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Promessa del fatto del terzo: no a danni se c’è indennizzo

Un gruppo di lavoratori, licenziati dopo il fallimento del loro datore di lavoro, ha citato in giudizio una società aeroportuale e un ente regionale. La società aveva promesso, tramite un accordo, di favorire la loro ricollocazione professionale (promessa del fatto del terzo). Una precedente sentenza aveva già concesso ai lavoratori un indennizzo ai sensi dell’art. 1381 c.c., stabilendo che la società aveva agito diligentemente ma la ricollocazione era fallita per cause esterne. In questa nuova causa, i lavoratori chiedevano un risarcimento del danno per inadempimento. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, chiarendo che l’indennizzo e il risarcimento del danno sono rimedi alternativi e non cumulabili. Essendo già stata accertata l’assenza di colpa della società (giudicato), non era possibile avanzare una nuova pretesa basata sulla colpa. Anche le richieste verso l’ente regionale sono state respinte per carenza di prova.

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Promessa del Fatto del Terzo: La Differenza Cruciale tra Indennizzo e Risarcimento

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sulla distinzione tra indennizzo e risarcimento del danno, in particolare nel contesto della promessa del fatto del terzo (art. 1381 c.c.). La vicenda, che vede protagonisti un gruppo di lavoratori e una grande società aeroportuale, chiarisce come la scelta del rimedio legale possa precludere azioni future e sottolinea il valore vincolante di una precedente decisione passata in giudicato.

I fatti di causa: un accordo per la ricollocazione dei lavoratori

La controversia nasce da un accordo (lodo ministeriale) con cui una società di gestione aeroportuale e altre istituzioni si erano impegnate a trovare una soluzione occupazionale per un gruppo di lavoratori. Questi ultimi, precedentemente dipendenti della stessa società, erano stati trasferiti a un’azienda di catering, successivamente fallita, con conseguente licenziamento collettivo.

In un primo giudizio, i lavoratori avevano ottenuto un indennizzo di 60.000 euro ciascuno, poiché la Corte aveva riconosciuto che la società aeroportuale, pur avendo adempiuto al suo obbligo di attivarsi per la loro ricollocazione (un’obbligazione di mezzi), non era riuscita a garantire il risultato finale a causa del comportamento di terzi. La Corte aveva quindi applicato l’istituto della promessa del fatto del terzo, che prevede un indennizzo, e non un risarcimento, quando il promittente non è in colpa.

Il nuovo giudizio e la decisione della Corte d’Appello

Nonostante l’ottenimento dell’indennizzo, i lavoratori hanno avviato una nuova causa, questa volta per ottenere il risarcimento del danno da inadempimento contrattuale, sostenendo che la società aeroportuale avesse agito con negligenza. La Corte d’Appello ha respinto la domanda, evidenziando che la precedente sentenza, passata in giudicato, aveva già escluso la colpa della società, rendendo inammissibile una nuova azione basata proprio su tale presupposto.

L’analisi della Cassazione sulla promessa del fatto del terzo

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione d’appello, rigettando il ricorso dei lavoratori. I giudici hanno definito il motivo di ricorso inammissibile perché “promiscuo e confuso”, in quanto mescolava censure di fatto e di diritto, tentando di ottenere una terza revisione del merito della causa.

Il punto centrale della decisione è l’effetto del giudicato. La precedente sentenza aveva stabilito in modo definitivo che la società non era in colpa. Di conseguenza, i lavoratori, avendo già ricevuto l’indennizzo previsto dall’art. 1381 c.c., non potevano più agire per il risarcimento del danno (art. 1218 c.c.). Questi due rimedi, infatti, si basano su presupposti diversi e sono alternativi, non cumulabili.

La posizione dell’ente regionale

Il ricorso è stato respinto anche nei confronti dell’ente regionale, chiamato in causa per la presunta ingiusta interruzione del trattamento di mobilità. La Corte ha ritenuto che i lavoratori non avessero adeguatamente provato né allegato i fatti costitutivi della responsabilità dell’ente, formulando censure generiche e non sufficientemente specifiche per fondare una pretesa risarcitoria.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione fonda la sua decisione su principi giuridici consolidati. In primo luogo, ribadisce la netta distinzione tra l’indennizzo ex art. 1381 c.c. e il risarcimento del danno. Il primo spetta quando il promittente, pur avendo agito diligentemente, non riesce a ottenere che il terzo compia l’azione promessa; il secondo richiede la prova di un inadempimento colpevole. L’accertamento dell’assenza di colpa, cristallizzato in una sentenza passata in giudicato, preclude la possibilità di intentare una nuova azione basata sul presupposto opposto (la colpa).

In secondo luogo, la Corte sanziona la tecnica redazionale del ricorso, giudicato inammissibile per la sua genericità e per la commistione di vizi procedurali e di merito. Questo conferma il rigore con cui il giudice di legittimità valuta il rispetto dei principi di specificità e autosufficienza del ricorso per cassazione.

Le conclusioni

L’ordinanza ha importanti implicazioni pratiche. Chi si ritiene danneggiato dalla mancata attuazione di una promessa del fatto del terzo deve attentamente valutare la strategia processuale. Se si opta per l’azione di indennizzo, accettando implicitamente l’assenza di colpa del promittente, e si ottiene una sentenza favorevole, non sarà più possibile, in un secondo momento, tentare la via del risarcimento del danno. La decisione sottolinea l’importanza del principio del ne bis in idem processuale, secondo cui una stessa questione, una volta decisa in modo definitivo, non può essere nuovamente portata davanti a un giudice.

È possibile chiedere il risarcimento del danno dopo aver già ottenuto un indennizzo per la promessa del fatto del terzo (art. 1381 c.c.)?
No. Secondo la Corte, i due rimedi sono alternativi e non concorrenti. L’azione per l’indennizzo presuppone che il promittente non sia in colpa per il mancato adempimento del terzo, mentre l’azione per il risarcimento del danno richiede la prova della colpa. Aver ottenuto l’indennizzo preclude una successiva richiesta di risarcimento basata sugli stessi fatti.

Cosa deve dimostrare chi agisce per ottenere un indennizzo ai sensi dell’art. 1381 c.c. (promessa del fatto del terzo)?
La parte che agisce deve dimostrare l’esistenza della promessa e il fatto che il terzo non abbia compiuto l’azione promessa. Non è necessario provare la colpa del promittente; anzi, l’indennizzo è dovuto proprio perché il promittente, pur avendo agito diligentemente, non ha potuto garantire il risultato.

Perché il ricorso dei lavoratori è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile principalmente per due ragioni. In primo luogo, perché si basava su una causa petendi (la colpa della società) incompatibile con quella del precedente giudizio (assenza di colpa), già coperta da giudicato. In secondo luogo, per motivi procedurali, in quanto il motivo di ricorso era promiscuo, confuso e contraddittorio, mescolando vizi di natura diversa e tentando di ottenere un riesame del merito dei fatti, non consentito in sede di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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