LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Presunzione di rinuncia: credito escluso dal bilancio

La Corte di Cassazione ha esaminato il caso di una società socia che agiva per recuperare un credito della società partecipata, ormai cancellata dal registro delle imprese. Tale credito, derivante da anatocismo bancario, non era stato inserito nel bilancio finale di liquidazione. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, stabilendo che la mancata inclusione di crediti incerti o illiquidi nel bilancio finale equivale a una presunzione di rinuncia. Secondo i giudici, il liquidatore, per accelerare la chiusura della società, ha implicitamente rinunciato a pretese che avrebbero richiesto ulteriori attività giudiziali, estinguendo di fatto il diritto.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Presunzione di rinuncia: cosa accade ai crediti non iscritti nel bilancio finale di liquidazione?

La cancellazione di una società dal registro delle imprese segna la sua fine giuridica. Ma cosa succede ai crediti potenziali che non sono stati inseriti nel bilancio finale di liquidazione? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: la loro omissione può integrare una presunzione di rinuncia, precludendo ai soci la possibilità di recuperarli in futuro. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I fatti del caso

Una società (la ‘Società Liquidata’), dopo essere stata dichiarata fallita e successivamente tornata in bonis a seguito di un concordato, veniva posta in liquidazione e infine cancellata dal registro delle imprese nel 2003. Anni dopo, nel 2013, una sua società socia di maggioranza (la ‘Società Ricorrente’) conveniva in giudizio un istituto di credito. La richiesta era di accertare la nullità delle clausole di capitalizzazione trimestrale (anatocismo) applicate ai conti correnti della Società Liquidata e di ottenere la restituzione delle somme indebitamente pagate.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello respingevano la domanda, non per il merito della questione sull’anatocismo, ma per un difetto di legittimazione attiva. Secondo i giudici, il fatto che tale presunto credito non fosse mai stato inserito nel bilancio finale di liquidazione della Società Liquidata doveva essere interpretato come una volontà di rinunciarvi, al fine di accelerare la conclusione del procedimento estintivo della società.

La decisione della Corte e la presunzione di rinuncia

La Società Ricorrente ha impugnato la decisione in Cassazione, ma la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la linea dei giudici di merito e consolidando un principio fondamentale in materia societaria.

Il cuore della questione ruota attorno al principio successorio che si attiva con l’estinzione della società. Se da un lato i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione si trasferiscono ai soci, la giurisprudenza ha precisato che questo non vale per le ‘mere pretese’ o per i ‘crediti ancora incerti o illiquidi’. Per questi ultimi, se la loro inclusione nel bilancio avesse richiesto un’ulteriore attività (giudiziale o extragiudiziale), il mancato espletamento di tale attività da parte del liquidatore fa scattare una presunzione di rinuncia.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha spiegato che la decisione del liquidatore di non appostare il credito nel bilancio non può essere considerata una semplice svista. All’epoca della redazione del bilancio finale (depositato nel 2002), il dibattito giuridico sulla nullità delle clausole di capitalizzazione trimestrale era già ampiamente noto, essendo iniziato nel 1999. Pertanto, il liquidatore non poteva non essere a conoscenza della potenziale esistenza di un credito verso la banca.

La sua scelta di non iscriverlo a bilancio e di procedere con la cancellazione della società è stata interpretata come una decisione consapevole: favorire una rapida conclusione del procedimento estintivo piuttosto che imbarcarsi in un’azione legale dall’esito incerto e dai tempi lunghi. Questa volontà, ricostruita dal giudice di merito, integra una rinuncia tacita alla pretesa creditoria, che non può più essere fatta valere successivamente dai soci.

I giudici hanno inoltre dichiarato inammissibili gli altri motivi di ricorso, incluso quello relativo alla liquidazione delle spese processuali, per difetto di specificità e autosufficienza.

Conclusioni

L’ordinanza in esame offre un importante monito per i liquidatori e i soci di società in fase di estinzione. La redazione del bilancio finale di liquidazione è un atto di fondamentale importanza che cristallizza la situazione patrimoniale della società. Omettere l’iscrizione di crediti, specialmente se incerti, illiquidi o contestati, non è una scelta neutra. Al contrario, può essere interpretata come una rinuncia definitiva a quel diritto. Per i soci, ciò significa che, una volta cancellata la società, sarà estremamente difficile, se non impossibile, agire per recuperare somme che la società stessa ha implicitamente deciso di abbandonare.

Cosa succede ai crediti di una società che non sono inclusi nel bilancio finale di liquidazione?
Secondo la Corte, i diritti e i beni si trasferiscono ai soci, ma con esclusione delle ‘mere pretese’ e dei crediti incerti o illiquidi. Per questi ultimi, la loro mancata inclusione nel bilancio genera una presunzione di rinuncia da parte della società.

Perché la Corte ha considerato l’omissione del credito una rinuncia volontaria?
La Corte ha ritenuto che il liquidatore, al momento della redazione del bilancio, fosse consapevole del dibattito giurisprudenziale sulla nullità dell’anatocismo, iniziato già nel 1999. La scelta di non iscrivere il credito è stata quindi interpretata come una decisione consapevole di privilegiare una rapida estinzione della società piuttosto che intraprendere un’azione legale incerta.

Un socio può agire per recuperare un credito della società cancellata se questo non era nel bilancio finale?
No, se si tratta di un credito incerto o illiquido la cui omissione dal bilancio è stata interpretata come una rinuncia. In tal caso, il socio non ha la legittimazione attiva per agire, perché il diritto si è di fatto estinto con la scelta operata dal liquidatore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati