Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 10435 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 10435 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 22/04/2025
R.G. 19655/2021
COGNOME
Rep.
C.C. 18/2/2025
C.C. 14/4/2022
PRINCIPIO DI NON CONTESTAZIONE. PROVA DELLA TITOLARITÀ.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19655/2021 R.G. proposto da : NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME tutti rappresentati e difesi dall ‘ avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE -ricorrenti-
Contro
COMUNE DI COGNOME, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE -controricorrente- avverso la SENTENZA della CORTE D ‘ APPELLO di CATANZARO n. 5/2021 depositata il 04/01/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME Stefano convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Paola, il Comune della medesima città, chiedendo che fosse
condannato al risarcimento dei danni da lui subiti, asseritamente derivanti da un evento alluvionale che, a causa del difetto di manutenzione della rete fognaria, aveva determinato l’allagamento della propria abitazione e della propria automobile.
Si costituì in giudizio il convenuto, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva e chiedendo, nel merito, il rigetto della domanda.
Espletata una c.t.u. e sentiti alcuni testimoni, il Tribunale rigettò la domanda e condannò l’attore al pagamento delle spese di lite, comprensive di quelle della consulenza tecnica.
Venuto a mancare l’attore, i suoi eredi NOME COGNOME NOME, NOME, NOME, NOME e NOME Stefano hanno impugnato la sentenza del Tribunale e la Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza del 4 gennaio 2021, ha accolto in parte il gravame e, riformando la sentenza del Tribunale, ha compensato le spese del giudizio di primo grado, confermando nel resto la decisione e compensando anche le spese del giudizio di appello.
Ha osservato la Corte territoriale, per quanto di rilievo in questa sede, che gli appellanti avevano contestato la rilevabilità d’ufficio del difetto di titolarità del rapporto dedotto in giudizio, ritenendo che, poiché la sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte (n. 2951 del 2016) era intervenuta in corso di causa, non avrebbe potuto essere applicata alla fattispecie; essi, inoltre, avevano fatto affidamento sul diverso orientamento giurisprudenziale che richiedeva la tempestiva contestazione, da parte del convenuto, nella prima difesa, della carenza di prova circa la titolarità del diritto.
Tale rilievo, però, non è stato ritenuto decisivo dalla Corte d’appello, la quale ha rilevato che il mutamento di giurisprudenza indotto dalla suindicata sentenza non era assolutamente imprevedibile. Le Sezioni Unite, infatti, avevano in realtà precisato che «colui il quale agisce in giudizio per la tutela di un diritto non
può limitarsi ad allegare che quel diritto sussiste, ma deve allegare che quel diritto gli appartiene; deve dimostrare, cioè, che vi sono ragioni giuridiche che collegano quel diritto alla sua persona. La titolarità della posizione soggettiva, attiva o passiva, vantata in giudizio è un elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, sicché spetta all’attore allegarla e provarla, salvo il riconoscimento, o lo svolgimento di difese incompatibili con la negazione, da parte del convenuto». Sicché, in definitiva, gli appellanti non potevano invocare il ragionevole affidamento sul diverso orientamento che richiedeva la tempestiva contestazione da parte del convenuto della carenza di prova della titolarità del diritto fatto valere in giudizio dall’attore.
Ciò premesso, la Corte d’appello ha aggiunto che «il diritto al risarcimento dei danni subiti da un bene spetta a chi ne sia proprietario al momento del verificarsi dell’evento dannoso» e che non poteva aver alcun rilievo il fatto che il Comune di Paola non avesse specificamente contestato il difetto di titolarità dell’attore nel corso del giudizio, trattandosi di un’eccezione rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo.
Facendo applicazione di questi principi, la sentenza d’appello ha osservato che l’originario attore non aveva provato né di essere proprietario dell’immobile né dell’autovettura danneggiata, posto che le fatture prodotte erano riferite ad un soggetto diverso, cioè NOME COGNOME Non avendo quindi l’attore dimostrato il fondamento del proprio diritto, la domanda risarcitoria doveva essere rigettata. Ha infine rilevato la Corte di merito che nemmeno nel giudizio di appello era stata fornita la prova documentale della titolarità dell’immobile, prova che avrebbe potuto essere prodotta, anche ai sensi dell’art. 345 cod. proc. civ., in considerazione del fatto che l’eccezione era stata sollevata in primo grado dal Comune solo nella comparsa conclusionale.
Contro la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro propongono ricorso NOME COGNOME NOME, NOME, NOME e NOME con unico atto affidato a due motivi.
Resiste il Comune di Paola con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1153 e 2697 cod. civ. e degli artt. 112, 115, 167 e 345 del codice di rito.
I ricorrenti premettono che sarebbe errato il richiamo, contenuto nella sentenza impugnata, all’art. 345 cit., norma che vieta la produzione di nuovi documenti nel giudizio di appello. Ricordano poi che la sentenza delle Sezioni Unite suindicata è del 2016, mentre il giudizio di primo grado fu introdotto nel 2012, quando « l’indirizzo giurisprudenziale assolutamente maggioritario era quello secondo il quale la contestazione della reale titolarità attiva e passiva del diritto sostanziale dedotto in giudizio costituisce un’eccezione in senso tecnico». Sarebbe quindi del tutto errata l’affermazione secondo cui il danneggiato avrebbe potuto e dovuto prevedere il cambiamento di giurisprudenza sopravvenuto.
Ciò detto, i ricorrenti evidenziano specificamente che il Comune di Paola non aveva «mai negato e contestato la titolarità del diritto dedotto in giudizio in capo al sig. NOME COGNOME avendolo addirittura riconosciuto, stante anche lo svolgimento di difese incompatibili con la negazione da parte del convenuto». Il giudice dell’appello, quindi, avrebbe dovuto ritenere che il diritto al risarcimento dei danni può essere invocato anche da chi, come nella fattispecie, non si era visto contestare la titolarità della posizione soggettiva dedotta in giudizio. Proprio dalla lettura della sentenza n. 2951 del 2016 delle Sezioni Unite, infatti, emerge, secondo i ricorrenti, che «la presa di posizione assunta dal convenuto con la comparsa di risposta può avere rilievo, perché
può servire a rendere superflua la prova dell’allegazione dell’attore in ordine alla titolarità del diritto. Ciò avviene nel caso in cui il convenuto riconosca il fatto posto dall’attore a fondamento della domanda oppure nel caso in cui articoli una difesa incompatibile con la negazione della sussistenza del fatto costitutivo».
Quanto poi alle fatture prodotte, i ricorrenti osservano che esse, benché intestate a NOME COGNOME anziché all’attore originario, avrebbero dovuto essere considerate prove sufficienti a dimostrare il danno subito, trattandosi comunque di una posizione di possesso giuridicamente qualificata (il ricorso fa anche riferimento ad un «mero errore materiale relativo al nome e non anche al cognome»).
Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., o messa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.
Il motivo, che non ha formalmente un’intestazione autonoma rispetto al primo, osserva che la sentenza impugnata conterrebbe una motivazione inadeguata anche in relazione alle deposizioni dei testimoni -che hanno confermato la tesi dell’attore e al contenuto della c.t.u., che avrebbe dimostrato l’esistenza del nesso di causalità tra l’allagamento e i danni.
Il Collegio osserva che l’esame dei due motivi di ricorso esige un chiarimento in ordine all’esatta portata della sentenza 16 febbraio 2016, n. 2951, delle Sezioni Unite di questa Corte.
Nella motivazione di quella sentenza si legge, tra l’altro, che, ove il danno lamentato riguardi un bene immobile, per chiederne in giudizio il risarcimento «la parte deve dimostrare, oltre ad una serie di elementi materiali (il danno, il nesso di causalità), anche di essere titolare di un diritto reale sul bene danneggiato». Da tanto consegue che la titolarità, integrando «un elemento costitutivo del diritto fatto valere in giudizio, può essere negata dal convenuto con
una mera difesa che, contrariamente alle eccezioni in senso stretto, non è soggetta a decadenza». Nei passaggi successivi si chiarisce che, se la difesa è articolata «in modo incompatibile con la negazione della titolarità del diritto di proprietà», l’onere della prova da parte dell’attore può dirsi raggiunto, e il convenuto non può, tanto meno in appello, «proporre una nuova esposizione dei fatti questa volta compatibile con la negazione del diritto».
La sentenza suindicata ha quindi enunciato il principio secondo cui la titolarità della posizione soggettiva, attiva o passiva, vantata in giudizio è un elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, sicché spetta all’attore allegarla e provarla, salvo il riconoscimento, o lo svolgimento di difese incompatibili con la negazione, da parte del convenuto. Il che vuol dire che l’onere della prova della titolarità gravante sull’attore è escluso o, meglio, resta assorbito -se vi è un riconoscimento espresso da parte del convenuto o una difesa che suppone il riconoscimento implicito della titolarità.
Muovendo da queste corrette premesse, alle quali l’odierna pronuncia intende dare ulteriore continuità, si deve esaminare il caso concreto, tenendo presente che la natura del vizio prospettato consente di accedere al controllo degli atti processuali relativi ai giudizi di merito. Nel caso specifico, leggendo la comparsa di risposta del Comune di Paola nel giudizio di primo grado, emerge che, effettivamente, esso si difese da un lato contestando la propria legittimazione passiva per aver affidato la manutenzione delle fognature ad altri e, dall’altro, invocando il carattere catastrofico, o comunque eccezionale, delle piogge che avevano generato il danno di cui si discute. Nessuna contestazione è ravvisabile nel primo atto difensivo circa la titolarità in capo all’attore del diritto di proprietà sull’immobile danneggiato o sull’autovettura. Ciò comporta che nella linea difensiva del Comune si coglie una traccia evidente di quell’atteggiamento,
sostanzialmente acquiescente o remissivo, di cui si è detto in precedenza; per cui, in assenza di contestazione, l’attore non era più tenuto a dimostrare un presupposto che la controparte non aveva mai messo in dubbio.
Ciò comporta che, pacifica essendo la circostanza, ammessa anche nel controricorso, per cui la contestazione sulla proprietà dell’immobile e della vettura ebbe luogo solo nella comparsa conclusionale del giudizio di primo grado, ne deriva la doverosa conclusione per cui quella contestazione avvenne quando le preclusioni sul punto si erano ormai maturate; circostanza, questa, che il Tribunale prima e la Corte d’appello poi avrebbero dovuto riconoscere.
D’altra parte, anche le contestazioni insorte, quanto alla proprietà dell’automobile, per avere l’originario attore prodotto fatture intestate al proprio figlio, e non a sé medesimo, non mutano i termini del problema, posto che la non contestazione di cui si è detto determina l’in discutibilità del titolo proprietario una volta che l’attore abbia comunque addotto di aver sostenuto la spesa in proprio.
Il ricorso, pertanto, è accolto, e la sentenza impugnata è cassata.
Il giudizio è rinviato alla medesima Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione personale, la quale deciderà il merito della causa attenendosi ai principi indicati nella presente decisione.
Al giudice di rinvio è demandato anche il compito di liquidare le spese del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione personale, anche per le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza