Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20362 Anno 2024
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Civile Ord. Sez. 3 Num. 20362 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/07/2024
composta dai signori magistrati:
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Presidente
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME. COGNOME
Consigliera
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Consigliere relatore
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Consigliere
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 25188 del ruolo generale dell’anno 2022, proposto da
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: CODICE_FISCALE), in persona dell’amministratore unico , legale rappresentante pro tempore , NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE e NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: CODICE_FISCALE), quale Ente gestore del Fondo Rotativo pubblico istituito ex art. 2 Legge 394/81 (P_IVA), in persona dell’Amministratore delegato, legale rappresentante pro tempore , NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocat o NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonché
RAGIONE_SOCIALE, IN CONCORDATO PREVENTIVO (C.F.: CODICE_FISCALE), in persona del legale rappresentante pro tempore
-intimata- per la cassazione della sentenza della Corte d’a ppello di Roma n. 5020/2022, pubblicata in data 20 luglio 2022;
Oggetto:
PRIVILEGI
Ad. 10/07/2024 C.C.
R.G. n. 25188/2022
Rep.
udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 10 luglio 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
RAGIONE_SOCIALE, quale Ente gestore del Fondo rotativo pubblico, istituito ex art. 2 Legge n. 394/81, ha agito in giudizio nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, ammessa al concordato preventivo, per ottenere il riconoscimento della natura privilegiata generale, ai sensi dell’art. 9 , comma 5, del decreto legislativo n. 123 del 1998, del credito (per € 421.099,85, oltre accessori) vantato nei confronti della suddetta società, in virtù di un finanziamento agevolato concesso ai sensi dell’art. 6 , comma 2, lett. a), della legge 6 agosto 2008 n. 133.
La domanda è stata accolta dal Tribunale di Roma.
La Corte d’a ppello di Roma ha confermato la decisione di primo grado.
Ricorre RAGIONE_SOCIALE (nuova denominazione e forma sociale di RAGIONE_SOCIALE), sulla base di due motivi.
Resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE.
Non ha svolto attività difensiva in questa sede l’ altro soggetto intimato.
È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis .1 c.p.c..
Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis .1 c.p.c..
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza decisoria nei sessanta giorni dalla data della camera di consiglio.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo del ricorso si denunzia « Violazione o falsa applicazione dell’ art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 1362, 1363 codice civile e all’ art. 9 D.Lgs. 123 del 1998 ».
La società ricorrente deduce che « l’interpretazione letterale e congiunta delle clausole del contratto di finanziamento 4 agosto 2011, concluso fra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, esclude che il credito di RAGIONE_SOCIALE sia credito privilegiato (e perché il contratto non qualifica il credito di RAGIONE_SOCIALE come privilegiato, e perché il contratto non richiama né l’art. 9 D.Lgs. 123 del 1998 e neppure altra disposizione di quel testo normativo) ».
Con il secondo motivo si denunzia « Violazione o falsa applicazione dell’ art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. in relazione all’ art. 12 primo comma R.D. 16 marzo 1942 n. 262 – disposizioni sulla legge in generale e all’ art. 9 D.Lgs. 123 del 1998 ».
La società ricorrente deduce che « L’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale (cd. Preleggi) statuisce che nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse e dall’intenzione del legislatore. L’art. 9 D.Lgs. 123 del 1998 indica le ipotesi in cui può essere disposta la revoca dell’intervento, sempre con provvedimento amministrativo. Esclusivamente in tali ipotesi di revoca (fatti illeciti addebitati alla mutuataria, per deviazione del prestito dallo scopo per cui è stato concesso) al credito restitutorio va riconosciuto il privilegio di cui comma quinto art. 9 D. Lgs. 123 del 1998. Vi è quindi una violazione dell’art. 12 primo comma R.D. 16 marzo 1942 n. 262 disposizioni sulla legge in generale e dell’art. 9 D. Lgs. 123 del 1998 in tutte le disposizioni: l’interpretazione letterale della norma di cui art. 9 D. Lgs. n. 123 del 1998 esclude che il privilegio di cui al comma 5 dell’art. 9 possa essere concesso a fattispecie diverse da quelle indicate nei commi da 1 a 4 del medesimo articolo, relative in modo tassativo a ipotesi di revoca sanzionatoria con provvedimento amministrativo ».
I due motivi del ricorso sono logicamente e giuridicamente connessi e, come tali, si possono esaminare congiuntamente.
Essi sono manifestamente infondati e, come tali, inammissibili ai sensi dell’art. 360 bis , comma 1, n. 1, c.p.c..
La decisione impugnata risulta pienamente conforme all’indirizzo consolidato di questa Corte (espresso, in particolare, con riguardo al tema della ripartizione dell ‘ attivo fallimentare, ma certamente applicabile anche all’ipotesi del concordato preventivo) secondo il quale « l’art. 9, comma 5, d. lgs. n. 123 del 1998, recante disposizioni di razionalizzazione degli interventi di sostegno pubblico alle imprese, nel prevedere la revoca del beneficio e disporre il privilegio in favore del credito alle restituzioni, si riferisce non solo a patologie attinenti alla fase genetica dell’erogazione pubblica, ma si estende anche a quella successiva di gestione del rapporto di credito insorto per effetto della concessione, ivi compresa la risoluzione negoziale del rapporto; a tal fine spetta comunque al giudice verificare che si tratti di uno degli interventi regolati dal d.lgs. n. 123 del 1998, anche se nel contratto di finanziamento non vi è alcun riferimento a tale normativa » (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 27303 del 16/09/2022, Rv. 665945 -01; in senso conforme: Sez. 1, Ordinanza n. 23137 del 22/10/2020; Sez. 1, Ordinanza n. 6508 del 09/03/2020, Rv. 657486 -01; Sez. 1, Sentenza n. 2663 del 30/01/2019; Sez. 1, Ordinanza n. 9926 del 20/04/2018, Rv. 648259 -01).
Nella specie, non vi è dubbio (è, anzi, pacifico) che il finanziamento concesso alla società ricorrente integrasse uno degli interventi regolati dal decreto legislativo n. 123 del 1998, anche se nel contratto di finanziamento non vi era un espresso riferimento a tale normativa.
Il ricorso, anche come integrato dalla memoria depositata dalla società ricorrente ai sensi dell’art. 380 bis .1 c.p.c., non offre, a giudizio della Corte, ragioni idonee ad indurre a rimeditare il richiamato consolidato indirizzo, che tiene conto, del tutto correttamente e ragionevolmente, della sostanziale ratio legis alla
base delle disposizioni richiamate, nell’individuare il loro ambito applicativo, al di là della mera formulazione letterale delle stesse.
Il ricorso è dichiarato inammissibile, ai sensi dell’art. 360 bis , comma 1, n. 1, c.p.c..
Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, co. 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
Per questi motivi
La Corte:
-dichiara inammissibile il ricorso;
-condanna la società ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore della società controricorrente, liquidandole in complessivi € 8.000,00, oltre € 200,00 per esborsi, nonché spese generali ed accessori di legge.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, comma 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, per il versamento al competente ufficio di merito, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Ci-