Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 32643 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 32643 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14243/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t. , rappresentata e difesa da ll’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE giusta procura allegata al ricorso -ricorrente- contro
NOME RAGIONE_SOCIALE SANAYI VE TICARET AS, in persona del legale rappresentante p.t. , rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE NOME COGNOME (CODICE_FISCALE e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), giusta procura allegata al controricorso
-controricorrente-
e contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimato- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di FIRENZE n. 776/2022 depositata il 02/05/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La Corte d’Appello di Firenze, con sentenza de l 2.5.2022, ha rigettato il reclamo proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza dichiarativa del suo fallimento, emessa dal Tribunale di Prato su istanza della società di diritto turco RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE
Il giudice di secondo grado ha preliminarmente ritenuto che l’eccezione sollevata dal curatore (e fatta propria dalla reclamante) di nullità della procura rilasciata ai difensori della creditrice istante per il procedimento di primo grado, pur se parzialmente fondata (in quanto alla data del 15.4.2021, di presentazione dell’istanza di fallimento, i poteri rappresentativi dei signori NOME COGNOME e NOME COGNOME che avevano conferito la procura il 28.11.2019, erano ormai scaduti perché limitati al triennio 25.8.2017/25.8.2020) fosse stata tardivamente sollevata dalla fallita, che solo nelle note difensive finali aveva dichiarato di condividerla, mentre non poteva essere sollevata dal curatore, che non solo non aveva proposto impugnazione, ma era privo di interesse ad agire; ha conseguentemente affermato che il vizio risultava sanato a norma dell’art. 161 c.p.c. , sicché sulla validità della procura si era formato il giudicato.
Quanto alla validità della procura alle liti rilasciata ai difensori dai medesimi soggetti, ormai privi di potere rappresentativo, per costituirsi nel giudizio di reclamo, la corte del merito ha rilevato che ogni questione era superata dalla produzione di una nuova procura, pienamente valida, effettuata dalla creditrice ai sensi dell’art. 182 c.p.c..
Nel merito il giudice del reclamo, per quanto ancora rileva, ha ritenuto sussistente il credito dell’istante – portato da assegni insoluti e da decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, ancorché opposto – in ragione della sostanziale inattendibilità della tesi difensiva della reclamante e dell’irrilevanza del contenuto del
documento prodotto a suo sostegno, non integrante l’asserita, transazione intervenuta tra le parti; documento che peraltro, non poteva neppure ritenersi sottoscritto dal legale rappresentante di Armen A S, in quanto nel giudizio di opposizione quest’ultima aveva disconosciuto la firma e Accademia Cotone non ne aveva chiesto la verificazione.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidandolo a quattro motivi.
NOME Iplik Orme Tekstil Sanayi ve Ticaret RAGIONE_SOCIALE ha resistito in giudizio con controricorso, mentre il Fallimento di RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese.
Entrambe le parti costituite hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo è stata dedotta la violazione degli artt. 161, 83 e 84, 182 c.p.c., 12 l : n. 218/1995 nonché l’omesso esame di fatti decisivi ex art. 360 comma 1° n. 5 c.p.c..
La ricorrente deduce in primo luogo che, contrariamente a quanto ritenuto dalla corte d’appello, nella procura conferita ai difensori di Armen AS per il procedimento di primo grado non era ricompresa la facoltà di presentare istanza di fallimento, ma solo di presentare istanza di ammissione al passivo fallimentare, e che inoltre la procura avrebbe potuto essere emessa solo a firma congiunta di tutti e tre i legali rappresentanti della società e non, come avvenuto, a firma di solo due di essi; lamenta, ancora, che la corte del merito non abbia pronunciato sull’ulteriore eccezione di nullità della procura, sollevata sul rilievo dell’ illeggibilità dello specimen di firma, redatto in lingua turca e non tradotto, in cui apparivano indicati i nominativi dei legali rappresentanti e specificati i loro poteri; sostiene, inoltre, che il giudice a quo ha erroneamente ritenuto di poter applicare al procedimento di reclamo l’art. 161 c .p.c., che fa, invece, espresso riferimento solo a due specifici mezzi di impugnazione, ovvero al l’appello e al ricorso per cassazione, e che,
comunque, pur volendo ritenere applicabile detta norma in via analogica, la natura devolutiva piena del giudizio ex art. 18 l. fall. consente di proporre nuovi motivi di impugnazione anche dopo il deposito del l’atto di reclamo; evidenzia, altresì, di aver sollevato l’eccezione di nullità della procura nel primo momento utile successivo alla sua disamina, essendo rimasta contumace nel procedimento prefallimentare, e deduce che in realtà anche il curatore aveva impugnato la sentenza di primo grado, avendo concluso per la sua riforma e per una nuova dichiarazione di fallimento in sede di reclamo; assume, infine, che nel giudizio ex art. 18 l fall. non è applicabile la disciplina dell’art. 182 c.p.c. e che, in ogni caso, anche la nuova procura depositata in sede di reclamo da RAGIONE_SOCIALE era nulla.
Il motivo, che presenta concomitanti profili di infondatezza e di inammissibilità, deve essere respinto.
Va, preliminarmente, rilevata la manifesta infondatezza delle censure con le quali la ricorrente sostiene che nel giudizio di reclamo non sarebbero applicabili le disposizioni di cui agli artt. 161e 182 c.p.c.. Non vi è dubbio, infatti, che sia la prima norma, non a caso ricompresa nel libro I del codice di rito (rubricato ‘disposizioni generali’) sia la seconda, ancorché contenuta nel libro II, che disciplina specificamente il giudizio di cognizione ordinaria, siano espressione del principio generale di conservazione del processo e degli atti processuali e che dunque, in difetto di diverse disposizioni, trovino applicazione in tutti i procedimenti di natura contenziosa, in cui si contrappongono due o più parti.
Parimenti infondata è la doglianza con cui RAGIONE_SOCIALE sostiene che la natura pienamente devolutiva del reclamo ex art. 18 l. fall. consentirebbe al reclamante di proporre nuovi motivi di impugnazione anche dopo il deposito dell’atto introduttivo. In contrario, questa Corte ha costantemente affermato che tale mezzo ha natura solo parzialmente devolutiva, perché in esso l’ambito
dell’impugnazione è circoscritto alle sole questioni tempestivamente dedotte dal reclamante (cfr., fra le altre, Cass. nn. 12706/2014, 1531/2021).
Inammissibile, invece, è la censura con la quale, per la prima volta nella presente sede di legittimità, la ricorrente solleva questioni, richiedenti accertamenti in fatto, di nullità della nuova procura rilasciata da NOME nel corso del giudizio di reclamo, che la corte del merito ha ritenuto perfettamente valida e idonea a sanare i vizi di quella precedente.
I rilievi sin qui svolti sono di per sé sufficienti a motivare il rigetto di tutte le doglianze illustrate nel motivo, non essendo contestato dalla ricorrente che l’eventuale vizio di nullità della procura rilasciata per il primo grado, e il conseguente vizio di nullità del relativo processo, debbano formare oggetto di specifico motivo di impugnazione e non possano essere rilevati dal giudice d’ufficio.
Non appare superfluo, tuttavia, rilevare che la corte del merito ha in realtà inutilmente affrontato la questione della nullità della procura conferita dalla creditrice per proporre istanza di fallimento, atteso che anche i vizi della stessa (e non solo di quella in origine rilasciata per il secondo grado)sono stati sanati mediante il deposito della nuova procura in sede di reclamo , stante l’effetto retroattivo della sanatoria.
Invero, proprio con riferimento al procedimento di reclamo avverso la sentenza di fallimento, questa Corte (Cass. n. 34775/2021) ha enunciato il seguente principio di diritto:
‘ Il difetto di legittimazione processuale della persona fisica, che agisca in giudizio in rappresentanza di un ente, può essere sanato, in qualunque stato e grado del giudizio (e, dunque, anche in appello), con efficacia retroattiva e con riferimento a tutti gli atti processuali già compiuti, per effetto della costituzione in giudizio del soggetto dotato della effettiva rappresentanza dell’ente stesso, il quale manifesti la volontà, anche tacita, di ratificare la precedente
condotta difensiva del “falsus procurator”. La ratifica e la conseguente sanatoria devono ritenersi ammissibili anche in relazione ad eventuali vizi inficianti la procura originariamente conferita al difensore da soggetto non abilitato a rappresentare la società in giudizio, trattandosi di atto soltanto inefficace e non anche invalido per vizi formali o sostanziali, attinenti a violazioni degli artt. 83 e 125 cod. proc. civ.’.
Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 112 c.p.c..
La ricorrente lamenta che la c orte d’ appello non si sia pronunciata sull ‘eccezione di inammissibilità dell’istanza di fallimento per assoluta incertezza e illiquidità del credito azionato da RAGIONE_SOCIALE
Il terzo motivo illustra analoga censura sotto il profilo del vizio di motivazione e della violazione degli artt. 214, 216, 302 e 303 c.p.c., 15 comma 9 L.F..
La ricorrente sostiene che la c orte d’ appello ha erroneamente valutato il materiale probatorio in atti, omettendo di esaminare l’accordo transattivo raggiunto fra le parti, consacrato nel documento prodotto, e, in conseguenza, di accertare che il credito vantato da NOME AS era quantomeno incerto ed indeterminato e che dunque, non essendo possibile stabilirne il quantum, la creditrice era priva di legittimazione ai sensi dell’art. 6 l fall.
Contesta, inoltre, che il disconoscimento delle firme dei propri legali rappresentati, effettuato da Armen AS nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo pendente prima della dichiarazione di fallimento, ma non in sede di reclamo, potesse avere efficacia in tale secondo ambito.
Il secondo motivo è manifestamente infondato, essendo evidente che, nel delibare incidentalmente la sussistenza del credito vantato da NOME, la corte del merito ha, per ciò stesso, implicitamente rigettato l ‘eccezione di inammissibilità dell’istanza di fallimento , fondata sul contrario presupposto.
5.1.Il terzo motivo è invece inammissibile, sia perché lamenta in via generica l’erronea valutazione del materiale probatorio da parte della corte d’appello, svolgendo censure che, dedotte sotto l’apparente profilo della violazione di legge, sono in realtà volte ad ottenere un accertamento di merito diverso da quello operato dal giudice del merito (come noto sindacabile nella presente sede di legittimità solo nei ristretti limiti di cui all’art. 360, 1° comma, n. 5 c.p.c.) sia perché non si confronta, se non in via meramente assertiva, con la precisa argomentazione del giudice a quo secondo cui il documento prodotto non aveva contenuto transattivo.
Con il quarto motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sull’istanza istruttoria formulata dalla reclamante, di acquisizione degli atti e dei documenti dei fascicoli telematici dei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo e a precetto pendenti fra le parti dinanzi al Tribunale di Prato.
7. Il motivo è manifestamente in fondato, in quanto l’omesso esame di un’istanza istruttoria non integr a un vizio deducibile ai sensi dell’art. 112 c.p.c. , a norma del quale il giudice è tenuto a pronunciare sulle sole domande ed eccezioni delle parti.
Va aggiunto che il motivo, ove qualificato ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 5 cit. risulterebbe invece inammissibile, non avendo la ricorrente chiarito la decisività dei fatti ricavabili dagli atti e dai documenti di cui aveva chiesto l’acquisizione.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in € 7.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del
ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 24.9.2024