Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 25699 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 25699 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 19/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5648/2019 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell ‘ avv. NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
Unica Società RAGIONE_SOCIALE in Liquidazione Coatta Amministrativa
– intimata – avverso il decreto cron. n. 155/2019, depositato dal Tribunale di Firenze l’8 .1.2019;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10.9.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Scandicci RAGIONE_SOCIALE presentò domanda di ammissione al passivo della liquidazione coatta amministrativa di RAGIONE_SOCIALE (d’ora innanzi anche , per brevità, Unica), per un credito di € 5.437.514,97, chiedendo il riconoscimento del privilegio spettante all’impresa cooperativa ai sensi dell’art. 2751 -bis , n. 5, c.c.
A fronte del l’ammissione del credito in via chirografaria, e parzialmente con riserva, da parte del giudice delegato, la ricorrente presentò opposizione allo stato passivo, che venne a sua volta respinta dal Tribunale di Firenze.
Contro il decreto del Tribunale, Scandicci RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, articolato in tre motivi.
Unica non ha svolto difese.
Nei rispettivi termini di legge anteriori alla data fissata per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell ‘ art. 380 -bis .1 c.p.c., la Procura Generale, in persona della sostituta NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte per il rigetto del ricorso e la ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso denuncia la «violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2751 -bis , n. 5, c.c. in relazione all’ art. 360, n. 3, c.p.c. nel non aver qualificato come ‘privilegiato’ il credito insinuato dalla società RAGIONE_SOCIALE».
La ricorrente -che non è una società cooperativa -invoca il fatto di avere agito, nella presente vicenda, in veste di «società veicolo» costituita dal raggruppamento di imprese resosi aggiudicatario in una gara pubblica per la realizzazione, in project financing , della stazione della tranvia veloce tra Firenze RAGIONE_SOCIALE e Scandicci. Nell’ambito dell’esecuzione del progetto, il Comune di Scandicci aveva ceduto alla ricorrente la proprietà di alcune aree destinate alla realizzazione di edifici
abitativi e commerciali, con impegno assunto dalla medesima ricorrente di procedere alla costruzione degli edifici e alla loro commercializzazione attraverso le società collegate. In seguito, RAGIONE_SOCIALE aveva a sua volta ceduto le aree così acquistate a RAGIONE_SOCIALE ricevendo da questa in appalto l’incarico di eseguire i lavori di costruzione. In seguito ai dissesti che avevano via via interessato tutte le altre imprese dell’originario raggruppamento temporaneo, i lavori di costruzioni furono poi affidati alla, ed effettivamente realizzati dalla, sola RAGIONE_SOCIALE sicché -sostiene la ricorrente -il credito da lei vantato nei confronti di Unica risulterebbe, nella sostanza e secondo la ratio della disposizione di legge che si assume violata, un credito scaturito dall’attività svolta dall’impresa artigiana. Ciò tenendo conto, in particolare, del ruolo di filtro meramente formale attribuito alla «società di progetto» dall’allora vigente codice dei contratti pubblici (art. 156 del d.lgs. n. 163 del 2006).
1.1. Il motivo è inammissibile, perché non censura quella che nel decreto impugnato è un’alternativa e autonoma ratio decidendi per il rigetto della domanda di ammissione al passivo, ovverosia il rilievo che , in ogni caso, all’impresa cooperativa non spetta il privilegio per i crediti sorti in esecuzione di un contratto d’appalto d’opera (Cass. n. 4383/2015, appositamente citata nel decreto, la quale ha anche dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2751 -bis , n. 5, c.c. nella parte in cui esso limita il privilegio delle società ed enti cooperativi di produzione e lavoro ai crediti «per i corrispettivi dei servizi prestati e della vendita dei manufatti»; l’orientamento è stato poi ribadito da Cass. n. 4184/2018).
Anche a prescindere dalla piena condivisione di tale indirizzo giurisprudenziale, che è coerente con il principio di
tassatività in materia di privilegi (Cass. S.u. n. 15889/2022; Cass. n. 1946/2003) e che di per sé implica un profilo di inammissibilità ai sensi dell’art. 360 -bis , n. 1, c.p.c., è qui sufficiente osservare che esso non è in alcun modo menzionato e messo in discussione nel ricorso, sicché l’inammissibilità consegue al ben noto principio secondo cui « ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l’annullame nto della sentenza » (Cass. n. 17182/2020; conf. Cass. nn. 10815/2019; 74/992019; 15399/2018; 9752/2017; 2108/2012; 22753/2011).
Il secondo motivo di ricorso censura un asserito «omesso esame del ‘collegamento negoziale’ esistente tra i contratti siglati nell’ambito del project financing , decisivo per rinvenire l’effettiva ‘natura privilegiata’ del credito insinuato, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 360 , n. 5, c.p.c.».
2.1. La ragione della rilevata inammissibilità del primo motivo si estende anche al secondo, essendo anch’esso volto a sostenere la tesi che il credito insinuato al passivo sia, in sostanza, riferibile alla impresa cooperativa socia della ricorrente, senza considerare che, in ogni caso, anche la cooperativa non avrebbe avuto diritto al privilegio su un credito per il pagamento del corrispettivo di un contratto d’opera.
Diventa quindi persino superfluo l’ulteriore profilo di inammissibilità connesso al rilievo che il «collegamento negoziale» non è un fatto storico per cui si possa ipotizzare il vizio di omesso esame, ma esprime un giudizio sul rapporto che
si assume esistente tra due o più atti negoziali. Giudizio da esprimere sulla base di considerazioni in diritto sul concetto di collegamento negoziale e in fatto sulla interpretazione dei contratti che si assumono collegati.
Infine anche il terzo motivo denuncia l’ «omesso esame delle circostanze afferenti al collaudo delle opere appaltate, decisivo ai fini del riconoscimento integrale del credito insinuato, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c.».
Questo motivo non riguarda la negazione del privilegio, bens ì l’ammissione con riserva d ella parte del credito insinuato al passivo corrispondente all’importo delle ritenute in garanzia, in attesa del collaudo delle opere appaltate. La ricorrente sostiene che la riserva sarebbe errata, perché in realtà il collaudo delle opere si sarebbe già perfezionato prima della domanda di ammissione al passivo.
3.1. Il motivo è inammissibile, perché il fatto di cui si assume l’omesso esame è il collaudo tecnico amministrativo eseguito della direzione lavori in data 28.10.2014, mentre il Tribunale di Firenze ha dato atto della produzione del relativo documento e ne ha esaminato il contenuto, giungendo alla conclusione che quel collaudo non fosse quello previsto nella clausola n. 7 del contratto, da intendersi riferita «all’emissione del certificato finale di collaudo delle opere private appaltate, che … non … può essere sostituito dal collaudo generale sull’intera opera».
Poiché è evidente e innegabile che il fatto è stato esaminato dal giudice del merito, ne consegue che l’effettivo contenuto del motivo di ricorso è la richiesta di un rinnovato esame, con un diverso esito, da parte della Corte di Cassazione. Il che però non è consentito in sede di legittimità.
Per quanto riguarda, poi, l’affermazione secondo cui la sussistenza del collaudo sarebbe dimostrata dal fatto che RAGIONE_SOCIALE aveva commercializzato gli appartamenti realizzati, si tratta di allegazione generica e di cui non si indica se e come fosse stata effettuata nel giudizio di merito. Inoltre, anche sotto questo profilo, non si prospetta l’omesso esame di un fatto storico risultante dagli atti oggetto di discussione tra le parti, ma si pretende dalla Corte di legittimità di sostituirsi al giudice del merito con un ragionamento presuntivo sulla possibilità di risalire da un asserito fatto noto (vendita degli appartamenti) a un diverso fatto ignorato (il collaudo delle opere conforme alla previsione contrattuale sulle ritenute in garanzia).
Dichiarato inammissibile il ricorso, non occorre provvedere sulle spese del presente giudizio di legittimità, non avendo svolto difese la parte intimata.
Si dà atto che, in base all’esito del giudizio, sussiste il presupposto per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte:
dichiara inammissibile il ricorso;
dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10.9.2025.
Il Presidente NOME COGNOME