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Identità di genere, rettificazione di attribuzione del sesso

Identità di genere, rettificazione di attribuzione del sesso indicato nell’atto di nascita, sentenza del Tribunale passata in giudicato.

Pubblicato il 11 July 2022 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale Ordinario di Frosinone Sezione Civile

Il Collegio così composto:

riunito in camera di consiglio ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 623/2022 pubblicata il 01/07/2022

nella causa iscritta al ruolo generale degli affari civili contenziosi n. 524/2022 ed instaurata

da

XXX, rappresentato e difeso dall’Avv.;

ATTORE

con l’intervento del P.M..

OGGETTO: rettificazione di attribuzione di sesso. CONCLUSIONI: come in atti.

MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO

1. Con atto di citazione ritualmente notificato, XXX ha chiesto a questo Tribunale di essere autorizzato al trattamento medico-chirurgico per l’adeguamento dei propri caratteri sessuali maschili a quelli femminili; di ordinare all’Ufficiale dello stato civile competente la rettificazione dei propri dati anagrafici dal sesso maschile a quello femminile e la modificazione del nome, sostituendo il proprio prenome “Luca”, con quello di “Luna”.

L’attore ha esposto, in fatto, che: fin dall’infanzia aveva sempre manifestato una natura psicologica e comportamentale femminile, pur essendo biologicamente di sesso maschile; viveva con sofferenza la propria condizione, da cui gli derivano problemi di inserimento sociale; si era sottoposto, pertanto, ad una valutazione da parte di psicologi e psichiatri dell’ospedale San Camillo Forlanini, all’esito della quale era accertata la propria condizione di disforia di genere; si era sottoposto a terapia ormonale femminilizzante, assumendo l’aspetto esteriore di una donna; l’endocrinologo l’aveva ritenuto, infatti, fisicamente e clinicamente pronto ad affrontare un più completo adeguamento dei propri caratteri sessuali verso l’aspetto femminile desiderato; pativa, tuttavia, un enorme disagio nella quotidianità, presentandosi con un aspetto esteriore femminile e generalità anagrafiche maschili. In punto di diritto ha osservato che il dato normativo e l’interpretazione della Consulta e giurisprudenziale anche di legittimità depongono favorevolmente all’accoglimento delle domande di contestuale cambio anagrafico del sesso e autorizzazione agli interventi chirurgici, non essendo necessario il preventivo trattamento chirurgico alla rettifica dello status; che è sufficiente la relazione psico-sessuale al fine di dare prova della condizione di disfonia di genere in cui versava l’attore, senza che debba procedersi ad ulteriore istruttoria.

All’udienza del 20.06.2022, espletato l’interrogatorio libero dell’attore, la Difesa dello stesso ha precisato le conclusioni, insistendo nelle richieste formulate in citazione, con rinuncia ai termini ex art. 190 c.p.c.. Il processo è stato, pertanto, rimesso al Collegio per la decisione, senza termini per scritti conclusionali.

2. La domanda di rettificazione di sesso si presenta fondata e va, pertanto, accolta.

Ai sensi dell’art. 1 della l. 164/1982 (legge modificata in forza del d.gs. 150/2011) la rettificazione di attribuzione del sesso indicato nell’atto di nascita, in forza di sentenza del Tribunale passata in giudicato, fa seguito ad “intervenute modificazioni dei caratteri sessuali”; prevede l’art. 31, comma 4, d.lgs. 150/2011 che “quando risulta necessario un adeguamento dei caratteri sessuali da realizzare mediante trattamento medico-chirurgico” lo autorizza il Tribunale con sentenza passata in giudicato.

La tematica in disamina involge il diritto inviolabile alla identità personale e alla salute della persona transessuale (consacrati negli artt. 2, 3 e 32 Cost., nonché nell’art. 8 CEDU che sancisce il diritto all’autedeterminazione in ordine all’identità di genere, vedi parametri di costituzionalità nella rimessione alla Consulta decisa con sentenza C.Cost. 221/2015).

Ha chiarito la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 161/1985, che la normativa richiamata si iscrive “nell’alveo di una civiltà giuridica in evoluzione, sempre più attenta ai valori, di libertà e dignità, della persona umana, che ricerca e tutela anche nelle situazioni minoritarie e anomale”. Su tali presupposti testuali e valori costituzionali la giurisprudenza più recente ha superato l’indirizzo interpretativo per cui la rettificazione di sesso postulerebbe il trattamento chirurgico più invasivo (tesi che sottendeva l’ottica pubblicistica di garanzia della certezza dell’identità di genere), declassando l’intervento chirurgico da presupposto della rettifica di sesso ad eventuale mezzo per la sua realizzazione.

La Corte delle Leggi, con la nota sentenza n. 221/2015, nel rigettare la questione di costituzionalità dell’art. 1, l. 164/1982, citato, ha, infatti, affermato che “Non è fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, della legge 14 aprile 1982, n. 164, impugnato, in riferimento agli artt. 2, 3, 32, 117, primo comma, Cost., e 8 CEDU- in quanto, stabilendo che la rettificazione dell’attribuzione anagrafica di sesso si fa in forza di sentenza del tribunale passata in giudicato che attribuisca ad una persona sesso diverso da quello enunciato nell’atto di nascita a seguito di intervenute modificazioni dei suoi caratteri sessuali, subordinerebbe irragionevolmente l’esercizio del fondamentale diritto all’identità di genere a trattamenti sanitari pericolosi per la salute. Tale disposizione costituisce l’approdo di un’evoluzione culturale ed ordinamentale volta al riconoscimento del diritto all’identità di genere quale elemento costitutivo del diritto all’identità personale, rientrante a pieno titolo nell’ambito dei diritti fondamentali della persona. Interpretata alla luce dei diritti della persona, la mancanza di un riferimento testuale alle modalità attraverso le quali si realizza la modificazione porta ad escludere la necessità, ai fini dell’accesso al percorso giudiziale di rettificazione anagrafica, del trattamento chirurgico, il quale costituisce solo una delle possibili tecniche per effettuare l’adeguamento dei caratteri sessuali. Tale esclusione appare, peraltro, il corollario di un’impostazione che, in coerenza con i supremi valori costituzionali, rimette al singolo la scelta delle modalità attraverso le quali realizzare, con l’assistenza del medico e di altri specialisti, il proprio percorso di transizione, che deve comunque riguardare gli aspetti psicologici, comportamentali e fisici che concorrono a comporre l’identità di genere. Rimane così ineludibile un rigoroso accertamento giudiziale delle modalità attraverso le quali il cambiamento è avvenuto e del suo carattere definitivo. Rispetto ad esso il trattamento chirurgico costituisce uno strumento eventuale, di ausilio al fine di garantire, attraverso una tendenziale corrispondenza dei tratti somatici con quelli del sesso di appartenenza, il conseguimento di un pieno benessere psichico e fisico della persona. Il ricorso alla modificazione chirurgica risulta, quindi, autorizzabile in funzione di garanzia del diritto alla salute, laddove lo stesso sia volto a consentire alla persona di raggiungere uno stabile equilibrio psicofisico, in quei particolari casi nei quali la divergenza tra il sesso anatomico e la psicosessualità sia tale da determinare un atteggiamento conflittuale e di rifiuto della propria morfologia anatomica. In tal senso, quindi, il trattamento chirurgico non si configura come prerequisito necessario per accedere al procedimento di rettificazione, bensì come un possibile mezzo, funzionale al conseguimento di un pieno benessere psicofisico”.

Coerentemente la Suprema Corte, nella pronuncia n. 15138/2015, ha spiegato che “L’interesse pubblico alla definizione certa dei generi, anche considerando le implicazioni che ne possono conseguire in ordine alle relazioni familiari e filiali, non richiede il sacrificio del diritto alla conservazione della propria integrità psico-fisica sotto lo specifico profilo dell’obbligo dell’intervento chirurgico inteso come segmento non eludibile dell’avvicinamento del soma alla psiche, giacché l’acquisizione di una nuova identità di genere può essere il frutto di un processo individuale che non ne postula la necessità, purché la serietà ed univocità del percorso scelto e la compiutezza dell’approdo finale sia accertata, ove necessario, mediante rigorosi accertamenti tecnici in sede giudiziale”.

In termini si è pronunciata la più recente giurisprudenza di merito (in termini, ex multis, Trib. Pavia, sez. II, 16.01.2018; Trib. Roma, sez. I, 4.04.2017 n. 6734; in questo stesso Tribunale, sez. I, sent. n. 97/2020 del 5.02.2020 e sent. n. 1802/2017 del 25.07.2017).

Va data applicazione ai principi esposti.

Nel caso sub iudice, il quadro istruttorio conforta le richieste attoree.

Difatti, emerge dalla relazione a firma degli psicologi dott.ri *** e ***, del Servizio per l’adeguamento tra identità fisica e identità psichica (SAIFIP), presso l’Azienda ospedaliera San Camillo Forlanini, datata 29.09.2021 ed elaborata all’esito di un percorso psicodiagnostico, declinato su colloqui clinici e test, svoltosi nell’arco temporale compreso tra novembre 2016 e febbraio 2019, che, con riferimento a XXX, chiamato nella relazione “Luna, secondo il suo desiderio”, “è stato possibile evidenziare un quadro caratterizzato da una Incongruenza di genere che in letteratura viene definita come “una marcata e persistente incongruenza tra il genere esperito dall’individuo e il sesso assegnato” (OMS, 2018), già denominata Disforia di genere (DSM-5,cod 302.85), prima della pronuncia dell’Organizzazione Mondiale della Sanità del 2018. La persona, infatti, presenta un’evidente identificazione con il sesso femminile, e tale identificazione non appare legata a qualche presunto vantaggio culturale.”. Si dà atto, inoltre, che l’odierno attore intraprendeva, a giugno 2019, una terapia ormonale femminilizzante presso l’ambulatorio di endocrinologia dell’ospedale Umberto I di Roma, in corso al tempo della relazione, con sottoposizione a controlli medici regolari. Si giunge, pertanto, a ritenere che “La condizione esistenziale della persona ed i bisogni richiedono la rettificazione chirurgica ed anagrafica ritenuta, attualmente, nella letteratura e nella pratica clinica internazionale, un percorso adeguato per un soddisfacente riequilibrio psicofisico nelle persone con Incongruenza di genere”. La persona appare in grado di affrontare gli interventi chirurgici che si effettuano per la riattribuzione di sesso, interventi che non presentano di per sé particolari livelli di pericolosità per la vita e la salute delle persone che li richiedono”. Aggiungono gli esperti del sevizio competente che la possibilità di presentarsi al femminile ha contenuto i disagi del XXX relativi alla Incongruenza di genere “nonostante il desiderio di poter effettuare gli interventi di riattribuzione di sesso sia stabile e immutato nel corso del tempo”; ma ha creato difficoltà connesse al presentarsi con l’identità di genere cui sente di appartenere possedendo documenti anagrafici maschili, ciò che lo espone a “fattori di rischio psicologico conseguenti a vissuti di esclusione e di non appartenenza”. Hanno, dunque, concluso per la necessità ed urgenza di cambio anagrafico e autorizzazione agli interventi chirurgici, anche in considerazione delle lunghe liste di attesa per l’esecuzione dei detti interventi (cfr. relazione cit. allegata alla citazione).

Nel certificato del 12.01.2022, rilasciato dal dott., si dà atto che il XXX si rivolgeva all’Ambulatorio di Endocrinologia del Dipartimento di Medicina Sperimentale, sezione di Fisiopatologia Medica ed Endocrinologia del Policlinico Umberto I di Roma per Disfonia di genere, per la prima volta in data 19.02.2019, sottoponendosi, dal 28.05.2018, a terapia ormonale a base di Spironolattone 50 mg (1 cp al dì) ed Estradiolo valerato 2 mg (2 erogazioni al dì), successivamente mutata in Estradiolo emiidrato gel (2 erogazioni al dì) e Spironolattone 100 mg (1 cp al dì), “volta a promuovere riduzione e scomparsa della barba e del pilifero, redistribuzione ginoide del tessuto adiposo ed ipotrofia testicolare bilaterale”, terapia da seguirsi costantemente per il mantenimento delle caratteristiche, con sottoposizione periodica a controlli clinici, laboratoristici e di diagnostica strumentale (cfr. relativo certificato allegato alla citazione).

Di rilievo le dichiarazioni rese dall’attore in interrogatorio libero. Riferendosi a sé con il pronome femminile, il XXX ha rappresentato di percepire “questa cosa fin da piccola”, ma di averne maturato piena consapevolezza in età adolescenziale; di aver sempre condotto una vita al femminile, con accanto donne come figure adulte di riferimento; di essersi dapprima informato sul percorso psicologico da seguire per la transizione, sottoponendosi a colloqui e test; di aver iniziato il l’iter medico quando gli specialisti lo avevano ritenuto pronto; di aver iniziato la terapia ormonale circa 3 anni prima del processo ed essersi sottoposto all’intervento chirurgico di mastoplastica nell’aprile 2021; ha dato conto di aver intrattenuto relazioni sentimentali con uomini e di lavorare in un negozio di abbigliamento per donne (cfr. verbale dell’udienza del 20.06.2022).

La stratificazione nel tempo dell’incongruenza di genere e il percorso personale, psicologico e di metamorfosi dell’aspetto esteriore, anche con terapia ormonale, il comportamento che è emerso aver assunto denotano una compiuta e non modificabile maturazione della propria condizione personale e una convinta scelta di conversione dei propri connotati biologici per l’adeguamento al genere di appartenenza percepito.

Quanto detto persuade il Collegio di doversi procedere alla rettificazione di sesso richiesta.

3. Va accolta anche la domanda di modificazione del prenome in Luna.

Non solo la decisa transizione verso il sesso percepito, ma anche l’utilizzo nel contesto sociale di appartenenza del nome predetto (vedi sul punto atto di citazione e relazione del SAIFIP), conducono alla variazione del nome richiesta.

4. Meritevole anche la domanda di autorizzazione agli interventi chirurgici.

Ai sensi del citato dell’art. 31, comma 4, d.lgs. 150/2011 il Tribunale, con sentenza passata in giudicato, autorizza i trattamenti medico-chirurgici necessari all’adeguamento dei caratteri sessuali. La motivazione profonda al riallineamento del sesso percepito con quello anatomico e il desiderio di compiere tale transizione anche attraverso gli interventi, emergente dalla relazione del SAIFIP, motivano l’accoglimento della detta richiesta.

3. Nulla sulle spese di lite, stante la natura costitutiva necessaria del presente giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, così provvede:

– in accoglimento della domanda, dispone la rettificazione di attribuzione di sesso di XXX da maschile a femminile;

– ordina all’Ufficiale dello Stato Civile del Comune di ***, dove è stato compilato l’atto di nascita, di procedere alla rettificazione del sesso nel relativo registro e negli atti riguardanti la detta parte;

– in accoglimento della domanda, dispone la modificazione del prenome di XXX, variando quello assunto di “Luca” in quello scelto di “Luna”, così che si chiami “Luna XXX”;

– ordina all’Ufficiale dello Stato Civile del Comune di *** di procedere alla rettificazione del nome nel registro di nascita e negli atti relativi alla detta parte;

– manda alla cancelleria per le comunicazioni all’Ufficiale dello Stato di Civile del Comune di ***;

– autorizza XXX a sottoporsi ai trattamenti medico-chirurgici di adeguamento al sesso femminile;

– nulla sulle spese di lite. Frosinone, 30.06.2022

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

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