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Presunzione di colpa: onere della prova del rivenditore

La Corte di Cassazione ha confermato una sanzione a un commerciante di prodotti ittici per la vendita di molluschi sottomisura. La Corte ha stabilito che vige una presunzione di colpa a carico del rivenditore, il quale, per essere esente da responsabilità, deve dimostrare attivamente di aver adottato tutte le misure di controllo possibili per evitare l’illecito, non essendo sufficiente invocare l’impossibilità di ispezionare la merce sigillata.

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Presunzione di Colpa: Il Riveditore Deve Provare la Propria Innocenza

L’ordinanza in esame affronta un tema cruciale per chiunque operi nel settore del commercio: la responsabilità per la vendita di prodotti non conformi. In particolare, la Corte di Cassazione chiarisce i contorni della presunzione di colpa nelle sanzioni amministrative, stabilendo che non basta affermare di non poter controllare la merce per evitare una multa. È necessario dimostrare di aver messo in atto un sistema di controllo efficace. Questo principio è stato applicato al caso di un’impresa ittica sanzionata per aver commercializzato molluschi di taglia inferiore a quella minima consentita.

I Fatti di Causa

Un’impresa individuale attiva nel commercio di prodotti ittici ha ricevuto un’ordinanza-ingiunzione dalla Capitaneria di Porto, con una sanzione di 6.500,00 Euro. La violazione contestata era la commercializzazione di una partita di molluschi (cannolicchi) di misura inferiore a quella minima prevista dalla legge.

L’impresa ha impugnato la sanzione davanti al Tribunale, sostenendo che la propria condotta non fosse esigibile. Il prodotto, infatti, era stato acquistato già confezionato e sigillato in retine da un centro di spedizione. Secondo la difesa, un controllo sulla dimensione dei molluschi avrebbe richiesto l’apertura delle confezioni, una pratica vietata dalla normativa europea (Reg. CE n. 853/2004) che impone che i colli rimangano sigillati fino alla vendita al consumatore finale.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno rigettato l’opposizione, confermando la sanzione. I giudici di merito hanno ritenuto che l’onere di dimostrare di aver agito senza colpa gravasse sul commerciante, e tale onere non era stato soddisfatto. Contro la sentenza d’appello, l’impresa ha quindi proposto ricorso per cassazione.

La Presunzione di Colpa e l’Onere della Prova del Riveditore

Il fulcro della decisione della Corte di Cassazione ruota attorno al principio della presunzione di colpa, sancito dall’art. 3 della Legge 689/1981 in materia di sanzioni amministrative. Secondo questo principio, per l’applicazione di una sanzione è sufficiente la ‘coscienza e volontà’ della condotta, senza che l’amministrazione debba dimostrare il dolo o la colpa specifica del trasgressore.

La colpa, quindi, è presunta. Questo significa che l’onere della prova si inverte: è il soggetto sanzionato a dover dimostrare di aver agito senza colpa, provando che la violazione non gli è imputabile. Per farlo, deve dimostrare di aver fatto tutto il possibile per conformarsi alla legge.

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che la difesa del rivenditore fosse insufficiente. Sostenere che i pacchi fossero sigillati non basta a escludere la colpa. Al contrario, proprio perché la merce veniva ricevuta in confezioni chiuse che ne impedivano un facile controllo visivo, il titolare avrebbe dovuto dimostrare di aver predisposto altre e più adeguate misure di controllo per evitare l’acquisto e la rivendita di prodotti non conformi.

Le Motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, fornendo importanti chiarimenti.

1. Insufficienza della Difesa: La Corte ha affermato che l’onere di dimostrare di aver agito senza colpa non può essere soddisfatto dalla semplice dimostrazione di una condotta qualsiasi. È necessario provare di aver posto in essere i controlli necessari per evitare l’illecito. Le prove testimoniali proposte dal ricorrente, volte a dimostrare che la merce veniva trasportata rapidamente e che le retine potevano essere ispezionate solo visivamente, sono state ritenute irrilevanti. Anzi, secondo la Corte, tali circostanze confermavano la colpa, poiché evidenziavano la mancanza di un sistema di controllo adeguato.

2. Misure di Controllo Idonee: I giudici hanno specificato quali avrebbero potuto essere considerate misure di controllo adeguate: ad esempio, l’apertura a campione di alcune confezioni (pur sapendo che non sarebbero state più vendibili) o altri controlli da implementare al momento dell’insacchettamento presso il fornitore. Il rivenditore ha il dovere di organizzare la propria attività in modo da prevenire il rischio di commercializzare prodotti illeciti.

3. Inapplicabilità della ‘Lex Mitior’: Il ricorrente aveva anche sostenuto che avrebbe dovuto essere applicata una normativa successiva più favorevole, che aveva ridotto le sanzioni per quel tipo di infrazione. La Corte ha respinto anche questo motivo, ribadendo il consolidato orientamento secondo cui, in materia di sanzioni amministrative, vige il principio ‘tempus regit actum’. Si applica la legge in vigore al momento della commissione dell’illecito, e non il principio penalistico della retroattività della ‘lex mitior’ (legge più favorevole).

Le Conclusioni

Questa ordinanza è un monito per tutti gli operatori commerciali. La responsabilità per la conformità dei prodotti venduti non può essere semplicemente scaricata sul fornitore. La presunzione di colpa impone al rivenditore un ruolo attivo nella prevenzione degli illeciti. È indispensabile implementare e, soprattutto, essere in grado di dimostrare l’esistenza di procedure di controllo interne efficaci, che vadano oltre la semplice ispezione visiva, specialmente quando si tratta di merci confezionate. In assenza di tale prova, il rivenditore sarà ritenuto responsabile della violazione, anche se non ha materialmente causato la non conformità del prodotto.

Un rivenditore che vende un prodotto non conforme ricevuto in una confezione sigillata è sempre responsabile?
Sì, è responsabile in base al principio della presunzione di colpa. Per evitare la sanzione, deve dimostrare attivamente di aver adottato tutte le misure di controllo possibili e adeguate per prevenire la violazione, superando così l’onere della prova a suo carico.

È una difesa valida sostenere che il controllo della merce l’avrebbe resa invendibile?
No. La Corte di Cassazione ha ritenuto questa argomentazione insufficiente. Il rivenditore avrebbe dovuto predisporre sistemi di controllo alternativi, come verifiche a campione (anche se ciò comportava una perdita economica) o accordi specifici con il fornitore per controlli alla fonte, per escludere il rischio di commercializzare prodotti illeciti.

Se una legge successiva riduce la sanzione per una violazione, si può chiedere l’applicazione della nuova norma più favorevole?
No. Per gli illeciti amministrativi, la Corte ha confermato che non si applica il principio della retroattività della legge più favorevole (lex mitior), valido in ambito penale. Si applica sempre la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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