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Privilegio professionista: sì allo studio associato

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 7531/2024, ha stabilito che un credito vantato da uno studio professionale associato può godere del privilegio professionista in un fallimento. È necessario, però, fornire una prova rigorosa che la prestazione sia stata svolta in modo personale e prevalente da un singolo associato. La Corte ha cassato la decisione del tribunale di merito che aveva negato il privilegio basandosi su una motivazione apparente e senza valutare adeguatamente le prove fornite, rinviando il caso per un nuovo esame.

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Privilegio professionista: la Cassazione apre agli studi associati

Il riconoscimento del privilegio professionista rappresenta una tutela fondamentale per i lavoratori autonomi, garantendo loro una posizione preferenziale nel recupero dei crediti in caso di insolvenza del debitore. Ma cosa accade quando la prestazione è svolta nell’ambito di uno studio associato? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo punto, stabilendo che anche il credito di un’associazione professionale può essere privilegiato, a patto che si dimostri il carattere strettamente personale dell’attività svolta. Analizziamo insieme la decisione e le sue importanti implicazioni.

I Fatti del Caso

Uno studio commercialista associato si opponeva alla decisione del Tribunale di ammettere al passivo di un fallimento il proprio ingente credito come meramente chirografario, negandogli il privilegio previsto dall’art. 2751-bis, n. 2, c.c. Il credito derivava da anni di attività professionale (tenuta contabilità, redazione bilanci, consulenza) svolta in favore della società poi fallita. Il Tribunale aveva respinto l’opposizione, ritenendo che la domanda, provenendo da un’entità collettiva come lo studio associato, facesse presumere l’assenza del carattere personale della prestazione, requisito essenziale per il privilegio.

La Decisione della Cassazione e i Requisiti per il Privilegio Professionista

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dello studio, cassando il decreto del Tribunale e rinviando la causa per un nuovo esame. Gli Ermellini hanno ribadito un orientamento giurisprudenziale consolidato, ma spesso disatteso nei giudizi di merito.

La Presunzione di Spersonalizzazione dello Studio Associato

La Corte chiarisce che la richiesta di ammissione al passivo presentata da uno studio associato crea una presunzione: si presume che la prestazione non sia personale e, di conseguenza, che il credito non sia privilegiato. Questa presunzione, tuttavia, non è assoluta. Essa può essere superata.

L’Onere della Prova per il Riconoscimento del Privilegio Professionista

Spetta al professionista o allo studio associato fornire la prova contraria. È necessario dimostrare in modo rigoroso che la prestazione, sebbene fatturata dall’associazione, sia riconducibile all’attività personale, esclusiva o quantomeno prevalente, di un singolo professionista associato. In sostanza, bisogna provare che l’organizzazione complessa dello studio non ha “assorbito” e spersonalizzato l’opera intellettuale del singolo, la cui remunerazione è tutelata dal privilegio.

Le Motivazioni della Corte

Il cuore della decisione risiede nella critica mossa al Tribunale di merito. La Cassazione ha ritenuto la sua motivazione “apparente”, in quanto non ha compiuto una reale analisi delle prove documentali prodotte dallo studio. Quest’ultimo, infatti, aveva tentato di dimostrare che l’attività era stata svolta quasi interamente dal socio fondatore, con un ruolo del tutto marginale per l’altro associato. Il Tribunale, secondo la Corte, ha erroneamente ignorato tali prove, trincerandosi dietro un presunto “difetto originario di allegazione” che, in realtà, non sussisteva. La richiesta di ammissione con privilegio era stata fatta fin dall’inizio, e la questione della personalità della prestazione era quindi parte integrante del thema decidendum. Il giudice avrebbe dovuto valutare nel merito la documentazione offerta per decidere sulla spettanza o meno del privilegio.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza è di grande importanza per tutti i professionisti che operano tramite studi associati. Essa conferma che la forma associativa non è di per sé un ostacolo insormontabile al riconoscimento del privilegio professionista. Tuttavia, emerge la necessità cruciale di poter documentare e provare in modo inequivocabile il carattere personale della prestazione. Per i professionisti, ciò significa mantenere una tracciabilità precisa dell’apporto individuale ai singoli incarichi, anche quando formalmente assunti dall’associazione. Per i giudici, invece, rappresenta un monito a non fermarsi alla forma giuridica del creditore, ma a esaminare la sostanza del rapporto per garantire la tutela, voluta dal legislatore, al compenso derivante dal lavoro autonomo.

Un credito fatturato da uno studio associato può godere del privilegio che spetta ai professionisti?
Sì, il credito può essere riconosciuto come privilegiato, ma a condizione che lo studio associato fornisca una prova rigorosa del fatto che la prestazione è stata eseguita personalmente e in via esclusiva o prevalente da un singolo professionista.

Cosa si intende per “presunzione di spersonalizzazione” del credito di uno studio associato?
Significa che quando la domanda di ammissione al credito in un fallimento proviene da un’entità collettiva come uno studio associato, il giudice presume inizialmente che il lavoro non sia stato svolto da una singola persona ma dall’organizzazione nel suo complesso. Questa presunzione, però, può essere superata con prove contrarie.

Il giudice può rifiutarsi di esaminare le prove sulla personalità della prestazione se prodotte in un secondo momento?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che se la questione rientra nel tema da decidere (il cosiddetto “thema decidendum”), il giudice ha il dovere di prendere in considerazione e valutare tutta la documentazione prodotta tempestivamente nel corso del giudizio per accertare la spettanza del privilegio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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