Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 7632 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 7632 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23557/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, quali eredi di COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso lo RAGIONE_SOCIALE dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrenti-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo RAGIONE_SOCIALE dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) , che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso il DECRETO del TRIBUNALE di CUNEO n. 3938/2016 depositato il 23/08/2017;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
-Nel 2016 NOME COGNOME, in proprio e quale socio e legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) chiese di ammettere al passivo del RAGIONE_SOCIALE il credito di euro 956.301,67 per prestazioni professionali rese in favore della società in bonis negli anni 2010-2013 (con privilegio ipotecario ex art. 2855 c.c.) e negli anni 2014-2015 (con privilegio generale ex art. 2751-bis n. 2 c.c.).
1.1. -A fronte dell’ammissione del credito in via chirografaria – avendo il G.D. accolto l’eccezione del curatore di inefficacia del l’ipoteca ai sensi dell’art. 67, comma 1 n. 4, l. fall. e escluso la natura privilegiata del credito per difetto di prova della personalità della prestazione l’associazione propose opposizione ex art. 98 l.fall., chiedendo altresì la sostituzione della componente del collegio giudicante designato che, nella veste di giudice delegato al fallimento di altra società dello stesso gruppo, aveva già respinto una sua analoga richiesta di privilegio ex art. 2751-bis n. 2, c.c., rappresentando l’esistenza di una causa di astensione ex art. 51, n. 4, c.p.c., e comunque gravi ragioni di convenienza ex art. 51, comma 2 c.p.c.
1.2. -Il Tribunale di Cuneo, dopo aver rigettato con ordinanza del 21/12/2016 l’istanza di r icusazione, rigettò con il decreto indicato in epigrafe anche l’opposizione allo stato passivo, condannando alle spese l’opponente NOME COGNOME sia in proprio che in qualità di socio e legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE
1.3. –RAGIONE_SOCIALE, ora in persona del socio e legale rappresentante NOME COGNOME, nonché NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali eredi di NOME COGNOME, hanno proposto ricorso per cassazione in sette motivi, i primi due rivolti contro l’ordinanza che ha definito il procedimento incidentale di ricusazione, i restanti contro il decreto di rigetto dell’opposizione .
1.4. -Il RAGIONE_SOCIALE intimato ha resistito con controricorso.
1.5. -Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Il primo motivo deduce la nullità dell’ordinanza di rigetto dell’istanza di ricusazione e/o del relativo procedimento per
violazione degli art. 1 e 24, comma 2, Cost. e dell’art. 101 c.p.c. (art. 360, n. 4 c.p.c.), stante l’ omessa fissazione di un’udienza per l’ instaurazione del contraddittorio tra le parti, con conseguente nullità del decreto di rigetto dell’opposizione a stato passivo, ai sensi e per gli effetti degli artt. 158 e 161 c.p.c., per vizio di composizione del collegio giudicante, nonché, in ogni caso, la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 51, 52, 53 e 54 c.p.c. (art. 360, n. 3, c.p.c.).
2.1. -La censura, sebbene proponibile -in quanto l’eventuale vizio causato dalla incompatibilità del giudice invano ricusato si converte in motivo di nullità dell’attività spiegata dal iudex suspectus , e quindi di gravame della decisione dallo stesso emessa (Cass. 18611/2020) -è però inammissibile per difetto di interesse, anche se va corretta, sul punto, la motivazione resa dal tribunale.
2.2. -Erra il giudice a quo a ritenere « che il procedimento che si instaura sul ricorso per ricusazione è di tipo sostanzialmente amministrativo diretto ad assicurare interessi di ordine generale sull’imparzialità e sul corretto esercizio dell’attività giudiziaria da parte del “giudice-persona” (Cass. 85/429) e non richiede dunque il contraddittorio con le altre parti del processo nel quale si innesta ».
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno infatti chiarito che il procedimento di ricusazione del giudice ha in realtà natura giurisdizionale, sicché è necessario garantirvi il contraddittorio delle parti del processo cui la ricusazione accede, le quali devono essere messe in condizione di intervenire e adeguatamente interloquire, pur senza avere diritto a tempi o termini predeterminati, non previsti dalla legge né compatibili con le caratteristiche e la natura del procedimento (Cass. Sez. U, 16627/2014).
2.3. -Tuttavia, lo stesso organo nomofilattico ha sottolineato che la “sobria” disciplina dettata dagli artt. 51 e 54 c.p.c. è caratterizzata da una completa libertà delle forme (in assenza di qualsivoglia termine o rinvio ad altri tipi di procedimento contemplati nel codice di rito), «tratteggiando un procedimento essenziale e informale, volto a decidere rapidamente sull’istanza di ricusazione, in consonanza con la tendenziale non complessità in fatto delle questioni in discussione (siccome individuabili sulla base dell’art. 51 c.p.c.), con la natura “incidentale” del procedimento e, soprattutto, col principio di ragionevole durata del processo».
E dunque, nel procedimento di ricusazione la garanzia del contraddittorio va intesa semplicemente «nel senso che le parti devono essere messe in condizione di intervenire e adeguatamente interloquire» (Cass. Sez. U, cit.), anche perché in generale, proprio in ragione dei caratteri di essenzialità e rapidità della decisione, tipici di questo procedimento incidentale, non risultano necessari particolari adempimenti dell’ufficio, né la concessione di termini a difesa (Cass. 11225/2019, che ha escluso la necessità della comunicazione del provvedimento di rigetto, poiché, una volta negata la sospensione del processo, le parti sono tenute al rispetto delle successive scansioni procedimentali).
2.4. -Ma soprattutto, per quanto qui rileva, le Sezioni unite del 2014 hanno specificato che, pur dovendosi «indubbiamente sempre mettere il giudice ricusato nella condizione di conoscere della ricusazione e della data fissata per la relativa trattazione, al fine di consentirgli di essere ascoltato, se lo ritiene», tuttavia «della eventuale mancata possibilità di intervenire alla trattazione della ricusazione potrà evidentemente dolersi solo il giudice ricusato, essendo la previsione da ritenersi a sua “tutela”».
Ritiene allora il Collegio che tale principio valga anche nei confronti delle parti, e che dunque sarebbe stato semmai il RAGIONE_SOCIALE intimato ad avere interesse a dolersi della mancata fissazione di apposita udienza per la discussione dell’istanza di ricusazione presentata dalla controparte, la quale, invece, non aveva alcunché su cui ‘interloquire’ -essendo questa l’essenza del dispiegamento del contraddittorio -una volta che la sua istanza era stata sottoposta al tribunale e che questi aveva dato atto che il giudice ricusato, sentito, si era «rimesso alla decisione del Collegio», senza nulla aggiungere o contraddire rispetto al ricorso.
-Il secondo mezzo denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 51, comma 1, n. 4, c.p.c. e dell’art. 111 Cost., sul rilievo che il giudice relatore della causa avrebbe già conosciuto la vicenda in altro grado del processo.
3.1. -Il motivo è manifestamente infondato, avendo il tribunale correttamente evidenziato , tra l’altro, la diversità delle funzioni di giudice delegato al fallimento e giudice relatore della causa di opposizione allo stato passivo (con pieno rispetto dell’art. 99, comma 10, l.fall.) e la diversità delle procedure fallimentari
implicate (accomunate dalla mera circostanza dell’essere il soggetto ricusante creditore di diverse imprese appartenenti ad un medesimo gruppo, poi fallite), oltre alla irrilevanza dell’autorizzazione ad agire in giudizio rilasciata al curatore di altra procedura fallimentare ex art. 25 l.fall. -peraltro nemmeno dovuta, ai sensi dell’art. 31, comma 2, l.fall., e quindi tamquam non esset -con conseguente insussistenza d ell’ipotesi di cui al n. 4), come d elle ulteriori ipotesi di astensione obbligatoria elencate nel primo comma dell’art. 51 c.p.c.
-Il terzo motivo lamenta l’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti (art. 360, n. 5, c.p.c.), che sarebbero stati allegati e provati da RAGIONE_SOCIALE proprio per escludere la propria conoscenza dello stato di insolvenza, a contrasto de ll’eccezione revocatoria in via breve sollevata dal curatore ai sensi dell’art. 67 , comma 1, n. 4), l.fall., in relazione a garanzie costituite per debiti scaduti.
4.1. -La censura è inammissibile poiché, a fronte dell’ampia motivazione che sorregge la decisione, sul punto, del tribunale (v. pag. 3 e s. del decreto impugnato), si risolve in una critica al complessivo accertamento fattuale operato dal giudice di merito, cui il ricorrente contrappone la propria diversa valutazione, come però non è ammesso nel giudizio di legittimità, che non può essere surrettiziamente trasformato in un ulteriore (non consentito) terzo grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati, al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative (Cass. Sez. U, 34476/2019; conf., ex multis , Cass. 7119/2020, 40495/2021, 6866/2022).
-Il quarto mezzo denunzia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 67 l.fall. in relazione agli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., e comunque la nullità del procedimento e/o del decreto (art. 360, n. 4 c.p.c.), nelle parti in cui si ricorre alla prova presuntiva della conoscenza dello stato di insolvenza, valorizzando elementi privi dei necessari requisiti di gravità, precisione e concordanza.
5.1. -La censura è inammissibile perché del tutto decentrata rispetto alla ratio decidendi del provvedimento impugnato, fondata sulla premessa che nell’azione revocatoria ex art. 67, comma 1, l.fall. la conoscenza dello stato di insolvenza è presunta, spettando al convenuto dimostrare la propria inscientia decoctionis , prova nella
specie ritenuta non fornita dall’odierna ricorrente ( v., in termini del tutto simili, Cass. 2465/2022).
-Il quinto motivo lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2751-bis, n. 2 c.c. (art. 360, n. 3 c.p.c.), e comunque la nullità del procedimento e/o della sentenza (art. 360, n. 4 c.p.c.), in relazione: i) all’art. 24, L. 7 agosto 1997, n. 266 (c.d. legge Bersani), che ha abrogato l’art. 2 della L. 23 novembre 1939, n. 1815, sul divieto di costituzione di società per le professioni protette; ii) al d.lgs. 2 febbraio 2001, n. 96, che ha introdotto la società tra avvocati (s.t.a.), consentendo l’esercizio in comune della professione forense secondo il modello della società in nome collettivo, se non diversamente disposto dalla stessa legge istitutiva; iii) all’art. 10, L. 12 novembre 2011, n. 183 di riforma degli ordini professionali e società tra professionisti (Legge di stabilità 2012), che ha rimosso definitivamente gli ostacoli alla costituzione di società per l’esercizio delle professioni protette in forma di società di persone, capitali e cooperative; iv) all’art. 28 l.fall. Disposizioni, quelle citate, attestanti un’ evoluzione normativa in base alla quale l’attività RAGIONE_SOCIALE potrebbe essere indifferentemente svolta in forma individuale, associata, nell’ambito di una società personale o di capitali, sicché il termine “professionista” sarebbe riferibile sia alle persone fisiche che agli enti collettivi in possesso dei requisiti di legge per l’esercizio della professione.
-Il sesto mezzo denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2751-bis, n. 2, c.c., per avere il tribunale ritenuto che il requisito soggettivo del privilegio sussista solo se la prestazione RAGIONE_SOCIALE sia individuale o personale, interpretando la norma in contrasto con la sua ratio e con un’ interpretazione costituzionalmente orientata.
-Il settimo motivo si duole dell’ omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti (art. 360, n. 5, c.p.c.), e cioè che, essendo RAGIONE_SOCIALE una associazione RAGIONE_SOCIALE tra dottori RAGIONE_SOCIALE iscritti all’albo RAGIONE_SOCIALE di competenza, costituita per l’esercizio in forma associata dell’attività di dottore commercialista di cui al d.lgs. 28 giugno 2005, n. 139 e s.m.i., ricorrerebbe senza dubbio il requisito della personalità della prestazione.
-Gli ultimi tre motivi, che in quanto connessi possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati e vanno respinti per le ragioni di seguito illustrate.
9.1. -La Corte costituzionale ha ravvisato la ratio dell’art. 2751-bis c.c. nel riconoscimento di una collocazione privilegiata ai crediti ivi indicati in quanto derivanti dalla prestazione di attività lavorativa in senso ampio, svolta in varie forme contrattuali, in particolare come lavoro subordinato o autonomo e, perciò, destinati a soddisfare le esigenze di sostentamento del prestatore, precisando che il privilegio mobiliare ex art. 2751-bis n. 2 c.c. salvaguarda «il compenso dei prestatori di lavoro autonomo, che ricade nella generale tutela del lavoro ‘ in tutte le sue forme ed applicazioni ‘ (art. 35, primo comma, Cost.)» (Corte cost., sentenze n. 1 del 2000, n. 1 del 2020, n. 167 del 2022).
9.2. -Anche la giurisprudenza di questa Corte ha più volte sottolineato la portata eccezionale della normazione sui privilegi, la connessione diretta fra creditore (per la prestazione eseguita) e configurazione soggettiva del titolare della causa di prelazione, e la mancanza di dubbi di legittimità costituzionale ove il legislatore abbia inteso regolare in modo diseguale situazioni attinenti alla produzione di merci o servizi, ma diverse sotto il profilo dell’organizzazione del prestatore (Cass. 11917/2018, 14829/2022).
9.3. -In linea con tale principio, è consolidato l’orientamento per cui il privilegio generale sui mobili del debitore previsto dall’art. 2751-bis n. 2 c.c. garantisce solo i compensi spettanti al singolo professionista o prestatore d’opera per il lavoro personale svolto in forma autonoma, con esclusione di quei compensi che, sia pure in misura minima, contengano remunerazione di capitale; fattispecie, quest’ultima, che ricorre ogni qual volta venga in considerazione l’ipotesi di compensi dovuti a professionisti che esercitino la loro attività lavorativa in forma societaria (Cass. 5002/2000, 9927/2018, 5248/2019, 14829/2022).
9.4. -Nel tempo è stato poi puntualizzato che il fatto che il creditore sia inserito in un’associazione RAGIONE_SOCIALE, costituita con altri professionisti per dividere le spese e gestire congiuntamente i proventi della propria attività, non può comportare di per sé, quale conseguenza automatica ed indefettibile, la inapplicabilità del privilegio di cui all’art. 2751-bis, n. 2) c.c.; tuttavia, «è pur sempre
necessario che, in siffatta ipotesi, il rapporto di prestazione d’opera si instauri tra il singolo professionista e il cliente, soltanto in tal caso potendosi ritenere che il credito abbia per oggetto prevalente la remunerazione di un’attività lavorativa, ancorché comprensiva delle spese organizzative essenziali al suo autonomo svolgimento» (Cass. 22439/2009, che ha cassato il decreto con cui il tribunale fallimentare aveva escluso l’ammissione al passivo in via privilegiata del credito relativo al compenso dovuto per l’attività RAGIONE_SOCIALE prestata da un avvocato, senza accertare se l’inserimento di quest’ultimo in un’associazione RAGIONE_SOCIALE fosse tale da escludere il carattere personale del rapporto con il cliente poi fallito; conf. Cass. 17027/2013, 9927/2018, 15290/2018, 20438/2018, 5248/2019).
9.5. -Occorre allora distinguere, si è detto, a seconda che il rapporto RAGIONE_SOCIALE si instauri tra il singolo professionista e il suo cliente, ovvero tra costui e un’entità collettiva nella quale il professionista risulti organicamente inserito quale prestatore d’opera qualificato, perché solo nel primo caso il credito del professionista ha per oggetto prevalente la remunerazione di una prestazione lavorativa -anche se include le spese organizzative essenziali al suo autonomo svolgimento -mentre nel secondo caso il credito ha per oggetto un corrispettivo, certamente riferibile anche al lavoro del professionista organico, oltre che al capitale, ma solo quale voce del costo complessivo di un’attività essenzialmente imprenditoriale (Cass. 14829/2022).
9.6. -La questione si è posta anche sotto il profilo della legittimazione attiva in sede fallimentare, ed è stata risolta nel senso che la domanda di insinuazione al passivo proposta da uno RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE fa presumere l’esclusione della personalità del rapporto d’opera RAGIONE_SOCIALE da cui quel credito è derivato -e, dunque, l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento del privilegio ex art. 2751 bis, n. 2, c.c. -salvo che l’istante dimostri che il credito si riferisca ad una prestazione svolta personalmente dal professionista, in via esclusiva o prevalente, e sia di pertinenza dello stesso professionista, pur se formalmente richiesto dall’associazione RAGIONE_SOCIALE (Cass. 20746/2023, 14829/2022, 10977/2021, 9927/2018, 14321/2019, 5656/2019, 5248/2019, 9927/2018, 6285/2016), ad esempio in forza di un accordo tra gli associati che preveda la cessione all’associazione del credito al compenso per la
prestazione RAGIONE_SOCIALE (Cass. 6285/2016, 9927/2018, 7898/2020, 10977/2021; in precedenza Cass. 18455/2011, 11502/2012 e 448/2015 avevano ritenuto che questa fosse la «sola ipotesi in cui anche lo RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE sarà legittimato a far valere il diritto al privilegio»).
9.7. -Anche di recente questa Corte, nel ribadire il rigore che deve accompagnare l’interpretazione estensiva dell’art. 2751 -bis n. 2 c.c., in tema di prestazioni dei professionisti, ha sottolineato che «proprio la prova rigorosa che il credito, pur richiesto dallo RAGIONE_SOCIALE, si riferisca, in realtà, ad una prestazione svolta personalmente dal professionista in via esclusiva o prevalente e sia di pertinenza dello stesso, consente il riconoscimento di tale credito (in privilegio) senza il venir meno della originaria causa dello stesso. Ove non venga, invece, fornita una tale rigorosa dimostrazione, com’è onere del richiedente riversare in giudizio, il credito RAGIONE_SOCIALE, per il fatto di essere gestito e rappresentato nello RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, viene a confondersi con la remunerazione della più ampia attività così organizzata, degradando le eventuali originalità e personalità originarie» (Cass. 35314/2023).
-Ebbene, il tribunale ha fatto corretta applicazione dell’orientamento appena riferito, affermando che è ben possibile riconoscere il privilegio ex art. 2751bis n. 2 c.c. all’attività RAGIONE_SOCIALE svolta non solo a livello individuale, ma anche in forma associata -così fugando i dubbi di illegittimità costituzionale sollevati dal ricorrente -purché, però, «sia dimostrato il rapporto personale e fiduciario con i singoli professionisti che hanno prestato l’attività».
10.1. -E dunque, all’esito di un accertamento di merito non sindacabile in questa sede -difettando la decisività dei fatti di cui si lamenta l’omesso l’esame ha ritenuto non provato da parte dell’opponente , sulla base degli elementi puntualmente indicati alle pagg. 7 e 8 del decreto, il rapporto personale con il singolo professionista facente parte dello RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in mancanza di elementi atti a dimostrare che il credito azionato in sede fallimentare si riferisse ad una prestazione svolta personalmente dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME, o da altro singolo commercialista dello RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in via esclusiva o prevalente, e fosse perciò di pertinenza dello stesso professionista, pur se formalmente richiesto dall’associazione.
10.2. -Merita aggiungere che, per quanto risulta dagli atti, in virtù dei patti associativi il rapporto con la clientela di RAGIONE_SOCIALE si costituiva direttamente con l’associazione, essendo riservata ai dottori NOME e NOME COGNOME la possibilità di assumere a titolo personale esclusivamente incarichi di amministratore, sindaco di società o enti, o di svolgere a titolo personale attività di pubblicistica e docenza, e dunque incarichi pacificamente estranei all’attività cui inerisce il credito in esame. Inoltre, dalla lettera d’incarico del 29 aprile 2014 risulta che l’incarico per cui è causa è stato affidato genericamente allo RAGIONE_SOCIALE il quale, a sua volta, poteva scegliere a quale dei propri professionisti (indentificati in varie ‘categorie di seniority ‘ , ognuna con un diverso compenso a seconda della propria ‘anzianità RAGIONE_SOCIALE‘ ) affidare l’attività RAGIONE_SOCIALE oggetto del mandato, senza alcun margine di scelta del professionista da parte della società conferente l’incarico.
11. -Al rigetto del ricorso segue la condanna alle spese, liquidate in dispositivo.
12. -Sussistono i presupposti di cui all’ art. 13, comma 1quater, d.P.R. 115/02 (cfr. Cass. Sez. U, 23535/2019, 4315/2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, che liquida in Euro 8.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 23/01/2024.
La Presidente
COGNOME NOME