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Prezzo IVA esclusa: la Cassazione chiarisce l’obbligo

Una controversia su un contratto preliminare di compravendita immobiliare tra due società. La questione centrale riguarda il pagamento dell’IVA non menzionata nel contratto. La Corte di Cassazione, riformando la decisione d’appello, ha stabilito che, in assenza di un patto esplicito e inequivocabile, il prezzo si intende al netto dell’imposta (prezzo IVA esclusa). Di conseguenza, l’acquirente è tenuto a corrispondere l’IVA oltre al prezzo pattuito. La mancata corresponsione dell’IVA può costituire un inadempimento contrattuale, richiedendo una nuova valutazione del comportamento delle parti.

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Prezzo IVA esclusa: quando l’imposta è dovuta anche se non menzionata

In una recente sentenza, la Corte di Cassazione ha affrontato una questione cruciale nelle compravendite immobiliari tra soggetti IVA: cosa accade se il contratto non menziona l’imposta? La regola generale, ribadita dalla Corte, è che il corrispettivo si intende come prezzo IVA esclusa, salvo che un accordo esplicito e inequivocabile disponga diversamente. Analizziamo questa importante decisione per capire le sue implicazioni pratiche.

I fatti di causa

La vicenda trae origine da un contratto preliminare per la vendita di una porzione di un capannone industriale in costruzione. Una società immobiliare promissaria acquirente si era impegnata a versare un prezzo di 2 milioni di euro a una società costruttrice. Tuttavia, una scrittura privata coeva specificava che il prezzo finale sarebbe stato determinato come il 50% dei costi totali di acquisto del terreno e di edificazione, indicativamente fissato in 1,4 milioni di euro.

Sorse una disputa tra le parti. La società acquirente, lamentando il rifiuto della venditrice di procedere con atti necessari per l’erogazione di un mutuo, chiedeva il trasferimento coattivo dell’immobile e il risarcimento dei danni. La società venditrice, d’altro canto, chiedeva la risoluzione del contratto per inadempimento della controparte, sostenendo che i pagamenti ricevuti fossero inferiori al dovuto, anche perché non comprensivi dell’IVA.

La decisione dei giudici di merito

La Corte di Appello aveva dato ragione alla società acquirente, disponendo il trasferimento dell’immobile. In particolare, aveva stabilito che il prezzo finale non dovesse essere maggiorato dell’IVA, poiché né il contratto preliminare né la scrittura integrativa facevano alcun riferimento all’imposta. Secondo la Corte territoriale, il prezzo pattuito doveva quindi considerarsi ‘finale’ e onnicomprensivo.

Le motivazioni della Cassazione: il principio sul prezzo IVA esclusa

La Corte di Cassazione ha ribaltato questa conclusione, accogliendo il ricorso della società venditrice sul punto dell’IVA. I giudici supremi hanno chiarito un principio fondamentale che governa le operazioni soggette a Imposta sul Valore Aggiunto.

La normativa fiscale (D.P.R. n. 633/1972) prevede un meccanismo di “rivalsa obbligatoria”: il soggetto che effettua una cessione di beni o una prestazione di servizi (il venditore) ha l’obbligo di addebitare la relativa imposta al cliente (l’acquirente). L’acquirente, a sua volta, è tenuto per legge a corrispondere al venditore tale somma, oltre al prezzo pattuito per il bene.

Sulla base di questo principio, la Cassazione ha affermato che la mancanza di ogni riferimento all’IVA nel contratto non significa che l’imposta non sia dovuta. Al contrario, il silenzio delle parti sul punto conduce alla soluzione opposta: il prezzo si presume pattuito al netto dell’imposta. Pertanto, si applica la regola del prezzo IVA esclusa.

È possibile per le parti concordare un prezzo ‘tutto compreso’ (lordo d’IVA), ma tale accordo deve essere espresso o risultare in modo non equivoco dal contratto. Non può essere desunto, come erroneamente fatto dalla Corte d’Appello, dalla semplice assenza di una menzione dell’imposta.

Conclusioni

La decisione della Cassazione ha importanti implicazioni. Accertato che l’acquirente era tenuto a pagare l’IVA oltre al prezzo, il suo mancato versamento potrebbe configurare un inadempimento contrattuale. Per questo motivo, la Corte ha cassato la sentenza d’appello e ha rinviato la causa a un’altra sezione della stessa Corte, che dovrà riconsiderare l’intera vicenda. La nuova valutazione dovrà tener conto dell’obbligo di pagamento dell’IVA per determinare se vi sia stato un inadempimento da parte dell’acquirente e, in caso affermativo, valutarne la gravità nel quadro del rapporto contrattuale. Questo caso sottolinea l’importanza di redigere contratti chiari e completi, specificando sempre esplicitamente il trattamento dell’IVA per evitare costose controversie.

In una compravendita tra imprese, se il contratto non menziona l’IVA, questa è dovuta?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, in assenza di un patto esplicito e inequivocabile che stabilisca il contrario, il prezzo pattuito si intende al netto dell’imposta (prezzo IVA esclusa). L’obbligo di versare l’IVA da parte dell’acquirente deriva direttamente dalla legge.

Le parti possono accordarsi per un prezzo che includa già l’IVA?
Sì, le parti possono determinare un prezzo ‘al lordo dell’IVA’. Tuttavia, tale accordo deve essere espresso o risultare in modo non equivoco dal contratto di vendita. Il semplice silenzio sul punto non è sufficiente.

Cosa succede se l’acquirente non paga l’IVA dovuta sul prezzo?
Il mancato pagamento dell’IVA, essendo un obbligo di legge a carico dell’acquirente, costituisce un inadempimento contrattuale. La sua gravità dovrà essere valutata dal giudice per determinare le conseguenze sul contratto, come ad esempio la sua possibile risoluzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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