Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 13199 Anno 2024
Oggetto
R.G.N. 27138/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 13/03/2024
CC
Civile Ord. Sez. L Num. 13199 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 27138-2019 proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME; COGNOME NOME, COGNOME NOME, in qualità di eredi di COGNOME NOME, tutti elettivamente domiciliati in RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che li rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO, presso gli Uffici dell’Avvocatura Regionale, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 7/2019 della CORTE D’APPELLO di RAGIONE_SOCIALE, depositata il 08/03/2019 R.G.N. 682/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/03/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME. Fatti di causa
1.- La Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, con la sentenza in atti, ha rigettato il gravame proposto dai lavoratori indicati in epigrafe avverso la sentenza del tribunale di RAGIONE_SOCIALE che aveva respinto la domanda volta ad ottenere il risarcimento del danno cagionato dal colpevole inadempimento della obbligazione gravante su RAGIONE_SOCIALE (di seguito anche RAGIONE_SOCIALE), oltre che su Regione RAGIONE_SOCIALE, in forza del Lodo sottoscritto tra la stessa società e le istituzioni interessate (RAGIONE_SOCIALE infrastrutture dei trasporti, RAGIONE_SOCIALE, Comune di RAGIONE_SOCIALE, Comune di Fiumicino, Regione RAGIONE_SOCIALE, provincia di RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE , RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE) e col quale era stato assunto l’obbligo di trovare una soluzione occupazionale in favore dei medesimi lavoratori già alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE e poi transitati ex articolo 2112 c.c. alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE – cessionaria del ramo di azienda dichiarata fallita l’1/2/2002 dal tribunale di Civitavecchia- e di seguito l icenziati in data 20.12.2002 nell’ambito di una procedura di licenziamento collettivo.
2.- La Corte d’appello nel confermare le statuizioni della sentenza di primo grado, ha richiamato la sentenza n.17168/2012 resa da questa Corte di cassazione a definizione del precedente contenzioso tra le parti sul contenuto del lodo già richiamato ed ha osservato che l’avvenuto riconoscimento del diritto degli odierni appellanti all’indennizzo ex art. 1381 c.c. attesta, quindi, che i rapporti contrattuali tra gli stessi e RAGIONE_SOCIALE si sono conformati – in modo oramai irretrattabile – nel senso che la
società aveva esattamente adempiuto la sua obbligazione di facere e che l’obbligazione di dare era divenuta attuale soltanto perché il mancato conseguimento del risultato sperato da parte del promissario era da annettere al fatto del terzo. Resta pertanto escluso in virtù del giudicato, la configurabilità di un inadempimento della società appellata foriero di obbligazioni risarcitorie.
3.- Con riguardo alla posizione di COGNOME NOME, che non aveva preso parte al precedente giudizio, la Corte di appello ha osservato che la natura e l’estensione della prestazione dovuta da ADR poteva essere individuata alla stregua dei principi già fissati dal giudice di legittimità con la ridetta pronuncia; e che pertanto si poteva confermare che RAGIONE_SOCIALE avesse adempiuto l’obbligo di facere a suo carico secondo quanto aveva affermato dalla Corte di cassazione n.17168/2012; né esistevano prove per affermare diversamente rispetto alle medesime circostanze di fatto già valutate; oltretutto che lo stesso COGNOME aveva ammesso di aver perfezionato il corso di riqualificazione professionale e di aver ricevuto l’offerta di RAGIONE_SOCIALE sebbene prospettandola come non congrua con i parametri del lodo, con le chiare implicazioni ai fini del decidere.
4.- Andava quindi confermata, secondo la Corte di appello, la statuizione impugnata, secondo cui RAGIONE_SOCIALE promittente aveva adempiuto anche con riguardo al COGNOME agli obblighi derivanti a suo carico dal Lodo ministeriale del 2/8/2002 con conseguente esclusione di qualsiasi obbligazione risarcitoria a suo carico. Nè vi era spazio per riconoscere in favore del predetto appellante l’indennizzo ex art. 1381 c.c. per mancanza di domanda attorea, oltre che per diversità e anzi incompatibilità tra le causae petendi della domanda con tale oggetto e di quella risarcitoria che precludeva addirittura in rito qualsiasi cognizione della Corte sulla ridetta questione.
5.- Inoltre riguardo alla posizione della Regione RAGIONE_SOCIALE la Corte di appello ha rilevato che il tribunale aveva sotteso al diniego di responsabilità dell’ente due ordini di ragioni distinte: l’avvenuto adempimento da parte di Regione RAGIONE_SOCIALE alle obbligazioni assunte con il lodo ed integrate dalla attivazione dei corsi di formazione professionale, nonché la mancata specifica allegazione dell’ingiustizia dell’interruzione del trattamento di mobilità da parte dell’amministrazione, tenuto conto che detto trattamento ha presupposti distinti da quelli oggetto del lodo.
Contro la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i lavoratori indicati in epigrafe con due motivi ai quali hanno resistito RAGIONE_SOCIALE e Regione RAGIONE_SOCIALE con controricorso. Le parti hanno depositato memorie. Il collegio ha riservato la mo tivazione, ai sensi dell’art. 380bis1, secondo comma, ult. parte c.p.c
Ragioni della decisione
1.Con il primo motivo di ricorso si sostiene l’illogicità della motivazione, violazione e falsa applicazione degli artt. 1381, 1218 c.c. violazione dell’art. 112 c.p.c., perché la sentenza impugnata si sarebbe limitata a confermare le statuizioni del primo grado senza peraltro prendere posizioni sui gravi vizi della sentenza del tribunale denunciati dai ricorrenti con palese violazione del principio di cui all’articolo 112 c.p.c. travisando nel merito i contenuti e la natura del precedente reso da codesta Corte di cassazione.
1.1. Si tratta di un motivo che presenta vari profili di inammissibilità e profili di infondatezza.
1.2. Anzitutto con lo stesso motivo i ricorrenti sollevano una varietà di doglianze: l’omessa valutazione sulle gravi censure sollevate in appello (che non sono neppure precisamente trascritte nel motivo); la violazione del giudicato, avendo la Corte erroneamente affermato che la società avesse
adempiuto al facere (ma non è neppure trascritto l’asserito giudicato); lamentano che non corrisponde al vero che nel precedente giudizio fosse stata accertata l’assenza di colpa da parte di COGNOME; mentre al contrario sussisteva la condotta colposa e negligente di COGNOME per le per ragioni di merito indicate (ADR si sarebbe limitata semplicemente a inviare RAGIONE_SOCIALE lettere prestampate, non specifiche, con grave ritardo, senza provare di aver compiuto quanto possibile per garantire l’occupazione dei lavoratori, senza aver posto in essere alcuna organizzazione strutturata al fine di adempiere all’obbligazione qualificata scaturente dal Lodo, senza creare una task force, senza coordinarsi con la Regione RAGIONE_SOCIALE, senza valutare che, come risultava dal giudicato, le proposte di RAGIONE_SOCIALE pervenute ai lavoratori erano del tutto difformi a quanto previsto nel lodo anche con riguardo alla formazione acquisita; la circostanza che molti lavoratori siano stati assunti non attesta nè aiuta alla dimostrazione dell’adempimento da parte di RAGIONE_SOCIALE e/o della Regione RAGIONE_SOCIALE); sostengono che il tribunale abbia invertito l’onere della prova sulla colpa; deducono inoltre, quanto alla posizione del COGNOMECOGNOME COGNOME non aveva partecipato al precedente giudizio, l’errore della sentenza per aver affe rmato con superficialità che costui non avrebbe indicato con la dovuta specificità la ragione per cui le lettere prodotte da RAGIONE_SOCIALE non dimostrerebbero l’avvenuto adempimento da parte di quest’ultima, ritenendo generiche le doglianze della ricor rente; inoltre denunciano l’errore processuale di ritenere che la domanda di indennizzo ex art 1381 c.c. fosse inammissibile perché richiesta solo in primo grado.
1.3. Si tratta pertanto di un motivo inammissibile perché promiscuo e confuso; oltre che contraddittorio (denuncia omissioni di giudizio e censura la motivazione nello stesso contesto), con denunce di vizi eterogenei (di fatto e di diritto, sostanziali e processuali, collettivi ed individuali), in
violazione del principio di specificità e di autosufficienza del ricorso e di sindacato nel merito dei fatti in cassazione, oltretutto in ipotesi di doppia conforme.
1.4. D’altra parte, in relazione alla censura relativa al giudicato, è pure evidente che – come risulta testualmente dalla sentenza della Cassazione n.17168/2012 – il giudicato si fosse formato sulla mancanza di colpa del promittente ADR secondo le richieste avanzate nel precedente giudizio, in cui era stato accertato pure l’indennizzo dovuto ex art 1381 c.c., liquidato equitativamente a ciascuno dei lavoratori, in misura pari ad € 60.000, sul presupposto che ADR avesse adempiuto alla promessa e fosse t enuta invece per l’inadempimento del terzo, nei limiti dell’indennizzo appunto corrisposto ai ricorrenti.
La sentenza della Cassazione n.17168/2012 ha infatti affermato che la Corte di appello aveva accertato che ‘ la ADR è tenuta a corrispondere il previsto indennizzo, in quanto pur essendosi adoperata nell’attivarsi presso i terzi per soddisfare gli interessi dei lavoratori (promissari) tuttavia il fatto promesso non si è compiuto a causa del comportamento dei terzi e tanto basta per l’obbligo della corresponsione dell’indennizzo da parte della promittente (vedi: Cass. 19 dicembre 2003, n. 19472)’. Questa è l a statuizione passata in giudicato tra le stesse parti.
Risulta, pertanto, del tutto inammissibile che i medesimi ricorrenti (salvo COGNOME che però come affermato dai giudici di merito non ha ritualmente introdotto la relativa domanda), dopo aver ricevuto l’indennizzo di € 60.000 per mancanza di colpa del promittente COGNOME, abbiano invocato -in questa nuova causa – il risarcimento del danno, che presuppone la colpa di COGNOME, promuovendo un giudizio che, come già riconosciuto dalla Corte di cassazione cit., si fonda su una causa petendi che è alternativa e non concorrente con quella ex art. 1381 c.c.
2.- Con il secondo motivo di ricorso si sostiene violazione degli artt. 1218, 1294, 2043, 2049 c.c., violazione degli articoli 112 e 433 c.p.c. perché in relazione alla posizione della Regione RAGIONE_SOCIALE la Corte d’appello avrebbe errato palesemente, per illogicità della motivazione, oltre che per la mancata pronuncia sulle parti dell’atto d’appello che invece avevano censurato la pronuncia di primo grado.
Riguardo alla posizione della Regione RAGIONE_SOCIALE, la gravata sentenza ha rilevato che il tribunale aveva sotteso al diniego di responsabilità dell’ente due ordini di ragioni distinte: l’avvenuto adempimento da parte di Regione RAGIONE_SOCIALE alle obbligazioni assunte con il lodo ed integrate dalla attivazione dei corsi di formazione professionale, nonché la mancata specifica allegazione dell’ingiustizia dell’interruzione del trattamento di mobilità da parte dell’amministrazione, tenuto conto che detto trattamento ha presupposti distinti da quelli oggetto del lodo.
Nondimeno, gli appellanti avevano sottoposto a rilievo ex art. 433 c.p.c. soltanto la prima affermazione del tribunale, insistendo nel dire che l’interruzione del trattamento da parte della regione RAGIONE_SOCIALE sarebbe stata illegittima e che di tanto vi sarebbe stata prova nel giudizio, ma non hanno censurato con la dovuta puntualità la seconda affermazione, indicando alla Corte gli argomenti, travisati o tralasciati dal primo giudice, che darebbero conto di quale sia la fonte del reclamato diritto al trattamento di mobilità ed i relativi fatti costitutivi ivi previsti, nè hanno argomentato sull’evenienza che la detta fonte sarebbe rappresentata proprio dal lodo del 2/8/2002.
Secondo i ricorrenti, invece, non era vero che essi non avessero allegato l’ingiustificatezza dell’interruzione del trattamento di mobilità, dato che essi avevano offerto di
provare sia in primo che in secondo grado le circostanze di fatto relative a tale inadempimento.
2.2. E’ opportuno premettere, ai fini della decisione, che la pretesa risarcitoria nei confronti della Regione RAGIONE_SOCIALE aveva una differente causa petendi rispetto a quella intentata nei confronti di RAGIONE_SOCIALE ed era limitata alle richieste di cui alla lettera b) RAGIONE_SOCIALE conclusioni del ricorso , formulate dai signori COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME. Di questi, mentre nei confronti di COGNOME e COGNOME la Regione RAGIONE_SOCIALE era chiamata rispondere unicamente dei danni arrecati loro per la mancata percezione del trattamento di mobilità; nei confronti di COGNOME, invece, la Regione doveva rispondere in solido con ADR di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dal medesimo come quantificati al punto a) RAGIONE_SOCIALE conclusioni del ricorso.
2.3. Ciò posto, va rilevato che anche il presente motivo di ricorso risulta tuttavia promiscuo e di merito; e perciò inammissibile per le medesime ragioni del primo, dal momento che denuncia vizi eterogenei promiscuamente accorpati (di fatto e di diritto, sostanziali e processuali, collettivi ed individuali), in violazione del principio di specificità e di autosufficienza; e sottopone la pronuncia di appello ad una generalizzata critica, come se quello di cassazione fosse un terzo grado di giudizio di merito.
2.4 . Risulta in ogni caso evidente l’infondatezza RAGIONE_SOCIALE censure di omessa pronuncia o di difetto di motivazione sollevate con lo stesso motivo di ricorso.
2.5. Ed invero la Corte di appello ha rilevato che non poteva neppure individuarsi un profilo di responsabilità in capo alla Regione per una mera interruzione del trattamento di mobilità nei confronti dei signori COGNOME e COGNOME, dal momento che tale circostanza è rimasta del tutto indimostrata, perché non specificamente allegata e comunque sarebbe stata non attinente in quanto questo
trattamento si fonda su presupposti e richiede requisiti distinti da quelli oggetto del Lodo.
2.6. Inoltre, la Corte d’appello ha affermato che la pretesa risarcitoria del ricorrente COGNOME è rimasta priva dell’indispensabile presupposto logico giuridico alla stregua degli artt. 2043 seguenti c.c. giacché al fine di affermare la responsabilità aquiliana della Regione RAGIONE_SOCIALE non era stata individuata la fonte della sua condotta colposa, né il nesso di causalità tra tale condotta e la lesione patrimoniale lamentata; né tantomeno poteva configurarsi la responsabilità della Regione ex art. 2049 sempre con riguardo alla posizione del COGNOME in quanto la norma è diretta a regolare i profili di responsabilità dei padroni e committenti per i fatti illeciti compiuti dai loro sottoposti, mentre la natura degli obblighi assunti da RAGIONE_SOCIALE e Regione RAGIONE_SOCIALE con il lodo del 2 agosto del 2002 importa soltanto una mera intersecazione fattuale RAGIONE_SOCIALE posizioni obbligatorie di Regione RAGIONE_SOCIALE e di aeroporti di RAGIONE_SOCIALE non certo un nesso di preposizione tra i due enti rilevanti ai sensi di legge.
2.7. Si tratta di conclusioni ampiamente giustificate e motivate, rispondenti alle regole processuali e sostanziali e che pertanto si sottraggono alle generiche censure sollevate con lo stesso motivo di ricorso.
3.- In conclusione, sulla scorta RAGIONE_SOCIALE premesse, il ricorso va rigettato e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c. Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio che liquida in favore di RAGIONE_SOCIALE in euro 8.500,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfettarie, oltre accessori dovuti per legge; ed inoltre in
favore della Regione RAGIONE_SOCIALE in euro 4.500,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfettarie, oltre accessori dovuti per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio 13.3.2024