Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 31585 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 31585 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8628/2018 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
CURATELA DEL FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso il DECRETO del TRIBUNALE di FERMO n. 1983/2015 depositato il 16/02/2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/10/2024
dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con decreto depositato il 16.2.2018 il Tribunale di Fermo ha rigettato l’opposizione ex art. 98 legge fall. proposta da Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. avverso il decreto con cui il G.D. del RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE:
ha ammesso in via chirografaria il credito di € 3.100.685,29, quale saldo debitore del contratto di finanziamento agrario stipulato in data 25.2.2011, con esclusione del privilegio legale ex art. 44 TUB e della somma di € 492.509,04, in quanto relativa agli interessi legali, non pattuiti con contratto avente data certa anteriore al fallimento;
ha ammesso in via chirografaria il credito di € 394.867,47, quale saldo debitore del conto corrente n. 5780/5999.79, esclusi sia il maggior credito di € 228.989,04 richiesto per interessi ultralegali e anatocistici, commissioni di massimo scoperto, spese ed altre commissioni, in quanto non pattuiti con contratto avente data certa anteriore al fallimento, sia il maggior credito di € 403.147,62 per interessi e competenze su anticipi addebitati sul predetto conto corrente, in quanto parimenti non pattuiti con contratto avente data certa anteriore al fallimento;
ha escluso il maggior credito di € 234.635,02 per rateo interessi trimestrali da contratti di interest rate swap, addebitati sul c/c ordinario 5780/5900.79, in quanto il rapporto su cui si fonda l’addebito non risulta provato;
ha escluso l’intero credito di € 340.042,26, richiesto quale saldo debitore del contratto di interest rate swap n. 91940 780 in quanto
la domanda non risulta provata e, in ogni caso, non essendo il contratto opponibile al fallimento in quanto privo di data certa.
Il giudice di primo grado ha escluso il privilegio legale ex art. 44 TUB relativo al credito sub a), per avere il ricorrente chiesto l’ammissione in via privilegiata del proprio credito ex art. 44 TUB, senza meglio specificare a quale privilegio intendesse riferirsi e senza indicare i beni su cui intendeva esercitare la prelazione.
Quanto all’esclusione dei crediti relativi ad interessi legali di cui al contratto di finanziamento agrario del 25.2.2011 e all’esclusione relativa ad interessi ultralegali e anatocistici, commissioni di massimo scoperto, spese ed altre commissioni, oltre agli interessi e competenze su anticipi di cui al c/c ordinario 5780/5900.79, il Tribunale di Fermo, nel condividere le valutazioni del G.D. in ordine alla mancanza di data certa dei documenti, ha evidenziato che all’accertamento dell’anteriorità di tali rapporti rispetto alla dichiarazione di fallimento -ritenuta dallo stesso G.D. -non poteva automaticamente conseguire l’opponibilità delle singole pattuizioni contenute in documenti contrattuali privi di data certa. Venendo, infatti, in rilievo un contratto sottoposto a determinati requisiti di forma, ed agendo il curatore in qualità di terzo sia rispetto ai creditori del fallito, sia rispetto al fallito stesso, la carenza di data certa del documento si riverberava sulla sua utilizzabilità nei confronti del curatore, dovendo la relativa prova essere fornita per iscritto.
Né la produzione degli estratti conto consentiva di individuare la data certa a decorrere dalla quale sarebbero dovute le competenze richieste dalla banca.
Infine, con riferimento all’esclusione delle somme relative al contratto di interest rate swap, il giudice di primo grado ha svolto le medesime considerazioni di cui sopra sulla data certa, osservando, comunque, che in questo caso l’ammontare del credito risultava ulteriormente incerto, essendo attestato esclusivamente
dalla certificazione ex art. 50 TUB, inidonea a fornire la prova del credito.
Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso per cassazione la Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., affidandolo a cinque motivi. La curatela del RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE ha resistito in giudizio con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato la memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è stata dedotta la violazione degli artt. 2702 e 2704 cod. civ.
Rileva la ricorrente che, consentendo la formula estensiva dell’art. 2704 cod. civ. di individuare fatti esterni al documento dai quali acquisire certezza in ordine all’anteriorità di data del documento medesimo, una volta accertatane la preesistenza, il contenuto del contratto diviene opponibile alla curatela.
Il Tribunale ha errato nel ritenere irrilevanti le circostanze esterne al documento rispetto al contenuto negoziale dello stesso.
Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione degli artt. 44 TUB e 93 L.F.
Espone la ricorrente che l’art. 44 TUB estende il privilegio a tutti i beni costituenti l’azienda (prodotti finiti e in corso di lavorazione, bestiame, merci, scorte, materie prime etc.) nonché a quelli futuri, compresi i crediti derivanti dalla liquidazione dei beni aziendali. Essendo tali beni indicati dalla norma genericamente per tipologia, non ne è possibile una concreta individuazione, non conoscendo il creditore la consistenza dell’azienda.
Inoltre, la ricorrente rileva, quanto al titolo del richiesto privilegio (se quello previsto dal comma 1° o dal comma 2° dell’art. 44 TUB) che il privilegio convenzionale previsto dal comma 1° dell’art. 44 TUB richiede la formalizzazione di un accordo che non è stato in
alcun modo dedotto dalle parti. Non poteva quindi sorgere confusione in ordine alla circostanza che il privilegio richiesto con la domanda di insinuazione al passivo fosse quello legale di cui all’art. 44 comma 2° TUB.
Con il terzo motivo è stata dedotta l’omessa valutazione di circostanze decisive, ex 360 comma 1° n. 5 c.p.c. in relazione alla certezza della data.
Espone la ricorrente che nel ricorso ex art. 98 L.F. erano stati indicati i fatti dai quali far discendere la certezza della data dei vari contratti (tali fatti, con riferimento ai singoli contratti, sono stati espressamente menzionati con dovizia di particolari nella parte narrativa del ricorso per cassazione alle pagine da 4 a 14 nelle quali è stato trascritto integralmente il ricorso ex art. 98 L.F.).
Su tali circostanze, il Tribunale aveva omesso di pronunciare o lo aveva fatto con una motivazione carente o apparente.
La ricorrente evidenzia, inoltre, con riferimento al contratto di interest rate swap, che la certezza della data (anteriore al fallimento) emerge dal rilievo che era stato stipulato della RAGIONE_SOCIALE prima che si fondesse per incorporazione nella fallita nell’anno 2009, con conseguente estinzione della società incorporata.
L’estinzione del soggetto è equiparata alla morte e costituisce, a norma dell’art. 2704 c.c. , fatto idoneo a conferire la data certa.
Infine, con riferimento alla ritenuta (dal giudice di primo grado) incertezza del credito, la ricorrente evidenzia che nel contratto di interest rate swap vi era un piano di ammortamento che aveva stabilito in relazione alle varie scadenze contrattuali l’ammontare del credito residuo. La certificazione ex art. 50 TUB era riferita alle risultanze del contratto ed aveva una funzione meramente integrativa.
Con il quarto motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 132 comma 2° n. 4 c.p.c. e dell’art. 99 L.F.
Espone la ricorrente che il giudice di primo grado non ha indicato le ragioni di rigetto dell’opposizione, rendendo la decisione priva degli elementi essenziali atti sostenere il dispositivo.
In particolare, evidenzia che le carenze enunciate nei primi tre motivi si traducono nel difetto di motivazione.
Con il quinto motivo è stata dedotta l’omessa valutazione di prove in violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.
Il primo, il terzo, il quarto ed il quinto motivo, da esaminare unitariamente in relazione alla stretta connessione delle questioni trattate, sono inammissibili.
Va preliminarmente osservato che è orientamento consolidato di questa Corte (vedi Cass. S.U. n. 5698/2012; Cass. n. 170002/2002013; Cass. n. 26277/2013; Cass. n. 6140/2015; vedi, recentemente, Cass. n. 33353/2023; vedi anche Cass. 26837/2020 e 8245/2018, in tema di documenti riprodotti integralmente) quello secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, ai fini del requisito di cui all’art. 366, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la pedissequa riproduzione dell’intero, letterale, contenuto degli atti processuali è, per un verso, del tutto superflua, non essendo affatto richiesto che si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale è articolata; è, per altro verso, inidonea a soddisfare la necessità della sintetica esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla Corte, dopo averla costretta a leggere tutto (anche quello di cui non occorre sia informata), la scelta di quanto effettivamente rileva in ordine ai motivi di ricorso.
Dall’esame dei predetti motivi emerge in modo evidenze la totale omessa esposizione dei fatti di causa, relativamente ai contratti di cui è stata invocata dalla ricorrente la data certa.
Nella parte del ricorso intitolata ‘FATTO’, la banca ricorrente, dalla pagina 4 alla pagina 15, si è limitata a trascrivere integralmente il contenuto ricorso ex art. 98 L.F., senza enucleare quali fossero le questioni sottoposte all’esame del giudice di merito, e poi, sempre
alla pagina 15, ha riportato il dispositivo di rigetto, provvedendo quindi a svolgere direttamente i motivi.
Va, peraltro, osservato che, sempre con riferimento al primo, terzo, quarto e quinto motivo, la ricorrente neppure in tale sede ha provveduto ad una idonea esposizione dei fatti.
Infatti, nel primo motivo, la ricorrente ha riportato la motivazione integrale della seconda parte del decreto impugnato, svolgendo alcune censure sulla data certa delle scritture, ma senza neppure individuare quali parti della motivazione fossero oggetto delle proprie doglianze.
Inoltre, il motivo svolge censure che si riferiscono, in via generale, a tutti i contratti esaminati dal Tribunale di Fermo, non preoccupandosi di precisare nel dettaglio, con riferimento a ciascun contratto, quali sarebbero, ad avviso della ricorrente, i fatti esterni ritenuti idonei dal Tribunale a provare la preesistenza del documento, ma non idonei a consentire l’applicazione delle clausole contenute nello stesso documento.
Nel terzo motivo, la ricorrente ha denunciato la ‘omessa valutazione della rilevanza delle circostanze dedotte in relazione alla certezza della data’, a norma dell’art. 360 comma 1° n. 5 c.p.c., allegando di aver indicato nel ricorso ex art. 98 L.F. i fatti dai quali far discendere la certezza della data dei vari contratti su cui il Tribunale avrebbe omesso di pronunciarsi, o lo avrebbe fatto così, al con motivazione carente o apparente, ritenendo erroneamente, sufficiente ed idoneo il richiamo integrale contenuto del proprio ricorso ex art. 98 L.F.
Il ricorrente, nel motivo, non ha indicato in modo specifico quali fossero questi fatti, se non un cenno alla questione relativa alla fusione per incorporazione, che, peraltro, non consente di individuare neppure quale fosse il contratto interessato.
Anche il quarto motivo è palesemente inammissibile per genericità, non essendo sufficiente il richiamo generico alle ‘carenze’ indicate nei primi tre motivi per ritenerlo compiutamente illustrato.
Anche il quinto motivo, con cui viene dedotta ‘l’omessa valutazione di prove in violazione degli artt. 116 e 115 c.p.c.’ è palesemente inammissibile per genericità (si denuncia l’omessa valutazione di prove ritualmente acquisite al processo, senza neppure avere cura di specificarle, e si contesta l’omessa valorizzazione di documenti imprecisati da cui emergerebbe la certezza della data).
Il secondo motivo è inammissibile, anche se non per la violazione del requisito di cui all’art. 366, primo comma, n. 3, c.p.c., evincendosi, infatti, dall’illustrazione dello stesso motivo l’enunciazione dei fatti relativi al finanziamento agrario di cui è causa.
Il Tribunale ha escluso il privilegio del contratto di finanziamento agrario in oggetto perché:
la ricorrente aveva richiesto l’ammissione in privilegio ex art. 44 TUB senza precisare a quale privilegio intendesse riferirsi (ovvero quello legale previsto dal secondo comma o quello convenzionale previsto dal primo comma).
in ogni caso, non sono stati indicati i beni su cui intendeva esercitare la prelazione.
La ricorrente lamenta che il giudice di primo grado non ha considerato che la peculiarità della fattispecie di cui all’art. 44 T.U.B. -che estende il privilegio a tutti i beni costituenti l’azienda nonché a quelli futuri compresi i crediti derivanti dalla liquidazione dei beni aziendali -non rende possibile la concreta individuazione dei beni su cu esercitare la prelazione, non essendo il creditore in grado di conoscere la consistenza dell’azienda e l’esistenza, al momento del dichiarato fallimento, dei cespiti oggetto della garanzia. Non sussiste, quindi, il requisito della individualità dei beni che costituisce il presupposto dell’art. 93 L.F., norma che
richiede, ove la prelazione abbia carattere speciale, la descrizione del bene sul quale essa si esercita.
Tale censura è infondata.
Il privilegio legale ex art 44 comma 2° TUB, avendo ad oggetto non tutti i beni mobili del debitore -come il privilegio generale disciplinato dall’art. 2746 c.c. – ma solo determinati beni (ovvero quelli analiticamente indicati dalla predetta norma del TUB) che fanno parte dell’azienda dell’impresa che richiede il finanziamento agrario, è, senz’altro, un privilegio di natura speciale.
A tale conclusione questa Corte era già addivenuta con la pronuncia n. 14631/2015, nella quale è stata affermata espressamente l’opponibilità di tale privilegio speciale ai terzi ai sensi dell’art. 2747, comma 2, c.c.
Ne consegue che il privilegio ex art. 44 comma 2° T.U.B., in quanto privilegio speciale, è soggetto all’applicazione dell’art. 93 comma 3° L.F., che richiede la descrizione del bene sul quale si esercita la prelazione.
Né la peculiarità di tale privilegio legale, ovvero la sua estensione a tutti i beni costituenti l’azienda (prodotti finiti e in corso di lavorazione, bestiame, merci, scorte, materie prime etc.) nonché a quelli futuri compresi i crediti derivanti dalla liquidazione dei beni aziendali, rappresenta un elemento ostativo alla rigorosa applicazione dell’art. 93 L.F. nei termini sopra illustrati.
In proposito, il creditore, a differenza di quanto dedotto dalla ricorrente, ha, in realtà, la concreta possibilità di venire a conoscenza, prima di presentare l’istanza di insinuazione al passivo, della consistenza dell’azienda al momento della dichiarazione di fallimento, e, dunque, dei cespiti dell’azienda esistenti su cu esercitare la garanzia ex art. 44 comma 2° T.U.B.
Infatti, posto che, una volta dichiarato il fallimento, il curatore deve procedere alla redazione dell’inventario, a norma dell’art. 87 L.F., ‘nel più breve termine possibile’ , e a tale attività possono, peraltro,
intervenire anche i creditori, gli stessi creditori e, in generale, i terzi hanno comunque il diritto di prendere visione e di estrarre copia degli atti e dei documenti del fascicolo della procedura per i quali sussiste un loro specifico ed attuale interesse (previa autorizzazione del giudice delegato e sentito il curatore).
Ne consegue che i creditori che intendano far valere il privilegio legale di cui è causa, prima della proposizione della domanda di ammissione al passivo, ai sensi dell’art. 93 L.F., possono chiedere di prendere visione degli atti e documenti del fascicolo della procedura da cui risultano i beni inventariati.
Pertanto, accertata l’infondatezza delle censure con cui la ricorrente ha aggredito la seconda ‘ ratio decidendi ‘ , deve applicarsi il principio più volte enunciato da questa Corte secondo cui, qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza o inammissibilità delle censure mosse ad una delle ” rationes decidendi ” rende inammissibili (tale valutazione si impone, nel caso di specie, per la prima ‘ ratio decidendi ‘ ), per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (vedi Cass. n. 11493 del 11/05/2018).
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la banca ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in € 12.200 ,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da
parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1° bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 17.10.2024