Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 2495 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 2495 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8489/2018 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
Contro
COMUNE RAGIONE_SOCIALE, in persona del Sindaco, , rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), pec: EMAIL
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO RAGIONE_SOCIALE n. 83/2018 depositata il 05/02/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/12/2023 dal Consigliere COGNOME NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
NOME COGNOME ha citato in giudizio il Comune RAGIONE_SOCIALE Messina deducendo che l’ente, in assenza di dichiarazione di pubblica utilità nonché di decreto di esproprio, aveva occupato una porzione di terreno di proprietà di esso attore e realizzato un’opera pubblica. Il Tribunale ha condannato il Comune al pagamento della somma di euro 46.655,57 oltre rivalutazione ed interessi, sulla base dei risultati di una consulenza tecnica d’ufficio. Il Comune di Messina ha proposto appello.
La Corte d’appello di Messina, respinta l’eccezione di difetto di giurisdizione nonché l’eccezione di prescrizione, osserva che il terreno ha destinazione urbanistica F1 e quindi è area non edificabile, ma comunque suscettibile di possibili utilizzazioni economiche ulteriori e diverse da quella agricole. Esaminando gli atti prodotti dallo stesso ricorrente, e cioè una perizia giurata avente ad oggetto i terreni confinanti e l’atto di compravendita del terreno de quo, ha ritenuto che il valore indicato dal consulente in primo grado fosse esorbitante e non adeguatamente motivato perché il consulente in primo grado aveva fatto riferimento solo a ‘non meglio specificate indagini di mercato’, valutazione acriticamente recepita dal primo giudice. Ha quindi ridotto l’importo liquidato alla minor somma di euro 7.766,00.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, affidandosi a due motivi. Si è costituito, resistendo con controricorso, il Comune di Messina. Il ricorrente ha depositato memoria, la causa è stata trattata alla udienza camerale non partecipata del 14 dicembre 2024.
RILEVATO CHE
-Con il primo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art. 360 nn. 3,4,5, c.p.c. la violazione e falsa applicazione
dell’art. 112 c.p.c. e degli artt. 2730 e 2735 c.c.; la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 -167 -342 c.p.c.; l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, costituito dai valori del terreno per cui è causa assegnati nella procedura espropriativa dal Comune di Messina, sulla scorta delle espressa domanda dallo stesso avanzata in appello.
Il ricorrente deduce che il Comune di Messina nell’atto d’appello aveva chiesto che il terreno per cui è causa venisse valutato come terreno agricolo e nelle conclusioni aveva espressamente domandato che, ove non accolta l’eccezione di prescrizione, ‘ dovrà essere riconosciuto solo l’indennizzo per l’acquisizione del terreno da parte dell’Amministrazione comunale sulla scorta e nei limiti previsti dalla già indicata normativa in materia e coincidente con quella offerta’. Osserva che il Comune di Messina aveva predisposto un elenco delle ditte da espropriare e aveva attribuito alla ditta RAGIONE_SOCIALE NOME, per la particella 136 del foglio di mappa 45, da cui poi è originata l’attuale particella numero 1544 oggetto del presente giudizio, una indennità pari a lire 37.746,29 al mq. Osserva che, di conseguenza, la Corte è andata oltre l’espressa domanda dell’appellante, che aveva chiesto che l’indennizzo fosse riconosciuto nella misura coincidente con quella offerta. Rileva che in grado d’appello il Comune si era sempre limitato ad affermare l’esorbitante valore unitario riconosciuto al terreno, ma senza mai contestare il valore che a detto terreno era stato riconosciuto dall’ente locale in occasione della procedura espropriativa posta in essere.
2. -Con il secondo motivo del ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 -115 -116 c.p.c. nonché l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio e la violazione
degli artt. 2043, 2056, 1226 c.c. Il ricorrente lamenta che la Corte d’appello non abbia disposto un nuovo accertamento peritale e che non abbia considerato che il Comune di Messina nel suo atto d’appello si era limitato a chiedere che la stima venisse effettuata sulla scorta dell’asserita natura agricola; detta tesi non è stata accolta dalla Corte d’appello, che a questo punto non avrebbe potuto operare alcuna reformatio in peius del quantum risarcitorio riconosciuto in primo grado. Deduce che la Corte d’appello non ha reso alcuna motivazione in ordine alla mancata disposizione di un nuovo accertamento peritale e si è limitata a dissentire con motivazione perplessa e contraddittoria dalle conclusioni della consulenza, spingendosi a valutare essa stessa il terreno ai fini risarcitori, in contrasto con l’espressa domanda del Comune.
3. -Il primo motivo del ricorso è fondato.
Preliminarmente deve osservarsi che il presente giudizio non è un giudizio di opposizione alla stima che ha ad oggetto l’accertamento della giusta indennità e ove il giudice non è vincolato alle domande delle parti, espropriato ed espropriante, e ove si applica il principio che non viola l’art. 112 c.p.c. la sentenza della Corte d’appello che riduca l’indennità e il valore venale stimato dalla Commissione provinciale espropri (Cass. n. 9227 del 04/04/2023).
Si tratta invece di un giudizio di risarcimento del danno per occupazione illegittima e irreversibile trasformazione del fondo, introdotto con citazione innanzi al Tribunale, la cui sentenza è stata appellata; il processo è governato, in generale, dal principio della domanda e, specificamente per il secondo grado, dai principi dell’effetto devolutivo dell’appello e della corrispondenza tra il chiesto e pronunciato.
Il ricorrente deduce che il Comune di Messina nel suo atto di appello ha espressamente chiesto, qualora non venisse accolta l’eccezione di prescrizione, di limitare il risarcimento in misura pari alla stima già effettuata dallo stesso Comune in vista di una regolare procedura espropriativa (« dovrà essere riconosciuto solo l’indennizzo per l’acquisizione del terreno da parte dell’Amministrazione comunale sulla scorta e nei limiti previsti dalla già indicata normativa in materia e coincidente con quella offerta » ) . Le conclusioni dell’atto di appello, oltre ad essere trascritte in ricorso, sono anche scansionate in memoria e sono effettivamente redatte in questi termini, anzi le parole ‘ coincidente con quella offerta ‘ sono sottolineate, e ciò è indicativo della volontà di appellare la determinazione del quantum solo nella misura in cui essa supera detta cifra, e per le ragioni esposte nell’atto di appello.
Il Comune, costituendosi, non contesta la veridicità della trascrizione e della scansione dell’atto di appello, né afferma che in detto atto vi erano altre considerazioni e rilievi utili ad attribuire a siffatte conclusioni un significato diverso da quello illustrato dal ricorrente, né che il terreno di cui si discute sia stato stimato dallo stesso Comune come da tabelle riportate alla pagine 13 -14 del ricorso, documenti che il ricorrente deduce essere allegati alla consulenza tecnica d’ufficio in primo grado.
Pertanto la Corte di merito, oltre ad essere incorsa nel vizio di ultrapetizione, è incorsa altresì nel vizio di omesso esame di fatto decisivo, poiché prima di concludere che il consulente tecnico d’ufficio nominato in primo grado non avrebbe indicato i principi e i parametri utilizzati per la stima e che il primo giudice li avrebbe ‘acriticamente’ recepiti, avrebbe dovuto verificare se tra gli atti allegati alla relazione di consulenza di primo grado vi fosse anche siffatta tabella, idonea ad orientare l’indagine del tecnico, e
da desumersi esaminata dal primo giudice, a maggior ragione se ad essa si era richiamato il Comune già nel giudizio di primo grado.
In ogni caso, la Corte di merito avrebbe dovuto verificare se la somma ‘offerta’ di cui alle conclusioni assunte dal Comune nel giudizio di appello, fosse effettivamente quella di cui alle predette tabelle, ovvero altra somma risultante dagli atti, non potendo comunque riformare la sentenza di primo grado se non nei limiti in cui ciò era stato chiesto dall’appellante.
Ne consegue, in accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio alla Corte d’appello di Messina in diversa composizione per un nuovo esame e per la liquidazione delle spese anche del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Messina in diversa composizione per un nuovo esame e per la liquidazione delle spese anche del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 14/12/2023 nella camera di