Privilegio Studio Associato: La Cassazione Rimette la Questione alla Pubblica Udienza
Il riconoscimento del privilegio studio associato per i crediti professionali nelle procedure fallimentari è da tempo un tema dibattuto. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza interlocutoria n. 27791 del 28 ottobre 2024, torna sulla questione, evidenziando una sfumatura giuridica meritevole di un approfondimento in pubblica udienza. La decisione non risolve il caso, ma segnala la necessità di fare chiarezza su un punto cruciale: a quali condizioni il credito di un’associazione può godere della stessa tutela di quello del singolo professionista?
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine dalla richiesta di un’associazione professionale di essere ammessa al passivo di un fallimento. L’associazione chiedeva che il proprio credito, derivante da prestazioni professionali, fosse riconosciuto con il privilegio previsto dall’art. 2751 bis, n. 2, c.c., che tutela le retribuzioni dei professionisti. La questione centrale è se un ente collettivo come uno studio associato possa beneficiare di una tutela pensata per la natura personale e fiduciaria della prestazione del singolo professionista.
La Questione Giuridica sul Privilegio dello Studio Associato
L’orientamento consolidato della Cassazione stabilisce una presunzione: quando la domanda di ammissione al passivo è presentata da uno studio associato, si presume che il rapporto d’opera non abbia carattere personale. Di conseguenza, verrebbero a mancare i presupposti per il riconoscimento del privilegio.
Tuttavia, questa presunzione non è assoluta. La stessa giurisprudenza ammette una prova contraria. Lo studio associato può superare tale presunzione dimostrando due elementi fondamentali:
1. La prestazione è stata svolta personalmente dal singolo professionista, in via esclusiva o prevalente.
2. Il credito, sebbene formalmente richiesto dall’associazione, è di ‘pertinenza’ dello stesso professionista (ad esempio, in virtù di un accordo interno di cessione del credito all’associazione).
Proprio su questo secondo punto, il concetto di ‘pertinenza’, si è concentrata l’attenzione della Corte nell’ordinanza in esame.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Prima Sezione Civile, anziché decidere il ricorso in camera di consiglio, ha optato per un rinvio della causa alla pubblica udienza. Questa scelta procedurale non è casuale, ma indica che i giudici ritengono la questione di particolare importanza e meritevole di una discussione più ampia e approfondita. La Corte ha ravvisato la necessità di chiarire il significato e la portata dell’affermazione, ricorrente in giurisprudenza, secondo cui il credito debba essere ‘di pertinenza dello stesso professionista’.
Le Motivazioni
La motivazione alla base del rinvio risiede nella volontà di definire con maggiore precisione i contorni di un principio ormai consolidato ma la cui applicazione pratica solleva ancora dubbi interpretativi. Il Collegio ha ritenuto che stabilire cosa significhi esattamente che un credito ‘appartenga’ al singolo professionista quando ad agire è l’associazione sia un nodo cruciale. La soluzione di questo quesito ha implicazioni significative non solo per il caso specifico, ma per tutti i professionisti che operano in forma associata. La decisione di affidare la trattazione a una pubblica udienza mira a favorire un dibattito più completo per giungere a una pronuncia chiara e definitiva, che possa fungere da guida per i casi futuri.
Conclusioni
L’ordinanza interlocutoria n. 27791/2024 lascia la questione aperta, ma il suo valore è innegabile. Segnala che la giurisprudenza è in evoluzione e attenta a bilanciare le esigenze di tutela del credito professionale con le moderne forme di esercizio della professione. L’esito della futura udienza pubblica sarà fondamentale per tutti gli studi associati: chiarirà l’onere probatorio a loro carico per ottenere il riconoscimento del privilegio e potrebbe influenzare le modalità di gestione interna dei crediti e dei rapporti tra associati. Per ora, resta la conferma che la natura collettiva dello studio associato non esclude a priori il privilegio, ma richiede una dimostrazione rigorosa del legame personale tra la prestazione, il credito e il singolo professionista che l’ha eseguita.
Uno studio associato può chiedere il privilegio per i propri crediti professionali in un fallimento?
In linea di principio, la richiesta proveniente da uno studio associato fa presumere l’assenza del carattere personale della prestazione, escludendo il privilegio. Tuttavia, è ammessa la prova contraria.
Qual è la condizione principale per cui uno studio associato può ottenere il riconoscimento del privilegio?
Lo studio deve dimostrare che il credito si riferisce a una prestazione svolta personalmente, in via esclusiva o prevalente, da un professionista e che il credito sia di ‘pertinenza’ dello stesso, anche se formalmente richiesto dall’associazione.
Cosa ha deciso la Corte di Cassazione in questa ordinanza?
La Corte non ha emesso una decisione finale sul merito. Ha ritenuto che la questione sul significato di ‘pertinenza del credito al singolo professionista’ sia abbastanza complessa da richiedere una trattazione in pubblica udienza, rinviando la causa a un nuovo ruolo per un’analisi più approfondita.
Testo del provvedimento
Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 27791 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 27791 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/10/2024
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 8616/2022 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso il DECRETO del TRIBUNALE di ALESSANDRIA n. 1734/2021 depositato il 21/02/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Considerato che:
è consolidato orientamento di questa Corte che «la domanda di insinuazione al passivo fallimentare proposta da uno studio associato fa presumere l’esclusione della personalità del rapporto d’opera professionale da cui quel credito è derivato e, dunque, l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento del privilegio ex art. 2751 bis, n. 2, c.c., salvo che l’istante dimostri che il credito si riferisca ad una prestazione svolta personalmente dal professionista, in via esclusiva o prevalente, e sia di pertinenza dello stesso professionista, pur se formalmente richiesto dall’associazione professionale» (Cass. 20746/2023, 14829/2022, 10977/2021, 9927/2018, 14321/2019, 5656/2019, 5248/2019, 9927/2018, 6285/2016), in forza, ad esempio, «di un accordo tra gli associati che preveda la cessione all’associazione del credito al compenso per la prestazione professionale» (Cass. 7898/2020; cfr. Cass. 11502/2012, 18455/2011, 448/2015, per cui sarebbe questa la «sola ipotesi in cui anche lo studio associato sarà legittimato a far valere il diritto al privilegio»).
il Collegio ritiene che sulla questione circa il senso da dare alla tralatizia affermazione per cui il credito debba (anche) essere «di pertinenza dello stesso professionista» ricorrano gli estremi per la trattazione in pubblica udienza;
P.Q.M.
Rimette la causa alla pubblica udienza della prima sezione civile e rinvia a nuovo ruolo.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 23/01/2024.