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Privilegio professionale avvocato: la Cassazione chiarisce

Una professionista legale si opponeva alla reiezione parziale del suo credito professionale nello stato passivo di un fallimento. La Corte di Cassazione ha accolto il suo ricorso, stabilendo principi fondamentali sul privilegio professionale avvocato. In particolare, ha chiarito che il biennio per il privilegio decorre dalla cessazione dell’incarico e non dalla data del fallimento, e che il giudice deve esaminare eventuali accordi scritti sul compenso. La causa è stata rinviata al Tribunale per un nuovo esame.

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Privilegio professionale avvocato: la Cassazione fissa i paletti

Con l’ordinanza n. 15014/2024, la Corte di Cassazione è intervenuta su una questione cruciale per i professionisti legali: il riconoscimento del privilegio professionale avvocato nell’ambito delle procedure fallimentari. La pronuncia chiarisce due aspetti fondamentali: il calcolo del biennio di riferimento per il privilegio e l’efficacia degli accordi sul compenso. Questa decisione rappresenta un punto di riferimento importante per la tutela dei crediti professionali.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dall’opposizione presentata da una legale avverso il decreto con cui il giudice delegato aveva ammesso solo in parte il suo credito per prestazioni professionali nello stato passivo del fallimento di una società. Il giudice aveva ridotto l’importo richiesto per diverse ragioni, tra cui l’assenza di un accordo formale sul compenso e la mancata presentazione di un parere di congruità dell’Ordine professionale.

Successivamente, il Tribunale, chiamato a decidere sull’opposizione, aveva confermato la decisione del giudice delegato, rigettando le richieste della professionista. In particolare, il Tribunale aveva ritenuto che il termine biennale per il riconoscimento del privilegio dovesse decorrere dalla data della dichiarazione di fallimento, escludendo così la tutela per alcune prestazioni anteriori. Contro questa decisione, la legale ha proposto ricorso per cassazione.

La decisione del Tribunale e i motivi del ricorso

Il Tribunale aveva basato il proprio rigetto su tre argomenti principali:
1. La mancata allegazione di un parere di congruità per l’attività stragiudiziale.
2. La corretta applicazione dei parametri tariffari da parte del giudice delegato.
3. L’inammissibilità di alcune pretese creditorie perché il privilegio professionale avvocato, previsto dall’art. 2751-bis c.c., ha un limite temporale di due anni, che il Tribunale ha calcolato a ritroso dalla data di dichiarazione del fallimento.

La ricorrente ha impugnato questa decisione lamentando, tra le altre cose, l’omesso esame di un fatto decisivo (l’esistenza di un accordo sul compenso) e la violazione di legge nell’individuazione del dies a quo per il calcolo del biennio del privilegio.

Le Motivazioni della Cassazione sul privilegio professionale avvocato

La Corte di Cassazione ha accolto i motivi principali del ricorso, cassando la decisione del Tribunale e fornendo importanti chiarimenti sul privilegio professionale avvocato.

L’errore sulla valutazione dell’accordo sul compenso

In primo luogo, la Corte ha ritenuto fondato il motivo relativo all’omesso esame di un fatto decisivo. La ricorrente aveva dimostrato, attraverso documenti prodotti in giudizio, di aver pattuito un compenso specifico per l’attività stragiudiziale. Il Tribunale, affermando erroneamente che non vi fosse alcuna convenzione tra le parti, aveva ignorato tale prova e determinato il compenso sulla base delle tariffe forensi. Secondo la Cassazione, questa omissione ha viziato la decisione, rendendola illegittima, poiché il giudice avrebbe dovuto prendere in considerazione l’accordo negoziale raggiunto tra le parti.

Il calcolo del biennio per il privilegio professionale avvocato

Il punto più significativo della pronuncia riguarda il calcolo del termine biennale previsto dall’art. 2751-bis, n. 2, c.c. per il riconoscimento del privilegio. Il Tribunale aveva identificato il dies a quo (il giorno di partenza) nella data di dichiarazione del fallimento. La Cassazione ha ribadito il suo consolidato orientamento, definendo questa interpretazione errata.

Il termine biennale, infatti, non decorre dall’inizio della procedura esecutiva (individuale o concorsuale), ma dal momento in cui la prestazione professionale è terminata o comunque cessata. Questo principio valorizza la data di cessazione del rapporto professionale, a prescindere dal tempo trascorso fino all’avvio della procedura fallimentare. Di conseguenza, il privilegio copre i compensi per le prestazioni svolte negli ultimi due anni del rapporto professionale, anche se parte dell’attività è anteriore a tale biennio, data l’unitarietà dell’incarico.

L’applicazione delle tariffe professionali

Infine, la Corte ha accolto anche il motivo relativo all’applicazione delle tariffe. Citando un precedente delle Sezioni Unite (n. 17406/2012), ha affermato che i nuovi parametri ministeriali (D.M. 120/2012) si applicano a tutte le prestazioni non ancora concluse alla data della loro entrata in vigore. La liquidazione del compenso deve essere considerata in modo unitario, facendo riferimento alla tariffa vigente al momento dell’esaurimento della prestazione, senza poter ‘segmentare’ l’attività per applicare in parte le vecchie tariffe e in parte i nuovi parametri.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza del Tribunale e ha rinviato la causa per un nuovo giudizio. La decisione stabilisce con fermezza tre principi a tutela dei crediti dei professionisti legali:
1. L’esistenza di un accordo sul compenso, se provata, non può essere ignorata dal giudice fallimentare.
2. Il privilegio professionale avvocato per i crediti degli ultimi due anni si calcola a ritroso dalla data di cessazione dell’incarico, non dalla dichiarazione di fallimento.
3. La liquidazione del compenso segue le norme vigenti al momento della conclusione dell’incarico, considerato nella sua interezza.

Questa pronuncia rafforza le garanzie per gli avvocati, assicurando una maggiore certezza nell’interpretazione delle norme che regolano i loro compensi nelle procedure concorsuali.

Da quale momento si calcola il biennio per il privilegio professionale dell’avvocato in caso di fallimento del cliente?
Secondo la Corte di Cassazione, il termine di due anni previsto dall’art. 2751-bis, n. 2, c.c. deve essere calcolato a ritroso dal momento in cui l’incarico professionale è stato portato a termine o è comunque cessato, e non dalla data della dichiarazione di fallimento del debitore.

Se un avvocato e un cliente si accordano per iscritto sul compenso, il giudice fallimentare può ignorare tale accordo?
No. La Corte ha stabilito che l’omessa valutazione di un patto negoziale esistente tra le parti, debitamente provato in giudizio, costituisce un vizio della decisione. Il giudice deve tenere conto dell’accordo nel determinare l’entità del credito da ammettere al passivo.

Quale tariffa si applica se un incarico professionale è iniziato sotto il vigore di vecchie tariffe ma si è concluso dopo l’entrata in vigore di nuovi parametri?
La Corte ha chiarito che si applica la normativa vigente al momento in cui la prestazione professionale si è esaurita. Il compenso deve essere liquidato in modo unitario, senza ‘frazionare’ l’attività per applicare regolamentazioni diverse a seconda del periodo in cui sono stati compiuti i singoli atti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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