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Privilegio fondo garanzia: spetta solo al gestore

La Corte di Cassazione stabilisce che il privilegio fondo garanzia, previsto dall’art. 8-bis del d.l. 3/2015, ha natura pubblicistica e spetta esclusivamente al gestore del fondo statale. Di conseguenza, il fideiussore privato, anche se controgarantito dal fondo, non può avvalersi di tale privilegio quando agisce in regresso contro il debitore in liquidazione giudiziale. La sentenza chiarisce anche che il curatore non necessita dell’autorizzazione del giudice delegato per impugnare le decisioni relative all’ammissione dei crediti allo stato passivo.

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Privilegio Fondo Garanzia: la Cassazione conferma che spetta solo al Gestore statale

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato una questione cruciale per gli operatori del credito: la titolarità del privilegio fondo garanzia. La Corte ha stabilito che questo speciale diritto di prelazione, introdotto per rafforzare il recupero di fondi pubblici, non si estende al fideiussore privato che agisce in regresso, anche se la sua garanzia è a sua volta coperta dal Fondo di Garanzia per le PMI. Questa decisione chiarisce la natura e i limiti di una norma fondamentale per il sistema di sostegno alle imprese.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dalla liquidazione giudiziale di una società a responsabilità limitata. Una società cooperativa di garanzia fidi, che aveva prestato fideiussione in favore della società poi fallita, chiedeva di essere ammessa allo stato passivo per un credito di 140.000 euro. Di questi, 100.000 euro erano richiesti in via privilegiata, invocando l’applicazione dell’art. 8-bis del d.l. 3/2015, che istituisce un privilegio generale sui beni mobili del debitore per i crediti del Fondo di Garanzia PMI.

Inizialmente, il giudice delegato aveva respinto la richiesta, non ritenendo provata l’esistenza del credito originario. In seguito all’opposizione del fideiussore, il Tribunale riformava la decisione, ammettendo il credito con il privilegio richiesto. La curatela della liquidazione giudiziale proponeva quindi ricorso per cassazione, contestando esclusivamente il riconoscimento del privilegio.

La questione del privilegio fondo garanzia

Il cuore della controversia ruotava attorno all’interpretazione dell’art. 8-bis del d.l. 3/2015. La curatela sosteneva che tale norma, avendo carattere speciale, dovesse essere interpretata restrittivamente. Il privilegio fondo garanzia sarebbe quindi attribuito esclusivamente al Gestore del Fondo (MCC – Medio Credito Centrale) e non potrebbe essere esteso, per analogia o surroga, al garante privato che ha pagato il debito. La finalità della norma, secondo la ricorrente, è quella di tutelare l’erario, assicurando il rientro di risorse pubbliche destinate al sostegno delle piccole e medie imprese.

Un’altra questione, di natura processuale, riguardava la necessità per il curatore di ottenere l’autorizzazione del giudice delegato per proporre il ricorso. La controricorrente aveva eccepito un difetto di legittimazione ad processum del curatore, ma la Corte ha rapidamente respinto questa eccezione, chiarendo un importante aspetto procedurale del Codice della Crisi.

La Decisione della Corte di Cassazione e le motivazioni

La Suprema Corte ha accolto il ricorso della curatela, cassando il decreto del Tribunale e fornendo due principi di diritto fondamentali.

In primo luogo, sul piano processuale, la Corte ha stabilito che il curatore non necessita dell’autorizzazione del giudice delegato per costituirsi nei giudizi di impugnazione relativi allo stato passivo. Il combinato disposto degli artt. 123 e 128 del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza esonera il curatore da tale adempimento in materia di ‘contestazioni’ e ‘tardive dichiarazioni di crediti’, categorie in cui rientrano le opposizioni allo stato passivo.

Nel merito, la Corte ha affermato che il privilegio fondo garanzia ha una natura strettamente personale e pubblicistica. La sua finalità non è quella di garantire un generico credito derivante da un finanziamento, ma di tutelare un ‘diritto restitutorio di natura pubblicistica’. L’obiettivo è riacquisire risorse pubbliche alla disponibilità del Fondo per poter finanziare futuri interventi di sostegno alla produzione.

Di conseguenza, il soggetto beneficiario del privilegio è unicamente il gestore del Fondo. Il fideiussore privato che interviene e paga il debito agisce per recuperare un credito di diritto comune, derivante dall’escussione della propria garanzia, e non può ‘ereditare’ un privilegio che la legge ha concepito con una finalità pubblica e specifica, legata alla natura del creditore originario.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

La sentenza consolida un orientamento interpretativo restrittivo e rigoroso. Le conclusioni che se ne possono trarre sono nette: il privilegio speciale previsto dall’art. 8-bis non è un accessorio del credito che si trasferisce con esso, ma una qualità soggettiva legata al creditore pubblico. Gli intermediari finanziari e i confidi che operano con la controgaranzia del Fondo di Garanzia PMI devono essere consapevoli che, in caso di insolvenza del debitore, il loro credito di regresso sarà chirografario, senza poter beneficiare della prelazione speciale. Questa decisione rafforza la natura pubblicistica del Fondo e assicura che le tutele speciali previste dal legislatore rimangano circoscritte al loro scopo originario: la protezione e la reintegrazione delle risorse statali.

Un fideiussore privato che paga un debito garantito dal Fondo di Garanzia PMI può beneficiare del privilegio speciale previsto dalla legge?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che il privilegio previsto dall’art. 8-bis del d.l. 3/2015 spetta esclusivamente al soggetto gestore del Fondo di Garanzia (MCC) e non si trasferisce al fideiussore privato che agisce in regresso.

Per quale motivo la Corte di Cassazione ha negato l’estensione del privilegio al garante privato?
La ragione risiede nella natura pubblicistica del privilegio. Esso non è volto a garantire il recupero di un credito comune, ma a tutelare un diritto restitutorio di risorse pubbliche. La sua finalità è quella di riacquisire fondi alla disponibilità dello Stato per futuri interventi di sostegno alle imprese, e tale finalità è strettamente legata alla natura pubblica del creditore originario.

Il curatore di una liquidazione giudiziale ha bisogno dell’autorizzazione del giudice delegato per impugnare un decreto del tribunale sullo stato passivo?
No. La Corte ha chiarito che, ai sensi degli artt. 123 e 128 del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, l’autorizzazione del giudice delegato non è richiesta per la costituzione del curatore nei giudizi di impugnazione del decreto di esecutività dello stato passivo e in quelli relativi a dichiarazioni tardive di credito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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