Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20142 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20142 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3506/2020 R.G. proposto da : COGNOME difeso dagli avvocati COGNOME e COGNOME
-ricorrente-
contro
CONDOMINIO DI INDIRIZZO PALERMO, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME difeso dall’avvocato NOME
-controricorrente-
nonché NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOMEintimatiavverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO PALERMO n. 1686/2019 depositata il 20/08/2019. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/06/2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, proprietario di un’unità immobiliare ubicata al piano cantinato di un edificio condominiale in INDIRIZZO, agiva per ottenere la condanna del Condominio e di un condomino al risarcimento dei danni da infiltrazioni provenienti dall’area esterna che circonda l’edificio, nonché la rimessione in pristino. Il Tribunale accoglieva la domanda nei confronti del Condominio, rigettandola invece nei confronti del condomino convenuto.
In appello, il Condominio contestava la legittimazione passiva e deduceva che l’area non è condominiale né gravata da servitù a suo favore. La Corte di appello ha accolto l’appello, rilevando che i costruttori si erano riservati la proprietà dell’area; ha quindi esclude la condominialità e la sussistenza di una servitù in favore del Condominio, dichiarando il difetto di legittimazione passiva di quest’ultimo e ha pertanto rigettato la domanda dell’ attore.
Ricorre in cassazione il Riggio con tre motivi, illustrati da memoria. Resiste il Condominio con controricorso e memoria.
Le altre parti sono rimaste intimate.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 1117, 2697 c.c. e 112 c.p.c. Si censura la sentenza per non avere applicato la presunzione di condominialità in relazione all’area da cui provenivano le infiltrazioni. Il ricorrente sostiene che, trattandosi di bene funzionalmente collegato alle parti comuni, la Corte avrebbe dovuto presumere la sua appartenenza al condominio ex art. 1117 c.c. Si contesta in altre parole che la Corte di appello abbia erroneamente addossato all’attore l’onere della prova, mentre sarebbe stato onere del Condominio dimostrare il proprio difetto di legittimazione e la natura esclusiva dell’area in capo a terzi. Il ricorrente si lamenta anche che la Corte abbia deciso ultra petita o comunque abbia omesso di valutare la domanda nei suoi effettivi termini, non pronunciandosi sull’effettiva natura dell’area e senza valutare in modo
corretto la documentazione prodotta (in particolare, l’atto di riserva del 1972), che a suo dire non sarebbe sufficiente a superare la presunzione ex art. 1117 c.c., né a escludere la legittimazione passiva del condominio. Secondo il ricorrente, occorreva la prova che il titolo contrario prodotto in giudizio dal Condominio fosse il primo atto di trasferimento.
Il motivo è infondato.
In disparte la considerazione, che l’attore ha mosso una siffatta contestazione per la prima volta nella comparsa conclusionale, dalla lettura della sentenza impugnata si desume che la Corte di appello ha qualificato in modo implicito, ma sufficientemente chiaro e plausibile, che l’atto del 5/10/1972 è il primo, cioè l’atto fondativo del condominio. Rilievo decisivo, fra tutti, ha il fatto che la riserva di proprietà dell’area in questione è ivi disposta in favore dei costruttori. Aggiunge la Corte che esso è l’unico titolo versato in atti dalle parti. In assenza di altri atti anteriori o contrari che documentino una diversa qualificazione dell’area o una attribuzione a titolo originario di quote condominiali, la Corte ritiene che tale atto debba essere considerato come riferimento diretto e dirimente per l’accertamento della natura non condominiale del bene. In altre parole, l’atto del 1972 viene letto convincentemente come manifestazione di volontà dei costruttori di tenere sin dall’origine l’area in questione fuori dal perimetro condominiale. Ciò viene valorizzato come titolo che impedisce la presunzione legale di cui all’art. 1117 c.c., che presuppone appunto l’assenza di titolo contrario. Proprio in applicazione del riparto dell’onere della prova, insomma, una volta fornito il titolo contrario, sarebbe stato onere di chi lo contestava di dimostrare che esso non fosse il primo atto di trasferimento.
2. – Il secondo motivo denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo, cioè il contenuto dell’atto di compravendita del 30/06/1987, da cui risulta una servitù di passaggio nell’area in questione in favore del condominio per il carico e scarico di masserizie.
Il secondo motivo è inammissibile.
Infatti, esso convoglia attraverso l’art. 360 n. 5 c.p.c. un vizio che in realtà attiene alla motivazione, qualificata ora incongrua , ora illogica (v. pag. 20 del ricorso). Tale operazione non è più consentita dopo la modifica legislativa del 2012 così come interpretata da Cass. SU n. 8053 del 2014.
Ad abundantiam , si osserva che la Corte di appello ha persuasivamente ritenuto irrilevante tale atto, in quanto relativo a un’unità immobiliare diversa da quella dell’originario convenuto e intestato a un soggetto estraneo al giudizio. Ha quindi escluso che da tale atto potesse ricavarsi una servitù in favore del condominio idonea a fondarne la legittimazione passiva.
3. – Il terzo motivo denuncia, infine, la violazione degli artt. 1069, 1065, 2051 e 2697 c.c. Si censura che la Corte abbia ritenuto generica la previsione della servitù nell’atto del 1972 e, perciò, insussistente un obbligo di manutenzione, senza considerare che l’art. 1065 c.c. impone l’interpretazione estensiva del contenuto della servitù secondo l’uso e la funzione. Inoltre, si censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto insussistente un obbligo di custodia in capo al condominio o al condomino, nonostante l’esercizio di fatto del passaggio sull’area da cui provenivano le infiltrazioni. Infine, Si contesta che la Corte non abbia verificato se vi fosse un accordo o situazione di fatto tale da escludere la custodia in capo ai titolari della servitù, pur essendo stato allegato che questi avevano effettuato interventi sull’area, dimostrandone la disponibilità materiale e giuridica.
Il motivo è inammissibile.
Infatti, l ‘apparente denuncia di errori di diritto veicola in realtà una richiesta di rivalutazione di risultanze istruttorie (v. tra le tante Cass. 3340/2019 sul vizio di violazione di norme di diritto).
Sempre ad abundantiam , si osserva che la Corte di appello ha plausibilmente qualificato la servitù di passaggio contenuta nell’atto
del 5/10/1972 come generica, riferita unicamente all’unità immobiliare oggetto di trasferimento, senza attribuzione in favore del condominio, deducendosi che tale servitù non comporta un obbligo di manutenzione a carico del condominio, mancando un’espressa previsione negoziale in tal senso. La Corte ha poi aggiunto che non vi è prova della disponibilità giuridica o materiale dell’area da parte del condominio o del condomino convenuto, come richiesto dalla giurisprudenza di questa Corte per fondare una responsabilità ex art. 2051 c.c.
4. – Il ricorso è dunque rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Inoltre, ai sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente a rimborsare alla parte controricorrente le spese del presente giudizio, che liquida in € 4.000, 00 oltre a € 200 ,00 per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi, e agli accessori di legge.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 10/06/2025.