Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 4911 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 4911 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 23/02/2024
SENTENZA
sul ricorso 430299-2019 proposto da:
NOME COGNOME e COGNOME NOME, elettivamente domiciliate in ROMA, INDIRIZZO , nello studio dell’ AVV_NOTAIO, rappresentati e dife si dall’ AVV_NOTAIO
– ricorrenti –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO , nello studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso d all’AVV_NOTAIO COGNOME
– controricorrente –
nonchè contro
NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO e domiciliata presso la cancelleria della Corte di Cassazione
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 958/2019 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 06/05/2019;
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere COGNOME;
udito il P.G., nella persona del dott. NOME COGNOME; udito l’AVV_NOTAIO per la parte ricorrente
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 29.5.2009 COGNOME NOME evocava in giudizio COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME innanzi il Tribunale di Lamezia Terme, invocando la condanna dei convenuti al risarcimento del danno derivante dall’attività edilizia illecitamente posta in essere dagli stessi.
NOME e COGNOME NOME esistevano alla domanda, contestando la legittimazione attiva della NOME e la fondatezza della pretesa. Resisteva autonomamente il COGNOME, eccependo anche il difetto di giurisdizione, per essere sussistente la giurisdizione del giudice amministrativo.
Con sentenza n. 433/2015 il Tribunale accoglieva l’eccezione, dichiarando il proprio difetto di giurisdizione a favore del giudice amministrativo.
Interponeva appello avverso detta decisione la COGNOME e la Corte di Appello di Catanzaro, con la sentenza impugnata, riformava la decisione di prime cure, dichiarando la giurisdizione del giudice ordinario, rimettendo la causa al Tribunale di Lamezia Terme e condannando tutti gli appellati alle spese.
Propongono ricorso per la cassazione di tale pronuncia NOME e COGNOME NOME, affidandosi ad un solo motivo.
Resistono con separati controricorsi NOME e COGNOME NOME.
Il ricorso, chiamato una prima volta all’adunanza camerale del 24.2.2021, dinanzi la sesta sezione di questa Corte, in prossimità della quale la controricorrente COGNOME aveva depositato memoria, è stato rinviato a nuovo ruolo con ordinanza interlocutoria n. 16844 del 2021, per essere trattato in pubblica udienza.
In prossimità di quest’ultima, il controricorrente COGNOME ha depositato memoria.
Sono comparsi all’udienza pubblica del 16.1.2024 l’AVV_NOTAIO per la parte ricorrente, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso, ed il P.G., che ha concluso per l’accoglimento.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo, la parte ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., perché la Corte di Appello, dichiarando la giurisdizione del giudice ordinario, in accoglimento dell’appello spiegato dalla COGNOME avverso la decisione di prime cure, avrebbe erroneamente condannato tutte le parti appellate, in solido, alla refusione delle spese del giudizio, senza considerare che gli odierni ricorrenti, che non avevano mai eccepito in prime cure il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, si erano costituiti in secondo grado, rimettendosi, sul punto, alla valutazione della Corte distrettuale.
La censura è fondata.
Fermo restando che la COGNOME è risultata vittoriosa in appello, occorre evidenziare che gli odierni ricorrenti, nel costituirsi in seconde cure, avevano ribadito, nel merito, la loro linea difensiva, già esposta innanzi il Tribunale, senza tuttavia prendere posizione sulla questione della giurisdizione.
Va di conseguenza data continuità al principio, affermato da questa Corte in un caso di regolamento di giurisdizione sollevato d’ufficio, ai sensi dell’art. 59 della Legge n. 69 del 2009, secondo cui ‘… il regime delle spese processuali del giudizio davanti alla S.C. e di quelli svoltisi davanti alle giurisdizioni confliggenti è ispirato al principio della soccombenza, collegato a quello della causalità, assumendo rilievo la concreta attività difensiva espletata da ciascuna delle parti. Ne consegue che, con riferimento all’attività processuale dinanzi alla RAGIONE_SOCIALE nel procedimento per conflitto, può dirsi vittoriosa, e ha pertanto diritto alla rifusione delle spese, la parte che abbia preso posizione sull’esercizio del potere officioso da parte del giudice e che, nel farlo, abbia sostenuto l’avviso poi espresso dalle Sezioni Unite in sede di risoluzione del conflitto, non potendosi invece procedere alla regolazione delle spese nell’ipotesi in cui le parti si siano rimesse alla decisione della Corte; con riferimento invece ai procedimenti davanti alle giurisdizioni confliggenti, ove le Sezioni Unite accolgano il conflitto e dichiarino la giurisdizione del giudice che l’aveva declinata, si configura una soccombenza reciproca, dovendosi ritenere che entrambe le parti, omettendo di impugnare la declinatoria che precedette la riassunzione davanti alla giurisdizione confliggente, abbiano dato causa all’inutile svolgimento del processo davanti al plesso giurisdizionale che aveva declinato la giurisdizione’ (Cass. Sez. U, Ordinanza n. del 26/09/2018, Rv. 650465).
Nello stesso senso, è stato affermato che ‘L’obbligo del rimborso delle spese processuali, che si fonda sul principio di causalità, di cui la soccombenza costituisce solo un elemento rivelatore, risponde all’esigenza di ristorare la parte vittoriosa dagli oneri inerenti al dispendio di attività processuale cui è stata costretta dall’iniziativa dell’avversario, ovvero del soggetto che abbia causato la lite …’ (Cass. Sez. 2, Sentenza n. del 08/06/2007, Rv. 598130; nello stesso senso, cfr. anche Cass. Sez. 3, Sentenza n. del 27/11/2006, Rv. 595483 e Cass. Sez. 3, Sentenza n. del 15/10/2004, Rv. 577732, che valorizzano anche la condotta serbata dalla parte prima dell’inizio del processo).
Nel caso di specie, gli odierni ricorrenti non hanno tenuto una condotta processuale tale da costringere l’originaria attrice ad interporre appello avverso la sentenza di prime cure, declinatoria della giurisdizione, sia perché non avevano sollevato la relativa eccezione in prima istanza, né avevano aderito a quella proposta dall’altro convenuto, COGNOME, sia perché nel costituirsi in appello non avevano preso alcuna posizione in merito alla questione della giurisdizione. Gli stessi, pertanto, non potevano essere considerati soccombenti sul punto, dovendosi ribadire -trattandosi di processo con più di due partiche ‘Il principio della soccombenza, cui l’art. 91 c.p.c. collega il rimborso delle spese in favore della controparte (salvo l’esercizio del potere di compensarle, totalmente o parzialmente), trova fondamento nella sopportazione dell’onere relativo da parte del soggetto che, con le proprie domande o attraverso la resistenza a quelle altrui, abbia causato la lite. Nel giudizio con pluralità di parti il giudice di merito deve indagare, a tal fine, sulla posizione assunta da ciascuna di esse, in relazione alla quale non può ritenersi soccombente colui che, fra più convenuti, non abbia formulato alcuna opposizione alla domanda,
anche se abbia fatto presente determinate esigenze’ (Cass. Sez. 3, Sentenza n. del 12/11/1993, Rv. 484311).
Né si può sostenere che la parte che non abbia proposto alcuna eccezione in punto di giurisdizione sia tenuta, per non risultare soccombente in appello, a proporre a sua volta impugnazione incidentale avverso la decisione di prima istanza che abbia accolto l’eccezione sollevata da altro convenuto, ovvero ad aderire al gravame che sia già stato proposto, in punto di giurisdizione, dall’originaria parte attrice.
Il ricorso va di conseguenza accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata, limitatamente alla statuizione sulle spese, oggetto di impugnazione.
Non essendo necessario alcun ulteriore accertamento di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi e per gli effetti di quanto previsto dall’art. 384, secondo comma, c.p.c., con eliminazione della statuizione concernente la condanna di COGNOME NOME e COGNOME NOME alla refusione delle spese di secondo grado in favore di COGNOME NOME. Proprio in relazione alla posizione neutra assunta dagli odierni ricorrenti in relazione alla questione della giurisdizione, infatti, le spese del giudizio di merito, relative al rapporto processuale corrente tra gli stessi e la COGNOME, vanno integralmente compensate.
Poiché invece sia la COGNOME che il COGNOME hanno resistito al ricorso interposto dalla COGNOME e dal COGNOME, entrambi i controricorrenti vanno condannati, in solido tra loro, al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, in applicazione del principio generale di soccombenza.
PQM
la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata limitatamente alla statuizione sulle spese e, decidendo la causa nel
merito ai sensi e per gli effetti di quanto previsto dall’art. 384, secondo comma, c.p.c., compensa integralmente le spese del giudizio di merito tra gli odierni ricorrenti e la controricorrente COGNOME NOME.
Condanna invece i due controricorrenti, tra loro il solido, al pagamento, in favore della parte ricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in € 1.700, di cui € 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali in ragione del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori tutti come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda