Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 2831 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 2831 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18864/2017 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
C I R O M CONSORZIO INDIPENDENTE RIVENDITORI OLII MINERALI SOCIETA’ RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
avverso il DECRETO del TRIBUNALE di MANTOVA n. 1365/2017 depositato il 12/07/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Per quanto ancora rileva, il Tribunale di Mantova ha rigettato l’opposizione proposta dall’RAGIONE_SOCIALE avverso lo stato passivo della Liquidazione Coatta amministrativa del Consorzio RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi, C.I.R.O.M. in L.C.A.) in relazione alla mancata ammissione in via privilegiata del credito di € 414.152,04 vantato a titolo di rivalsa per accise.
Il giudice di primo grado ha evidenziato che l’art. 16 comma 3° d.lgs 504/1995, nel suo tenore inequivocabile, richiede per il riconoscimento del privilegio che l’ammontare del tributo sia esposto separatamente in fattura, non consentendo la lettura dei cd. DAS (documenti di accompagnamento semplificato), unitamente alle fatture ad essi relative, di soddisfare il requisito richiesto dalla predetta norma. Il DAS, infatti, non riporta l’accisa, ma le caratteristiche qualitative e quantitative del prodotto sulla base delle quali ricostruire l’importo dell’accisa, operando, tuttavia un procedimento di calcolo ulteriore esterno sia alla fattura che al DAS.
Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE affidandolo a cinque motivi. La C.I.R.O.M. in L.C.A. ha resistito in giudizio con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato la memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è stata dedotta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 comma 3° d.lgs n. 504/1995 in rapporto all’art. 12 delle preleggi.
Espone la ricorrente che dell’art. 6 comma 3° d.lgs n. 504/1995 si possono dare due letture:
l’una di carattere formale, secondo si può riconoscere il diritto di rivalsa dell’accisa in via privilegiata solo e soltanto a condizione che la stessa accisa sia stata separatamente evidenziata in fattura;
l’altra di carattere sostanziale, secondo cui se la accisa è esposta separatamente in fattura il cedente è sollevato dall’onere della prova dell’effettivo versamento dell’imposta, facendo tale evidenziazione presumere iuris et de iure il fatto del suo versamento, ma ciò non toglie che, attraverso un semplice calcolo aritmetico della cifra globale indicata nella fattura relativa alla cessione si possa esattamente determinare e scorporare l’accisa pagata dal soggetto passivo e addebitata in via di rivalsa al cessionario. In sostanza, ciò che rileva secondo questa tesi non è che l’accisa risulti separatamente evidenziata, quanto l’effettivo pagamento.
Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 comma 3° d.lgs n. 504/1995 in rapporto agli artt. 1324, 1325, 1346, 1362, 1363, 1368 c.c.
Espone la ricorrente che, con un’elementare operazione aritmetica di ‘scorporo’, è possibile estrapolare, con riferimento ad ogni fattura, quanto in essa sia corrispondente al corrispettivo derivante dalla cessione di prodotti petroliferi, al versamento dell’IVA e dell’accisa, secondo le aliquote di legge di volta in volta vigenti. In particolare, se il giudice di primo grado avesse indagato il documento contabile in uno con il DAS che lo completa, se quindi si fosse fatto carico di compiere un (agevole) procedimento di calcolo ulteriore, muovendo dalle caratteristiche qualitative e quantitative del prodotto, sulla base delle quali ricostruire l’importo dell’accisa
riferito alla singola cessione di prodotto, avrebbe potuto giungere alla conclusione che l’accisa era evidenziata nelle fatture ENI.
Tale operazione elementare -che il Tribunale ha omesso – consiste nel moltiplicare l’aliquota ratione temporis vigente per la quantità di gasolio indicata in fattura, così determinandosi l’ammontare del tributo, che è perfettamente ricavabile -e quindi ‘separatamente evidenziato’ con riferimento ad ogni singola fattura di cessione.
Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 comma 3° d.lgs n. 504/1995 in rapporto agli artt. 3 e 53 Cost.
Espone la ricorrente che il Tribunale, pur avendo accertato che Eni aveva assolto al versamento dell’imposta, ha, ciononostante, deciso di approdare ad una lettura illogicamente formale dell’art. 16 comma 3° TUA, senza però rendersi conto che, così facendo, ha adottato una decisione del tutto irragionevole, scollegata dalla ratio legis che impronta questa disposizione, lesiva degli artt. 3 e 53 Cost.
Con il quarto motivo è stata dedotta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 comma 3° d.lgs n. 504/1995 e dell’art. 1203 c.c.
Espone la ricorrente che, nel momento in cui l’ENI ha provato di aver versato l’accisa, si è surrogata nel diritto di credito già vantato per legge dall’Amministrazione finanziaria nei confronti dell’acquirente, surrogandosi nello stesso diritto di credito assistito dallo stesso privilegio. Rileva che il giudice di primo grado, nell’escludere il diritto di rivalsa di Eni per l’accisa in via privilegiata, ha violato l’art. 1203 n. 3 c.c.
Con il quinto motivo è stata dedotta la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma 1° n. 5 c.p.c. per omesso esame di un punto decisivo della controversia, ovvero l’effettivo pagamento dell’accisa da parte di ENI nelle casse dell’Erario.
Espone la ricorrente che il giudice di primo grado ha omesso di esaminare l’avvenuto incontestato pagamento del tributo, tutto ciò traducendosi nell’omessa analisi di un fatto decisivo.
6. Tutti i motivi da esaminare unitariamente, in relazione alla stretta connessione delle questioni trattate, presentano concomitanti profili di infondatezza ed inammissibilità.
Va preliminarmente osservato che questa Corte (vedi Cass. n. 7078/2022) ha già stabilito , con riferimento dell’art. 6 comma 3° d.lgs n. 504/1995, che ‘ La norma, nel suo inequivocabile contenuto letterale, ricollega espressamente il riconoscimento del privilegio per l’importo corrispondente all’ammontare dell’accisa al fatto che lo stesso sia stato evidenziato in maniera separata all’interno della fattura di cessione. Non è quindi possibile dubitare che una simile indicazione -espressa, interna alla fattura e separata dalle ulteriori voci – sia condizione per il riconoscimento del privilegio, come il collegio di merito ha correttamente ritenuto, a nulla rilevando la possibilità di giungere a un computo dell’accisa attraverso l’utilizzo di altre indicazioni presenti in fattura (indicazioni, peraltro, evocate in questa sede in maniera del tutto generica, in violazione dell’obbligo di autosufficienza stabilito dall’art. 366, comma 1, n. 6, cod. proc. civ.). Il profilo di critica volto a sostenere che, in realtà, le fatture contenessero una specifica indicazione dell’importo delle accise, diversamente da quanto rilevato dal Tribunale, risulta inammissibile, perché l’errore di valutazione delle prove, consistente nel ritenere la fonte di prova dimostrativa o meno del fatto che con essa si intendeva provare, non è sindacabile in sede di legittimità, non essendo previsto dalla tassonomia dei vizi denunciabili con il ricorso per cassazione .’ .
Questo Collegio condivide tale orientamento ed intende darvi continuità.
Peraltro, va osservato che le argomentazioni con cui la ricorrente ha affermato che, con una semplice operazione matematica,
sarebbe stato possibile scorporare dalla cifra globale indicata nella fattura relativa alla cessione la somma corrispondente all’accisa, sono palesemente generiche.
La ricorrente ha, in particolare, dedotto che dal DAS sarebbe possibile trarre le caratteristiche qualitative e quantitative del prodotto, sulla base delle quali ricostruire l’importo dell’accisa, moltiplicando l’aliquota ratione temporis vigente per la quantità di gasolio indicata in fattura; ma non ha avuto minimamente cura di indicare, con riferimento alle singole fatture azionate nel ricorso, quali sarebbero, in relazione ai singoli prodotti petroliferi, tali aliquote e l’importo delle accise scorporabile da ciascuna fattura.
Va, inoltre, osservato che anche le violazioni di legge dedotte nei vari motivi sono insussistenti, avendole la ricorrente invocate al solo fine di avallare una supposta lettura ‘sostanziale’ dell’art. 6 comma 3° d.lgs n. 504/1995 che questa Corte non ritiene in alcun modo di condividere, alla luce del già evidenziato inequivocabile contenuto letterale della norma, non scalfito dalla apodittica lettura sistematica prospettata dalla ricorrente.
Per le stesse considerazioni, è insussistente la dedotta violazione dell’omesso esame di fatto decisivo ex art. 360 comma 1° n. 5 c.p.c. In particolare, l’effettivo pagamento dell’imposta non è in alcun modo un fatto decisivo, dato che l’oggetto del contendere non è l’avvenuto o meno pagamento dell’imposta, ma la sussistenza delle condizioni per il riconoscimento del privilegio.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in € 7.200, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della
ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1° bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 10.12.2024