Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 18893 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 18893 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 5377/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, c.f. CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliato in Roma presso l’avvAVV_NOTAIO nel suo studio in INDIRIZZO
ricorrente
contro
COGNOME NOME, c.f. CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata in Roma presso l’AVV_NOTAIO COGNOME nel suo studio in INDIRIZZO
contro
ricorrente avverso la sentenza n. 3289/2020 della Corte d’appello di Milano pubblicata il 14-12-2020,
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26-62024 dal consigliere NOME COGNOME
OGGETTO: mutuo
R.G. 5377/2021
C.C. 26-6-2024
FATTI DI CAUSA
1.NOME COGNOME, nella qualità di erede universale del marito NOME COGNOME, ha convenuto avanti il Tribunale di Varese NOME COGNOME, esponendo che con scrittura privata stipulata in data 1-4-2010 il marito si era impegnato a eseguire a favore del conve nuto ‘un finanziamento di Euro 190.000,00 finalizzato all’acquisto di quote rappresentanti il 40% del capitale sociale della RAGIONE_SOCIALE, che verranno finanziate per il 50% attraverso il presente finanziamento’, con la previsione che la somma doveva essere erogata entro la data di stipula dell’atto notarile fissata per il 3 -5-2010; ha dichiarato che il 14-4-2010 ella stessa aveva consegnato al convenuto un assegno di Euro 190.000,00, da lei sottoscritto, che il convenuto incassava il 15-42010; con atto notarile del 3-5-2010 il convenuto acquistava le quote sociali della RAGIONE_SOCIALE, che era stata ceduta al prezzo complessivo di Euro 380.000,00; nella stessa data il convenuto e il marito sottoscrivevano scrittura privata nella quale dichiaravano che ‘i l dott. NOME COGNOME è socio accomandatario della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘ e che ‘l’acquisto della partecipazione di cui sopra è stato finanziato in misura pari al 50% dal signor NOME COGNOME. Ha chiesto la risoluzione del contratto di mutuo stipulato dal marito con il convenuto e la condanna del convenuto alla restituzione della somma mutuata di Euro 190.000,00 oltre interessi.
Si è costituito il convenuto NOME COGNOME, negando di avere ricevuto la somma e di avere assunto obbligo restitutorio e affermando che la scrittura del I-4-2010 era una mera puntuazione o un preliminare di mutuo, che non aveva avuto seguito.
Con sentenza n. 935/2018 depositata il 18-12-2018 il Tribunale di Varese ha rigettato la domanda.
2. NOME COGNOME ha proposto appello, che la Corte d’appello di Milano con sentenza n. 3289/2020 pubblicata il 14-12-2020 ha accolto;
in riforma della sentenza impugnata, ha dichiarato la risoluzione del contratto di data I-4-2010 per inadempimento di NOME COGNOME e lo ha condannato a restituire a NOME COGNOME Euro 190.000,00, con gli interessi legali dalla data della domanda del 4-7-2017 e la rifusione delle spese di lite di entrambi i gradi.
La sentenza ha dichiarato che il contratto stipulato dalle parti in data 1-42010 prevedeva l’impegno di NOME COGNOME di erogare a NOME COGNOME Euro 190.000,00 entro la data di acquisto delle quote sociali ‘previsto per il 3 maggio 2010’ e alla clausola 4.2 l’obbligo assunto da NOME COGNOME di rimborsare il finanziamento; ha aggiunto che risultava dagli atti che con atto stipulato il 3-5-2010 il dott. COGNOME acquistava effettivamente da NOME COGNOME la quota del 40% del capitale della RAGIONE_SOCIALE NOME, che era stata ceduta al prezzo complessivo di Euro 380.000,00; con scrittura privata in pari data le parti davano atto che ‘il dott. COGNOME è socio accomandatario della RAGIONE_SOCIALE‘ e che ‘l’acquisto della partecipazione di cui sopra è stato finanziato in misura pari al 50% dal signor NOME COGNOME‘; ha aggiunto che il valore del 50% della partecipazione acquistata da NOME COGNOME corrispondeva alla somma di Euro 190.000,00 consegnata da NOME COGNOME con assegno bancario.
Posti questi dati, la sentenza ha dichiarato che era stato dimostrato che NOME COGNOME aveva versato a NOME COGNOME la somma di Euro 190.000,00 in adempimento della promessa di mutuo e che la scrittura 3-5-2010, oltre a costituire chiaro riconoscimento del finanziamento ricevuto, aveva trovato conferma nel fatto che, pochi giorni prima della stipula dell’atto notarile , NOME COGNOME aveva consegnato a NOME COGNOME l’assegno di importo corrispondente al valore della partecipazione acquistata. Ha aggiunto che le modalità con le quali si erano svolti i fatti e in particolare il breve lasso di tempo tra
la consegna dell’assegno e la sottoscrizione della scrittura del 3 -5-2010 dimostravano che NOME COGNOME aveva agito in rappresentanza del marito, non richiedendosi neppure l’espressa dichiarazione di spendita del nome del rappresentato nei contratti a forma libera. Infine ha escluso che la scrittura del I-4-2010 avesse carattere di mera puntuazione, perché la scrittura conteneva tutti gli elementi essenziali della promessa di mutuo.
3.Avverso la sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 26-6-2024 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Il primo motivo è rubricato ‘ ex art. 360 n. 3 c.p.c. per violazione dell’art. 1813 c.c. per aver il giudice non accertato il perfezionamento della fattispecie secondo i costanti canoni interpretativi di codesta Suprema Corte con riguardo alla conclusione del contratto di mutuo’ e con esso il ricorrente lamenta che, a fronte del dato pacifico che il mutuo è contratto reale e si perfeziona con la consegna della somma pattuita, la sentenza impugnata abbia ritenuto possibile accertare il perfezionamento del contratto di mutuo anche in mancanza di quietanza resa a favore del mutuante e in ipotesi nella quale la somma proveniva da soggetto diverso del mutuante. Lamenta che la sentenza abbia esaminato unitariamente e complessivamente una serie di elementi per giungere alla conclusione che NOME COGNOME aveva versato a NOME COGNOME la somma di Euro 190.000,00 in adempimento della promessa di mutuo perché, diversamente, la sentenza avrebbe
dovuto procedere a verificare l’esistenza di tutti gli elementi necessari ai fini del perfezionamento della fattispecie e in particolare l’esistenza della quietanza di pagamento.
2.Il secondo motivo è rubricato ‘ ex art. 360 n.3 c.p.c. per violazione degli artt. 2721, 2726 e 2729 comma 2 c.c. in quanto il giudice dell’appello ha fatto uso della prova indiziaria in superamento dei suoi limiti di ammissibilità senza alcuna motivazione sul punto’; rileva che la sentenza ha proceduto all’accertamento della consegna della somma di denaro facendo ricorso alle presunzioni senza dare motivazione sulle ragioni per il superamento dei limiti di valore posti per la prova testimoniale, che si applicano anche alla prova per presunzioni e senza che queste ragioni risultino dal complesso della motivazione. Dichiara che nella fattispecie il giudice d’appello non poteva liberarsi dell’obbligo di motivazione in modo implicito, sia in considerazione dell’elevato importo della somma in oggetto, sia dell’inverosimiglianza dell a dazione a mutuo di una somma di tale tenore proveniente dal patrimonio di altra persona senza procurarsi quietanza, sia del fatto che la sentenza di primo grado aveva accertato che n on era stata data nessuna prova dell’impedimento del mutuante a consegnare direttamente la somma e la pronuncia era passata in giudicato, perché non era stata contestata in fase di appello.
3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce ‘ ex art. 360 n. 4 c.p.c. nullità della sentenza o del procedimento per violazione degli artt. 329 comma 2 e 342 c.p.c. in quanto il giudice dell’appello ha violato il giudicato interno circa la mancata allegazione dell’atto di conferimento del potere di rap presentanza o di una ratifica successiva dell’operato della sig. COGNOME . Rileva che la sentenza di primo grado aveva accertato la mancata allegazione degli elementi essenziali della rappresentanza e lamenta che la sentenza di appello abbia accertato
profili che erano stati negati, senza che fosse stato svolto motivo di impugnazione sul punto.
4.Con il quarto motivo il ricorrente deduce ‘ ex art. 360 n. 3 c.p.c. per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1387 e 1388 c.c. in quanto il giudice dell’appello ha mal governato i principi giurisprudenziali riguardanti la possibilità di ritenere sussistente il potere rappresentativo muovendo dall’esame del comportamento tenuto dal rappresentante’. Evidenzia che nella fattispecie non occorre solo stabilire se la consegna dell’assegno da parte dell’attrice costituisse un’attività da imputare a lei o al marito, ma bisognava stabilire se la stessa operasse in rappresentanza del marito e se tale attività fosse attuazione della precedente promessa di mutuo, essendo in astratto possibile configurare plurimi rapporti tra le parti.
5.Con il quinto motivo il ricorrente deduce ‘ ex art. 360 n. 4 c.p.c. nullità della sentenza o del procedimento per violazione dell’art. 132 n. 4 per motivazione meramente apparente’ e impugna la parte della sentenza che ha ritenuto che NOME COGNOME operasse quale rappresentante del marito anche sotto il profilo dell’apparenza della motivazione.
6.Con il sesto motivo il ricorrente deduce ‘ ex art. 360 n. 4 c.p.c. nullità della sentenza o del procedimento per violazione degli artt. 112 c.p.c. e 342 c.p.c. per aver il giudice omesso di pronunciarsi sull’eccezione di inammissibilità del motivo di appello proposto da controparte’ ed evidenzia che il motivo di appello proposto dalla controparte si era risolto nella mera riproposizione degli argomenti già svolti in primo grado, senza essere finalizzati a privare di fondamento le singole soluzioni rese dal primo giudice; lamenta che la sentenza non si sia pronunciata sull’eccezione che l’appellato aveva formulato sul punto.
7.Deve essere esaminato logicamente per primo il sesto motivo di ricorso, che deve essere rigettato in quanto esattamente la sentenza impugnata non ha accolto l’eccezione di inammissibilità dell’appello proposta dall’appellato.
In primo luogo, non è configurabile sul punto il vizio di omessa pronuncia evocato dal ricorrente, in quanto tale vizio è configurabile solo nel caso di mancato esame di questioni di merito, e non anche di eccezioni processuali (Cass. Sez. 3 11-10-2018 n. 25154 Rv. 65115801, Cass. Sez. 2 25-1-2018 n. 1876 Rv. 647132-01, Cass. Sez. 1 269-2013 n. 22083 Rv. 628214-01, per tutte).
Inoltre, nella fattispecie esattamente la Corte d’appello ha esaminato l’appello nel merito in quanto, secondo l’indirizzo di questa Corte a Sezioni Unite, gli artt. 342 e 434 cod. proc. civ. nella formulazione attuale vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (Cass. Sez. U 1312-2022 n. 36481 Rv. 666375-01, Cass. Sez. 6-3 30-5-2018 n. 13535 Rv. 648722-01, Cass. Sez. U 16-11-2017 n. 27199 Rv. 645991-01). Il motivo di appello, come trascritto nel ricorso, conteneva censure ammissibili alla sentenza impugnata, in quanto censurava la sentenza per avere escluso la prova della dazione della somma a mutuo senza considerare la prova data dalla scrittura del 3-5-2007 e in questo modo
svolgeva una parte argomentativa specificamente finalizzata a confutare le ragioni svolte dal primo giudice.
8.Dalle ragioni esposte consegue che deve essere rigettato anche il terzo motivo di ricorso, in quanto non è configurabile alcun giudicato interno che sia stato violato dal giudice di appello.
E’ acquisito il principio secondo il quale la nozione di ‘parte della sentenza’ alla quale fa riferimento l’art. 329 co.2 cod. proc. civ., dettato in tema di acquiescenza implicita a cui si ricollega il giudicato interno, identifica non un fatto ma una statuizione minima della sentenza, costituita dalla sequenza rappresentata da fatto, norma ed effetto, suscettibile di acquisire autonoma efficacia decisoria nell’ambito della controversia ; ne consegue che l’appello motivato con riguardo a uno soltanto degli elementi di quella statuizione riapre la cognizione sull’intera questione che essa identifica, così espandendo nuovamente il potere di riconsiderarla anche relativamente agli aspetti che, sebbene a essa coessenziali, non siano stati singolarmente coinvolti dal motivo di gravame (Cass. Sez. 3 19-10-2022 n. 30728 Rv. 666050-01, Cass. Sez. 2 17-4-2019 n. 10760 Rv. 653408-01, Cass. Sez. L 4-2-2016 n. 2217 Rv. 638957-01, Cass. Sez. 2 28-9-2012 n. 16583 Rv. 624791-01, per tutte). Nella fattispecie, come già esposto, l’appello aveva censurato la sentenza di primo grado per avere escluso la prova della dazione della somma a mutuo e quindi non poteva essere passata in giudicato per acquiescenza implicita la statuizione con la quale il giudice di primo grado aveva escluso la rilevanza del fatto della consegna dell’assegno da parte della moglie del mutuante al mutuatario per la mancanza della prova del potere di rappresentanza.
9. E’ infondato anche il qu into motivo di ricorso, in quanto non sussiste nullità della sentenza per apparenza della motivazione in ordine al potere di rappresentanza del marito mutuante in capo alla moglie che aveva consegnato l’assegno al mutuatario.
La sentenza impugnata ha dichiarato che la circostanza che NOME COGNOME avesse consegnato l’assegno pochi giorni prima della stipulazione della scrittura del 3-5-2007, con la quale si dava atto del finanziamento ricevuto e la coincidenza tra l’importo dell’assegno e l’ammontare del finanziamento dimostravano che la moglie aveva agito in rappresentanza del marito; di seguito ha richiamato il principio posto da Cass. 22616/2019, secondo il quale l’esternazione del potere rappresentativo non richiede l ‘ espressa spendita del nome, ma può essere manifestata attraverso comportamento concludente. In questo modo la motivazione sulla questione del potere di rappresentanza non è né mancante, né meramente apparente, né affetta da manifesta e irriducibile contraddittorietà, né perplessa o incomprensibile, mentre rimane estranea al sindacato di legittimità la mera insufficienza della motivazione (Cass. Sez. U 7-4-2014 n. 8053 Rv. 629830-01, Cass. Sez. 3 12-10-2017 n. 23940 Rv. 645828-01, Cass. Sez. 1 3-3-2022 n. 7090 Rv. 664120-01, per tutte). In effetti gli argomenti del ricorrente, anziché fare emergere l’apparenza della motivazione, sono volti a contestare che sussistesse un comportamento del rappresentante idoneo a dare la prova del rapporto di rappresentanza. Si tratta di argomenti inammissibili, in quanto indirizzati a rimettere in discussione l’apprezzamento riservato al giudice di merito delle risultanze istruttorie; tale apprezzamento è incensurabile in questa sede di legittimità, in quanto immune da vizi logici e giuridici, laddove la Corte d’appello ha individuato il comportamento concludente della moglie idoneo a esternare il suo potere di rappresentanza del marito nel fatto che ella aveva consegnato assegno di importo corrispondente a quello oggetto della promessa di mutuo intercorsa pochi giorni prima tra il marito e NOME COGNOME.
10.Con riferimento ai restanti motivi di ricorso, si devono escludere tutte le violazioni di legge in essi prospettati.
E’ infondato il primo motivo, perché la circostanza che il contratto di mutuo sia contratto reale, e perciò contratto che si perfeziona con la consegna della cosa data a mutuo secondo la previsione dell’art. 1813 cod. civ., non esclude che le parti possano concludere contratto avente a oggetto la promessa di versare somma a titolo di mutuo (cfr. sulla promessa di mutuo, cfr. Cass. Sez. 3 18-6-1981 n. 3980 Rv. 41463501, Cass. Sez. 5 20-7-2007 n. 16126 Rv. 601251-01). Nella fattispecie la sentenza impugnata ha interpretato quale promessa di mutuo la scrittura privata, per cui ha esercitato sulla questione il proprio apprezzamento di fatto sul contenuto e la portata della volontà negoziale delle parti; la questione avrebbe potuto essere oggetto di ulteriore disamina in sede di legittimità solo a fronte della proposizione di motivo di ricorso volto a censurare l’erronea applicazione dei canoni di ermeneutica contrattuale, che il ricorrente non propone (Cass. Sez. 1 9-4-2021 n. 9461 Rv. 661265-01, Cass. Sez. 1 15-11-2017 n. 27136 Rv. 646063-01).
La circostanza, dedotta nel motivo, secondo la quale la Corte d’appello erroneamente ha ritenuto possibile accertare il perfezionamento del contratto di mutuo in mancanza di quietanza resa a favore di NOME COGNOME e in ipotesi in cui la somma mutuata era consegnata da persona diversa non deduce una violazione o falsa applicazione dell’art. 1813 cod. civ., perché pone una questione di accertamento in fatto e perciò di valutazione della prova, che rimane estranea al contenuto del motivo proposto.
11. E’ infondato anche il secondo motivo, perché non sussiste nella sentenza impugnata violazione dei limiti di ammissione della prova per presunzioni posta dall’art. 2729 co.2 cod. civ.
La sentenza impugnata ha specificamente dichiarato che nella scrittura privata, conclusa in data 3-5-2010 tra NOME COGNOME e NOME COGNOME, NOME COGNOME aveva espressamente riconosciuto che il 50% del
prezzo delle quote societarie da lui acquistate pari a Euro 190.000,00 era stato finanziato da NOME COGNOME; la sentenza ha altresì dichiarato che tale dichiarazione costituiva ‘chiaro riconoscimento del finanziamento ricevuto”. Quindi, nel ragionamento svolto dalla Corte d’appello , la scrittura 3-5-2010 costituiva anche la prova scritta che, ai sensi degli artt. 2724 n.1 e 2729 co.2 cod. civ., rendeva ammissibile la prova presuntiva; perciò non vi era necessità di svolgere ulteriore motivazione per giustificare il ricorso alla prova presuntiva con riguardo al l’esistenza del potere di rappresentanza del mutuante in capo alla moglie che aveva consegnato la somma data a mutuo. Infatti, in realtà e diversamente da quanto sostiene il ricorrente, il ricorso alle presunzioni è avvenuto nella sentenza impugnata esclusivamente al fine di accertare il dato del potere di rappresentanza, perché la consegna della somma data a mutuo è stata ritenuta provata dalla scrittura 3-5-2007, in quanto contenente riconoscimento del finanziamento ricevuto da parte del mutuatario COGNOME.
12.Il quarto motivo è inammissibile in quanto, sotto la prospettazione della violazione di legge, il ricorrente in sostanza sostiene la mancanza di prova del fatto che NOME COGNOME abbia agito in rappresentanza del marito mutuante allorché ha consegnato l’assegno. Infatti, gli argomenti svolti dal ricorrente non sono finalizzati a porre in discussione la correttezza del principio secondo il quale nei contratti a forma libera -quale il contratto di mutuo nella fattispeciel’esternazione del potere rappresentativo non richiede l’espressa dichiarazione di spendita di nome del rappresentato o formule sacramentali, ma può essere manifestata anche attraverso un comportamento del rappresentante che, per univocità e concludenza, sia idoneo a portare a conoscenza dell’altro contraente la circostanza che egli agisce per un soggetto diverso, nella cui sfera giuridica gli effetti del contratto sono destinati a prodursi direttamente; il relativo
accertamento è compito devoluto al giudice del merito ed è incensurabile in sede di legittimità, ove sorretto da motivazione congrua e immune da vizi logici o da errori di diritto (Cass. Sez. 2 109-2019 n. 22616 Rv. 655238-01, Cass. Sez. 1 31-3-2011 n. 7510 Rv. 617392-01, Cass. Sez. L 16-11-2010 n. 23131 Rv. 615558-01).
E’ evidente che, laddove il ricorrente sostiene che gli elementi individuati dalla Corte d’appello per ritenere che la moglie agisse in rappresentanza del marito non erano attinenti al comportamento del rappresentante e non davano la prova del potere di rappresentanza censurano la valutazione delle risultanze istruttorie e non sono utili a fare emergere alcuna violazione di legge. Infatti, come già sopra esposto, la Corte d’appello ha individuato nella condotta di NOME COGNOME gli elementi idonei a manifestare il suo potere rappresentativo, per il fatto che ella aveva consegnato l’assegno di importo coincidente all’ammontare del finanziamento concordato pochi giorni prima tra suo marito e NOME COGNOME; inoltre, la consegna era avvenuta pochi giorni prima della stipula dell’atto notarile di cessione delle quote della RAGIONE_SOCIALE, in vista del quale era stata stipulata la promessa di mutuo.
13.In conclusione il ricorso deve essere integralmente rigettato e, in applicazione del principio della soccombenza, il ricorrente deve essere condannato alla rifusione a favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co . 1quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente alla rifusione a favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 8.000,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa ex lege.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione