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Promessa del fatto del terzo: errore di interpretazione

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza d’appello per errata interpretazione di un contratto di transazione. I giudici hanno stabilito che non si può configurare una promessa del fatto del terzo, ai sensi dell’art. 1381 c.c., quando il presunto ‘terzo’ è in realtà una delle parti firmatarie dell’accordo. La Corte ha ribadito il principio fondamentale secondo cui un contratto deve essere interpretato nella sua interezza, analizzando tutte le clausole nel loro contesto, e non estrapolandone singole parti. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello per una nuova valutazione basata su una corretta ermeneutica contrattuale.

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Promessa del Fatto del Terzo: Quando il Terzo è Parte del Contratto

L’interpretazione di un contratto è un’arte delicata che richiede una visione d’insieme. Isolare una singola clausola può portare a conclusioni errate, come dimostra una recente ordinanza della Corte di Cassazione. Il caso in esame riguarda l’errata applicazione della promessa del fatto del terzo a una società che, in realtà, era firmataria dell’accordo. Questa decisione ribadisce un principio cardine: un contratto è un organismo unitario e come tale va letto.

I Fatti di Causa

La vicenda nasce da un contratto di transazione stipulato per risolvere una controversia legata a lavori immobiliari. Da un lato vi erano i creditori originari, dall’altro una società a responsabilità limitata e uno dei suoi soci. Successivamente, il credito derivante da questo accordo veniva ceduto a un nuovo soggetto, il quale, di fronte all’inadempimento, otteneva un decreto ingiuntivo.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello, però, davano ragione alla società debitrice. I giudici di merito interpretavano una clausola specifica dell’accordo come una promessa del fatto del terzo (art. 1381 c.c.). Secondo questa ricostruzione, i soci si sarebbero impegnati a far sì che la loro società (considerata ‘terzo’) pagasse una certa somma, ma non che la società stessa fosse direttamente obbligata.

L’Errata Applicazione della Promessa del Fatto del Terzo

Il ricorrente si è rivolto alla Corte di Cassazione lamentando, tra i vari motivi, la violazione delle norme sull’interpretazione del contratto (artt. 1362 e 1363 c.c.) e l’errata applicazione dell’istituto della promessa del fatto del terzo. Il punto cruciale del ragionamento del ricorrente era semplice: come può la società essere considerata un ‘terzo’ se ha firmato il contratto di transazione tramite il suo legale rappresentante?

La Corte di Cassazione ha accolto questa tesi, ritenendola fondata e decisiva.

le motivazioni

La Suprema Corte ha censurato duramente l’operato della Corte d’Appello. Il principale errore dei giudici di merito è stato quello di ‘estrapolare’ una singola clausola (l’art. 9.2 dell’accordo) dal contesto generale del contratto, interpretandola in modo isolato. Questo approccio, definito ‘parcellizzazione’, viola il principio fondamentale dell’ermeneutica contrattuale sancito dall’art. 1363 c.c., secondo cui ‘le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto’.

La Cassazione ha poi chiarito la natura della promessa del fatto del terzo. Questo istituto, disciplinato dall’art. 1381 c.c., presuppone che il ‘terzo’ sia completamente estraneo al rapporto contrattuale. Una parte (il promittente) promette all’altra (il promissario) che un soggetto esterno si obbligherà o compirà un’azione. L’elemento essenziale è proprio l’estraneità del terzo.

Nel caso di specie, era pacifico e documentato che la società fosse una delle parti dell’accordo di transazione. Il suo legale rappresentante aveva sottoscritto l’atto non solo in proprio ma anche in nome e per conto della società. Pertanto, qualificarla come ‘terzo’ rispetto a un obbligo previsto nello stesso contratto è stata una palese contraddizione giuridica. I giudici di legittimità hanno affermato che non può configurarsi una promessa del fatto del terzo quando il soggetto indicato come destinatario dell’adempimento partecipa alla formazione del negozio, prestando il proprio consenso.

le conclusioni

La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte d’Appello, in diversa composizione, per un nuovo esame. Il nuovo giudice dovrà attenersi ai principi enunciati, ovvero dovrà condurre un’interpretazione complessiva del contratto di transazione. Dovrà individuare compiutamente le parti, l’oggetto, la causa e le reciproche concessioni, senza isolare le singole clausole. Questa decisione sottolinea l’importanza cruciale di una corretta interpretazione contrattuale e chiarisce i limiti applicativi della figura della promessa del fatto del terzo, che non può essere invocata per escludere la responsabilità diretta di una parte firmataria dell’accordo.

Come deve essere interpretato un contratto secondo la Corte di Cassazione?
Un contratto deve essere interpretato nel suo complesso, analizzando le clausole le une per mezzo delle altre (interpretazione sistematica) e non estrapolandone singole parti dal contesto generale.

Quando non si applica la promessa del fatto del terzo (art. 1381 c.c.)?
Non si applica quando il presunto ‘terzo’, il cui fatto o obbligazione è oggetto della promessa, è in realtà una delle parti che hanno partecipato alla formazione e sottoscrizione del contratto.

Qual è l’elemento essenziale per la configurabilità della promessa del fatto del terzo?
L’elemento essenziale è che il terzo sia un soggetto completamente estraneo al rapporto contrattuale tra promittente e promissario, e non sia in alcun modo vincolato dalla promessa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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