Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 10827 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 10827 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14/2024 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in PRATO P.LE COGNOME INDIRIZZO COGNOME INDIRIZZO DOMICILIO DIGITALE, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in PISTOIA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 1699/2023 depositata il 04/08/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
Con atto notificato in data 12 febbraio 2014 RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Prato la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE chiedendo che venisse dichiarato inefficace ex art. 2901 cod. civ, l’atto di conferimento di azienda del 23/02/2009 a rogito notaio NOME Antonio COGNOME di Prato, con il quale la RAGIONE_SOCIALE aveva conferito alla RAGIONE_SOCIALE l’intera azienda avente ad oggetto i beni immobili indicati nel citato contratto.
Esponeva che RAGIONE_SOCIALE era debitrice nei confronti degli enti impositori di € 1.727.904,02 risultante dalle cartelle di pagamento per tributi erariali relativi all’anno 2003 ed, in data 27/09/2011, per tributi degli anni dal 2003 al 2007 per l’importo di € 1.543.910,80.
La debitrice si sarebbe spogliata dell’intero patrimonio e l’atto dispositivo impugnato, rogitato in favore di persona collegata alla conferente, era successivo al sorgere del credito.
RAGIONE_SOCIALE si costituiva chiedendo la verifica della notifica nei confronti del litisconsorte necessario RAGIONE_SOCIALE, asseriva la carenza di legittimazione ed interesse ad agire di Equitalia RAGIONE_SOCIALE in favore di Equitalia Nord, il difetto di giurisdizi one dell’A.G.O. in relazione all’accertamento dei crediti tributari e la pregiudizialità dei giudizi pendenti davanti alla Commissione Tributaria.
RAGIONE_SOCIALE si costituiva tardivamente, successivamente alle scadenze processuali delle memorie 183 c.p.c., chiedendo di essere rimessa in termini non avendo ricevuto la notifica per causa a lei non imputabile, essendo avvenuta presso la residenza del legale rappresentante del tempo, NOME COGNOME anziché presso la sede sociale in Prato, quando la COGNOME non era più la rappresentante legale di Black Rock. Formulava le medesime eccezioni e conclusioni di Fininvest.
RAGIONE_SOCIALE produceva il certificato notarile di fusione per incorporazione di RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE
Il Tribunale con la sentenza del 31/10/2017 rigettava le eccezioni relative al difetto di legittimazione e d’interesse ad agire; in accoglimento della domanda di parte attrice, revocava e dichiarava inefficace ai sensi dell’art. 2901 cod. civ. nei confront i di RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE.
Avverso tale decisione proponevano appello le società convenute e RAGIONE_SOCIALE spiegava un ulteriore motivo di gravame afferente alla mancata rimessione in termini.
Si costituiva in giudizio l’Agenzia delle Entrate Riscossione, subentrante ex lege a titolo universale nei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, di RAGIONE_SOCIALE società a sua volta incorporante RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE come da atto di fusione per incorporazione del 17 giugno 2016 e contestava la fondatezza degli appelli.
La Corte, con ordinanza del 27.04.2021, riuniva i due procedimenti e con sentenza del 4.8.2023 rigettava gli appelli avverso la sentenza del Tribunale di Prato e condanna gli appellanti, in solido tra loro, alla refusione delle spese di lite in favore di Agenzia delle Entrate.
Avverso tale decisione propongono separati ricorsi per cassazione la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e RAGIONE_SOCIALE affidandosi
rispettivamente a due e quattro motivi, illustrati, per entrambe, da memorie ex art. 380 bis c.p.c.
Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate Riscossione.
Motivi della decisione
Il ricorso proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE va qualificato come ricorso incidentale (Cass. Sez. 1, 04/12/2014, n. 25662, Rv. 633719 -01) per il principio per cui ‘ogni ricorso successivo al primo si converte, indipendentemente dalla forma assunta e ancorché proposto con atto a sé stante, in ricorso incidentale’.
Con il primo motivo dei rispettivi ricorsi entrambe le ricorrenti denunziano violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cpc , in relazione all’art 360 1 comma n. 3, c.p.c. per avere la Corte d ‘ appello di Firenze erroneamente qualificato come incidentale la domanda di accertamento del credito che, invece, così come proposta da Equitalia Centro, oggi Ader, era finalizzata ad ottenere l’accertamento con forza di giudicato di un presupposto che l’az ione revocatoria non richiede essere accertato, bensì semplicemente allegato.
La conseguente violazione ex art 360 1 comma n. 1, cpc del criterio di ripartizione della giurisdizione per avere il Giudice ritenuto che nonostante RAGIONE_SOCIALE, oggi Ader, avesse chiesto l’accertamento dell’esistenza del credito per il quale si procedeva in revocatoria, detta domanda non avesse comportato il difetto di giurisdizione dell’AGO in favore del giudice Tributario.
Parte attrice, nell’atto di citazione avrebbe espressamente richiesto ‘Voglia il Tribunale adito accertato che la RAGIONE_SOCIALE è debitrice nei confronti degli Enti impositori’.
Lamentano, altresì la violazione dell’art. 112 c.p.c. laddove la Corte territoriale, si è basata sulle deduzioni del Tribunale che aveva ‘salvato’ l’operato della parte attrice qualificando la domanda di accertamento del credito avanzata da Equitalia come incidentale e non principale.
Il motivo è inammissibile.
Va anzitutto osservato che esso risulta formulato in violazione del requisito a pena d’inammissibilità prescritto all’art. 366, 1° co. n. 6, c.p.c., atteso che parte ricorrente ha trascritto solo un passaggio poco significativo o comunque insufficiente degli atti di controparte, fondando la propria differente interpretazione della domanda proposta, sul lemma ‘accertato che la RAGIONE_SOCIALE è debitrice’, senza sottoporre alla Corte di legittimità l’intero compendio documentale di primo e secondo grado riferito ai passaggi rilevanti degli atti di parte che avrebbero dovuto essere debitamente trascritti.
In secondo luogo, il motivo è inammissibile perché la qualificazione della domanda va operata sulla base dei criteri di ermeneutica contrattuale e la relativa censura in sede di legittimità va necessariamente operata attraverso una specifica individuazione dei criteri di interpretazione del contratto che sarebbero stati applicati erroneamente dalla Corte di territoriale
Infatti, ‘l’interpretazione operata dal giudice di appello riguardo al contenuto e all’ampiezza della domanda giudiziale è assoggettabile al controllo di legittimità limitatamente alla valutazione della logicità e congruità della motivazione e, a tal riguardo, il sindacato della Corte di cassazione comporta l’identificazione della volontà della parte in relazione alle finalità dalla medesima perseguite, in un ambito in cui, in vista del predetto controllo, tale volontà si ricostruisce in base a criteri ermeneutici assimilabili a quelli propri del negozio’ (Cass. Sez. L., 08/08/2006, n. 17947, Rv. 591719 -01).
Al fine di far valere una violazione ermeneutica il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione (artt. 1362 e segg. c.c.) mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali
considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non essendo consentito il riesame del merito in sede di legittimità (Cass. 09/10/2012, n. 17168; Cass. 11/03/2014, n. 5595; Cass. 27/02/2015, n. 3980; Cass. 19/07/2016, n. 14715).
Di conseguenza, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario che quella data dal giudice sia l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, sicché, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra (Cass. 22/02/2007, n. 4178; Cass. 03/09/2010, n. 19044).
Tale attività difetta del tutto nel ricorso.
Con il secondo motivo dei rispettivi ricorsi entrambe le ricorrenti denunziano la violazione e falsa applicazione dell’art 112 e 115 cpc in relazione all’ art 360 comma 1 n. 3 c.p.c. La Corte territoriale avrebbe erroneamente qualificato come errore materiale la proposizione di domande i cui effetti avrebbero dovuto prodursi nella sfera giuridica di un soggetto diverso da colui che le ha proposte.
Contravvenendo a quanto disposto dall’art 112 e 115 cpc il Giudice di appello ha ritenuto che RAGIONE_SOCIALE non avesse esercitato un diritto di RAGIONE_SOCIALE trattandosi piuttosto di un errore materiale.
Conseguente si deduce la violazione e/o falsa applicazione delle art 81 e 100 cpc in relazione all’art 360 n. 3 c.p.c. per non avere il giudice di merito rilevato la carenza di interesse e di legittimazione ad agire in capo all’attore.
RAGIONE_SOCIALE parte attrice in primo grado, nelle conclusioni dell’atto introduttivo ha espressamente chiesto che l’atto di conferimento del 23.02.2009 venisse dichiarato inefficace non già nei suoi confronti, bensì nei confronti di RAGIONE_SOCIALE ovverosia di un soggetto giuridicamente diverso.
Inoltre, la corte di merito ha ritenuto corretta la sentenza del giudice di prime cure là dove ha pronunciato la decisione contro l” Agenzia delle Entrate Riscossione’ senza che aver dato invero atto della fusione.
Il motivo è inammissibile.
Esso risulta formulato in violazione del requisito a pena d’inammissibilità prescritto all’art. 366, 1° co. n. 6, c.p.c. per quanto già detto per il motivo precedente.
Ne consegue che questa Corte non è posta nelle condizioni di vagliare compiutamente la complessiva ricostruzione contestata dalla ricorrente.
Va d’altro canto osservato che la motivazione dell’impugnata sentenza si appalesa ragionevole e lineare.
La lettura delle risultanze processuali e, quindi, della documentazione prodotta, effettuata uniformemente sia dal giudice di prime cure, che da quello di appello evidenzia, per quello che si legge in sentenza, la riconducibilità delle cartelle esattoriali portanti il credito erariale alla allora Equitalia Centro s.p.a. e che, quindi, solo per un mero errore materiale, nel corpo dell’atto si è fatto riferimento ad Equitalia Nord s.p.a.
Con il terzo motivo la ricorrente incidentale Black Rock denunzia violazione e falsa applicazione dell’art 153 , 2 comma, cpc in relazione all’art 360 n. 3 cpc per non avere il giudice di merito ritenuto operante l’istituto della rimessione in termini in favore di Black Rock. Si duole che la corte di merito abbia ritenuto non indicate in appello le richieste che avrebbe potuto presentare nel caso di tempestiva costituzione o laddove fossero stati concessi i termini per il deposito di memorie; né il pregiudizio derivante dalla mancata rimessione in termini, nonostante, aggiunge la corte, tale omissione abbia determinato il rigetto della richiesta in primo grado.
Con il quarto motivo lamenta la violazione e falsa applicazione ex art 360 comma 1, n. 3 cpc dell’art 91 e 92 comma 2 cpc riguardo alla
errata conferma della sentenza del Tribunale sulle spese invece di disporre la compensazione delle stesse. Il giudizio di primo grado si sarebbe svolto in assenza di istruttoria, nonostante la limitazione del diritto di difesa di RAGIONE_SOCIALE anche alla luce del diniego della rimessione in termini della stessa.
La corte di merito non avrebbe disposto la riforma dell’impugnata sentenza neppure sotto detto profilo.
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono infondati.
La questione va più correttamente ricondotta alla disciplinata dell’art. 294 c.p.c., secondo cui ‘il contumace che si costituisce può chiedere al giudice istruttore di essere ammesso a compiere attività che gli sarebbero precluse, se dimostra che la nullità della citazione o della sua notificazione gli ha impedito di avere conoscenza del processo o che la costituzione è stata impedita da causa a lui non imputabile’.
Come rilevato dai giudici di merito, l’odierna ricorrente non ha indicato né davanti al Tribunale né in sede di impugnazione le attività che gli sarebbero state precluse dalla nullità della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio, non avendo soll evato nella propria comparsa di costituzione e risposta alcuna eccezione in senso stretto, né avendo proposto domanda riconvenzionale o richiesta di chiamata in causa del terzo, né avendo avanzato richieste istruttorie.
Per il resto le censure relative alle spese sono inammissibili in quanto nuove.
La ricorrente non ha documentato di avere sottoposto al giudice di appello l’erronea applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. da parte del giudice di prime cure.
La questione viene posta per la prima volta in questa sede.
Sotto altro profilo la censura è generica poiché non si fa riferimento al parametro dell’art. 4, d.m. 55/2014, che, al comma 5, con
riferimento alla fase istruttoria, precisa che nella stessa rientrano anche gli scritti difensivi delle altre parti.
I ricorsi devono essere pertanto rigettati.
Stante la reciproca soccombenza va disposta la compensazione tra ricorrenti, principale e incidentale, delle spese del giudizio di cassazione.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente Ader, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta i ricorsi, principale e incidentale. Compensa tra le ricorrenti, principale e incidentale, le spese del giudizio di cassazione. Condanna le ricorrenti, principale e incidentale, al solidale pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in € 14. 000,00, oltre alle spese eventualmente prenotate a debito, in favore della controricorrente Ader.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e di quella incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il rispettivo ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione della Corte