Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 64 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 64 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22183/2023 R.G. proposto da :
AUTORITA’ GARANTE della CONCORRENZA e del MERCATO, rappresentata e difesa ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato (NUMERO_DOCUMENTO
– ricorrente
–
contro
FALLIMENTO di NOME COGNOME in liquidazione
– intimato
–
avverso il decreto del Tribunale di Milano in R.G. n. 39966/2022 depositato il 5/10/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il giudice delegato al fallimento di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ammetteva al passivo della procedura il credito vantato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (di seguito, per brevità, AGCM) a titolo di contributo al proprio funzionamento, come previsto dall’art. 10, commi 7 -ter e 7quater , l. 287/1990, non riconoscendo, tuttavia, il privilegio richiesto ai sensi dell’art. 2752 cod. civ.
Il Tribunale di Milano, a seguito dell’opposizione proposta da AGCM, ricordava che la giurisprudenza aveva sì riconosciuto che il contributo in questione aveva tutti gli elementi indefettibili della fattispecie tributaria, specificando però che tale imposizione tributaria costituiva una forma atipica di contribuzione, non riconducibile né alla categoria delle ‘tasse’, né a quella delle ‘imposte’.
Riteneva, di conseguenza, di non poter procedere a un’interpretazione estensiva della disciplina sui privilegi generali prevista dall’art. 2752, commi 1 o 2, cod. civ., giacché questa norma riguarda soltanto i crediti per imposte e I.V.A.
L’AGCM ha proposto ricorso per la cassazione del decreto di rigetto dell’opposizione, prospettando un unico motivo di doglianza. L’intimato fallimento di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione non ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2745 e 2752 cod. civ., 12 disp. prel. cod. civ. e 10, commi 7ter e 7quater , l. 287/1990: la Corte costituzionale, con la sentenza n. 269/2017, ha riconosciuto la natura ‘tributaria’ del contributo al funzionamento di AGCM, in presenza degli elementi indefettibili della fattispecie tributaria costituiti dall’esistenza di una disc iplina legale diretta, in via prevalente, a procurare una definitiva decurtazione patrimoniale a carico di un soggetto passivo, dalla non riconducibilità della decurtazione patrimoniale a una vicenda modificativa di un rapporto sinallagmatico e dalla destinazione delle risorse coattivamente acquisibili mediante la decurtazione al sovvenimento di spese pubbliche.
Una simile natura comportava -secondo un’interpretazione estensiva che tenesse conto della causa del credito e dell’esigenza di certezza nella riscossione dello stesso l’applicazione dell’art. 2752
cod. civ., norma che conferisce natura privilegiata al credito dello Stato, e di tutte le sue articolazioni come l’AGCM, per le imposte dovute dal soggetto contribuente secondo le varie leggi tributarie.
5. Il motivo è fondato e merita accoglimento.
5.1 La Corte costituzionale, con la sentenza n. 269/2017, ha ricordato che secondo la costante giurisprudenza costituzionale (sent. 70/2015, sent. 102/2008), gli elementi indefettibili della fattispecie tributaria sono tre: la disciplina legale deve essere diretta, in via prevalente, a procurare una (definitiva) decurtazione patrimoniale a carico del soggetto passivo; la decurtazione non deve integrare una modifica di un rapporto sinallagmatico; le risorse, connesse a un presupposto economicamente rilevante e derivanti dalla suddetta decurtazione, devono essere destinate a sovvenire pubbliche spese; si deve cioè trattare di un prelievo coattivo che è finalizzato al concorso alle pubbliche spese ed è posto a carico di un soggetto passivo in base ad uno specifico indice di capacità contributiva, espressivo dell’idoneità di tale soggetto all’obbligazione tributaria.
Ciò precisato, la Consulta ha ritenuto che il contributo obbligatorio all’AGCM – posto dall’art. 10, commi 7ter e 7quater , l. 287/1990 a carico delle sole società di capitali che abbiano realizzato ricavi superiori a cinquanta milioni di euro, con fissazione di una soglia massima di contribuzione – abbia natura tributaria, dal momento che ha carattere coattivo, prescinde completamente da qualsiasi rapporto sinallagmatico con l’AGCM, è connesso a un presupposto economico che viene assunto a indice di capacità contributiva ed è destinato a finanziare le spese di funzionamento dell’agenzia in relazione ai servizi che essa è istituzionalmente chiamata a svolgere. La decisione richiamata, inoltre, ha precisato che l’imposizione tributaria in questione costituisce una forma atipica di contribuzione, che non è riconducibile alla categoria delle “tasse” (trattandosi di prestazioni patrimoniali dovute indipendentemente dal fatto che
l’attività dell’ente abbia riguardato specificamente il singolo soggetto obbligato e dalla circostanza che tale attività si configuri come servizio divisibile) e, nel contempo, si differenzia dalle “imposte” in senso stretto, essendo correlata all’attività dell’amministrazione in termini di vantaggio goduto o di costo causato da parte del contribuente.
5.2 Le Sezioni Unite di questa Corte dopo aver più volte delineato, ‘ in piena sintonia con la ricostruzione sopra esposta ‘, ‘ i caratteri identificativi del tributo, e precisamente: a) la matrice legislativa della prestazione imposta, in quanto il tributo nasce direttamente in forza della legge, risultando irrilevante l’autonomia contrattuale (Corte cost., n. 58 del 2015); b) la doverosità della prestazione (Corte cost., n. 141 del 2009, n. 64 del 2008, n. 334 del 2006, n. 73 del 2005), che comporta un’ablazione delle somme con attribuzione delle stesse ad un ente pubblico (Corte cost., n. 37 del 1997, n. 11 e n. 2 del 1995 e n. 26 del 1982); c) la circostanza che i soggetti tenuti al pagamento del contributo non possono sottrarsi a tale obbligo e la legge non dà alcun sostanziale rilievo, genetico o funzionale, alla volontà delle parti (Corte cost., n. 238 del 2009, punto 7.2.3.2, nonché, in relazione al contributo al Servizio sanitario nazionale, Cass., sez. un., n. 123/07, che ne ha affermato la natura tributaria); d) il nesso con la spesa pubblica, nel senso che la prestazione è destinata allo scopo di apprestare i mezzi per il fabbisogno finanziario dell’ente impositore (Corte cost., n. 37 del 1997, n. 11 e n. 2 del 1995, n. 26 del 1982, nonché, tra le altre, Cass., sez. un., n. 21950/15 e n. 13431/14) ‘, hanno ritenuto che ‘ alla luce del dettato normativo e della ratio allo stesso sottesa nonché dei principi giurisprudenziali sopra esposti la natura tributaria dei contributi dovuti, ai sensi dell’art. 10, comma 7-ter della legge 10 ottobre 1990 n. 287, per le spese di funzionamento dell’AGCM, non appare revocabile in dubbio ‘ (Cass. , Sez. U., 10577/2020, § 3.2 e 4).
5.3 Accertata così la natura di prestazione imposta di tipo tributario dei contributi dovuti per le spese di funzionamento dell’AGCM, ai sensi dell’art. 10, comma 7ter , l. 287/1990, occorre poi ricordare che questa Corte (Cass., Sez. U., 11930/2010), da tempo, ha riconosciuto che le norme del codice civile che stabiliscono i privilegi in favore di determinati crediti costituiscono norme eccezionali che, in quanto tali, non sono suscettibili di interpretazione analogica, ma possono essere oggetto di interpretazione estensiva; questa interpretazione costituisce il risultato di un’operazione logica diretta a individuare il reale significato e la portata effettiva della norma, che permette di determinare il suo esatto ambito di operatività, anche oltre il limite apparentemente segnato dalla sua formulazione testuale e, quindi, di estendere la regula iuris a casi non espressamente previsti dalla norma, ma dalla stessa implicitamente considerati, alla luce dell’intenzione del legislatore e della causa del credito che, ai sensi dell’art. 2745 cod. civ., rappresenta la ragione giustificatrice di qualsiasi privilegio.
In applicazione di questi principi la giurisprudenza ha riconosciuto: i) il privilegio, ai sensi dell’art. 2752, comma 1, cod. civ., a un credito (per l’imposta regionale sulle attività produttive) non ancora espressamente contemplato dalla norma citata, cioè anche per il periodo anteriore alla modifica apportata dall’art. 39 del d.l. 1° ottobre 2007, n. 159, conv., con modif., dalla legge 29 novembre 2007, n. 222 (Cass. 17087/2016, Cass. 25242/2010); ii) il privilegio generale sui mobili, a norma dell’art. 2752, ultimo comma, cod. civ. a favore dei crediti per imposte, tasse e tributi dei Comuni previsti dalla legge per la finanza locale, al credito relativo all’imposta comunale sugli immobili, anche se non contemplata tra i tributi previsti dal r.d. n. 1175 del 1931, perché introdotta successivamente (Cass. 8869/2014, Cass., Sez. U. 11930/2010); iii) il privilegio generale mobiliare previsto dall’art. 2752 cod. civ. a un credito per la tassa portuale (cd. di sbarco e di imbarco su merci trasportate per
via marittima) di cui all’art. 33 della l. n. 82 del 1963, come modificato dall’art. 28, comma 6, della l. n. 84 del 1994, trattandosi non di un corrispettivo per il servizio di trasporto reso, bensì di un tributo di natura erariale, avendo lo scopo di assicurare i mezzi per il funzionamento delle aree affidate all’autorità portuale (Cass. 24738/2018).
5.4 Analoga interpretazione estensiva deve essere compiuta nel caso di specie.
Si è già detto che la giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte di legittimità hanno evidenziato che i contributi dovuti per le spese di funzionamento dell’AGCM sono contraddistinti dagli elementi identificativi dei tributi e sono destinati a finanziare le spese di funzionamento dell’agenzia in relazione ai servizi che la stessa è istituzionalmente chiamata a svolgere.
Ricorrono così i presupposti per riconoscere che i contributi dovuti ai sensi dell’art. 10, comma 7ter , l. 287/1990 per le spese di funzionamento dell’AGCM, autorità amministrativa indipendente che dello Stato è un’articolazione e chiamata a svolgere funzioni di vigilanza a tutela della concorrenza nei mercati nazionali, costituiscono un credito di natura tributaria la cui causa giustifica il riconoscimento del privilegio previsto dall’art. 2752, comma 1, cod. civ.
In conclusione, il decreto impugnato deve essere cassato. Non essendo necessario alcun ulteriore accertamento di fatto, la causa può essere decisa nel merito, nel senso che la somma già ammessa al passivo, pari a € 5.513,29, va collocata in privilegio ex art. 2752, comma 1, cod. civ.
La novità della questione esaminata giustifica la compensazione delle spese del l’intero giudizio, ai sensi del combinato disposto degli artt. 385 e 92, comma 2, cod. proc. civ., come risultante dalle modifiche introdotte dal d.l. 132/2014 e dalla sentenza n. 77/2018 della Corte costituzionale.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, dispone che la somma già ammessa al passivo, pari a € 5.513,29, sia collocata in privilegio ex art. 2752, comma 1, cod. civ.
Compensa integralmente le spese processuali del giudizio di merito e di quello di legittimità.
Così deciso in Roma in data 28 novembre 2024.