Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 27360 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 27360 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 83/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del legale rappresentante pro tempore in atti indicato, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME, presso il cui indirizzo di posta elettronica certificata è domiciliata per legge;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del legale rappresentante pro tempore in atti indicato, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME, presso il cui indirizzo di posta elettronica certificata è domiciliato per legge;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 3229/2022, depositata il 12/05/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/09/2024 dal Consigliere COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. La RAGIONE_SOCIALE (di seguito per brevità RAGIONE_SOCIALE), in qualità di gestore del RAGIONE_SOCIALE Pubblico di cui all’art. 2 della legge n. 394/1981, concesse due finanziamenti a tasso agevolato (ai sensi dell’art. 6, comma 2, lett. a) della legge n. 133/2008), rispettivamente di euro 1.638.000,00 e 767.000,00, in favore di RAGIONE_SOCIALE al fine di sopperire a parte del fabbisogno finanziario conseguente alla realizzazione di due programmi di sviluppo commerciale, di cui uno in Turchia e l’altro in Serbia.
In particolare, lo stanziamento dei fondi avvenne mediante la stipula di due contratti (sottoscritti in data 26.10.2018 e 29.10.2018), in attuazione delle delibere del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del 27.9.2018 e sotto la condizione della effettiva realizzazione dei programmi finanziati.
In esecuzione dei contratti, RAGIONE_SOCIALE provvide all’accredito di euro 491.400,00 (in forza del primo contratto, n. NUMERO_DOCUMENTO) e di euro 351.000,00 (in forza del secondo contratto, n. NUMERO_DOCUMENTO).
2. La società RAGIONE_SOCIALE rimaneva inadempiente rispetto agli obblighi di rimborso dei crediti agevolati ottenuti; e, in data 17.9.2019, presentava ricorso davanti al Tribunale di Treviso per l’ammissione al concordato preventivo (non con cessione dei beni – e, dunque, in previsione della interruzione della società – ma) in continuità aziendale ex art. 186 bis l.f., (e, dunque, nella prospettiva della prosecuzione dell’impresa, che, pertanto, ben avrebbe potuto portare a termine i progetti finanziati).
RAGIONE_SOCIALE comunicava a RAGIONE_SOCIALE la volontà di avvalersi della clausola risolutiva espressa prevista agli artt. 14 dei contratti e dopo aver precisato il proprio credito alla data della domanda di ammissione alla procedura concorsuale in euro 845.814,00 oltre interessi – rappresentava al commissario giudiziale la propria qualità di creditrice privilegiata ai sensi dell’art. 9, D. Lgs. n. 123/1998.
Tuttavia, il commissario giudiziario, nella relazione stilata ai sensi dell’art. 172 R.D. n. 267/1942, escludeva la natura privilegiata del credito vantato da RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE, pertanto, agiva ai sensi dell’art. 702bis c.p.c. per far accertare e dichiarare la sussistenza di tale privilegio.
Resisteva in giudizio RAGIONE_SOCIALE, eccependo l’incompetenza territoriale del Tribunale di Roma e chiedendo accertarsi la natura chirografaria del credito, in quanto non sussumibile entro l’alveo dell’art. 9 del D. Lgs. n. 123/1998.
Il giudice di primo grado, espletata l’istruttoria, in accoglimento del ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE, accertava e dichiarava che il credito vantato dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE – per l’importo complessivo di euro 845.814,51 (di cui euro 493.066,57 in relazione al primo contratto, ed euro 352.747,94 in relazione al secondo contratto), compresi gli interessi calcolati fino alla data del 17.9.2019, oltre a quelli decorrenti dal 17.9.2019 ai sensi degli artt. 2749 c.c., 54 e 55 R.D. n. 267/1942 – era di natura privilegiata generale, ai sensi dell’art. 9, comma 5, D. Lgs. n. 123/1998.
Proponeva appello la società RAGIONE_SOCIALE, contestando la sentenza di primo grado sotto vari profili. In particolare, insisteva nella eccezione di incompetenza del Tribunale di Roma per essere competente quello di Treviso, quale foro generale del convenuto ai sensi dell’art. 19 c.p.c.; e chiedeva il rigetto della domanda attorea, previo accertamento della natura al più chirografaria del credito vantato da RAGIONE_SOCIALE e/o dell’inefficace costituzione del privilegio.
Resisteva RAGIONE_SOCIALE, insistendo per il rigetto dell’appello e per la conferma della ordinanza impugnata, atteso che il suo credito, quale Ente gestore del RAGIONE_SOCIALE Rotativo pubblico istituito ex art. 2 Legge 394/81 e del RAGIONE_SOCIALE godeva del privilegio generale previsto dal combinato disposto degli artt. 1 e 9 del D. Lgs. 123/98.
La corte d’appello di Roma, con sentenza n. 3229/2022, rigettava l’impugnazione e, conseguentemente, confermava l’ordinanza impugnata.
Avverso la sentenza della corte territoriale ha proposto ricorso la società RAGIONE_SOCIALE.
Ha resistito con controricorso la RAGIONE_SOCIALE.
Per l’odierna adunanza il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte ed i Difensori delle parti non hanno depositato memorie.
La Corte si è riservata il deposito della motivazione entro il termine di sessanta giorni dalla decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Nella sentenza impugnata, la corte territoriale – dopo aver dichiarato ammissibile la produzione del verbale del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di autorizzazione all’erogazione dei finanziamenti in favore di RAGIONE_SOCIALE, e dopo aver affermato la competenza territoriale del Tribunale di Roma – ha ritenuto sussistenti i presupposti richiesti ai fini del riconoscimento della natura privilegiata del credito vantato da RAGIONE_SOCIALE Ed ha rilevato che, ai sensi dell’art. 2745 c.c., il privilegio trovava il suo fondamento nella <>, a favore del quale era accordato, sicché nel caso di specie doveva considerarsi esistente sin dall’erogazione dei finanziamenti e, pertanto, in data antecedente alla data di presentazione del ricorso per l’ammissione al concordato preventivo.
La società RAGIONE_SOCIALE articola in ricorso cinque motivi.
2.1. Con il primo motivo la società ricorrente denuncia: <>.
In sintesi, secondo la società ricorrente, non è sufficiente che si tratti di erogazione di denaro pubblico affinché la fattispecie sia sussumibile nell’ambito di applicazione del predetto testo normativo: in particolare, il riconoscimento del privilegio, con conseguente alterazione della par condicio creditorum , sarebbe accordato soltanto a finanziamenti erogati all’esito di un procedimento complesso, di verifica e selezione dei soggetti destinatari.
2.2. Con il secondo motivo la società ricorrente denuncia: <>.
Sottolinea l’inesistenza della delibera del RAGIONE_SOCIALE che avrebbe ad essa accordato i finanziamenti, con la conseguenza che questi ultimi dovrebbero pacificamente ritenersi erogati in violazione del procedimento amministrativo imposto dal d.lgs. n. 123/1998 per l’erogazione dei finanziamenti pubblici.
Rileva che con il secondo motivo d’appello aveva espressamente censurato l’ordinanza di primo grado, per aver erroneamente dato per esistenti le predette delibere, ma la corte territoriale con la sentenza impugnata, non si era pronunciata sul punto, limitandosi ad affermare la portata generale del d.lgs. n. 123/1998 e la sua applicazione a qualsiasi forma di finanziamento pubblico destinato allo sviluppo imprenditoriale.
Ribadisce che l’inesistenza delle delibere del RAGIONE_SOCIALE costituisce un fatto decisivo per il giudizio, atteso che solo benefici accordati seguendo il rigoroso iter amministrativo previsto dalle disposizioni in esame possono ritenersi erogati ‘ai sensi’ del d.lgs.
n. 123/1998, secondo il disposto dell’art. 9, co. 5, del medesimo decreto.
2.3. Con il terzo motivo la società ricorrente denuncia: <>.
Sottolinea che nel caso di specie, NOME non ha revocato il finanziamento, bensì ha inteso avvalersi, per sua stessa prospettazione, della clausola risolutiva espressa, di cui all’art. 14, n. 5 dei contratti NUMERO_DOCUMENTO e NUMERO_DOCUMENTO.
Osserva che l’art. 9, co. 5, attribuisce espressamente il privilegio ai crediti per le restituzioni conseguenti esclusivamente (non già alla risoluzione del contratto, ma) alla revoca del finanziamento; e che le ipotesi per le quali l’art. 9 prevede la revoca riguardano (non casi di inadempimento contrattuale, ma) casi in cui il beneficio non poteva essere erogato ab origine (come nel caso di carenza dei presupposti o di documentazione incompleta o errata) o non può essere mantenuto per deviazione dallo scopo (come nel caso di beni ceduti prima del termine stabilito).
2.4. Con il quarto motivo la società ricorrente denuncia <>
Rileva che – anche nella denegata ipotesi in cui si volesse ammettere un’equiparazione tra la risoluzione contrattuale e la revoca del beneficio, ai fini del riconoscimento del privilegio – essa sarebbe al più giustificabile laddove la condotta inadempiente del beneficiario, addotta a fondamento della risoluzione del contratto di finanziamento,
avesse di fatto comportato una deviazione del beneficio dallo scopo per il quale era stato concesso dall’Amministrazione, mentre nel caso di specie RAGIONE_SOCIALE con la propria comunicazione del 25.11.2019 aveva dichiarato di avvalersi della clausola risolutiva di cui all’art. 14, co. 2, n. 511.
2.5. Con il quinto motivo la società ricorrente denuncia: <>.
Sottolinea che tanto in primo grado quanto in sede d’appello (richiama il quarto motivo di gravame, pagg. 19-22 dell’atto di citazione d’appello), per il caso in cui fosse stata ritenuta la natura privilegiata del credito vantato da RAGIONE_SOCIALE, aveva contestato l’inefficace costituzione della prelazione ai sensi dell’art. 168 l.f., prelazione, in quanto questa doveva intendersi sorta per l’effetto della revoca stessa (25 novembre 2019) e quindi dopo la pubblicazione della domanda di concordato preventivo nel Registro delle RAGIONE_SOCIALE (19 settembre 2019).
Rileva che la corte territoriale ha ritenuto che il presupposto del sorgere del privilegio vada individuato nella peculiare natura del credito e che il fatto che si tratti di finanziamenti provenienti da fondi pubblici imporrebbe di individuare la fonte del privilegio nell’irrogazione dell’agevolazione (anziché nella sua revoca).
In senso contrario osserva che tale assunto costituisce falsa applicazione dell’art. 9, co. 4 e 5, d.lgs. n. 123/1998, in quanto il privilegio assiste il credito da restituzione esclusivamente a seguito del venir meno del beneficio conseguente ad una patologia del rapporto (quale l’indebita percezione del beneficio o la frustrazione dello scopo cui le risorse pubbliche erano originariamente destinate), come affermato anche in sede di legittimità (richiama Cass. n. 2663/2019).
I motivi – che possono essere esaminati congiuntamente, perché fra loro connessi, sono infondati, alla stregua della consolidata giurisprudenza di questa Corte.
3.1 Il d.lgs. n. 123/1998 (‘Disposizioni per la razionalizzazione degli interventi di sostegno pubblico alle imprese, a norma dell’articolo 4, comma 4, lettera c], della legge 15 marzo 1997, n. 59’), all’art. 1, <>. Si tratta di una norma che detta una disciplina generale, destinata ad applicarsi a tutti gli interventi di sostegno pubblico per lo sviluppo delle attività produttive, comunque denominati.
Il successivo art. 9 prevede:
al comma primo, che: <>;
-al comma terzo, che: <>;
al comma quarto, che: <>;
al comma quinto, che: <>.
Alla luce di tali disposizioni, questa Corte, con orientamento ormai consolidato (cfr., tra le tante, Cass. nn. 21841/2017, 9926/2018, 2663/2019, 6508/2020, 11122/2020, 23137/2020 e 22739/2021), ha enunciato i seguenti principi:
gli interventi pubblici di sostegno all’economia si realizzano attraverso un procedimento complesso, in cui alla fase di natura amministrativa di selezione dei beneficiari in vista della realizzazione di interessi pubblici fa poi seguito un negozio privatistico di finanziamento (o, nel caso, di garanzia), nella cui struttura causale si inserisce la destinazione delle somme ad uno specifico scopo di tratto pubblicistico;
la deviazione dello scopo, così come anche l’inadempimento degli obblighi previsti dal rapporto negoziale, determina la violazione della causa del contratto di finanziamento (o di garanzia) e costituisce – attesa la stretta connessione sussistente tra le due fasi del complesso procedimento in esame – presupposto della revoca del beneficio erogato;
pure la patologia inerente alla fase di carattere negoziale, come concernente la gestione del rapporto insorto per effetto della concessione, dunque, può incidere su quest’ultima, comportando la caducazione del beneficio e la concreta applicazione del privilegio a sostegno del credito per la restituzione di quanto erogato;
ne consegue che risulta in ogni caso non necessaria la sussistenza di una revoca cd. amministrativa perché possa venire a rendersi operativo il privilegio stabilito dall’art. 9 d.lgs. n. 123/1998. Questa garanzia accede, per l’appunto, al credito che discende dal
negozio di diritto privato innestatosi sulla base del procedimento di individuazione e riconoscimento del contraente destinatario del beneficio pubblico;
– nessun dubbio può porsi in ordine all’idoneità ad integrare gli estremi della «revoca» prevista dall’art. 9 d.lgs. n. 123/1998 della dichiarazione di risoluzione contrattuale di cui all’art. 1456, comma 2, cod. civ., come pure della diffida di cui 1454 cod. civ. ovvero anche della dichiarazione di decadenza del debitore dal beneficio del termine, emessa dal creditore ai sensi dell’art. 1186 cod. civ. .
In particolare, secondo l’orientamento giurisprudenziale di questa Corte (cfr. tra le tante Cass. n. 23114/2022), la revoca del sostegno pubblico concesso per lo sviluppo delle attività produttive, deliberata ai sensi dell’art. 9 d.lgs. n. 123/1998, non importa alcuna valutazione discrezionale, perché il provvedimento di ritiro si limita ad accertare il venire meno di un presupposto già previsto in modo puntuale dalla legge, senza che possegga alcuna valenza costitutiva (cfr. Cass. nn. 2664/2019, 8882/2020, 2457/2020), con la conseguenza che la revoca del contributo resta opponibile alla massa anche se intervenuta dopo la pubblicazione della sentenza di fallimento dell’impresa beneficiaria (cfr. Cass. S.U. n. 15867/2011, Cass. nn. 13763/2015, 11928/ 2017 e 12853/2018). Si è precisato, infatti, che la figura del privilegio riceve giustificazione nella ‘causa del credito’ che va ad assistere (art. 2745 c.c.), trovando la propria radice nella concessione dell’intervento pubblico (erogazione di credito o altra forma di intervento), quale misura appunto di ‘sostegno pubblico per lo sviluppo delle attività produttive’; la prelazione assiste il rapporto via via che questo viene a svolgersi e a essere eseguito, fin tanto che vi si innestino delle vicende che comportino il venire meno del relativo beneficio (cfr. Cass. nn. 9926/2018, 11878/2018 e 23137/2020)».
2.2. Orbene, la questione, sottesa ai motivi in esame, sta nello stabilire se il dettato normativo del citato d. lgs. n. 123/1998 imponga
o consenta il riconoscimento della collocazione privilegiata del credito azionato: e a tal fine occorre fare riferimento al citato disposto dell’art. 9, comma 5, del provvedimento in esame.
Tale disposizione, come sopra rilevato, subordina espressamente il riconoscimento della posizione privilegiata al credito derivante dalla revoca del finanziamento, alla circostanza che la precedente erogazione di cui si sollecita la restituzione sia stata effettuata ‘ai sensi del presente decreto legislativo’.
Nella specie detto presupposto è stato correttamente ritenuto soddisfatto dal giudice sia di primo che di secondo grado.
Invero, nel giudizio di merito è risultato pacifico tra le parti che:
i due finanziamenti agevolati ai sensi dell’art. 6, comma 2, lettera a) del D.L. n. 112/08 convertito dalla L. 133/08 e successive modificazioni (D.M. 7.9.2016, articoli 3,4 e 6; D.M. 7.10.2015) oggetto di causa sono stati erogati a valere sul RAGIONE_SOCIALE Pubblico ex Legge 394/81 e del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE;
l’Impresa abbia effettivamente fruito dei finanziamenti agevolati, disciplinati dalla speciale normativa di settore.
D’altronde, il privilegio, previsto dall’art. 9 comma 5 per i crediti derivanti dalla revoca del finanziamento, ha come ‘causa’ quella di assorbire e recuperare il sacrificio patrimoniale che il sostegno pubblico ha in concreto sopportato in funzione di un utile reimpiego delle somme recuperate, a favore dello ‘ sviluppo delle altre attività produttive ‘, (cfr . Cass. 3335/2012 e 21841/2017); e, quindi, deve trovare applicazione ogniqualvolta, come per l’appunto ricorre nella specie, il finanziamento abbia le caratteristiche di un intervento di sostegno pubblico per lo sviluppo delle attività produttive, a prescindere dalla circostanza che la norma sia o meno esplicitamente richiamata (cfr. Cass. 882/2020).
Opinando diversamente (e cioè se si ritenesse che l’art. 9 comma 5 del citato d. lgs. trovi applicazione solo nel caso in cui il contratto faccia espresso riferimento alla disciplina di legge che lo regolamenta),
si rimetterebbe alle parti la facoltà di attribuire arbitrariamente la natura privilegiata piuttosto che chirografaria al credito, a prescindere dalla sua fonte.
In definitiva, occorre qui ribadire che: a) il privilegio di cui all’art. 9, comma 5, l. n. 123 del 1998 va estensivamente riferito (secondo l’insegnamento di Cass. Sez. U. n. 11930/2010) a tutti i crediti derivanti da interventi pubblici rientranti nell’alveo della richiamata previsione normativa, in ragione della finalità pubblica di sostegno a esso sottesa che non viene meno neppure in ipotesi di revoca del finanziamento (v. Cass. n. 6508/20, Cass. n. 9926/18); b) una volta accertato che il finanziamento sia stato accordato da una amministrazione pubblica per le finalità di cui al citato d. lgs, non vi è alcuna necessità, ai fini del riconoscimento del privilegio, che nell’atto di finanziamento venga espressamente richiamata la specifica legge statale che prevede l’applicabilità della disciplina sui privilegi al recupero di quel determinato credito; c) il credito di restituzione, comunque originatosi, deve considerarsi come privilegiato in quanto il presupposto è pur sempre ‘l’erogazione del contributo’.
A tanto va aggiunto che non è necessario, né per l’insorgenza del credito, né per la sussistenza del relativo privilegio, alcun formale provvedimento di revoca (Cass. n. 20362/24 e Cass. n. 9657/24), mentre correttamente la corte territoriale argomenta nel senso che la risoluzione opera ex tunc e che, quindi, il credito alla corrispondente restituzione è assistito da privilegio con effetto dall’erogazione della somma da ripetere, ma sospensivamente condizionato all’inadempimento (Cass. n. 18148/23).
Di tali principi di diritto ha fatto corretta applicazione la corte territoriale, la cui sentenza pertanto va confermata.
Conclusivamente, il ricorso deve essere dunque rigettato, con condanna della ricorrente, soccombente, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo.
La Corte:
rigetta il ricorso;
condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, spese che liquida in euro 5.000 per compensi, oltre, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200 ed agli accessori di legge;
ai sensi dell ‘ art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di parte ricorrente al competente ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 25 settembre 2024, nella camera di
P.Q.M.