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Privilegio professionale per società: la Cassazione dubita

Una società cooperativa di professionisti chiede il riconoscimento del privilegio professionale per un credito da progettazione. La Cassazione, di fronte a un orientamento consolidato ma con dubbi interpretativi sulla “pertinenza” del credito al singolo professionista, non decide e rinvia il caso a una pubblica udienza per approfondire la questione.

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Privilegio professionale per le società: la Cassazione frena e rinvia

Il riconoscimento del privilegio professionale ai crediti vantati dalle società di professionisti è una questione complessa, che contrappone la natura imprenditoriale dello strumento societario al carattere personale della prestazione intellettuale. Con l’ordinanza interlocutoria n. 6759/2024, la Corte di Cassazione ha scelto di non decidere, rinviando la causa a una pubblica udienza per un necessario approfondimento su un punto cruciale: cosa significa che il credito deve essere ‘di pertinenza’ del singolo professionista?

I Fatti del Caso

Una società cooperativa di ingegneria e architettura si opponeva alla decisione del Tribunale che, nell’ambito della liquidazione coatta amministrativa di una società cliente, aveva ammesso il suo credito per attività di progettazione, negandogli però il privilegio professionale previsto dall’art. 2751-bis c.c. Il giudice di merito aveva motivato la sua decisione sulla base del fatto che nel contratto di incarico non erano stati specificamente individuati i professionisti che avrebbero eseguito la prestazione, facendo così venir meno l’elemento dell’intuitus personae, ritenuto essenziale per il riconoscimento della natura privilegiata del credito.

La questione giuridica e il ricorso in Cassazione

La società ricorrente ha contestato questa interpretazione, sostenendo che l’incarico, sebbene formalizzato con la società, era stato di fatto conferito oralmente a singoli professionisti che avevano poi ceduto il loro credito alla cooperativa. Secondo la tesi difensiva, la norma sul privilegio professionale non richiederebbe necessariamente un rapporto fiduciario diretto con l’ente, ma solo che la prestazione sia stata fornita da un professionista iscritto all’albo, anche se socio di una società.

L’orientamento consolidato e il nuovo dubbio interpretativo

La Corte di Cassazione ha richiamato il suo orientamento consolidato in materia. La giurisprudenza prevalente presume che quando la domanda di ammissione al passivo è presentata da uno studio associato o da una società, il carattere personale della prestazione venga meno. Per superare questa presunzione e ottenere il privilegio professionale, l’istante ha l’onere di dimostrare due condizioni:

1. Che la prestazione sia stata svolta personalmente, in via esclusiva o prevalente, da un professionista specifico.
2. Che il credito sia ‘di pertinenza’ dello stesso professionista, anche se richiesto formalmente dall’associazione.

Proprio su questo secondo punto, la Corte ha ravvisato la necessità di un approfondimento. La tralatizia affermazione della ‘pertinenza del credito’ merita una riflessione più attenta per definirne il senso esatto e le implicazioni pratiche.

Le Motivazioni dell’Ordinanza Interlocutoria

Le motivazioni che hanno spinto la Corte a non decidere immediatamente risiedono nella delicatezza e nella potenziale portata innovativa della questione. Anziché emettere una sentenza definitiva, i giudici hanno ritenuto opportuno disporre un rinvio a una pubblica udienza. Questa scelta procedurale permette un dibattito più ampio e approfondito, con la partecipazione delle parti e del Procuratore Generale. L’obiettivo è sviscerare il concetto di ‘pertinenza del credito’ per capire se, ad esempio, un accordo interno di cessione del credito dal socio professionista alla società sia sufficiente a trasferire anche il privilegio ad essa collegato. La Corte, inoltre, ha richiesto l’acquisizione di un altro provvedimento del Tribunale relativo a una richiesta di correzione di errore materiale, a dimostrazione della complessità fattuale e procedurale del caso.

Le Conclusioni

Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione sospende il giudizio su un tema di grande rilevanza per il mondo delle professioni organizzate in forma societaria. La futura decisione, che verrà presa dopo la pubblica udienza, potrebbe chiarire in modo definitivo i confini e le condizioni per l’applicazione del privilegio professionale alle società, con importanti conseguenze sulla tutela dei crediti di migliaia di studi professionali in tutta Italia. La questione non è più solo se la prestazione sia personale, ma anche come e a quali condizioni il relativo credito possa mantenere la sua natura privilegiata una volta entrato nel patrimonio di un’entità collettiva.

Una società di professionisti ha sempre diritto al privilegio per i propri crediti?
No, non automaticamente. Secondo l’orientamento consolidato della Cassazione, la domanda di insinuazione al passivo presentata da una società fa presumere l’assenza del carattere personale della prestazione, che è un presupposto fondamentale per il riconoscimento del privilegio.

Cosa deve dimostrare la società per ottenere il privilegio professionale?
La società deve superare la presunzione di spersonalizzazione dimostrando che il credito si riferisce a una prestazione svolta personalmente, in via esclusiva o prevalente, da un professionista e, inoltre, che tale credito sia ‘di pertinenza’ dello stesso professionista, anche se formalmente richiesto dalla società.

Qual è la decisione finale della Corte di Cassazione in questo caso?
La Corte non ha preso una decisione finale. Ha emesso un’ordinanza interlocutoria con cui ha rinviato la causa a una nuova udienza pubblica per approfondire un aspetto specifico e complesso: il significato esatto del requisito della ‘pertinenza del credito’ al singolo professionista.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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