Sentenza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 28620 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 1 Num. 28620 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/10/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 2228/2025 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa da ll’ AVV_NOTAIO CODICE_FISCALE) per procura speciale in atti
– ricorrente
–
contro
RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa da ll’ AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE per procura speciale in atti
– controricorrente – avverso il decreto del Tribunale di Siracusa n. 139/2024 depositato il 27/12/2024;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/10/2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che, rilevata la mancanza di autorizzazione del giudice delegato, ha concluso sollecitando la declaratoria di inammissibilità del ricorso e chiedendo, in subordine, il rigetto dello stesso.
FATTI DI CAUSA
Il giudice delegato alla liquidazione giudiziale di RAGIONE_SOCIALE non ammetteva al passivo della procedura il credito di complessivi € 140.000 (di cui € 100.000 in via privilegiata ex art. 8bis d.l. 3/2015 e € 40.000 in chirografo) vantato da RAGIONE_SOCIALE, rilevando che la compagine istante – la quale aveva agito, in qualità di fideiussore, in surroga dei diritti del creditore – non aveva dimostrato l’esistenza del credito originario.
Il Tribunale di Siracusa, a seguito dell’opposizione proposta da RAGIONE_SOCIALE, rilevava che l’istante, nel far valere il suo diritto in via di regresso, aveva dato prova del proprio diritto di credito producendo i titoli negoziali (le fideiussioni) e la dimostrazione dell’avvenuta escussione della RAGIONE_SOCIALE.
Disponeva, di conseguenza, l’ammissione al passivo del credito vantato da RAGIONE_SOCIALE secondo il rango richiesto.
La liquidazione giudiziale di RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione di tale decreto, pubblicato in data 27 dicembre 2024, prospettando due motivi di doglianza, volti a contestare, esclusivamente, il riconoscimento del privilegio richiesto, ai quali ha resistito con controricorso RAGIONE_SOCIALE.
Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha depositato conclusioni scritte, ex art. 378 cod. proc. civ., sollecitando la declaratoria di inammissibilità o, in subordine, il rigetto del ricorso nel merito.
Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
La RAGIONE_SOCIALE controricorrente ha rappresentato, nella memoria da ultimo depositata, l’esistenza, in capo alla ricorrente, di un insuperabile difetto di legittimazione ad processum , dato che la procedura ricorrente non ha fatto alcun riferimento all’autorizzazione del giudice delegato a promuovere questo giudizio di legittimità, né ha depositato il provvedimento autorizzativo eventualmente ottenuto. Una simile eccezione non merita accoglimento.
L’art. 123, comma 1, lett. f), C.C.I.I. stabilisce che il giudice delegato , « fatto salvo quanto previsto dall’articolo 128, comma 2, autorizza il curatore a stare in giudizio come attore o come convenuto, quando è utile per il miglior soddisfacimento dei creditori. L’autorizzazione deve essere sempre data per atti determinati e per i giudizi deve essere rilasciata per ogni grado di essi ».
La norma, per espressa indicazione del legislatore, deve essere coordinata con il disposto del successivo art. 128, comma 2, C.C.I.I., a mente del quale il curatore « non può stare in giudizio senza l’autorizzazione del giudice delegato, salvo che in materia di contestazioni e di tardive dichiarazioni di crediti e di diritti di terzi sui beni compresi nella liquidazione giudiziale, e salvo che nei procedimenti promossi per impugnare atti del giudice delegato o del tribunale e in ogni altro caso in cui non occorra ministero di difensore ».
Quest’ultimo disposto normativo, che riprende lo specifico tenore dell’art. 31 l. fall. previgente, è strutturato in funzione dell’oggetto della lite e individua particolari ipotesi in cui il curatore non necessita dell’autorizzazione del giudice delegato.
Il legislatore del codice della crisi ha così correlato la necessità di autorizzazione a casi diversi da quelli in cui si controverte di ‘contestazioni’ e ‘tardive dichiarazioni di crediti’, riferimento da intendersi come effettuato alle impugnazioni di cui agli artt. 206 e 208 C.C.I.I., in cui si pone in contestazione , appunto, l’ammissione del credito al passivo della procedura e per le quali già la norma previgente esonerava il curatore dalla richiesta di autorizzazione (cfr. Cass. 7918/2012).
Sul punto è, perciò, opportuno fissare il seguente principio: ai sensi del combinato disposto degli artt. 123, comma 1, lett. f), e 128, comma 2, C.C.I.I. non è richiesta l’autorizzazione del giudice delegato per la costituzione del curatore nei giudizi d’impugnazione del decreto di esecutività dello stato passivo e in quelli in materia di dichiarazione tardiva di credito.
In applicazione di questo principio il curatore non aveva necessità di ottenere alcuna autorizzazione per proporre ricorso per cassazione, ex art. 207, comma 14, C.C.I.I., avverso il decreto con cui il tribunale aveva definitivo il giudizio di opposizione a stato passivo.
5.1 Il primo motivo di ricorso, nel denunciare, ex art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 8 -bis d.l. 24/1/2015 n. 3, convertito con modificazioni nella l. 24/3/2015 n. 33, assume che questa norma, di carattere speciale e dunque di strettissima interpretazione, laddove stabilisce che il credito vantato dal RAGIONE_SOCIALE è assistito da privilegio generale, intende rafforzare le possibilità di recupero in funzione dell’erogazione pubblica di somme di denaro in favore di PMI e, per questo motivo, deve essere intesa nel senso di attribuire tale privilegio solo ed esclusivamente in favore del Gestore (MCC) del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE.
5.2 Il secondo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 e 5, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in quanto il tribunale ha riconosciuto il privilegio richiesto a parte del credito ammesso al passivo senza prendere in considerazione l’eccezione sollevata dalla procedura in sede di costituzione, laddove aveva espressamente eccepito la mancanza dei presupposti per procedere a un simile riconoscimento.
Il secondo motivo è infondato, dato che non è possibile mettere in discussione l’esistenza, all’interno del decreto impugnato, di una pronuncia sull’eccezione volta a contestare i presupposti per il riconoscimento del privilegio richiesto.
L’ammissione disposta, infatti, implica (seppur in maniera immotivata) un rigetto implicito di una simile difesa, visto che il credito è stato ammesso come da richiesta pur a fronte dell’avversa contestazione del presupposto del privilegio.
Il primo motivo, invece, è fondato.
7.1 L’art. 8 -bis l. 33/2015, di conversione del d.l. 3/2015, rubricato « Potenziamento del RAGIONE_SOCIALE », prevede che « il diritto alla restituzione, nei confronti del
beneficiario finale e dei terzi prestatori di garanzie, delle somme liquidate a titolo di perdite dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE di cui all’articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, costituisce credito privilegiato e prevale su ogni altro diritto di prelazione, da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall’articolo 2751-bis del codice civile, fatti salvi i precedenti diritti di prelazione spettanti a terzi ».
La norma, testualmente, fa riferimento al diritto del RAGIONE_SOCIALE (e per esso dell’impresa che lo gestisce ) a ottenere la restituzione delle somme liquidate a titolo di perdite e riconosce che tale diritto, esercitabile nei confronti sia del beneficiario finale che dei terzi prestatori di garanzie, assume rango privilegiato prevalente su ogni altro diritto di prelazione.
Non vi è dubbio che in base al tenore di questa disposizione legislativa il soggetto beneficiario del privilegio sia soltanto il soggetto gestore del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, e quindi MCC, non il fideiussore privato garantito a sua volta dal RAGIONE_SOCIALE.
E la ragione di ciò sta nel fatto che il privilegio in discorso è volto non al recupero del credito di diritto comune originato dal primigenio finanziamento o dall’escussione della RAGIONE_SOCIALE concessa , bensì a tutelare un diritto restitutorio di natura pubblicistica che mira a riacquisire risorse pubbliche alla disponibilità del RAGIONE_SOCIALE per ulteriori e futuri interventi di sostegno della produzione (v. Cass. 9657/2024).
A questo proposito deve essere espresso il seguente principio: il privilegio riconosciuto dall’art. 8 -bis l. 33/2015, di conversione del d.l. 3/2015, spetta, in ragione del tenore letterale della norma, soltanto al gestore del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e trova giustificazione nel fatto che una simile prelazione ha come propria causa non il recupero del credito di diritto comune originato dal primigenio finanziamento o dall’escussione della RAGIONE_SOCIALE concessa, bensì l’intento di tutelare un diritto restitutorio di natura pubblicistica che mira a riacquisire risorse pubbliche alla disponibilità del RAGIONE_SOCIALE stesso.
7.2 Non inducono a diverse considerazioni le obiezioni sollevate dalla controricorrente RAGIONE_SOCIALE, la quale ha rappresentato (a pag. 7 del controricorso) di aver intrapreso, nei confronti della debitrice finale, le procedure di recupero del credito prima che le fosse liquidata, da parte del RAGIONE_SOCIALE, la perdita per € 80.000 (pari all’80% di € 100.000 di cui all’atto fideiussorio n. 28NUMERO_DOCUMENTO) e che il medesimo RAGIONE_SOCIALE non avrebbe – nelle more – esercitato alcun diritto sulla debitrice finale, al fine di sostenere di aver agito in recupero dell’importo di € 100.000 non nel proprio interesse, ma nell’interesse del RAGIONE_SOCIALE.
Si tratterebbe, dunque, di un credito restitutorio facente capo al RAGIONE_SOCIALE, ma azionato – in concreto – da RAGIONE_SOCIALE.
Tutto questo, però, non risulta affatto dal decreto impugnato, così come non risulta che in tal modo e in tal senso fosse stata prospettata la domanda; al contrario, il tribunale, nel discettare della distinzione tra surroga e regresso, sembra collocare la pretesa proprio quale pretesa del fideiussore che ha pagato, in prima persona, quindi, e non in qualità di sostituto processuale del RAGIONE_SOCIALE.
Il provvedimento impugnato, dunque, deve essere cassato, con rinvio al Tribunale di Siracusa, il quale, nel procedere a nuovo esame della causa, si atterrà ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo, cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia la causa al Tribunale di Siracusa in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma in data 14 ottobre 2025.
Il AVV_NOTAIO estensore
Il Presidente