Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20167 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20167 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 37797/2019 R.G. proposto da :
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME -controricorrente-
COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME NOMECOGNOME
-controricorrenti- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO MILANO n. 4002/2019, depositata il 2/10/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
PREMESSO CHE
Nel 2015 NOME COGNOME, proprietario dell’appartamento al primo piano di uno stabile condominiale, convenne in giudizio NOME COGNOME e NOME COGNOME, proprietari dell’appartamento al piano terra, chiedendo di accertare la proprietà comune ai sensi dell’art. 1117 c.c. di una striscia di terreno facente parte del cortile comune, larga un metro e mezzo e lunga dieci metri, adiacente al muro perimetrale del fabbricato, bene comune che la dante causa dei convenuti, erigendo una parete, aveva inglobato nell’appartamento di sua proprietà esclusiva, e conseguentemente di condannare i convenuti al rispristino dello status quo ante e al risarcimento del danno; in via subordinata l’attore chiese di accertare l’intervenuto acquisto per usucapione della proprietà comune della striscia di terreno.
I convenuti eccepirono, tra l’altro, il loro difetto di legittimazione passiva, avendo acquistato l’appartamento nell’aprile del 2014 ed essendo stata, secondo le stesse affermazioni dell’attore, la loro dante causa NOME COGNOME ad erigere il muro e a chiudere la striscia di terreno con una porta prima che l’immobile divenisse di loro proprietà; chiesero quindi di chiamare in causa la COGNOME per essere garantiti in caso di soccombenza rispetto alla domanda di riduzione in pristino.
La Pace si costituì negando l’esistenza di alcun passaggio usufruibile da parte di tutti i condomini.
Per quanto interessa il presente giudizio, con la sentenza n. 5656/2018 il Tribunale di Milano, qualificata la domanda principale quale azione di rivendica, la respinse perché priva di fondamento e condannò l’attore per lite temeraria ex art. 96 c.p.c.
La sentenza di primo grado è stata impugnata da COGNOME e la Corte d’appello di Milano con la sentenza n. 4002/2019 ha respinto il gravame, ritenendo corretta la qualificazione della domanda, dal contenuto tipico della rivendica, anche se riferita a un bene che si era affermato essere in comproprietà, ed essendo la medesima priva di fondamento, come risultava dalla stessa documentazione catastale prodotta dall’appellante.
Avverso tale sentenza ricorre per cassazione NOME COGNOME con cinque motivi contrastati con controricorso da NOME COGNOME Resistono altresì con controricorso NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Memoria è stata depositata dal ricorrente.
CONSIDERATO CHE
1 Il primo motivo denunzia violazione degli artt. 115, 116 e 244 c.p.c. per mancata ammissione della prova orale e della consulenza tecnica d’ufficio .
2 Il secondo motivo lamenta ‘erronea applicazione dell’art. 948 c.c., nonché delle norme in materia di valore probatorio delle planimetrie catastali e delle fotografie e mancata applicazione degli artt. 817 e 818 c.c.’
3 Il terzo motivo denunzia erronea applicazione dell’art. 96, comma 3 c.p.c. in ordine alla condanna per lite temeraria;
4 Il quarto motivo denunzia erronea applicazione dell’art. 91 c.p.c. in ordine alle spese di soccombenza liquidate in favore della terza chiamata e poste a carico del ricorrente;
5 Il quinto ed ultimo motivo denunzia erronea applicazione dell’art. 15 c.p.c. e del d.m. 55/2014 in relazione ai compensi liquidati per spese di soccombenza.
Per ragioni di priorità logica va anzitutto esaminato il secondo motivo, che è fondato con riferimento alla violazione dell’art. 948 cc.
La Corte d’appello ha respinto la censura che contestava l’errata qualificazione dell’azione quale azione di rivendica, affermando in modo apodittico -quale fosse l’unica domanda proponibile -come ‘ la domanda principale svolta dall’attore abbia senza alcun dubbio il carattere tipico della rivendica ‘, senza considerare che la domanda aveva ad oggetto la sottrazione all’uso comune di un bene ritenuto condominiale (cfr. i passaggi della citazione introduttiva trascritti alle pagg. 23 e 24 del ricorso), omettendo quindi di verificare lo stato dei luoghi al fine di individuare esattamente il bene in contestazione e la sua collocazione per stabilire se esso appartenesse a quelli indicati dall’art. 1117 c.c.
Il giudice d’appello si è così posto in contrasto con l’univoca giurisprudenza di questa Corte (cfr., ex multis , Cass. n. 3310/2019 e Cass. n. 20593/2018), alla stregua della quale, in tema di condominio negli edifici, per tutelare la proprietà di un bene appartenente a quelli indicati dall’art. 1117 c.c., non è necessario che il condominio dimostri con il rigore richiesto per la rivendicazione la comproprietà del medesimo, essendo sufficiente, per presumerne la natura condominiale, che esso abbia l’attitudine funzionale al servizio o al godimento collettivo, e cioè sia collegato, strumentalmente, materialmente o funzionalmente con le unità immobiliari di proprietà esclusiva dei singoli condomini, in rapporto con queste da accessorio a principale, mentre spetta al condomino che ne affermi la proprietà esclusiva darne la prova, senza che, peraltro, a tal fine sia sufficiente l’allegazione del suo titolo di acquisto ove lo stesso non contenga in modo chiaro e
inequivocabile elementi idonei ad escludere la condominialità del bene.
Il giudice d’appello ha poi fondato l’assenza di fondamento dell’azione, basandosi sulla ‘documentazione catastale’. Al riguardo va precisato che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la presunzione legale di condominialità stabilita per i beni elencati nell’art. 1117 c.c., la cui elencazione non è tassativa, deriva sia dall’attitudine oggettiva del bene al godimento comune sia dalla concreta destinazione di esso al servizio comune, con la conseguenza che, per vincere tale presunzione, non sono utilizzabili i dati catastali, utili solo come concorrenti elementi indiziari di valutazione a fornire la prova richiesta (così Cass. n. 8152/2001, si veda anche Cass. n. 9523/2014).
L’errore di diritto è palese e comporta la cassazione della senza con logico assorbimento di tutti i restanti motivi.
Il giudice di rinvio, che si designa nella Corte d’appello di Milano in diversa composizione, provvederà anche in relazione alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo, con assorbimento dei restanti motivi di ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda