Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4625 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4625 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: AMATORE NOME
Data pubblicazione: 21/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 4215-2020 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (cod. fisc. P_IVA.I. P_IVA), rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO, con cui elettivamente domicilia in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO.
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME
–
intimato – avverso il decreto del Tribunale di Bari, depositato in data 19.12.2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 8/02/2024 dal AVV_NOTAIO;
RILEVATO CHE
1.Con ricorso ex art. 99 l. fall. NOME AVV_NOTAIO proponeva opposizione allo stato passivo della RAGIONE_SOCIALE, lamentando che illegittimamente era stato ammesso il proprio credito di euro 11.330,50, in forza di decreto ingiuntivo divenuto definitivo, in via chirografaria, anziché, come richiesto e dovuto, in via privilegiata, ai sensi dell’art. 2751 bis n. 2 cod. civ.
Il Tribunale, con il decreto qui oggetto di ricorso per cassazione, ha accolto la proposta opposizione, ammettendo dunque al passivo della liquidazione coatta amministrativa l’importo di euro 11.350,30, in via privilegiata ex art. 2751 bis n. 2 c.c.
Il Tribunale ha rilevato che: (i) nessun dubbio sussisteva in ordine alla esistenza e alla entità del credito, risultante da decreto ingiuntivo munito di formula di esecutorietà e comunque riconosciuto dall’opposta sia nell’ an che nel quantum ; (ii) non poteva escludersi neanche il privilegio richiesto posto che il credito in esame si riferiva ad attività espletata nel periodo compreso tra il 21.2.2017 ed il 20.8.2017 e dunque a prestazioni eseguite nel biennio precedente l’ultima prestazione; (iii) a tal e conclusione doveva comunque giungersi anche qualora si fosse ipotizzato che l’opponente aveva eseguito ulteriori prestazioni considerato che, quand’anche si fosse ritenuto che il rapporto tra le odierni parti era proseguito sino al momento della messa in l.c.a. dell’opposta, il credito comunque riconosciuto all’opposto si sarebbe riferito a prestazioni relative all’ultimo biennio; (iv) del tutto irrilevanti dovevano pertanto considerarsi le contestazioni dell’opposta in ordine al profilo della mancanza di date certa della fattura e dell’atto di transazione invocati dall’opponente.
2.Il decreto, pubblicato il 19.12.2019, è stato impugnato da RAGIONE_SOCIALE con ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
NOME COGNOME, intimato, non ha svolto difese.
La ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo la l.c.a. ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2751 bis cod. civ., sul rilievo che il Tribunale avrebbe errato nell ‘ individuazione del dies a quo relativo al computo del biennio delle prestazioni coperte dal privilegio mobiliare per l’attività professionale.
1.1 Osserva la ricorrente che, per costante affermazione della giurisprudenza di legittimità, tale dies a quo coincide con la cessazione della prestazione e non già con la data di inizio della procedura esecutiva ovvero della dichiarazione di fallimento.
1.2 Si evidenzia sempre da parte della ricorrente che, al fine di coordinare le finalità della norma di cui al sopra richiamato art. 2751bis n. 2 cod. civ. con i connotati tipici del rapporto, si era sostenuta la necessità di distinguere, tra i crediti qui in esame, a seconda che essi fossero ricollegabili a prestazioni ‘scindibili’ ovvero a prestazioni ‘inscindibili’, in quanto strumentalmente connesse tra loro in funzione di un risultato finale: nel primo caso, dovendosi aver riguardo, ai fini del riconoscimento del privilegio, alle singole prestazioni eseguite nello spatium temporis indicato dalla legge; nel secondo, al contrario, essendo sufficiente che si collochi in tale spatium il completamento dell’opera, con il quale soltanto il compenso diviene dovuto, affinché il privilegio si estenda all’intera retribuzione.
1.3 Osserva ancora la ricorrente che la prestazione resa in favore della RAGIONE_SOCIALE in bonis non poteva essere considerata di carattere ‘unitario ed inscindibile’, né che po teva affermarsi che il diritto al compenso mancasse dei requisiti della liquidabilità ed esigibilità per impossibilità di determinarlo al compimento di ogni singolo incarico. Si tratta -aggiunge il ricorrente -di attività che volgevano al termine ogniqualvolta egli stesso forniva la propria consulenza ed assistenza. Tali aspetti sarebbero stati erroneamente superati dal Tribunale di Bari, con la semplice affermazione che ‘ … il credito di cui è causa … si riferisce ad attività espletata nel periodo compreso tra il 21.2.17 ed il 20.8.17 …’., affermazione che implicitamente lascia pensare che il Tribunale avesse considerato la sua prestazione con il carattere della
unitarietà ed inscindibilità, contravvenendo così al chiaro tenore della norma sopra indicata in epigrafe.
1.4 Il motivo, così articolato, è, in parte, infondato e, per altra parte, inammissibile.
Sotto il primo profilo, va osservato che le affermazioni qui censurate dal ricorrente sono infatti coerenti con gli insegnamenti forniti da questa Corte di legittimità nella materia in esame (v. da ultimo: Cass, Sez. 1, Sentenza n. 6884 del 2022).
1.4.1 Giova ricordare, allora, che l’art. 2751 bis n. 2 cod. civ. – nel testo modificato dall’art. 1, comma 472, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, con effetto dal 1 gennaio 2018 (nella specie utilizzabile ratione temporis , venendo in considerazione un credito azionato dopo tale data: cfr. Corte Cost., sentenza n. 1 del 2020) – attribuisce privilegio generale sui mobili ai crediti riguardanti « le retribuzioni dei professionisti, compresi il contributo integrativo da versare alla rispettiva cassa di previdenza ed assistenza e il credito di rivalsa per l’imposta sul valore aggiunto, e di ogni altro prestatore d’opera dovute per gli ultimi due anni di prestazione ». Pertanto, nel riconoscere un privilegio generale sui mobili ai crediti riguardanti le «retribuzioni dei professionisti» e di ogni altro prestatore d’opera «dovute per gli ultimi due anni di prestazione», la norma genera due distinti interrogativi afferenti alla più puntuale demarcazione del limite temporale di operatività della prelazione. In partic olare, si richiede all’interprete di chiarire: (i) quale sia il dies a quo per il computo a ritroso del biennio privilegiato; (ii) quali ‘retribuzioni’ possano considerarsi «dovute» in riferimento a tale arco temporale.
1.4.2 Quanto al primo quesito, l’alternativa che originariamente si era posta era quella fra una soluzione «restrittiva», per cui il termine in parola doveva decorrere dalla data di inizio della procedura esecutiva in cui il credito viene fatto valere – ergo, nel caso di esecuzione concorsuale, dalla dichiarazione di fallimento – ed una di maggior favore per il professionista, in base alla quale il calcolo andava effettuato dal momento di cessazione della prestazione, indipendentemente dallo iato cronologico intercorrente fra esso ed il dies excussionis .
1.4.3 Proprio questo secondo indirizzo è invalso, ormai, nella giurisprudenza di legittimità, la quale ha valorizzato la data di cessazione della prestazione, a prescindere dallo spatium temporis che eventualmente la separa dall’inizio della procedura esecutiva, individuale o concorsuale. Si è ritenuto, invero, che il privilegio di cui si discute «… decorre non dal momento della dichiarazione di fallimento del debitore, bensì dal momento in cui l’incarico professionale è stato portato a termine o è comunque cessato, allorché il credito dell’onorario è divenuto liquido ed esigibile, e, dato il carattere unitario dell’esecuzione dell’incarico e dei relativi onorari, il privilegio copre anche il corrispettivo dell’attività svolta prima del biennio anteriore alla cessazione » (cfr. Cass. 20755 del 2015, in motivazione; analogo principio è stato ribadito, poi, dalle più recenti Cass. n. 18685 del 2017, Cass. n. 12814 del 2019 e Cass. n. 757 del 2020). Va osservato, comunque, in linea con le opinioni della migliore dottrina, che, in più d’un caso, l’indagine de qua risulta priva, in realtà, di ogni venatura problematica, stante il carattere «puntuale» e «circoscritto» dell’incarico conferito, il quale si esaurisce sostanzialmente con il compimento di un unico atto.
1.4.4 Questa Corte ha tuttavia affrontato pure il tema dell’operatività del privilegio in esame per l’eventualità di plurimi incarichi distinti conferiti allo stesso professionista da parte del medesimo cliente. Ha opinato, in proposito, che, in tale ipotesi, il limite temporale degli “ultimi due anni di prestazione” va riferito al complessivo rapporto professionale, restando fuori dal privilegio i corrispettivi degli incarichi conclusi in data anteriore al biennio precedente la cessazione del complessivo rapporto: «in altri termini, “gli ultimi due anni di prestazione” di cui parla la norma in esame sono gli ultimi in cui si è svolto (non già l’unico o ciascuno dei plurimi rapporti corrispondenti ai plurimi incarichi ricevuti, bensì) il complessivo rapporto professionale, sicché restano fuori dalla previsione del privilegio i corrispettivi degli incarichi conclusi in data anteriore al biennio precedente la cessazione del complessivo rapporto» (cfr. Cass. 1740 del 2014; lo stesso principio si rinviene nelle più recenti Cass. n. 18685 del 2017, Cass. n. 12814 del 2019, Cass. n. 15828 del 2019 e Cass. n. 757 del 2020).
1.4.5 Peraltro, già Cass. n. 569 del 1999 (in parte qua richiamata dalle successive Cass. n. 1740 del 2014 e Cass. n. 757 del 2020) ebbe a spiegare che il limite biennale risponde «anche all’esigenza di contemperare l’interesse del creditore privilegiato con quello degli altri creditori e, in particolare, all’esigenza di evitare che il creditore privilegiato, forte del suo diritto di prelazione, possa, ritenendosi sufficientemente garantito, continuare a maturare crediti nei confronti del debitore, erodendo così, con una prelazione non oggetto di pubblicità, la garanzia patrimoniale generica degli altri creditori». Continuare a maturare crediti nei confronti del medesimo debitore vuol dire assumere da lui altri incarichi professionali; dunque, il profilo della pluralità degli incarichi ha un rilievo essenziale ai fini della giustificazione del limite temporale di cui all’art. 2751-bis, n. 2, cod. civ.. Non è conseguentemente corretto, pur dovendosi riconoscere l’autonomia dei vari incarichi e dei conseguenti rapporti giuridici, ragionare come se quella pluralità non esistesse e considerare ciascun incarico avulso dal suo contesto plurale. Così facendo, del resto, si finirebbe col privare di qualsiasi operatività il limite biennale suddetto: se, infatti, ciascun incarico viene considerato per sé stesso e se, come si è visto, anche i compensi relativi all’attività di esecuzione del medesimo svolta in epoca precedente al biennio anteriore alla sua conclusione sono assistiti dal privilegio, di fatto quel limite non opera. La verità è che, invece, quel limite opera proprio con riferimento alle ipotesi di pluralità di incarichi professionali eseguiti ne ll’ambito di un unitario rapporto duraturo nel tempo, nelle quali il biennio non può decorrere che dal momento della cessazione del complessivo rapporto professionale composto dai distinti rapporti originati dai plurimi incarichi (così Cass.n.1740/2014 cit.).
1.5 Sotto altro profilo, va evidenziato che, quanto alla decorrenza del biennio, il Tribunale ha compiuto comunque un accertamento in fatto, che risulta essere non più sindacabile in questo giudizio di cassazione, quanto mai sotto l’egida applicativa del vizio di violazione e falsa applicazione di norme di legge (così, Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019; cfr. anche Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 24155 del 13/10/2017;Sez. 1, Ordinanza n. 640 del 14 /01/2019).
Ne consegue il complessivo rigetto delle doglianze contenute nel primo motivo.
Con il secondo mezzo si deduce ‘vizio di motivazione’.
2.1 Sostiene la l.c.a. ricorrente che la motivazione utilizzata dal tribunale per accogliere l’opposizione formulata dal COGNOME sarebbe stata del tutto apparente, manifestamente contraddittoria, perplessa e incomprensibile.
Il motivo è in realtà inammissibile, sia perché declinato secondo un paradigma normativo non più applicabile alla fattispecie in esame ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., non essendo più deducibile il vizio di contraddittorietà della motivazione, sia perché le doglianze – peraltro, formulate in modo generico – sono completamente fuori fuoco rispetto alla ratio decidendi che, in ordine all’ an e al quantum della prestazione, si fondava sull’accertamento di una sostanziale non contestazione da parte della l.c.a. delle pretese del creditore istante, essendosi il giudizio di opposizione concentratosi infatti sul diverso profilo della fondatezza o meno del richiesto privilegio mobiliare.
Nessuna statuizione è dovuta per le spese del giudizio di legittimità, stante la mancata difesa dell’intimato.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 8.2.2024