Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 10836 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 10836 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 24/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 19879 – 2022 R.G. proposto da:
STUDIO COGNOME e RAGIONE_SOCIALE -p.i.v.a. P_IVA -in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliato in Roma, alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale su foglio allegato al ricorso.
RICORRENTE
contro
CURATORE del fallimento della RAGIONE_SOCIALE (ora RAGIONE_SOCIALE , in persona del dottor NOME COGNOME
INTIMATO
avverso il decreto del Tribunale di Trento del 15.7.2022, udita la relazione nella camera di consiglio del 13 marzo 2025 del consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
L o ‘Studio COGNOME RAGIONE_SOCIALE domandava l’ammissione al passivo del fallimento della ‘RAGIONE_SOCIALE, dichiarato dal Tribunale di Trento con sentenza del 19.1.2021.
Esponeva che i dottori commercialisti NOME COGNOME ed NOME COGNOME ovvero due dei tre professionisti propri associati, avevano svolto su incarico e per conto della società poi fallita attività professionale ai fini della proposizione di domanda di concordato preventivo – concordato aperto e poi rivelatosi non utilmente percorribile – nonché, nei due anni precedenti la dichiarazione di fallimento, attività professionale ai fini della predisposizione, previo controllo della contabilità, dei bilanci societari e della impugnazione di taluni accertamenti fiscali (cfr. ricorso, pag. 2) .
Chiedeva quindi l’ammissione al passivo in prededuzione per l’attività professionale finalizzata alla proposizione di domanda di concordato, in privilegio ex art. 2751 bis , n. 2, cod. civ. per l’ulteriore attività professionale (cfr. ricorso, pag. 3) .
Il giudice delegato al fallimento faceva luogo all’ammissione in prededuzione per l’importo di euro 25.946,96 limitatamente alle ‘prestazioni rese in funzione della procedura di concordato preventivo’, in chirografo per l’importo di euro 100.702,98 limitatamente all’ulteriore attività professionale, in ‘assenza di prova di prestazioni rese personalmente da un professionista nel biennio di cui all’art. 2751 bis n. 2’ (cfr. ricorso, pagg. 3 – 4) .
Lo ‘ Studio COGNOME RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione ex art. 98 l.fall. Chiedeva l’ammissione in privilegio ex art. 2751 bis , n. 2, cod. civ. per l’importo di euro 100.702,98, in subordine per l’importo di euro 78.283,60, in ulteriore subordine per l’importo di euro 41.679,46.
Resisteva il curatore del fallimento.
Con decreto del 15.7.2022 il Tribunale di Trento rigettava l’opposizione e condannava l’opponente alle spese di lite.
Evidenziava – il tribunale – che nella specie, alla luce delle scritture private datate 6.5.2019 e 31.3.2020, ‘ l’incarico professionale consulenziale ‘ era stato ‘ conferito dalla RAGIONE_SOCIALE allo Studio COGNOME RAGIONE_SOCIALE in persona del suo legale rappresentante, e non già a uno dei tre soci fondatori (…) e/o a uno degli ulteriori professionisti e collaboratori che ne compongono la ‘ (così decreto impugnato, pag. 4) .
Evidenziava quindi che tale risultanza ostava al riconoscimento del privilegio alla luce dell’indicazione espressa da lla Corte di legittimità con la pronuncia n. 4485/2015 (cfr. decreto impugnato, pag. 4) .
Evidenziava in ogni caso che non vi era margine per il riconoscimento della prelazione pur nel quadro dell’elaborazione espressa da lla Corte di legittimità con la più recente pronuncia n. 10997/2021 , postulante, qualora l’incarico sia stato conferito ad uno studio associato, la duplice condizione che il credito si riferisca ad una prestazione svolta personalmente, in via esclusiva o prevalente, da un professionista associato e sia di sua pertinenza, ancorché il credito sia stato richiesto dall’associazione (cfr. decreto impugnato, pagg. 4 – 5) .
Evidenziava invero che il riconoscimento del privilegio in favore dell’associazione professionale -nei termini di un’interpretazione estensiva dell’art. 2751 bis , n. 2, cod. civ. comunque atta a salvaguardare il credito da lavoro intellettuale -si giustifica ‘se l’importo richiesto, al netto di eventuali spese di gestione, spetta al professionista che ha effettivamente svolto la prestazione’ (così decreto impugnato, pag. 5) , di guisa che il privilegio non può essere accordato, qualora i compensi versati dai clienti vengano, ‘di fatto, indirettamente percepiti anche da chi non ha svolto alcuna attività, (…) venendo
piuttosto a costituire un provento da attività che assume carattere imprenditoriale e commerciale’ (così decreto impugnato, pag. 5) .
Evidenziava quindi che, nella specie, non solo non era stato dimostrato né si ambiva a dimostrare, ‘(apparendo evidentemente a ciò inidonei i capitoli di prova articolati in ricorso)’ (così decreto impugnato, pag. 5) , che il credito azionato fosse ‘di pertinenza del singolo professionista’, ma vi era prova del contrario (cfr. decreto impugnato, pag. 5) .
Avverso tale decreto ha proposto ricorso lo ‘RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE; ne ha chiesto sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese.
Il curatore del fallimento della RAGIONE_SOCIALE (ora ‘RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese.
È stata formulata proposta ex art. 380 bis cod. proc. civ. datata 27.5.2024 di definizione del giudizio in dipendenza della ritenuta inammissibilità del ricorso.
Con istanza datata 13.6.2024 lo ‘RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE ha chiesto che la causa venga decisa.
Il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo il ricor rente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione de ll’art. 2751 bis , n. 2, cod. civ.
Deduce ch e, contrariamente all’assunto del Tribunale di Trento, in nessun modo l’associazione professionale che invoca il privilegio, è tenuta a dimostrare che, conformemente allo statuto, le somme incassate siano da assegnare integralmente al professionista associato che ha eseguito la prestazione (cfr. ricorso, pag. 11) .
Deduce che, ai fini del riconoscimento del privilegio, la ripartizione nell’ambito dell’associazione professionale degli utili complessivi, se risultanti dal bilancio, detratte le spese e i costi, è del tutto irrilevante (cfr. ricorso, pag. 12) .
Con il secondo motivo il ricor rente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. l’omesso esame circa fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.
Deduce che ha errato il Tribunale di Trento a non far luogo all’ammissione dell’articolata prova per testimoni.
Deduce segnatamente che i capitoli riguardano lo svolgimento delle singole attività da parte dei dottori commercialisti NOME COGNOME ed NOME COGNOME (cfr. ricorso, pag. 15) .
Deduce d’altr o canto che l’attribuzione del compenso al professionista che ha svolto la prestazione, ‘è questione del tutto irrilevante in quanto riguarda un elemento interno all’associazione’ (così ricorso, pag. 16) , così come è irrilevante che gli utili dello ‘Studio’ possano essere percepiti da chi non ha svolto l’attività (cfr. ricorso, pag. 17) .
I motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente siccome all’evidenza connessi, sono inammissibili ai sensi dell’art. 360 bis , n. 1, cod. proc. civ., giacché il Tribunale di Trento ha statuito in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte.
In questi termini vanno senz’altro reiterati i rilievi di cui alla proposta ex art. 380 bis cod. proc. civ. in data 27.5.2024, viepiù che le argomentazioni svolte dal ricorrente in memoria non offrono spunti per disattenderli.
Questa Corte ha spiegato che la domanda di insinuazione al passivo fallimentare proposta da uno studio associato fa presumere l ‘ esclusione della
personalità del rapporto d ‘ opera professionale da cui quel credito è derivato e, dunque, l ‘ insussistenza dei presupposti per il riconoscimento del privilegio ex art. 2751 bis , n. 2, cod. civ., salvo che l ‘ istante dimostri che il credito si riferisca ad una prestazione svolta personalmente dal professionista, in via esclusiva o prevalente, e sia di pertinenza dello stesso professionista, pur se formalmente richiesto dall ‘ associazione professionale (cfr. Cass. (ord.) 26.4.2021, n. 10977) .
13. Ebbene, nel solco del testé citato insegnamento, il Tribunale di Trento ha debitamente esplicitato che le disposizioni dello statuto dello ‘RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE‘ deponevano nel senso che il compenso per l’opera professionale prestata non era destinato ad esser attribuito al professionista che ‘in concreto esegue la prestazione richiesta, ma diviene parte integrante degli utili da ripartire in misura corrispondente alla partecipazione di ciascun socio (…)’ (così decreto impugnato, pag. 6) .
Ed ha coerentemente puntualizzato che in tal modo i compensi corrisposti dalla clientela sarebbero stati di fatto percepiti anche dagli associati estranei allo svolgimento delle prestazioni – cui i medesimi compensi si correlavano sinallagmaticamente ed avrebbero costituito, piuttosto, ‘una remunerazione del capitale investito per l’organizzazione del lavoro svolto in forma associata’ (così decreto impugnato, pag. 6 – 7) , il che senza dubbio ostava al riconoscimento del titolo di prelazione.
In tal guisa il tribunale ha ineccepibilmente e congruamente dato conto che, pur a fronte del riscontro, in esito all’ invocata assunzione della prova per testimoni, dell’esecuzione delle prestazioni professionali de quibus da parte, personalmente, dei dottori commercialisti NOME COGNOME ed NOME COGNOME non sarebbe comunque stata acclarata la ‘pertinenza’ del credito azionato in quanto credito destinato a confluire nell’utile dello ‘RAGIONE_SOCIALE‘, da
ripartire poi tra gli associati in base alla misura della partecipazione di ciascuno -alle prestazioni d’opera intellettuale personalmente svolte dai medesimi dottori commercialisti.
In questo quadro va soggiunto che il dictum del Tribunale trentino non risulta in contrasto con la successiva elaborazione di questa Corte (cfr. Cass. 13.11.2024, n. 29371; Cass. 16.12.2024, n. 32737) .
Segnatamente, il primo capitolo (‘vero che le attività descritte negli allegati da 3 a 9 -preavvisi di notula -sono state svolte dalla Dott.ssa NOME COGNOME e, in alcune occasioni, dal Dott. NOME COGNOME entrambi personalmente’) della prova per testimoni (cfr. ricorso, pagg. 6 -7) articolata dal ricorrente non risulta in maniera puntuale e specifica volto a dimostrare che il credito per il quale è stata domandata l’ammissione al passivo , costituisca la retribuzione dovuta ai medesimi professionisti per l ‘ opera prestata, recte , che il credito per cui è controversia, è ‘destinato a remunerare, s ia pure a titolo di utili (e nei limiti della relativa percentuale), lo specifico lavoro personalmente svolto, in via esclusiva o prevalente, ‘ (così in motivazione Cass. n. 32737/2024) dai dottori commercialisti NOME COGNOME ed NOME COGNOME.
Di conseguenza non può soccorrere l’elaborazione di questa Corte in punto di vizio di motivazione per omessa ammissione della prova testimoniale espressa dagli insegnamenti n. 16214 del 17.6.2019 e n. 5654 del 7.3.2017.
Per altro verso, non ha valenza alcuna che nell’ambito della stessa procedura fallimentare sia stata riconosciuta al ricorrente benché l’incarico fosse stato conferito allo ‘Studio Associato’ – la prededuzione con riferimento ai compensi per l’attività professionale svolta dai propri associati, NOME COGNOME ed NOME COGNOME ai fini della proposizione della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo (cfr. ricorso, pag. 12) .
Il curatore del fallimento della RAGIONE_SOCIALE (ora RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese. Pertanto, nonostante la declaratoria di inammissibilità del ricorso, nessuna statuizione va assunta in ordine alle spese del presente giudizio pur in rapporto alla previsione del 3° co. dell’art. 96 cod. proc. civ.
Viceversa, nulla osta all’ applicazione del 4° co. dell’art. 96 cod. proc. civ. Il ricorrente va quindi condannato al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di cui in dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte così provvede:
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente, ‘RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE , a pagare alla cassa delle ammende, ex art. 96, 4° co., cod. proc. civ., la somma di euro 2.500,00;
a i sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. n. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sez. civ. della Corte