Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 1886 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 1886 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 27/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso 8323-2023 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME domiciliata presso l’indirizzo di posta elettronica dei propri difensori come in atti, rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante ‘ pro tempore ‘ , domiciliata presso l’indirizzo di posta elettronica de l proprio difensore come in atti, rappresentata e difesa dall’ Avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
Avverso la sentenza n. 1747/2022 d ella Corte d’appello di Bari, depositata in data 02/12/2022;
Oggetto
PROMESSA PAGAMENTO RICOGNIZIONE DEBITO
Inammissibilità del ricorso
R.G.N. 8323/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 02/10/2024
Adunanza camerale
udita la relazione della causa svolta nell ‘adunanza camerale del 02/10/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ricorre, sulla base di un unico motivo, per la cassazione della sentenza n. 1747/22, del 2 dicembre 2022, della Corte d’appello di Bari (pronuncia che ella assume ‘irritualmente notificata il 2 febbraio 2023’), che respingendone il gravame avverso la sentenza n. 780/18, del 20 febbraio 2018, del Tribunale di Bari -l’ha condannata a pagare, alla società RAGIONE_SOCIALE, la somma di € 64.508,00, oltre interessi.
Riferisce, in punto di fatto, l’odiern a ricorrente di essere stata convenuta in giudizio dalla predetta società RAGIONE_SOCIALE, la quale assumeva di essere sua creditrice, in forza di un rapporto intrattenuto per la installazione di slot machine, nel pubblico esercizio gestito dalla COGNOME, in Alberobello. Produceva l’attrice, quale prova del proprio credito, quattro assegni bancari, da essa azionati quali promesse di pagamento, sottoscritti da NOME COGNOME, madre della COGNOME, munita di delega di firma sul conto corrente da cui erano tratti, intestato alla figlia.
Accolta la domanda dal primo giudice, la decisione veniva confermata in appello, ritenendosi, in tale sede, non solo che la COGNOME -come già affermato dal primo giudice -non avesse vinto la presunzione di esistenza del rapporto sottostante alla promessa di pagamento, ma pure che la società appellata avesse ‘provato documentalmente’ di aver intrattenuto rapporti commerciali con la COGNOME, in virtù dei quali ‘ha maturato il credito di cui è causa’.
Avverso la sentenza della Corte barese ha proposto ricorso per cassazione la COGNOME sulla base -come detto -di un unico motivo.
3.1. Esso denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione e falsa applicazione degli artt. 1324, 1388 e 1988 cod. civ.
Si censura la sentenza impugnata perché -dopo avere correttamente ritenuto che un modulo di assegno bancario, sottoscritto, senza indicazione della data, da persona (nella specie, l’COGNOME) munita di delega di firma sul relativo conto corrente, non è so ggetto alla disciplina dell’assegno, ma vale quale promessa di pagamento ex art. 1988 cod. civ. -ha erroneamente individuato il soggetto obbligato nella correntista, ovvero in essa COGNOME.
A tale esito la Corte territoriale è pervenuta sul mero rilievo della inapplicabilità, alla fattispecie, dell’art. 14 del regio decreto 21 dicembre 1933, n. 1736, senza tenere conto, però, della norma di cui all’art. 1388 cod. civ., applicata la quale, nonché constatato il difetto della ‘ contemplatio domini ‘ da parte dell’COGNOME, il giudice d’appello avrebbe dovuto, invece, escludere qualsiasi responsabilità del titolare del conto.
Ha resistito all’avversaria impugnazione, con controricorso, la società RAGIONE_SOCIALE chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ.
La ricorrente ha presentato memoria.
Il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via preliminare, può prescindersi da ogni questione indotta dall’indicazione, ad opera della ricorrente, della notifica della sentenza gravata, addotta come avvenuta in data 2 febbraio 2023, ma in modo irrituale, poiché il ricorso è inammissibile.
8.1. La ricorrente si richiama al principio, affermato da questa Corte, secondo cui, qualora il beneficiario di un assegno, fatto valere come promessa di pagamento, sostenga che l’obbligazione non sia stata assunta in proprio dal soggetto che ha lo emesso, è suo a carico l’onere della prova della spendita del nome altrui, senza che sia invocabile l’inversione dell’onere probatorio prevista dall’art. 1988 cod. civ. per le promesse di pagamento, non dovendosi provare il rapporto sottostante, bensì individuare a quale soggetto sia riferibile la promessa di pagamento (Cass. Sez. 1, ord. 9 febbraio 2018, n. 3255, Rv. 647145-01; nello stesso senso già Cass. Sez. 1, sent. 15 luglio 1995, n. 7738, Rv. 49329801).
Tuttavia, la sentenza impugnata ha ‘doppiato’ (se non addirittura superato) il tema dell’inversione dell’onere della prova, affermando come la società appellata, ‘che pure beneficiava della presunzione’, avesse ‘provato documentalmente in primo grado’ di aver intrattenuto rapporti commerciali con la COGNOME, in virtù dei quali ‘ha maturato il credito di cui è causa’.
Vi è, dunque, una seconda ‘ ratio decidendi ‘ -sull’esistenza della prova del rapporto contrattuale, in forza del quale la società RAGIONE_SOCIALE aveva fatto valere la propria pretesa creditoria in via monitoria -che sarebbe stato onere dell’odierna ricorrente
impugnare; onere rimasto, però, inadempiuto: ciò che rende inammissibile il motivo di ricorso proposto.
Deve, infatti, darsi seguito al principio secondo cui, qualora la sentenza ‘sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento della sentenza’ (tra le molte, Cass. Sez. 6-5, ord. 18 aprile 2017, n. 9752, Rv. 643802-01; nello stesso senso anche Cass. Sez. 1, ord. 31 agosto 2020, n. 18119, Rv. 658607-02).
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
A carico della ricorrente, stante la declaratoria di inammissibilità del ricorso, sussiste l’obbligo di versare , al competente ufficio di merito, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 65719801), ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso, condannando NOME COGNOME a rifondere, alla società RAGIONE_SOCIALE, le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in € 5.900,00, più € 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, all’esito dell’adunanza camerale della