Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 4916 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2   Num. 4916  Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/02/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 28393/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati  in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrenti-
contro
COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonchè contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME
-intimati- avverso  SENTENZA  di  CORTE  D’APPELLO  NAPOLI  n.  3407/2019 depositata il 19/06/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del  16/01/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME conveniva in giudizio NOME COGNOME avanti il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, al fine di sentir accertare il suo diritto di proprietà indivisa sul cortile comune e sull’androne di accesso al fabbricato di cui faceva parte il terraneo da lui acquistato in Caserta, INDIRIZZO. A sostegno della domanda allegava di essere proprietario esclusivo di un locale sito al piano terra ed identificato dalla lettera A e comproprietario della quota indivisa del 50% dell’androne e del cortile comune, in forza di successione paterna e da ultimo della cessione del 24 febbraio
1999, con la quale í suoi fratelli gli avevano trasferito i loro diritti sui beni rivendicati.
Il convenuto si costituiva deducendo di aver trasferito, nel marzo 2007, i beni di sua proprietà a NOME COGNOME e NOME COGNOME, che venivano chiamati in causa. Iussu iudicis il contraddittorio veniva esteso anche agli altri soggetti risultanti comproprietari del fabbricato di INDIRIZZO. Fra costoro si costituivano NOME e NOME COGNOME, aventi causa di NOME e NOME COGNOME, che chiedevano respingersi la domanda attorea, sostenendo che NOME COGNOME non avrebbe mai pagato nulla in ordine alle parti comuni e condominiali.
L’adito giudice accoglieva la domanda attorea, dichiarando NOME  COGNOME  comproprietario  del  cortile  e  dell’androne dell’edificio.
Proponevano  gravame  il  COGNOME  e  la  COGNOME,  i  quali  sostenevano l’erroneità  del  presupposto  fondante  la  decisione  di  primo  grado, ovvero la considerazione che i convenuti non avessero contestato la qualità di comproprietario e condomino del COGNOME.
Con sentenza n. 3407, depositata il 19 giugno 2019, la Corte d’appello di Napoli accoglieva l’impugnazione ribaltando l’esito del giudizio: osservava in particolare che, contrariamente a quanto affermato dal primo giudice, l’attore non aveva assolto all’onere probatorio su di lui incombente a seguito della contestazione della sua qualità di condomino. Secondo la Corte di merito, appariva rilevante l’osservazione degli appellanti circa il fatto che il locale terraneo di proprietà di COGNOME NOME è sito nel fabbricato di INDIRIZZO, mentre l’androne e il cortile di cui si discute afferiscono al palazzo di INDIRIZZO.
La cassazione della sentenza d’appello è stata chiesta da NOME e NOME COGNOME con ricorso affidato a due motivi, cui resiste  con  controricorso  solo  NOME  COGNOME,  mentre  non  hanno svolto  attività  difensiva  gli  intimati  NOME  COGNOME,  NOME COGNOME, NOME e NOME COGNOME, NOME COGNOME.
La causa, originariamente assegnata alla camera di consiglio del 14 ottobre 2021 davanti alla sesta sezione, è stata rimessa all’udienza pubblica, mancando l’evidenza decisoria.
Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso.
In prossimità della presente udienza, entrambe le parti – come già in precedenza – hanno depositato memorie illustrative, ex art. 378 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1) Con la prima censura i ricorrenti denunciano, in relazione all’art. 360, comma 1, n.3 e 4, cod. proc. civ., la violazione degli art. 115 e 116 cod. proc. civ. in rapporto agli art. 2699 e 2697 cod. civ., ossia la violazione del regime della prova e violazione dell’art. 1117 cc; l’errore della Corte d’Appello consiste, a dire del ricorrente nel non avere considerato che dal titolo prodotto (l’atto di AVV_NOTAIO del 1999) emergeva che la proprietà esclusiva del ricorrente attore faceva parte del Palazzo di INDIRIZZO, per cui doveva applicarsi la presunzione di condominialità di cui all’art. 1117 c .c.
 Con  la  seconda  doglianza  si  sostiene,  ai  sensi  dell’art.  360, comma  1,  n.3  e n.4 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione  dell’art.  1117  cod.  civ.  in  relazione  agli  artt.  2727  e 2729,  nonché  la  violazione  dell’art.  2697  cod.  civ.  per  avere  la Corte  d’appello ritenuto la  contestazione  svolta  dai  convenuti
idonea a superare la presunzione di condominialità, mentre invece l’articolo 1117 c .c. richiede ‘il titolo contrario’. Così ragionando, la Corte d’Appello avrebbe addossato l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata.
I  due  motivi,  che  possono  essere  scrutinati  congiuntamente -presentando profili comuni -sono fondati.
La Corte d’appello ha premesso che ‘ sarebbe stato onere (dell’attore) dimostrare che i suddetti beni, per la loro natura e conformazione e per la funzione cui sono destinati, rientrano tra le parti condominiali del fabbricato nel quale insiste l’immobile terraneo di cui è proprietario esclusivo ‘. Da ciò la considerazione conseguente che il COGNOME avrebbe dovuto dimostrare ‘ di essere comproprietario e/o condomino dei beni di causa, prova che il COGNOME avrebbe dovuto dare mediante la tempestiva produzione in giudizio dei titoli di provenienza onde consentire l’accertamento della natura obiettivamente condominiale dei beni in contestazione al momento del suo acquisto nonché dell’appartenenza del terraneo di cui è proprietario esclusivo al condominio di INDIRIZZO, di cui farebbero parte l’androne ed il cortile ‘.
Ha altresì ritenuto ‘ rilevante l’osservazione degli appellanti circa il fatto che il locale terraneo di proprietà di COGNOME NOME è sito nel fabbricato di INDIRIZZO, mentre l’androne e il cortile di cui si discute afferiscono al palazzo di INDIRIZZO ‘.
2.a) I ricorrenti contrastano tali passaggi della sentenza impugnata,  rilevando  che  ‘ L’atto  pubblico  per  notar  AVV_NOTAIO  AVV_NOTAIO 24.2.1999. così individua l’oggetto dell’acquisto effettuato da COGNOME  NOME… tutti i diritti  che  i  cedenti,  in  ragione  di  un quinto  ciascuno  e  per  complessivi  quattro  quinti,  vantano  sul
terraneo in Caserta, nello stabile condominiale alla INDIRIZZO,  avente  accesso  dal  INDIRIZZO  di  detta  via,  con  ogni  altro accessorio,  pertinenza,  comprendimenti e diritti,  e  confinante  con INDIRIZZO,  androne  e  cortile  comune  e  beni  COGNOME ‘  (cfr. ricorso a pag. 6 che riporta nel rispetto dell’autosufficienza, la parte del titolo che qui rileva).
2.b) La Corte distrettuale, dopo aver sancito l’inutilizzabilità di tutti i  documenti  prodotti,  a  parte  il  suddetto  atto  pubblico,  ha  però escluso che da esso fosse ricavabile la prova  del diritto di comproprietà  dell’attore circa i beni di causa  o  della  natura condominiale degli stessi o dell’appartenenza dell’immobile in proprietà  esclusiva  del  RAGIONE_SOCIALE  ‘al  condominio  di  INDIRIZZO‘.
In tal modo, la sentenza impugnata ha completamente travisato il significato letterale dell’atto pubblico per AVV_NOTAIO , nel quale non sono affatto menzionati due palazzi distinti in INDIRIZZO con civici rispettivamente n. 21 e 23, ma un unico ‘stabile condominiale alla INDIRIZZO‘, di cui faceva parte il locale terraneo appartenente al ricorrente e che usufruisce di un ingresso a parte, distinto con numero civico 23 di INDIRIZZO. L’accesso al civico 23 si riferisce infatti al locale terraneo.
2.c) A cagione dell’evidenziato travisamento della descrizione dei beni ceduti contenuta nell’atto not. COGNOME del 24 febbraio 1999 (che -si badi bene – è cosa ben diversa dalla interpretazione del titolo secondo la volontà delle parti), viene pertanto a cadere l’ulteriore argomentazione sul riparto dell’onere della prova contenuto nella sentenza impugnata secondo la quale, essendo il locale terraneo appartenente al COGNOME situato nel fabbricato di INDIRIZZO, mentre l’androne ed il cortile di cui si discute
riguarderebbero  il palazzo  di INDIRIZZO,  i ricorrenti avrebbero omesso di dimostrare che l’immobile di proprietà COGNOME sarebbe stato ricompreso nel condominio di INDIRIZZO.
2.d)  Appurata  l’unicità  dell’edifico,  di  cui  fa  sicuramente  parte  il piano  terraneo,  si  tratta  di  verificare  l’applicabilità  alla  fattispecie del disposto di cui all’art. 1117 c.c.
La lettura della norma mostra che fra i beni condominiali rientrano pacificamente anche l’androne ed il cortile, giacché, essendo elementi strutturali necessari all’edificazione di uno stabile condominiale e mezzo indispensabile per accedere all’interno del fabbricato, conservano, in assenza di titolo contrario, la qualità di parti comuni, come appunto indicato nell’art. 1117 c.c., anche relativamente ai condomini proprietari di negozi o locali terranei con accesso dalla strada, poiché anche tali condomini ne fruiscono, quanto meno in ordine alla conservazione e manutenzione della copertura dell’edificio (Sez. 2, n. 9986 del 20 aprile 2017).
Si rende pertanto necessario che il giudice di rinvio proceda ad un  nuovo  esame,  sulla  scorta  della  corretta  individuazione  dello stato dei luoghi come risultante dal titolo (atto Di AVV_NOTAIO del 1999), traendo poi le necessarie conseguenze in tema di riparto dell’onere della prova.
Solo per completezza, va rilevato che il problema della contribuzione  agli  oneri  condominiali,  eventualmente  dovuti  dal COGNOME esula dal presente giudizio e sarà eventualmente affrontato  in  altre  sedi  qualora  dovesse  risultare  accertata  la  sua qualità di condomino.
Il giudice del rinvio, che si designa nella Corte d’appello di Napoli in diversa  composizione,  provvederà  anche  sulle  spese  del  presente giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Napoli in diversa composizione.
Roma 16 gennaio 2024.
Il AVV_NOTAIO estensore                                        Il Presidente
NOME COGNOME                                                       NOME COGNOME