti prenditore o giratario dello stesso (nella specie, mancante dell’indicazione del beneficiario), non è legittimato alla pretesa del credito ivi contenuto se non dimostrando l’esistenza del rapporto giuridico da cui deriva tale credito, poiché il semplice possesso del titolo non ha un significato univoco ai fini della legittimazione, non potendo escludersi che l’assegno sia a lui pervenuto abusivamente; né l’assegno può comunque valere come promessa di pagamento, ai sensi dell’art. 1988 c.c., atteso che l’inversione dell’onere della prova, prevista da tale disposizione, opera solo nei confronti del soggetto a cui la promessa sia stata effettivamente fatta, sicché anche in tal caso il mero possessore di un titolo all’ordine (privo del valore cartolare), non risultante dal documento, deve fornire la prova della promessa di pagamento a suo favore» (tra le più recenti v. Cass. n. 731/2020) -poiché nella specie non si trattava di mero possessore di un titolo non indicato sullo stesso quale prenditore; e benché il COGNOME abbia dedotto l’abusivo riempimento del titolo in quanto oggetto di una denuncia di sottrazione, come rilevato dalla Corte di merito, in mancanza di impugnazione del documento tramite querela di falso, detta deduzione in fatto è irrilevante ai fini del giudizio, non essendo stata, del resto, la motivazione sul RAGIONE_SOCIALE oggetto di censura in questa sede.
3.- Pertanto il ricorso va respinto. Nessuna statuizione si impone sulle spese poiché il resistente è rimasto intimato.
Rispetto alla ammissione del ricorrente «in via anticipata e provvisoria» al patrocinio a spese dello Stato, come da provvedimento in atti, questa Corte ha chiarito che «l ‘attualità dell’ammissione o meno al patrocinio a spese dello Stato non rileva direttamente ai fini della pronuncia sui presupposti per il c.d. raddoppio del contributo unificato, atteso che tale pronuncia lascia impregiudicata la questione della debenza originaria del contributo in esame, con la conseguenza che il suo raddoppio non sarà consentito qualora venga accertato, nelle sedi competenti, che fin dall’inizio ne era escluso anche il pagamento» ( v. Cass. n. 11116 del 2020; Cass. S.U. n. 4315 del 2020; Cass. n. 3880/2024). Deve darsi atto, quindi, della sussistenza dei presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso presentato da NOME COGNOME nei confronti di NOME COGNOME. Ai sensi dell’art. 13, co. 1-quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della I Sezione